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Autore: OharaNakamura    24/08/2015    5 recensioni
Il cavaliere sentiva il cuore battergli forte sotto la cotta di metallo, ma non si dava per vinto. Avrebbe fatto di tutto per salvare il suo feudo dalla imminente rovina, anche fare ricorso alla magia nera.
Genere: Drammatico, Fantasy, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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House of wolves



In un luogo remoto nel tempo e nello spazio i figli maschi appartenenti alle nobili famiglie venivano addestrati sin da piccoli per diventare cavalieri: abili nell’uso delle armi, dovevano in questo modo portare onori e glorie alla casata di appartenenza. L'addestramento militare a cui questi giovani, fin dall’infanzia, erano sottoposti era molto severo e comportava grandi sacrifici. Una volta terminato, essi prendevano il comando di eserciti finanziati dalle loro famiglie e messi al servizio della corona.

Ben più misero era il destino delle figlie femmine, le quali erano promesse in sposa dalla nascita, per suggellare patti di alleanza, o in alternativa riservate alla vita monastica. Ma questo accadeva sopratutto quando le fanciulle  non si rivelavano graziose e pertanto venivano rifiutate.
Non era affatto una cosa strana, all'epoca, trovare uomini molto vecchi sposati con ragazzine appena entrate nella pubertà, o ragazzi che avevano delle promesse spose in fasce.

Anni e anni di conflitti tra famiglie avevano indebolito parecchio la popolazione, che quotidianamente subiva razzie da banditi e attacchi dei nemici
Con il passare degli anni, la situazione non migliorava, non solo per la popolazione, ma anche per i nobili, che non potevano più usufruire dei prodotti delle loro terre, per il semplice motivo che a causa di tutta quella devastazione, il numero di lavoratori diminuiva sempre di più e quel poco di grano prodotto era spesso saccheggiato.

Un giorno,spinto dalla disperazione per la disastrosa situazione finanziaria, Lord Lionel di Konnisburg, figlio maggiore di John Canterbury, Conte di Konnisburg, si insinuò nella foresta che circondava la città. Non era armato, né accompagnato dai soldati. La sua missione era pacifica: si narrava infatti che la selva di Konnisburg fosse abitata da fanciulle educate alla religione pagana. Secondo le storie, queste erano state costrette a ritirarsi nel cuore della foresta, per sfuggire alle persecuzioni cui andavano in contro a causa della loro eresia.
Nessuno aveva mai osato avvicinarsi tanto, benché quelle terre sarebbero state molto vantaggiose economicamente grazie al legno che avrebbero potuto ricavarne per costruire, la paura di quelle donne e delle maledizioni che avrebbero potuto scagliare era così forte che presto quell’area rimase abbandonata.

Il cavaliere sentiva  il cuore battergli forte sotto la cotta di metallo, ma non si dava per vinto. Avrebbe fatto di tutto per salvare il suo feudo dalla imminente rovina, anche fare ricorso alla magia nera. Lord Lionel errò per giorni nella foresta, addentrandosi sempre di più in luoghi impervi e sconosciuti alla ricerca delle donne maledette, senza essere sicuro di riuscire a trovare la strada per il ritorno.

Era così stanco che anche la sua fermezza in quell’impegno cominciò a vacillare. Come avrebbe potuto mai trovarle se per molti anni nessuno era mai riuscito nell’impresa?

Sempre più scoraggiato, decise di fermarsi per qualche ora; scese da cavallo, dopo giorni di cammino, anche quella povera bestia aveva bisogno di riposare e nutrirsi. Non sapeva quanto avesse camminato, ma era sicuro di essersi allontanato molto dal suo castello, tuttavia, per quanto potesse essersi inoltrato nella foresta, non era abbastanza.

Ormai allo stremo delle forze, si sedette in riva al lago che aveva appena raggiunto insieme al suo fedele destriero e si tolse gli stivali. Un pesante sonno lo attanagliava, spingendolo a chiudere le palpebre abbandonandosi tra le braccia di Morfeo.
Nella sua percezione passarono pochi minuti, quando la più soave delle melodie lo ridestò:

«Cosa vi porta nella foresta, cavaliere?»  

