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Autore: elyxyz    24/08/2015    11 recensioni
Il culmine si raggiunse quando passarono oltre un piccolo campeggio malridotto e Arthur mise la freccia, prendendo una stradina a destra – una stradina sterrata, per la miseria! – che si inoltrava soloDiosapevadove e, dopo un paio di miglia, accostò ai margini di una radura, spegnendo il motore.
“Ci siamo persi, vero? Ci siamo persi!” incominciò Merlin, con una punta di panico.
“Nah”, rimbeccò Arthur, colpendosi la tempia con un vistoso ticchettio. “Ho memorizzato il percorso nella mia mente geniale!”
“Oh, perfetto.
Allora ci siamo persi”.
“Ma smettila, idiota di poca fede!” protestò Pendragon, aprendo la portiera e iniziando a togliere il contenuto dal sedile posteriore.
“Ma che cavolo fai?” si sentì domandare dal suo perplesso compagno d’avventura.
“Siamo arrivati,
scemo!” lo rimbrottò scherzosamente, passandogli alcuni pezzi dell’attrezzatura. “Non senti il profumo della natura? L’aria pulita? Il silenzio e...”
“Il nulla?” gli venne incontro sarcastico, ma l’altro non colse.
“Il nulla, sì: niente casini, luci artificiali, agi e comodità… solo noi e Madre Natura”.
“Arthur… forse ho saltato un passaggio, ma quando mai ti ho chiesto di fare un remake infelice di
Lost?”
[Modern!AU - Summer Beach, Merthur, Friends to lovers].
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Modern

Come recitava una celebre canzone: “Non cambiare, stessa spiaggia e stesso mare…”, avevo sperato che l’ambiente dell’anno scorso mi fosse di ispirazione per una nuova shottina leggera. Direi che sono stata fortunata. ^^

 

[Modern!AU - Summer Beach, Merthur, Friends to lovers].

 

 

Storia dedicata ai miei preziosi, pazzi lettori, che mi seguono in ogni follia (detto con tanto amoreh!) e mi sostengono con i loro pareri.
E agli amanti del merthur, ovviamente.

 

 

<>O<>O<>

 

 

Due cuori in campeggio

 

 

 

Era colpa di Arthur. Era sempre colpa di Arthur!

 

Merlin sospirò. Ma come diamine aveva fatto quell’idiota del suo cuore ad innamorarsi di un Asino così?

Beh… probabilmente la parola chiave era ‘idiota’.

 

“Non è forse un posto incantevole, Merlin?” infierì l’oggetto del suo maledire, spalancando le braccia e un sorriso da schiaffi, come se volesse circondare il desolante paesaggio tutt’attorno. “Il nostro angolo di paradiso terrestre!”

 

“Uhm…” mugugnò lui, cercando di essere diplomatico.

 

“Oh, accidenti! Un po’ di entusiasmo!” lo rimproverò Pendragon, avvicinandoglisi mentre lui arretrava. “Sei stato tu a dettare le condizioni e a fare il difficile!”

 

“Io non ho fatto il difficile!” si difese piccato. “Te l’avevo detto di partire con Gwaine!”

 

Con Gwaine?!” fece eco l’Asino, scandalizzato. “Volevi condannarmi ad un anno di purgatorio?”

 

Merlin si lasciò sfuggire un sorriso. Anche se piccolo e ben nascosto. “Aiutatemi a ricordare, Vostra Maestà… Chi aveva suggerito di prendersi un anno sabbatico prima di iniziare il college e viaggiare per tutta l’Europa?”

 

“…Io”, bofonchiò a malincuore il giovane Pendragon. “Ma farlo con Gwaine sarebbe stata una tortura, non un divertimento!” si difese.

 

“Beh… dovevi sceglierti un migliore amico che non fosse povero in canna…” lo pungolò, ghignando.

 

“Smettila con questi discorsi. Ti ho accontentato… Non vedi?!” insistette Arthur, indicando qua e là lo spazio deserto, la sabbia e il mare e la mancanza di anima viva nel raggio di miglia.

 

D’accordo.

In parte era vero. E doveva concederglielo.

 

 

*

 

Quando il Re degli Asini aveva proposto un viaggio Interrail per tutta l’Europa, dopo il superamento dei loro A-level, Merlin si era sentito davvero lusingato, ma non avrebbe mai potuto permettersi un anno di vitto e alloggio a zonzo, perché non possedeva un fondo fiduciario illimitato a suo nome, lui!

Con i suoi lavoretti saltuari, riusciva a malapena a coprire le spese scolastiche e ad aiutare sua madre Hunith, anche se la santa donna cercava – per quanto poteva – di non fargli pesare la loro posizione economica disagiata.

Così Arthur si era offerto di restringere drammaticamente il suo mastodontico progetto vacanziero e di limitarsi ad una settimana, prenotando in un albergo di alta classe, e di regalargli una vacanza ridotta, ma decente.

