House
of wolves
In un luogo remoto nel tempo e nello spazio i figli maschi appartenenti
alle nobili
famiglie venivano addestrati sin da piccoli per diventare cavalieri:
abili
nell’uso delle armi, dovevano in questo modo portare onori e glorie
alla casata
di appartenenza. L'addestramento militare a cui questi giovani, fin
dall’infanzia, erano sottoposti era molto severo e comportava grandi
sacrifici.
Una volta terminato, essi prendevano il comando di eserciti finanziati
dalle
loro famiglie e messi al servizio della corona.
Ben
più misero era il destino delle figlie
femmine, le quali erano promesse in sposa dalla nascita, per suggellare
patti
di alleanza, o in alternativa riservate alla vita monastica. Ma questo
accadeva
sopratutto quando le fanciulle non si
rivelavano graziose e pertanto venivano rifiutate.
Non era affatto una cosa strana, all'epoca, trovare uomini molto vecchi
sposati
con ragazzine appena entrate nella pubertà, o ragazzi che avevano delle
promesse spose in fasce.
Anni
e anni di conflitti tra famiglie
avevano indebolito parecchio la popolazione, che quotidianamente subiva
razzie da
banditi e attacchi dei nemici
Con il passare degli anni, la situazione non migliorava, non solo per
la
popolazione, ma anche per i nobili, che non potevano più usufruire dei
prodotti
delle loro terre, per il semplice motivo che a causa di tutta quella
devastazione, il numero di lavoratori diminuiva sempre di più e quel
poco di
grano prodotto era spesso saccheggiato.
Un
giorno,spinto dalla disperazione per la
disastrosa situazione finanziaria, Lord Lionel di Konnisburg, figlio
maggiore
di John Canterbury, Conte di Konnisburg, si insinuò nella foresta che
circondava la città. Non era armato, né accompagnato dai soldati. La
sua
missione era pacifica: si narrava infatti che la selva di Konnisburg
fosse
abitata da fanciulle educate alla religione pagana. Secondo le storie,
queste
erano state costrette a ritirarsi nel cuore della foresta, per sfuggire
alle
persecuzioni cui andavano in contro a causa della loro eresia.
Nessuno aveva mai osato avvicinarsi tanto, benché quelle terre
sarebbero state
molto vantaggiose economicamente grazie al legno che avrebbero potuto
ricavarne
per costruire, la paura di quelle donne e delle maledizioni che
avrebbero
potuto scagliare era così forte che presto quell’area rimase
abbandonata.
Il
cavaliere sentiva il cuore battergli forte
sotto la cotta di
metallo, ma non si dava per vinto. Avrebbe fatto di tutto per salvare
il suo
feudo dalla imminente rovina, anche fare ricorso alla magia nera. Lord
Lionel errò
per giorni nella foresta, addentrandosi sempre di più in luoghi impervi
e
sconosciuti alla ricerca delle donne maledette, senza essere sicuro di
riuscire
a trovare la strada per il ritorno.
Era
così stanco che anche la sua fermezza
in quell’impegno cominciò a vacillare. Come avrebbe potuto mai trovarle
se per
molti anni nessuno era mai riuscito nell’impresa?
Sempre
più scoraggiato, decise di fermarsi
per qualche ora; scese da cavallo, dopo giorni di cammino, anche quella
povera
bestia aveva bisogno di riposare e nutrirsi. Non sapeva quanto avesse
camminato,
ma era sicuro di essersi allontanato molto dal suo castello, tuttavia,
per
quanto potesse essersi inoltrato nella foresta, non era abbastanza.
Ormai
allo stremo delle forze, si sedette
in riva al lago che aveva appena raggiunto insieme al suo fedele
destriero e si
tolse gli stivali. Un pesante sonno lo attanagliava, spingendolo a
chiudere le
palpebre abbandonandosi tra le braccia di Morfeo.
Nella sua percezione passarono pochi minuti, quando la più soave delle
melodie
lo ridestò:
«Cosa
vi porta nella foresta, cavaliere?»
Il
volto della fanciulla era quello di un
angelo e il cavaliere, per lunghi attimi, credette di essere morto e
risvegliatosi in paradiso.
