Storie originali > Comico
Segui la storia  |       
Autore: MarcoBacchella    27/08/2015    3 recensioni
Un'ultima, ennesima, edizione della Guida vagamente vaga a Oxford e dintorni.
Marco Bacchella, scrittore, studente, filosofo, pilota di autotreni e di gattini, racconta la sua vita a un povero barista che serve drink fin troppo economici.
Di certo Marco ubriaco non tralascerà dettagli. O almeno spera.
Nota: Dal capitolo 19 in poi ci saranno le sempre più recenti edizioni della guida.
A breve uscirà una copia cartacea, mi toccherà levarlo da qua
Genere: Comico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1

Il vademecum globale al nulla assoluto: Un riassunto di quella che è, che è stata e che sarà la mia vita.

Ci troviamo a San Remo (o Sanremo, a seconda delle preferenze: Io ancora non ho capito come si scriva), estate 2015, in una calda serata in centro.
Dopo i primi cinque giorni passati a cercare Piña Colade decenti negli svariati bar della città "vecchia", che prende la denominazione dall'età media dei frequentatori ci imbattemmo, Io e la gang di violentatrici anonime che chiamo amiche, al "Carroch", un bar in "Bresca", una zona disseminata di bicchieri di plastica, caratteristica che non capii finché non mi avvicinai al locale sopracitato.
Questo stabilimento da cinque stelle tripadvisor offriva, alla modica cifra di 10 euri ben 3 cocktail.
"Bene", direte voi, "Ma noi ti apprezziamo per le supercazzole che tiri nelle tue altre storie, perché vieni a dirci dove ti sei speso il rene che hai venduto?"
Beh, è molto semplice cari lettori. Dovrò pur scusarmi dei due mesi emmezzo di assenza.
Francesco, il barista di questo posto miracoloso, si prestò attento a quelle che erano le mie storie.
Mi divertii molto a spiegargli come, per un motivo o per l'altro, ero finito a Oxford, ad ascoltare Nicolò Carnesi e come il nome Charlotte non faceva che fare capolino nella mia vita come una croce nella vita di un Nazzareno a caso.
Dopo i primi due Japanese corretti da Francesco, cominciai ad aprirmi. 


La Guida vagamente vaga ad Oxford e dintorni

Edizione ultima (lo giuro)

Prefazione


Non sono una persona da prefazione chilometrica, anche perché ne ho scritte veramente troppe. Circa quattro. Se mi fossi messo d'impegno la prima volta avrei azzeccato subito, ma vorrei dirvi un paio di cose.
Questo libro è stato scritto da un diciassettenne, ora diciottenne e ancora andante, che si annoiava.
Questo diciassettenne si annoiava tanto quando i genitori erano in vacanza lasciandolo in casa da solo, quindi decise di scrivere un libro.
Parlando con mio padre mi sono accorto di una cosa che non avevo mai notato prima di ritrovarmi a pochi giorni dalla pubblicazione.
Sto pubblicando il mio primo libro.
Anche se ci sarà un solo compratore, e quel compratore mi manderà lettere minatorie con scritto che il mio libro è una cagata, io sarò felice.
Non sarò felice perché il mio libro è una cagata, ovvio.
Ma sarò felice perché qualcuno mi ha letto.
Un ragazzino, tra quattro anni, cercherà "Oxford" su Google e forse comparirò io.
Comparirà il mio faccione barbuto che saluta la gente.
Questa conversazione con mio padre mi ha ricordato perché ho cominciato a scrivere.
Perché ho voglia di farmi conoscere.
Non lo faccio per i soldi, non lo faccio per le donne, e neanche per il blackjack.
Lo faccio perché adoro quello che scrivo, e spesso la soddisfazione personale copre la gratifica monetaria che si può ricevere.
Io sono la prova vivente che chiunque, a qualsiasi età, può pubblicare un libro.
Buona lettura e buona fortuna.












Prologo
o "Una guida alla guida"[1]

La Guida vagamente vaga a Oxford e dintorni non è una guida, al contrario di quanto suggerisca il titolo.
Sì, elargirò consigli, ma questo testo è principalmente un romanzo, quindi comprenderà una trama poco difficile da seguire.