Ovviamente Merlin si era rifiutato di accettare la sua carità – “Ma non è carità, che diamine, Emrys!” aveva ragliato l’Asino per giorni – e alla fine Pendragon aveva ceduto su tutti i fronti, accogliendo il suo suggerimento di andare in un campeggio che fosse anche alla portata delle sue (povere) tasche, a contatto con la vera natura.

 

“Una settimana di vita spartana non ti ucciderà, Asino!” aveva riso davanti alla faccia sconcertata del suo migliore amico.

 

A onor del vero, doveva riconoscere che Arthur si era ripreso in fretta e aveva accettato quella sfida di buon grado, offrendosi di organizzare tutto da solo.

 

“Sei sicuro di esserne capace?” l’aveva punzecchiato per divertimento. “Non vale se fai prenotare dalla segretaria di tuo padre e la governante non può farti la spesa!” gli aveva appuntato, cogliendo un rossore sospetto che Arthur era stato lesto a motivare come indignazione.

 

“Ma per chi mi hai preso!” s’era difeso lui, pizzicato nell’immenso orgoglio. “Certo che mi arrangerò!”

 

A quel punto, Merlin aveva corretto il tiro e gli si era affidato, curioso di vedere in che guaio si sarebbero cacciati stavolta.

 

“Troverò il posto migliore del mondo ad un prezzo proletario e persino tu resterai a bocca aperta!”

 

Effettivamente sì, era rimasto a bocca aperta.

Già dal momento in cui Arthur si era presentato davanti al vialetto di casa sua con la scassata Mini Minor di Leon (anziché con il mastodontico SUV di Morgana), i conti non erano tornati. Si era immaginato che Sua Maestà Mi Porto Dietro Mezza Casa E Servitori si facesse vedere con un TIR carico di vestiti e suppellettili e un imprecisato surplus di comfort per rendere più agevole la propria permanenza, e invece l’Asino lo aveva stupito. Sì, la macchina era stracolma di roba fin sul tettuccio, ma era pur sempre una Mini!

 

“Pensavo che avresti rubato il Mostro a tua sorella, per preservare la sua virtù un’altra settimana…

 

“Morgana non ha mai avuto una virtù”, aveva tagliato corto Pendragon, schifato. “E non voglio neppure pensare a cosa potrei trovare nel sedile posteriore della sua auto – tante grazie per avermelo detto, Merls!” lo aveva rimbeccato, sarcastico. “Per di contro, questa carretta è così minuscola che potrebbe essere scambiata per l’auto di Barbie Poveraccia e sono certo che quei due non ci abbiano combinato niente, qui dentro, perché è davvero troppo stretta e scomoda… il che va a beneficio della mia pace mentale”.

 

“Sei un po’ contorto, lo sai, Artie?”

 

“Volevo una macchina pratica”.

 

“Dove diavolo mi porterai?!”

 

Pendragon aveva sfoderato un sorriso da Stregatto e, muovendo le sopracciglia in modo significativo, aveva detto sibillino: “Vedrai, vedrai…”

Poi gli aveva strappato dalle mani lo zaino in cui Merlin aveva stipato i propri averi e lo aveva incitato a salire.

 

Ogni volta che gli aveva chiesto indicazioni sulla meta, l’altro era rimasto vago e misterioso, tanto che al giovane Emrys era davvero sorto il dubbio che il suo guidatore designato stesse conducendo a caso, senza sapere come raggiungere la destinazione.

 

Questo pensiero preoccupante si era rafforzato man mano che avevano superato cottage e villaggi vacanze, camping e roulotte, sorpassando tutte le zone lido e lagunari – attraversando persino una foresta! – e ancora non sembrava che fossero vicini all’arrivo.

 

L’Asino, dal canto suo, fischiettava il motivetto alla radio, come se nulla al mondo potesse turbarlo e deviava ogni domanda del suo compagno di viaggio.

 

Il culmine si raggiunse quando passarono oltre un piccolo campeggio malridotto e Arthur mise la freccia, prendendo una stradina a destra – una stradina sterrata, per la miseria! – che si inoltrava soloDiosapevadove e, dopo un paio di miglia, accostò ai margini di una radura, spegnendo il motore.

 

“Ci siamo persi, vero? Ci siamo persi!” incominciò Merlin, con una punta di panico.

 

Nah”, rimbeccò Arthur, colpendosi la tempia con un vistoso ticchettio. “Ho memorizzato il percorso nella mia mente geniale!”

 

“Oh, perfetto. Allora ci siamo persi”.

 

Ma smettila, idiota di poca fede!” protestò Pendragon, aprendo la portiera e iniziando a togliere il contenuto dal sedile posteriore.

 

Ma che cavolo fai?” si sentì domandare dal suo perplesso compagno d’avventura.