«Oh
divina creatura, viaggio da giorni alla
ricerca di qualcosa che non troverò mai. Siete forse anche voi frutto
della mia
illusione?»
La
fanciulla lo guardava negli occhi, con
uno sguardo sensuale e incantatore, e il cavaliere sentì un tuffo al
cuore.
Come poteva una creatura così bella essere il mostro che veniva narrato
dalle
leggende? Non riusciva a crederci.
«Qual
è il vostro nome?» Provò a domandare
Lord Lionel, senza tuttavia ottenere alcuna risposta.
«Vi
darò quel che desiderate, cavaliere»
disse la giovane, guidandolo nel folto della foresta.
Il
giovane, ancora incredulo, continuò a
seguirla nella selva sconosciuta, senza alcuna opposizione. Aveva
finalmente
trovato ciò che da giorni stava cercando, anche se non riusciva a
gioirne come
avrebbe dovuto.
La
fanciulla, dai lunghi capelli scuri, lo
condusse in una grotta. Capì dagli oggetti in essa presenti, che era li
che
ella dimorava.
Davanti
allo sguardo incredulo del
cavaliere, che era stato invitato a inginocchiarsi , la strega cominciò
a
tracciare simboli magici sul pavimento della caverna, pronunciando
delle parole
in una lingua a lui sconosciuta.
Sentiva una forza sovraumana muoversi dalle profondità della terra.
La strega stava invocando antiche divinità e lui non poté fare a meno
di
rabbrividire a quella visione.
“Poenarum que deae triplices, furialibu Eumenides, sacris
vultus
advertite vestros! Ulciscor facioque nefas; mors morte pianda est, in
scelus
addendum scelus est, in funera funus: per coacervatos pereat domus
inpia
luctus.”*
Aveva
ottenuto ciò per cui era li, ma adesso non aveva né la forza né la
voglia di
abbandonare quella grotta e quella donna.
Passarono diverse lune. La scomparsa del suo comandante aveva reso
l’esercito
debole, spaesato. Al palazzo erano stati versati fiumi di lacrime. Lord
John
Canterbury, Conte di Konnisburg non poteva credere di aver perso suo
figlio,
erede legittimo della contea, in un modo così ignobile e privo di
eroismo. Suo
figlio, grande cavaliere, destinato a morire in battaglia o dopo una
lunga vita
piena di successi militari, era stato ucciso, o chissà per quale uso
demoniaco
era stato impiegato da quelle donne maligne! Quale disgrazia poteva mai
presagire per la contea di Konnisburg un simile avvenimento?
«Abbandonate
questa foresta, angelo mio. Farò di voi la mia signora. Io vi
appartengo»
sussurrò il giovane cavaliere alla strega.
«Oh
cavaliere, prestate attenzione. Non sono donna da amare io. Fuggite e
non
cercatemi più. State lontano dalla
foresta e la vostra vita sarà salva» rispose lei, con la voce carica di
apprensione per la sorte del suo amato.
Ma
il cavaliere non voleva sentire ragioni.
«Abbiate
cura di voi.»
La fanciulla posò le labbra sulle sue.
Poi il nulla.
Contro
ogni aspettativa la strega, infima per natura, non l’aveva ingannato:
la nobile
famiglia Canterbury riuscì misteriosamente a prevalere sulle altre.
In pochi anni la contea di Konnisburg moltiplicò il prodotto dei
raccolti, la
popolazione subì un aumento demografico, il commercio visse un periodo
di
grande fioritura. Mai la popolazione aveva vissuto un periodo di tanta
abbondanza e pace.
Erano
passati molti anni dalla morte di John Canterbury e tutta la sua
ricchezza era
passata nelle mani del figlio maggiore, Lord Lionel Canterbury, Conte
di
Konnisburg. Aveva sposato una donna di nobile rango, promessa in sposa
da lungo
tempo, da cui aveva avuto tre figli, destinati a succedergli. Come gli
era
stato imposto dalla strega, non aveva più messo piede nel bosco, né
aveva osato
avvicinarsi. Tuttavia, nonostante tutto quel potere concentrato nelle
sue mani,
egli non riusciva a gioire di una ricchezza ottenuta con l’inganno.