Arrivato oramai alla terza edizione di questo manoscritto, è giusto cimentarmi in quello che Manzoni è riuscito a fare bene per anni, ovvero l'autoerotismo letterario. Mi sono sempre sentito un giusto connubio di genialità e pigrizia.
Sono sempre stato quel ragazzo che si siede in fondo alla classe e tenta di dormire, ma che quando arriva il giorno dell'interrogazione è stranamente preparato anche sulle battute che ha fatto il prof di filosofia durante la lezione.
Ero quel ragazzo che avevate in fondo alla classe alla medie, che parlava raramente ma che ascoltava quella band italiana particolarmente indie che vi piaceva tanto, ma essendo lui uno stronzo non glielo avete mai detto.
Ero quel ragazzo che, appena entrato al liceo, pensava di essere un rivoluzionario, di essere già arrivato e di essere già in grado di affrontare tutto, per poi ridimensionarsi di colpo, e arrivato ad un certo punto, guardava l'università come unica ragione d'essere.


Verso la fine dell'A.S. 2013-2014, mi vedo assentarmi dalle lezioni, in pieno stile filosofico-rivoluzionario, per un insolito attacco di pigrizia, tuttavia era pigrizia giustificata.
Era una noiosa mattinata del 27 maggio, di quelle leggermente piovose, non propriamente estive ma non classificabili neanche come primaverili, dato che il connubio di umidità e calore dava un'afa insolita ma piacevole, quando mi venne voglia di controllare la pagina Facebook dell'STS, l'agenzia di viaggi studio con cui sarei partito per Oxford da lì a un mese e qualche giorno.
Scrollando il mouse consunto da ore di ozio intenso, vidi un post di una ragazza.
In realtà, non prestai molta attenzione al post in sé, né tanto meno alla miniatura della signorina sopracitata, prestai attenzione solamente alle date segnate dalla ragazza come la partenza: 11-31 luglio.
Controllai il suo profilo per vedere che tipo di ragazza era, per vedere innanzitutto se fosse necessario cancellare la prenotazione della vacanza studio, tuttavia anche per semplice e frugale curiosità.
Aspettate.
C'è qualcosa che non mi torna.
Com'è che di martedì scolastico ero a casa?
Cioè, sarei dovuto andare e partecipare attivamente agli ultimi giorni di terzo anno del linguistico.
Mi ero finto malato?
No, non ce ne era motivo.
Forse era per le elezioni.
No, la mia scuola non era seggio.
Ah, stavo seguendo una nuova filosofia di vita.
Doveva essere così, qualcosa sulla linea del "perché sarei stato più produttivo a casa a fissare la vernice asciugare piuttosto che a scuola a veder un film filo-cristiano prodotto con un budget inesistente."
Sì, 7 km da Gerusalemme [2], parlo di te.
E com'è che ho incominciato a scrivere delle mie noiose vacanze ad Oxford?
Ah già, perché volevo fare un simil-documentario su quanto l'umanità faccia schifo, e perché mi annoiavo.
No, non era per quei motivi.
Era perché..
Fate una cosa, o miei dodici lettori sfortunati, perché se vi siete ridotti a leggermi o siete veramente sfortunati, o siete mentalmente instabili, trovate un motivo poetico per cui io stia perdendo tempo a scrivere:
Qualcosa sul genere "scrivo perché mi sento alternativo" oppure "scrivo perché hanno cancellato Firefly[3]".
No, quest'ultimo è il motivo della mia depressione cronica.
Capitano Reynolds[4], mi manchi ogni giorno di più.
No, in realtà non mi ricordo perché ho cominciato a scrivere.
Ho sempre voluto scrivere, e questa vacanza è solo un buon pretesto, visto che ho potuto assistere a più episodi di vita relativamente peculiari, e il tutto si adattava piuttosto bene ad un libro, ad un primo libro.

Mi rendo anche conto che molti di voi, circa nove su dodici, non capiranno le varie citazioni che tirerò in mezzo al tomo completamente a caso solo per raggiungere una lunghezza decente.
Ma è per questo che ho sviluppato un ingegnoso sistema di note, che voi potrete o non potrete seguire a vostro piacimento.
Non vorrei che fosse distribuito su dei volantini A7 nelle piazze dei paesini, capitemi.
Ho scritto quasi una pagina e ancora non ho detto nulla di veramente importante.
Beh, è un prologo, d'altronde.
Ci sono molti autori che scrivono prologhi fin troppo lunghi che alla fine nessuno legge.
Volete sapere come ho raggiunto lo status di Parini con tutte le mie riedizioni? Dopo la prima pubblicazione, il 31 settembre 2014, il mio stile è evoluto. Indi per cui, il mio testo andava ampliato, cancellato, rieditato, modificato e così via. Sì, insomma, Parini mi fa un pippone, altro che Il Giorno.