 

“Siamo arrivati, scemo!” lo rimbrottò scherzosamente, passandogli alcuni pezzi dell’attrezzatura. “Non senti il profumo della natura? L’aria pulita? Il silenzio e...

 

“Il nulla?” gli venne incontro sarcastico, ma l’altro non colse.

 

“Il nulla, sì: niente casini, luci artificiali, agi e comodità… solo noi e Madre Natura”.

 

“Arthur… forse ho saltato un passaggio, ma quando mai ti ho chiesto di fare un remake infelice di Lost?”

 

“Eh?”

 

“Oppure di Cast Away… hai presente Tom Hanks?”

 

“Vuoi direi che io sarei Wilson, la palla?”

 

“Beh… forse lui era più intelligente di te…

 

Merlin!” latrò Arthur, indignato.

 

“Okay, genio. Fammi vedere questa perla di posto”, sospirò, facendogli accantonare tutto il materiale. “Andiamo in avanscoperta…”

 

“Vedrai… ti piacerà!”

 

“Ci sei già stato?”

 

Mmm… no. Ma ho googlato con Google Earth”.

 

“Oh, fantastico…”

 

“Smettila di spargere sarcasmo! Questa vacanza sarà perfetta. Sarà indimenticabile!

 

“Oh, certo! Lasciami il beneficio del dubbio…”

 

E così si erano incamminati, fianco a fianco, lungo uno stretto e ripido sentiero che conduceva ad una piccola cala, una lingua di sabbia nascosta da qualunque punto di osservazione.

 

Era chiaramente una spiaggia libera, selvaggia, deserta.

Solo lui e Arthur. Accidenti.

Come avrebbe fatto a passare ogni minuto con lui – soli soletti, giorno e notte – senza fare qualche mastodontica stronzata, tipo dichiarargli il suo grande amore?

 

“Forse potremmo tornare indietro a quel camping, l’ultimo che abbiamo sorpassato, e vedere se-

 

Arthur pose fine al suo suggerimento, interrompendolo a metà.

“Li ho già contattati, Merlin”, esclamò, calcando sulla solita sillaba ogni volta che voleva imprimerci un mezzo rimprovero arrogante. “Dove credi che prenderemo acqua potabile, faremo una doccia al bisogno, e acquisteremo cibo, altrimenti? La prima città dista anni luce da qui!”

 

“Ecco, appunto”, concordò, almeno in parte. “E perché non ci accampiamo direttamente da loro?”

 

“Perché, mio caro Merls, con il budget che mi hai dato tu… potevamo permetterci solo questo. O dormire sotto ad un ponte, ma non mi sembrava il caso…”

 

Oh, Dio!

 

“Lo so: sono stato bravo! Non serve che ti complimenti!” si schermì Pendragon, con una faccia da schiaffi. “E adesso torniamo alla macchina, dobbiamo montare la tenda prima che sia sera!”

 

“Dimmi, ti prego, che in una vita passata sei stato un Boy Scout…

 

Ma l’altro scoppiò a ridere. “Al Country Club, una volta, ho aiutato a cuocere un barbecue. Vale qualcosa?”

 

“Oh, Gesù! Chi pensi cucinerà?”

 

Ma che domanda stupida, Merls! Non hai sempre detto che ti tratto come il mio servitore personale?

 

“Oh! Certo, Vostra Maestà!” replicò allora, rassegnato a vivere quell’incubo ad occhi aperti.

 

 

*

 

Mancava poco al tramonto, quando – dopo uno studio attento del manuale in cinese e una serie di bestemmie irripetibili – infine la tenda fu montata e resa sicura.

 

Merlin scrutò con soddisfazione il claustrofobico cumulo di tela a forma di igloo e poi, strofinandosi le mani, si armò di coraggio e buoni propositi.

“Bene! Adesso che abbiamo finalmente capito come si fa, la mia dev’essere uno scherzo da costruire!

 

“La… tua?” domandò Arthur, perplesso.

 

“Sì, Vostra Maestà. Quella che sarà ancora più piccola e scomoda di questa… questa… questa scatoletta di sardine in stoffa e cerniere!

 

“Ma Merls! Non abbiamo un’altra tenda!” gli rese noto, a metà fra la sorpresa e il disagio, una volta che lo sconcerto si dipinse sulla faccia del compagno.

 

N-non ce l’abbiamo?”

 

“Beh, no. Ho pensato che non ti desse fastidio condividere lo spazio con me”, gli spiegò, trattenendo a stento la delusione. “Ma evidentemente mi sbagliavo…”

 

“Arthur, io…”

 

“Guarda: nessun problema. Ti cedo la tenda e io dormirò fuori, nel sacco a pelo. Il cielo stellato sarà una figata…”

 

Arthur…”

 

“Davvero, Merlin”, ripeté, come se fosse definitivo, ma l’altro non si lasciò intimidire dalla ben nota caparbietà Pendragon.