Il volto della fanciulla era quello di un angelo e il cavaliere, per lunghi attimi, credette di essere morto e risvegliatosi in paradiso.

«Oh divina creatura, viaggio da giorni alla ricerca di qualcosa che non troverò mai. Siete forse anche voi frutto della mia illusione?»

La fanciulla lo guardava negli occhi, con uno sguardo sensuale e incantatore, e il cavaliere sentì un tuffo al cuore.
Come poteva una creatura così bella essere il mostro che veniva narrato dalle leggende? Non riusciva a crederci.

«Qual è il vostro nome?» Provò a domandare Lord Lionel, senza tuttavia ottenere alcuna risposta.

«Vi darò quel che desiderate, cavaliere» disse la giovane, guidandolo nel folto della foresta.

Il giovane, ancora incredulo, continuò a seguirla nella selva sconosciuta, senza alcuna opposizione. Aveva finalmente trovato ciò che da giorni stava cercando, anche se non riusciva a gioirne come avrebbe dovuto.

La fanciulla, dai lunghi capelli scuri, lo condusse in una grotta. Capì dagli oggetti in essa presenti, che era li che ella dimorava.

Davanti allo sguardo incredulo del cavaliere, che era stato invitato a inginocchiarsi , la strega cominciò a tracciare simboli magici sul pavimento della caverna, pronunciando delle parole in una lingua a lui sconosciuta.
Sentiva una forza sovraumana muoversi dalle profondità della terra.
La strega stava invocando antiche divinità e lui non poté fare a meno di rabbrividire a quella visione.

“Poenarum que deae triplices, furialibu Eumenides, sacris vultus advertite vestros! Ulciscor facioque nefas; mors morte pianda est, in scelus addendum scelus est, in funera funus: per coacervatos pereat domus inpia luctus.”*

Aveva ottenuto ciò per cui era li, ma adesso non aveva né la forza né la voglia di abbandonare quella grotta e quella donna.

Passarono diverse lune. La scomparsa del suo comandante aveva reso l’esercito debole, spaesato. Al palazzo erano stati versati fiumi di lacrime. Lord John Canterbury, Conte di Konnisburg non poteva credere di aver perso suo figlio, erede legittimo della contea, in un modo così ignobile e privo di eroismo. Suo figlio, grande cavaliere, destinato a morire in battaglia o dopo una lunga vita piena di successi militari, era stato ucciso, o chissà per quale uso demoniaco era stato impiegato da quelle donne maligne! Quale disgrazia poteva mai presagire per la contea di Konnisburg un simile avvenimento?

 

«Abbandonate questa foresta, angelo mio. Farò di voi la mia signora. Io vi appartengo» sussurrò il giovane cavaliere alla strega.

«Oh cavaliere, prestate attenzione. Non sono donna da amare io. Fuggite e non cercatemi più.  State lontano dalla foresta e la vostra vita sarà salva» rispose lei, con la voce carica di apprensione per la sorte del suo amato.

Ma il cavaliere non voleva sentire ragioni.

«Abbiate cura di voi.»

La fanciulla posò le labbra sulle sue.
Poi il nulla.

 

Contro ogni aspettativa la strega, infima per natura, non l’aveva ingannato: la nobile famiglia Canterbury riuscì misteriosamente a prevalere sulle altre.
In pochi anni la contea di Konnisburg moltiplicò il prodotto dei raccolti, la popolazione subì un aumento demografico, il commercio visse un periodo di grande fioritura. Mai la popolazione aveva vissuto un periodo di tanta abbondanza e pace.

Erano passati molti anni dalla morte di John Canterbury e tutta la sua ricchezza era passata nelle mani del figlio maggiore, Lord Lionel Canterbury, Conte di Konnisburg. Aveva sposato una donna di nobile rango, promessa in sposa da lungo tempo, da cui aveva avuto tre figli, destinati a succedergli. Come gli era stato imposto dalla strega, non aveva più messo piede nel bosco, né aveva osato avvicinarsi. Tuttavia, nonostante tutto quel potere concentrato nelle sue mani, egli non riusciva a gioire di una ricchezza ottenuta con l’inganno.