Tornando ai fatti, quella stessa sera contattai due ragazze che avevano postato sulla pagina, e lì una ebbi una sensazione peggiore della morte,peggiore della tortura, peggiore del finale di Sherlock.
Era una pagantella.
Puzzava di Bocconi.
Puzzava di Hollywood.
Puzzava di Marlboro Touch fumate fuori dal San Carlo pagato dal papi che lavora come assessore della Lombardia.
Oddio,detto da uno che è nato a Milano, la cui madre ha studiato proprio alla Bocconi sembra ipocrita, ma proprio per questo motivo posso dire con certezza quanto la razza milanese-ruba parcheggio sia una razza corrotta fino al midollo.
Ma detta così sembra che io sia un razzista insensato.
Non fraintendetemi, lo sono, ma ho dei motivi relativamente convincenti.
Sono nato e cresciuto in una città che, d'estate, si anima di milanesi, e costoro decidono quali zone diventano pedonali e quali no, quali sono parcheggi "di proprietà" e quali no.
Ma so che anche dentro Milano i nativi si comportano così.

Ancora non ho scritto il motivo per cui scrivo.
Dai, se  mi concentro magari riesco a trovare un motivo scontato, tipico dei finti scrittori con troppo tempo libero.
"Scrivo perché sento il bisogno di scrivere, sento il dovere di essere il più sincero, spietato e critico possibile verso la società, verso le persone e verso me stesso. " oppure, per semi-citare "The Art of Getting by", "Mi ricordo una frase che lessi da bambino, viviamo da soli, moriamo da soli, tutto il resto è solo un'illusione." E io aggiungerei, sta a noi rendere la vita sopportabile con le nostre azioni. Forse scrivere rende la mia vita più sopportabile.
La scrittura è un modo per comunicare, un modo per trasmettere un messaggio, un modo per essere un tutt'uno con la cultura.
Forse è questo quello che ho sempre cercato.
Essere ricordato assieme ai nomi altisonanti che trovi nei kindle della gente o, se preferite il cartaceo, nelle librerie.
Forse voglio solo convincermi che un giorno, qualcuno leggerà un mio testo e mi farà i complimenti.
Sembra quasi seria.
Ma questo né vi riguarda, né vi importa, non è vero?
 

[1] Il titolo "Una guida alla guida" è di per sè una semi-citazione a "The Hitchiker's guide to the Galaxy", almeno in versione integrale, dove l'autore spiega bene come leggere il libro e cosa aspettarsi.
[2] Film filo cristiano prodotto con un budget molto limitato.
[3] Serie fantascientifica del 2002 mai terminata.
[4] Uno dei protagonisti di Firefly.













Capitolo Uno
O "Perché hai della birra in una bottiglia del latte?"



Dando per scontato che voi abbiate letto tutto il prologo, il sei giugno, l'ultimo giorno di scuola in Piemonte, decisi di andare comunque all'edificio infondicultura.
Lo decisi, lo decisi intensamente, e vi dirò: lo decisi così tanto che misi pure la sveglia, ma infine non andai, per una mancanza totale di scuse da usare per giustificare la settimana e mezza di assenze. D'altronde, posso avere un massimo di quattro rinoplastiche l'anno.
Andai al pranzo di classe, comunque, perché non avevo ancora mangiato.

Alle nove circa mi suonò la sveglia rimandata, e, come mamma m'ha fatto, mi diressi verso la cucina in cerca di caffè e cereali.
Il caffè, nella vita di uno studente, è cruciale. 
Senza di esso nessuno studente sarebbe capace di sopportare altre persone, figuriamoci scrivere un libro. 


Trovato il caffè nella caffettiera, mi misi a cercare i cereali, ma finii a mangiare biscotti per colpa della mia caratteristica pigrizia.
Erano buoni, per Diana. 
Penso fossero quelli al burro.
I biscotti al burro sono una delle poche cose francesi che riesco a sopportare.