 

“Non mi dispiace dormire con te, Asino che non sei altro”, precisò, afferrandolo per le braccia affinché si guardassero bene negli occhi. Anzi, tutt’altro. Era meraviglioso e terribile al contempo. Peccato non poter essere del tutto sincero con lui. “Ma pensavo che la cosa infastidisse te. In fondo, sei abituato a un letto matrimoniale gigantesco e la tua camera è grande come tutto il mio appartamento e-

 

“E tu russi, ma mi va bene così”, lo tacitò Arthur, facendosi spuntare un sorriso di ritrovata gioia, che fece fremere il cuore di Merlin.

Per questo, ci mise un istante di troppo a cogliere e replicare.

 

“Ehi! Io non russo…”

 

“Sì, certo. Come no?”

 

“Per quanto ne so, potresti essere tu quello a produrre rumori notturni molesti…”

 

“Se russi, ti darò in pasto agli squali…”

 

“Non ci sono squali, qui!”

 

“Alle stelle marine…!”

 

“Sono carnivore?”

 

“Mangiano piccoli crostacei, molluschi, ricci e cozze, ma si dice che siano terribili predatori!”

 

“Certo, certo. ‘La terribile stella marina’ sembra proprio il titolo di un horror pauroso!

 

“Quando ti ritroverai senza dita dei piedi, ne riparleremo…

 

“Ma che schifo, Arthur!”

 

Al che, scambiandosi uno sguardo, scoppiarono entrambi a ridere e ripresero a sistemare tutto l’occorrente.

Infine, dopo aver predisposto un cerchio di pietre per un piccolo falò (benché non vi fosse pericolo di incendiare la sabbia, Merlin voleva essere superprudente), si domandarono se non fosse il caso di inaugurare la loro vacanza con un tuffo in mare.

 

Ma è quasi sera!” aveva obiettato Merlin, incerto. Spogliarsi davanti ad Arthur e stare in mezzo alla gente in costume era un conto, ma essere l’unica anima viva con lui… lo rendeva terribilmente nervoso.

 

“L’acqua è della temperatura giusta… dai! non farti pregare!” insistette Pendragon, sfilandosi senza tante cerimonie la maglietta e i pantaloncini.

 

Per un eterno istante, Merlin temette e sperò che se lo sarebbe ritrovato lì davanti nudo, perché ogni tanto anche Arthur faceva queste stronzate in stile Gwaine, accantonando pudore e buonsenso.

 

Ma la (s)fortuna non aveva girato dalla sua parte, perché l’oggetto dei suoi desideri, che era stato lungimirante, aveva già indosso il costume da bagno.

E allora non gli rimase che imitarlo, piegando con cura la camicia e pantaloni, cercando di ricomporsi, anche se lo sentiva sbuffare impaziente, e poi gli lanciò la crema solare presa dallo zaino… perché era previdente, lui!

 

Ma se ormai è quasi notte!” aveva protestato l’Asino, afferrandola, ma rifiutandosi di metterla.

 

“Il vostro prezioso nasino potrebbe scottarsi, Maestà”, lo dileggiò, fingendosi ossequioso.

 

Arthur sbuffò in risposta, ma cedette per accontentarlo, spruzzandosi sul palmo un po’ di latte solare, prima di spalarlo alla bell’e meglio sul viso.

 

Merlin si costrinse a voltare lo sguardo perché, anche se era la cosa meno erotica del mondo, quell’Idiota riusciva ad eccitarlo anche così, e sarebbe stato troppo imbarazzante spiegare un’improvvisa impennata nei boxer, no?

 

“Dai, vieni qui, Merls… che sei bianco come un cadavere e, se ti scotti, ci roviniamo la vacanza…”

 

Il richiamo era ragionevole, e dovette cedere, anche perché non sarebbe mai riuscito ad arrangiarsi sulla schiena da sé.

Docile, s’era lasciato impiastricciare tutte le spalle e poi, voltandosi, intendeva provvedere da solo, ma non aveva calcolato gli scherzi dell’Asino, che per fargli dispetto s’era messo a spruzzare crema su di lui a casaccio, colpendogli i pettorali, il collo, le braccia.

E Merlin, che aveva il dovere morale di difendersi, gli aveva sottratto il tubetto col solletico, deciso ingenuamente a rendergli pan per focaccia.

Eppure, la sua innocenza spirò al secondo schizzo, quando realizzò di avergli macchiato tutto il costume, su fino all’ombelico e oltre. Un’enorme chiazza biancastra contro la pelle dorata, tante piccole goccioline perlacee che sembravano esattamente… Oh, Dio. Oh, Dio.

 

Merlin si fece sfuggire un gemito, mentre un filmino hard partiva nella sua testa e lui finiva in ginocchio a realizzare concretamente quello che era stato solo un incidente. E fanculo i migliori amici. Fanculo la dignità. Fanculo tutto.