 Non gli importava più di nulla ormai. La sua stessa esistenza era diventata un lungo trascinarsi verso la morte. Non aveva più nulla che riuscisse ad alleviare le sue sofferenze interiori, nulla che riuscisse ad allontanare quel pesante macigno dal cuore.
Gli occhi ambrati della strega continuavano a tormentarlo nei sogni, nelle acque vedeva il suo riflesso, nel vento sentiva ancora la dolce armonia della sua voce.

Il suo cuore le apparteneva.


Ossessionato dal ricordo della donna, consumato nello spirito e anche nel corpo, decise di addentrarsi nuovamente nella foresta alla sua disperata ricerca.

Vagò a lungo. Non sapeva come rintracciarla, non ricordava nulla della strada del ritorno. Ricordò che la prima volta era stata lei a trovarlo. Così esausto a causa del lungo vagare, decise di sedersi ai piedi di un tronco. Per riposare, ma soprattutto in attesa che lei tornasse a cercarlo. Passarono ancora molti giorni prima che la strega si manifestasse.

«Cosa vi porta nella foresta, cavaliere?»

Riconobbe la voce e le parole.

«Sono qui per voi, oh divina creatura. Il mio cuore vi appartiene. Vi è sempre appartenuto» rispose egli, inginocchiandosi dinanzi all’eterea figura.

Nulla aveva potuto il tempo sulla sua bellezza: la sua pelle diafana sembrava risplendere di luce propria, avvolta in una lunga tunica scarlatta, scalza, con i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle e quegli intensi occhi ambrati, che per molti anni avevano continuato a perseguitare le sue notti e i suoi giorni.

«Prestate attenzione, oh cavaliere. Qui le parole hanno un peso diverso. Fuggite finché siete in tempo» lo avvisò ancora una volta, ma il cavaliere, convinto della purezza dei suoi sentimenti, proprio come aveva fatto in gioventù, decise di seguirla ancora una volta.

Visse giorni felici in compagnia della strega. La amò come mai aveva fatto in vita sua di quell’amore puro e incondizionato che non era stato in grado di donare alla sua sposa. Dimenticò delle sue terre, della sua famiglia e di tutto ciò che, senza alcun rimpianto, aveva lasciato oltre quella foresta; e con il trascorrere del tempo dimenticò anche gli innumerevoli avvertimenti che avrebbero dovuto spingerlo a ritornare a casa.

La luna piena splendeva alta nel cielo quando la donna prese le sembianze di un essere abominevole che poco conservava di ancora umano: le zanne aguzze, gli arti mostruosamente deformati, gli occhi iniettati di sangue, che pur mantenendo il colore ambrato, avevano perso ogni briciolo di razionalità. Un ringhio gutturale si levò dal basso ventre.

Con un balzo si avventò sul corpo inerme, ancora assopito, del suo amante. Ne strappò il cuore dal petto e lo divorò.

Il debito con l’antica religione era stato saldato.

 


Note dell’autrice

Eccomi qui di nuovo, con una one-shot originale.

Vorrei ringraziare la mia amica Iraklion che legge ogni mia storia prima della pubblicazione e per i suoi continui incoraggiamenti, senza dei quali non avrei avuto il coraggio di pubblicare nulla: Grazie Fefè <3

Comunque, dopo il finale tragico di questa storia, non posso lasciarmi andare a troppi sentimentalismi … cosa ne sarebbe della mia reputazione di spietata?

Mi scuso per le inesattezze storiche, anche se non ho ambientato in un periodo storico ben determinato, sarà stato un periodo tipo Medioevo, probabilmente. Konnisburg non credo che esista, né tanto meno Lord Lionel e il Conte John Canterbury … ^^’’

*La formula magica che pronuncia la strega è tratta da “Le metamorfosi di Ovidio”  VIII libro:
O tre dee del castigo, Furie, volgete il vostro sguardo a questo rito infernale! Vendico una colpa commettendone un'altra. La morte va espiata con la morte. A delitto va aggiunto delitto, a funerale funerale: si estingua lo sciagurato casato, con questo accumularsi di lutti.

OharaNakamura
  
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