Sono dolci, ma non troppo. Sono friabili, ma non troppo.
Insomma, sono fantasticamente medi, in pieno stile "Ègalitè française".

È anche vero che i galli non hanno inventato tante altre cose.
Ho pure scoperto che il signor Guillottin non ha inventato la ghigliottina.
Mi sa che ho iniziato troppo presto a raccontare.

Passiamo all'azione, che dite?

Alle undici circa discesi, con ridente gaudio, nella fiorente cittadina di Arona[1], dove si terrà questa parte di narrazione. Arona è una polis fantastica, vertice del triangolo della droga Legnano-Milano-Arona grazie anche al meraviglioso disservizio che le Ferrovie effettuano una volta all'ora verso i due altri vertici.
Dalla fantastica veduta del pullman potevo godermi il paesaggio semi-naturale del Lago Maggiore. 
Ci tengo a sottolineare il "semi" per informarvi delle branchie che molto probabilmente vi usciranno in caso di contatto, anche accidentale e fugace, con l'acqua della sopracitata pozzanghera.
Appena sceso dalla corriera chiamai la mia compagna di banco che mi espose un problema gravissimo: non le davano la birra.
Anche la birra è importante nella vita di uno studente, e le funzioni di quest'ultima sono molto simili a quelle del caffè.
Rende più sopportabili le persone e aiuta la scrittura di libri.
In una nota postilla, si ringrazia la Danimarca, la Repubblica Ceca e l'Irlanda per avermi dato l'ispirazione in bottiglie di vetro.
Sicché son gentile e caritatevole, entrai nella prima birreria che riuscii a trovare che, per casualità da amante di birra, mi circondava. [2]

Allora chiesi all'oste due litri di bionda "a portar via", ma aveva solo bottiglie da un litro.
"Poco male, l'importante è che non siano bucate." dissi accennando ad una risata che lui non colse.
Infatti rimase fermo a fissarmi finché io non distolsi lo sguardo.
Successivamente, l'oste sparì in uno sgabuzzino buio per alcuni minuti, e uscì con due bottiglie di latte da un litro, che lavò e preparò al trasposto dei preziosi beveraggi. 

Quindi ora sapete il perché del titolo, ma vorrete sapere altro, tipo della festa che seguì il pranzo.
Il pranzo non ebbe troppi avvenimenti speciali, forse solo una bottiglia di latte da cui bevevamo mentre ci abbuffavamo di pizza.
I camerieri avevano una strana espressione sulla faccia. 
Penso che uno sia andato a vomitare. La pizza con le acciughe è buona con il latte, che credete.

La classica festa di fine anno scolastico si tenne in questa spiaggia paludosa, tipica della zona del Vergante, con il classico presunto diggiei, tipico anch'esso della zona del Vergante, e le classiche presunte creature senzienti la cui specie, purtroppo, condivido, quest'ultime comuni a molte zone del mondo.
I rapporti sociali di queste creature si possono ritrovare in molte tribù di babbuini dell'Amazzonia.
Questi gruppi di individui, infatti, si lanciano feci per dimostrare chi ha più potere nel branco.
Le scimmie, almeno, si lanciano frutta.

Tentai di accaparrarmi il posto più isolato possibile per fare il buon alternativo e bere un po' di latte in pace, ma trovai conoscenti che avevano appena finito di tirarsi neri. [3]

Fortunatamente per me, i fumi del latte gli avevan fatto dimenticare come, al mio compleanno, avessi "iettato"[4] sui pantaloni di uno dei conoscenti sopra citati.
Beh, da qui i miei ricordi si annebbiano.
Durante la fase di black out che percorsi ebbi una visione del "Lattaio" di Brace, di ballerine post-industriali e di maglie rosse.
Stavo ascoltando troppo Sudorama, in quei giorni, tuttavia non me ne potete fare una colpa, il sound è catchy.
So solo che ad un certo punto mi sono messo a dormire senza scarpe, e che mi sono svegliato con il Pagante [5] in sottofondo.
"Dalle stelle alle stalle" esclamai.


Subito dopo ebbi una strana sensazione.
Mal di testa, nausea, bruciore di stomaco.
Non sarebbe per niente piacevole, né per il mio orgoglio scrivere, né per voi dodici sfortunati leggere, ciò che avvenne dopo. 
Anche se penso che oramai l'abbiate intuito.