 

Merls?” Arthur gli afferrò il braccio con la bottiglietta ancora a mezz’aria, il dito sul pulsantino da schiacciare. Non appena Merlin riuscì a sollevare gli occhi dalla Terra Promessa, Pendragon si passò la lingua sulle labbra secche, portandolo verso la devastazione. “È divertente, ma se non la smettiamo, domani sarà già finita…” gli spiegò, con buonsenso, prima di lasciare la presa.

 

Merlin si limitò a deglutire a vuoto, annuendo con la testa per pura forza di volontà. Poi fece un passo indietro, prima di commettere l’irreparabile, e corse a nascondersi con la scusa di riporre la crema.

Cazzo. Sarebbe stata una settimana infinita.

 

 

*

 

Il resto della serata era passato senza incidenti.

Avevano cenato con dei sandwich preparati amorevolmente da Arthur (o da una delle cameriere di Pendragon Hill, anche se lui giurava di no) a lume di una lampada a gas, col fuoco del bivacco a rendere tutto più romantico (e patetico, secondo Merlin).

Avevano chiacchierato fino ad un’ora imprecisata e poi… poi l’inevitabile non s’era più potuto procrastinare e, cambiatisi a turno, s’erano ritrovati stretti stretti dentro i sacchi a pelo accostati.

La loro scelta giudiziosa era durata la bellezza di dieci minuti, al seguito dei quali entrambi avevano aperto le cerniere, intenzionati a non morire lessati come dei polli avvolti nel Domopak.

 

Merlin era stato pronto a giurare sulla vita di sua madre che non avrebbe chiuso occhio, tanta era la tensione che sentiva dentro. Durante la notte, avrebbe potuto combinare mille disastri: lo sapevano tutti che aveva il brutto vizio di parlare nel sonno, soprattutto quando era stressato – e sicuramente in quel momento lo era –, oppure avrebbe potuto inconsciamente attentare alla virilità del suo sogno proibito, saltandogli addosso col favore delle tenebre, contro la sua volontà, quando la coscienza era semioffuscata dal sonno e da bisogni più primitivi. E se poi si fosse ritrovato con un’erezione vergognosa schiacciata contro Arthur? Dio, sarebbe certamente morto di vergogna. Oppure affogato. O sotterrato sotto alla sabbia – ma non aveva una pala per scavarsi la fossa e allora… oddio, oddio… ecco che non riusciva più a fermare quel treno di pensieri deliranti.

 

“Merlin?”

 

Mh?”

 

“Smettila”.

 

“Eh?”

 

Smettila”.

 

D-di fare che?”

 

“Di pensare”, esclamò Arthur, serio. “Ti sento fin qui…”

 

M-ma, io…” farfugliò allora, incerto.

 

“Se tu non ti rilassi, non ci riesco neanch’io. È così che funziona”, riprese spiccio, cessando di dargli le spalle per girarsi verso di lui e, nella penombra della notte, se lo tirò contro, incurante del caldo e del sudore come deterrenti, così come le proteste che era certo sarebbero esplose di lì a poco. “Fingi che io sia Kilgarrah, il tuo drago di peluche, e rilassati”.

 

M-ma Killy non ti assomiglia!” fu la replica istintiva e infantile, tanto che fece scoppiare Arthur a ridere, una grassa risata di cuore.

 

“E voglio ben sperare, io non sono peloso come lui!” precisò, rafforzando la stretta sul corpo del suo migliore amico, per tacitare altre proteste. “Prima avevi un Pet-dragon e adesso hai un Pen-dragon. Di sicuro ci hai guadagnato nel cambio!”

 

“…Ne dubito”.

 

“Ora dormi…”

 

M-ma…”

 

“Buonanotte, Merlin”.

 

“’Notte, Asino pomposo”.

 

 

*

 

Merlin aveva fatto bene a non spergiurare su mamma Hunith, perché di fatto aveva dormito come un ghiro per tutta la notte, ben oltre le sue più rosee aspettative, e Arthur non lo aveva lasciato libero neppure per un istante, ma la cosa non gli era dispiaciuta affatto. Anzi.

E anche in quel momento, nel lento torpore del dormiveglia, era meraviglioso guardarlo dormire – bello come un dio, indifeso come un bambino – con un’espressione innocente e fiduciosa, mentre ancora restava aggrappato a lui.

Merlin si prese il tempo di memorizzarne ogni pieghetta, ogni piccola ruga, la fronte alta, gli zigomi scolpiti, le labbra piene e il naso importante – e imperfetto e così unico, così Arthur.

Anche se si conoscevano da una vita intera, non avevano mai avuto l’occasione di dormire così vicini. E lui voleva approfittare di quel momento più unico che raro. Anche perché, purtroppo ne era certo, non avrebbe mai potuto aspirare a niente di più con lui. Erano solo amici, loro due.

Amici – migliori amici – e mai niente di più.