Non
gli importava più di nulla ormai. La sua stessa esistenza era diventata
un
lungo trascinarsi verso la morte. Non aveva più nulla che riuscisse ad
alleviare le sue sofferenze interiori, nulla che riuscisse ad
allontanare quel
pesante macigno dal cuore.
Gli occhi ambrati della strega continuavano a tormentarlo nei sogni,
nelle
acque vedeva il suo riflesso, nel vento sentiva ancora la dolce armonia
della
sua voce.
Il
suo cuore le apparteneva.
Ossessionato dal ricordo della donna, consumato nello spirito e anche
nel
corpo, decise di addentrarsi nuovamente nella foresta alla sua
disperata
ricerca.
Vagò
a lungo. Non sapeva come
rintracciarla, non ricordava nulla della strada del ritorno. Ricordò
che la
prima volta era stata lei a trovarlo. Così esausto a causa del lungo
vagare,
decise di sedersi ai piedi di un tronco. Per riposare, ma soprattutto
in attesa
che lei tornasse a cercarlo. Passarono ancora molti giorni prima che la
strega
si manifestasse.
«Cosa
vi porta nella foresta, cavaliere?»
Riconobbe
la voce e le parole.
«Sono
qui per voi, oh divina creatura. Il
mio cuore vi appartiene. Vi è sempre appartenuto» rispose egli,
inginocchiandosi dinanzi all’eterea figura.
Nulla
aveva potuto il tempo sulla sua
bellezza: la sua pelle diafana sembrava risplendere di luce propria,
avvolta in
una lunga tunica scarlatta, scalza, con i lunghi capelli corvini
sciolti sulle spalle
e quegli intensi occhi ambrati, che per molti anni avevano continuato a
perseguitare le sue notti e i suoi giorni.
«Prestate
attenzione, oh cavaliere. Qui le
parole hanno un peso diverso. Fuggite finché siete in tempo» lo avvisò
ancora
una volta, ma il cavaliere, convinto della purezza dei suoi sentimenti,
proprio
come aveva fatto in gioventù, decise di seguirla ancora una volta.
Visse
giorni felici in compagnia della strega.
La amò come mai aveva fatto in vita sua di quell’amore puro e
incondizionato
che non era stato in grado di donare alla sua sposa. Dimenticò delle
sue terre,
della sua famiglia e di tutto ciò che, senza alcun rimpianto, aveva
lasciato
oltre quella foresta; e con il trascorrere del tempo dimenticò anche
gli
innumerevoli avvertimenti che avrebbero dovuto spingerlo a ritornare a
casa.
La luna piena splendeva alta nel cielo quando la donna prese le
sembianze di un
essere abominevole che poco conservava di ancora umano: le zanne
aguzze, gli arti
mostruosamente deformati, gli occhi iniettati di sangue, che pur
mantenendo il
colore ambrato, avevano perso ogni briciolo di razionalità. Un ringhio
gutturale si levò dal basso ventre.
Con
un balzo si avventò sul corpo inerme,
ancora assopito, del suo amante. Ne strappò il cuore dal petto e lo
divorò.
Il
debito con l’antica religione era stato
saldato.
Note dell’autrice
Eccomi qui di nuovo, con una one-shot originale.
Vorrei
ringraziare la mia amica Iraklion
che legge ogni mia storia prima della pubblicazione e per i suoi continui incoraggiamenti, senza dei quali non avrei avuto il coraggio di pubblicare nulla:
Grazie
Fefè <3
Comunque,
dopo il finale tragico di questa
storia, non posso lasciarmi andare a troppi sentimentalismi … cosa ne
sarebbe
della mia reputazione di spietata?
Mi
scuso per le inesattezze storiche, anche
se non ho ambientato in un periodo storico ben determinato, sarà stato
un
periodo tipo Medioevo, probabilmente. Konnisburg non credo che esista,
né tanto
meno Lord Lionel e il Conte John Canterbury … ^^’’
O tre dee del castigo, Furie, volgete il vostro sguardo a questo rito infernale! Vendico una colpa commettendone un'altra. La morte va espiata con la morte. A delitto va aggiunto delitto, a funerale funerale: si estingua lo sciagurato casato, con questo accumularsi di lutti.
OharaNakamura