Facendo un avanti veloce, andiamo alle nove del mattino dell'undici luglio.
Il giorno della partenza.
Facciamo un avanti veloce principalmente per due ragioni: per non dovermi inventare un capitolo per giorno che passai a oziare, e per saltare un paio di giorni che trascorsi gozzovigliando in Pagante City[6], dove feci diverse cose di cui mi vergogno, come perdermi per Parco Sempione. Di nuovo.
Dicevamo, undici luglio. 
Avevo passato le ultime otto ore, o le ultime due settimane, a seconda di come la si intende, disteso sul letto a guardare il nulla.
Non era ansia, non era eccitazione, era nulla.
Era la completa assenza di sensazioni.
Nei giorni scorsi mi ero preparato come uno studente che deve preparare la maturità.
Pur essendoci già stato, avevo la sensazione continua di aver dimenticato qualcosa.
Non so come, ma mi sono ridotto a mettere in valigia un kit di sutura.
Va bene essere pronti a tutto, ma non credo che mi sarebbe mai stato d'aiuto. 
A meno che non ci sia un incidente aereo.
Erano le cinque quando mi decisi a svuotare la valigia sul tappeto e riempirla solo con l'essenziale. Una decina di maglie a tinta unita, quattro paia di pantaloni, una copia de "La Filosofia a fumetti" e dei maglioni di lana più vecchi di me rubati a mio padre.
Misi comunque il kit da sutura "just in case".
Il ritrovo era a Linate alle 11, ma mio padre passava di lì verso le otto, quindi mi toccò farmi un paio d'ore di solitudine e canzoni che non ci azzeccavano l'una con l'altra.


Linate non si presta di certo bene a riflessioni profonde (se non a "vediamo quale nazionalità ha un culo migliore"), ma ascoltando guardando dalle stereotipate poltroncine metalliche ebbi uno strano flashback.
Ero al lago, nella spiaggia che mi ha ospitato per intere estati. 
Il venticello che spirava da Angera mi arrivava dritto in faccia, con tutto il relativo odore di pesce e di fognatura.
Certo, non l'immagine più poetica che vi possa venire in mente, ma è sempre qualcosa. 
Leggevo il primo libro del detective olistico, e avevo la strana preoccupazione che il tempo potesse tornare indietro senza preavviso e far rivivere la sofferenza già affrontata in precedenza.
Sì, è una preoccupazione molto stupida, a meno che tu non sia Giorgio terzo e a meno che tu non passi le tue notti a caricare orologi o a pensare che un albero sia Federico il Grande. [7]

"Marco, stai divagando, nessuno vuole sapere cosa faceva Giorgio terzo" mi disse gentilmente la mia coscienza. 
Ancora non mi ero reso conto che fosse la mia coscienza. 
Mi aggirai per un po' nell'area gruppi di Linate cercando qualcuno che stesse spiando i miei pensieri, ma nel momento stesso in cui mi resi conto che erano le nove del mattino e nessuno parte di giovedì mattina lavorativo, accettai che la mia coscienza aveva una coscienza tutta sua.




[1] Cittadina sul confine tra Piemonte e Lombardia ove son cresciuto

[2] I.E. Ci ero dentro.
[3] Ubriacarsi.
[4] Vomitato
[5] Rapper-Parodia simbolo di Milano.
[6] Milano.
[7] Re Inglese dal 1801 al 1820, è ricordato per la sua instabilità mentale forse dovuta all'avvelenamento da piombo o forse dovuta al semplice fatto che era pazzo da legare.





Quindi, essenzialmente mi stai raccontando come....”
“Ti sto raccontando come ho trovato una pace interiore? Non ne ho idea, trova tu una scusa mentre mi arrangi una Piña Colada degna di questo nome.”
“Non ho il frullatore. Te la arrangio ma ti uso il ghiaccio del mojito, ti va bene?”
“Puoi anche pestare i ghiaccioli sotto alla scarpa, tanto hai tempo.”
Essere uno dei pochi clienti durante la stagione turistica non era proprio un vanto per Francesco, soprattutto a San Remo, ma almeno può vantarsi in giro che ha conosciuto un povero barbone.



  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: MarcoBacchella