 

Fu forse quel pensiero doloroso a svegliarlo, perché in quel momento Arthur mugugnò piano, stiracchiandosi come un grosso gatto sonnolento, aprendo lentamente gli occhi, finché il sonno non si dissipò del tutto.

 

Mer-lin?” smozzicò, incerto.

 

“Ciao, Asino”, sorrise lui. “Ben svegliato”.

 

“Che…?” Arthur si guardò attorno, frastornato, fino a raccapezzarsi del tutto. “Ah”.

 

Un istante dopo, un altro risveglio s’intromise svettante fra loro, pressato tra coscia e inguine, duro e invadente, devastante come un elefante in una cristalleria; ma nessuno dei due ragazzi ebbe modo di crogiolarsi nell’imbarazzo, poiché alcuni rumori all’esterno e delle voci attutite offrirono la scusa perfetta per sgattaiolare via da quel frangente vergognoso.

 

Entrambi sbirciarono fuori da una delle fessure della tenda, osservando un piccolo gruppo di ragazzi – tre maschi e tre femmine – che stavano scendendo dallo stesso sentiero percorso da loro il giorno addietro.

 

“Ehm… la nostra spiaggia privata… non è più privata…” considerò Merlin, quasi stupidamente. D’accordo. Aveva sbagliato. Non avrebbe dovuto lamentarsi dell’eccessiva intimità che lo aspettava e adesso, anche se non aveva neppure fatto a tempo ad assaggiarla come si conveniva, l’occasione se n’era già sfumata!

 

“Magari sono qui di passaggio?” replicò Arthur, sottovoce, perché in fondo il loro igloo di tela offriva solo una riservatezza fittizia.

 

“Di passaggio? Come minimo, fino a stasera non si schioderanno”, fu l’acida considerazione.

 

“D’accordo, allora. Esco prima io, e poi raggiungimi”, concesse Pendragon, come se fosse stato un piano di guerra, un comando da rispettare e, senza pudore, indossò il costume del giorno addietro e oltrepassò la soglia della tenda.

 

Merlin tese le orecchie per sentire cose avrebbe detto ai barbari invasori del loro nido d’amore, ma colse solo un saluto generico, perché il resto delle risposte era vago e confuso.

Poi, preso il coraggio a due mani, si cambiò e fece per raggiungere il suo compagno di disavventure, ma – appena oltre i lembi dell’entrata – restò paralizzato ad osservare due tizi nudi che si baciavano spudoratamente poco distante da lui e, più in là, anche due ragazze si impegnavano ad imitarli con uguale fervore. Solo la terza coppia, benché adamitica anch’essa, preferiva nuotare anziché limonare come se non ci fosse un domani.

 

Facendosi forza e raccogliendo la mascella caduta a terra, Merlin cercò Arthur, finché i loro sguardi non si incrociarono e Merlin per poco non ebbe un mancamento (era davvero fortunato ad avere un cuore forte: l’infarto era stato ad un soffio), perché il biondo Asino aveva imitato gli usurpatori nella loro mise naturista – ovvero come mamma Ygraine l’aveva fatto – e suddetto Asino gli sorrise e allargò le braccia facendo spallucce, come a dire ‘Abbi pazienza, che vuoi farci?’

 

S-siamo capitati su una spiaggia nudista?” E ti ha dato di volta il cervello?, si chiese Merlin, sottovoce e circospetto, raggiungendolo di soppiatto e cercando di guardare ovunque tranne che la faccia del suo ex migliore amico e la zona dove generalmente non doveva battere il sole, anche se in quel momento ci batteva eccome. “Perché non mi sembra di aver scorto cartelli a riguardo…

 

“Non so, ma questo spiegherebbe perché il nostro angolo di paradiso non è preso d’assalto da molti turisti”, filosofò Pendragon, nient’affatto turbato dal proprio esibizionismo.

 

“Paradiso un cazzo, Arthur. Io mi sento a disagio e… e… guardati!” sbottò alla fine, indicandolo senza però seguire lo sguardo e, anzi, ostentando un interesse morboso per una conchiglia scheggiata ai suoi piedi. “Questo non fa che confermarmi che la tua scelta sarebbe stata perfetta con Gwaine”.

 

“Eh?” sbuffò l’Idiota. “Che c’entra Gwaine, adesso?”

 

“Beh, lui… lui non si farebbe tanti scrupoli a scorrazzare vergognosamente discinto e-

 

Discinto?” gli fece eco Pendragon, scoppiando a ridere. “Oh, andiamo, Merls! Non siamo mica nel Medioevo!”

 

Non. Mi. Interessa!” replicò infastidito e geloso.

 

“Hai intenzione di passare la giornata rinchiuso dentro la tenda?” s’interessò.

 

“Sì, può essere. Tu va’ a giocare con i tuoi nuovi amichetti depravati!” sibilò tra i denti, cercando di mantenere un tono basso, malgrado fosse infervorato.

 

E Arthur, cogliendo le sue intenzioni, lo rassicurò. “Vengono dalla Russia e non capiscono un accidente di quello che diciamo. Ho già verificato, se ti fa stare più tranquillo”.

 

“Beh, grazie tante”, lo rimbeccò Emrys, nient’affatto riconoscente e sempre intenzionato a non occhieggiare a sud dell’ombelico del suo compagno, anche se la tentazione era forte e la prima sbirciata ai Gioielli di Famiglia Pendragonl’unica, a ben vedere – non era stata per niente esaustiva.

Eppure, la sua coscienza trovava disdicevole approfittarne così, depredando visivamente l’ignaro Arthur, anche se era stato quell’Idiota a mettersi in mostra volontariamente, perché era pur sempre all’oscuro dei suoi sentimenti, e quindi dei suoi desideri, su di lui. Magari, se lo avesse saputo, sarebbe corso a nascondersi, a rivestirsi come un palombaro, con ribrezzo e fastidio.

 

“Dai, vengo con te…”

 

Merlin emerse dalle sue turbe mentali e si sentì afferrare un polso e trascinare dolcemente verso la tenda.

 

“No, aspetta, cosa…?” oppose resistenza, fermandosi dopo pochi passi.

 

“È la nostra vacanza, no? Non ti voglio lasciare da solo tutto il giorno. Insieme o niente. E se quei tizi ti creano disagio, possiamo anche andarcene. Troveremo un altro posto altrove”.

 

“Ma, Artie… So che tu vuoi restare… Questa spiaggia, continui a dire che è il nostro angolo di paradiso terrestre…

 

“Sì, beh… anche Adamo ed Eva sono stati cacciati dall’Eden, no?” motivò serio. “Magari possiamo offrire qualche foglia di fico, che ne dici?”

 

Merlin scoppiò a ridere e Arthur si unì a lui, passandogli un braccio attorno al collo e stringendoselo contro, ristabilendo l’antica complicità.

“Dio, è per questo che ti amo…” si lasciò sfuggire Merlin, asciugandosi lacrime d’ilarità, e realizzando troppo tardi la sua involontaria confessione.

 

“Anch’io, Merls. Anch’io”, rispose Arthur, rafforzando la stretta fra loro, benché fosse ancora nudo. “Non so cosa farei senza di te…”

 

Merlin fu lì per catalogare il tutto come una semplice conferma di virile fraternità. Del resto, erano amici da sempre e, anche se lo davano per scontato la maggior parte del tempo, ogni tanto era gratificante sentirselo dire – che si volevano bene, anche se per lui era un tipo di bene più profondo.

 

Ma Arthur, benché fosse generalmente molto espansivo nei gesti, non aveva mai avuto l’abitudine di accarezzargli il collo con la tenerezza che ci stava mettendo in quel momento, né lo aveva mai tenuto per mano – le loro dita intrecciate – mentre lo conduceva verso la tenda, trascinandoselo appresso.

 

Appena furono al riparo da guardi indiscreti, si accomodarono uno di fronte all’altro e il giovane Pendragon, dopo un lungo sospiro tremulo, riprese a parlare.

Merls…”

 

Ma Merlin, di tutt’altro avviso, sollevò un indice come obiezione e per fermarlo, poi, voltandosi ad arraffare un asciugamano, si premurò di lanciarglielo in grembo.

“Beh, mi distraevi…” ammise, arrossendo vistosamente, rispondendo alla tacita domanda e guadagnandosi un ghigno orgoglioso che distese i nervi di Arthur, che poté riprendere i discorsi.

 

“Uhm…” rilanciò quindi, sulle spine. “D’accordo. Non c’è un metodo indolore per dirlo. E tu lo sai che non sono bravo con le parole, quindi…

 

Quindi…?” lo sollecitò Merlin, speranzoso.

 

Quindi un momento prima stavano parlando e quello dopo Arthur lo stava baciando come se ne andasse della propria vita, come se non ci fosse stato un domani.

In un unico bacio gentile e delicato, fattosi via via più esigente e impetuoso, gli aveva comunicato la sua passione, il suo amore e tutto quello che sentiva dentro.

 

Quando respirare divenne necessario, si staccarono a malapena, restando fronte contro fronte, e poi ripresero dove avevano interrotto, dichiarandosi amore ancora e ancora, fino al tramonto.

 

 

*

 

“Andiamo a fare il bagno nudi?” propose Arthur, dopo il riposino fatto per recuperare le considerevoli energie spese, perché avevano un sacco di anni di amicizia in arretrato da smaltire.

 

Ma se ne sono andati, i russi?”

 

“Da un pezzo, Merlin. Saranno state le tue urla e i gemiti a spaventarli…” lo canzonò bonario Arthur, accarezzandogli pigramente uno zigomo in punta di dita.

 

Merlin arrossì, ma poi rise e lo baciò.

E il bacio diede il via ad altre coccole, fino a che – quasi controvoglia – strisciarono fuori a vedere il sole annegare nell’oceano in uno spettacolo mozzafiato.

 

“Francamente, non credevo che sarei mai stato così felice… quasi non mi sembra vero…” ammise Merlin, accoccolato fra le braccia di Arthur, seduti in riva al mare. C’era solo la risacca e lo stridio dei gabbiani a cogliere la sua confessione, cosicché anche Pendragon vuotò il sacco che gli era pesato sullo stomaco per quelli che gli erano parsi dei secoli.

 

“Entro la fine di questa settimana, ti avrei confessato quello che sentivo. Ma avevo paura della tua reazione, non sapevo cosa aspettarmi… ero terrorizzato dall’idea che avrei potuto rovinare la nostra amicizia.

E così mi sono detto che, se fosse andato tutto a puttane, avrei sempre avuto almeno questa vacanza come ricordo felice di noi due…

 

“Oh, Arthur…”

 

“No, aspetta. Lasciami finire, voglio cavalcare la mia buona stella”, insistette, scompigliandosi la zazzera bionda. “Quando in autunno cominceremo il college, avremo meno tempo per stare insieme. Sì, è la stessa università, lo so, ma frequenteremo corsi e lezioni diversi, i nostri orari potrebbero essere inconciliabili, perciò…

 

“Perciò?” lo incalzò Emrys, curioso e trepidante.

 

“Vieni a vivere con me. Troveremo un piccolo appartamento fuori dal campus, ti aiuterò”.

 

“Lo sai che non voglio la tua carità…”

 

Ma non è carità, Merlin. Il mio è solo egoismo bello e buono: non so vivere senza di te accanto, quindi faccio in modo che tu ci sia. Se poi è un guadagno anche per te, tanto meglio, no?

 

“Messa così, sembra che abbia una logica ineffabile…

 

“Certo che ce l’ha!”

 

“E non mi resta che cedere…”

 

“Signorsì”.

 

“Ma mi costringerai ad essere il tuo servitore personale?” l’interrogò, sospettoso.

 

Arthur ghignò lascivo. “Il mio servo personale. Il mio schiavo del sesso. Il mio-”

 

“Okay, okay… ho afferrato il concetto”, biascicò Merlin arrossendo, ma lusingato. “Grazie per aver pensato a come sfruttarmi in tutti i modi possibili…

 

“Piacere mio, vedrai!” ammiccò. “Ma per ora godiamoci la nostra luna di miele pre-convivenza

 

“Devo ammetterlo: non ci avrei scommesso due penny, ma questa stupida vacanza si sta rivelando la cosa migliore del mondo”.

 

“Ehi!” latrò Arthur, indignato, saltandogli addosso per fargli il solletico come punizione, anche se ben presto finirono per rotolarsi sulla sabbia con altri intenti.

 

E avrebbero goduto ogni attimo. Ogni tramonto e ogni alba, passati a baciarsi, ad accarezzarsi, a fare l’amore sul bagnasciuga, come se quella settimana potesse durare un istante e in eterno.

Solo loro due, e uno spicchio di sabbia dimenticato.

 

 

“Il mondo... comincia e finisce qui.
In questo momento, sembra quasi che i suoi unici abitanti siamo noi...

(HDY #43)

 

 

 

- Fine -

 

 

 

 

Disclaimers: I personaggi, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro da parte mia.

 

Ringraziamenti: Alla mia kohai e a Laura, che subiscono le mie paranoie. X°D


Note: Alcuni particolari di questa storia sono di matrice autobiografica. Ma, per la vostra pace mentale, è meglio non sappiate quali. XD

 

Il diploma finale pre-universitario si chiama “A-Level GCE” (General Certificate of Education - Advanced Level) e corrisponde alla nostra Maturità di Quinta Superiore.

 

La fic a cui mi riferisco nelle note iniziali è: Estetico trascendentale (con)gelato”.

 

La citazione finale viene dal manga “Hana Yori Dango” volume 43. Ci sono molto affezionata, tanto che da molti anni è una delle frasi stabili nella mia presentazione di EFP.

 

In alcune zone, le spiagge nudiste vengono appositamente segnalate con dei cartelli, ma non sempre.

 

L’Interrail è il famoso viaggio fatto in treno, che tocca le principali città europee.
Fino a qualche anno fa, aveva un costo molto basso per i ragazzi sotto ai 20 anni, quindi era una specie di sogno estivo per chi finiva la Maturità.

 

Giuls mi ha fatto giustamente notare che i draghi pupazzo non sono pelosi. Quindi preciso che io mi sono immaginata Killy come Prezzemolo di Gardaland, per capirci… quindi molto peluche.

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

- Aggiornata la raccolta mpreg: “That’s wonderful (Our Little Miracle)” con il cap. 3.

 

 

 

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elyxyz

 

   
 
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