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Autore: Severia85    28/08/2015    4 recensioni
Il titolo è tratto da un verso di Dante: nel Medioevo si credeva che i sogni fatti al mattino, poco prima di svegliarsi fossero sogni premonitori. E se accadesse una cosa simile anche a Neville? Chi potrebbe sognare? E cosa gli direbbe?
Quarta classificata al contest "Gli opposti si attraggono... o forse no" di Lalani
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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SE PRESSO AL MATTIN DEL VER SI SOGNA
 
Neville Paciock barcollò su per le scale che portavano al suo dormitorio. Era ancora presto e tutti i suoi compagni chiacchieravano o facevano i compiti in Sala Comune. La sua giornata però era stata disastrosa: quella mattina, un gruppetto di malefici Serpeverde avevano incantato tutti i suoi libri, facendoli svolazzare in giro per i corridoi. Solo l’intervento della professoressa McGranit aveva posto fine al misfatto, altrimenti lui sarebbe stato ancora in giro per la scuola, saltellando come un pazzo nel vano tentativo di recuperarli. Inoltre, nel pomeriggio, aveva sbagliato l’ennesima pozione: non sapeva bene come era potuto succedere, ma quando aveva aggiunto le ali di pipistrello tagliuzzate, il liquido ramato del suo calderone era diventato subito nero come la pece e aveva iniziato a emanare un denso fumo. Poteva ancora sentirlo nelle narici - caldo e acido - nonostante si fosse lavato il viso più volte. Naturalmente, Piton lo aveva deriso davanti a tutti, dandogli dello sciocco incompetente e assegnandoli due rotoli di pergamena come compito di punizione.
Ora non desiderava altro che un materasso morbido e coperte calde. Sapeva che non fare i compiti quella sera lo avrebbe costretto a trascorrere l’intero weekend in biblioteca, tuttavia, in quel momento, voleva soltanto porre fine il prima possibile alla giornata.
Giunto vicino al suo letto, si soffermò a guardarne le tende: rosso e oro, i colori della sua Casa. Continuava a chiedersi per quale arcano motivo il Cappello Parlante avesse deciso di assegnarlo proprio a Grifondoro: non aveva nessuna delle caratteristiche richieste. Forse, il Cappello aveva voluto fargli il piacere di sistemarlo nella stessa Casa dei suoi genitori o, più probabilmente, temeva anche lui la reazione di sua nonna, se fosse stato mandato a Tassorosso. Neville poteva vederla, avvolta nella sua pelliccia di pelo, irrompere nell’ufficio del Preside e protestare vivacemente per l’accaduto.
Con un sorriso amaro, accantonò quei pensieri e si distese sotto le coperte. Il sonno non tardò a venire.
 
Neville vagava incerto per i corridoi della scuola: doveva andare a lezione di Storia della Magia, tuttavia si era perso e non capiva come fare a raggiungere l’aula. Avrebbe fatto tardi ancora una volta. Svoltò a sinistra e, appena prima che potesse appoggiare il piede sul primo gradino, la scala si spostò, cambiando direzione.
“Non da quella parte, messer Paciock.” Disse una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò e si ritrovò di fronte ad un cavaliere in armatura. Non era un fantasma e non si trovava neppure dentro un quadro. Era lì, davanti a lui, in carne ed ossa. La visiera dell’elmo era sollevata e lasciava intravvedere due occhi scuri e vivaci. Al fianco portava una lunga spada, con l’impugnatura incastonata di rubini.
“Chi sei?” domandò il giovane mago, perché l’idea che gli era venuta alla mente non poteva essere vera. Molte volte, sui libri, aveva visto l’immagine di un cavaliere in armatura che spronava il suo cavallo, brandendo una spada luccicante: Godric Griffondoro, uno dei Fondatori di Hogwarts.
“Dovresti conoscermi: io sono colui che dà il nome alla tua Casa.” Rispose pazientemente.
“E perché sei qui?” chiese Neville titubante, mentre continuava a chiedersi se non fosse un fantasma.
“Giungo sempre in aiuto dei giovani rampolli Grifondoro.” Rispose compiaciuto.
“Mah, a dire il vero, non credo che dovrei appartenere a questa Casa.” Affermò il mago a mezza voce, fissandosi le punte delle scarpe.
“Sciocchezze, ragazzo: se porti quei colori addosso, allora appartieni alla mia Casa. Il Cappello non sbaglia mai uno Smistamento.”
Neville spostò il peso da un piede all’altro: non voleva contraddirlo, eppure aveva una marea di dubbi sull’argomento.
“Potrei anche essere leale, ma coraggioso proprio no.” Disse infine, scuotendo energicamente la testa.
“E, mio giovane mago, per quale motivo non ritieni di essere coraggioso?”
“Beh, quando vedo un Serpeverde cerco di nascondermi, perché non mi faccia qualche scherzo e non lancio sfide a nessuno.”
Neville non poteva vedere il volto di Godric perché coperto dal’elmo, ma dall’espressione dei suoi occhi ebbe l’impressione che stesse sorridendo, divertito dalle sue parole.
“Amico mio, ci sono molti modi per essere coraggiosi: non è necessario brandire una spada e uccidere un drago, o salvare una damigella in difficoltà. Tanto meno sfidare un odioso Serpeverde con la puzza sotto al naso.”
Il ragazzo lo guardò, senza riuscire a capire dove volesse andare a parare. Come si poteva dimostrare il proprio coraggio, senza compiere nessuna di quelle imprese?
“Il coraggio non si dimostra solamente compiendo nobili gesta,” aggiunse il cavaliere, come se gli avesse letto nel pensiero. “Esiste il coraggio di chi sceglie sempre la cosa giusta da fare, anche quando è difficile e costa sacrificio. È coraggioso colui che difende le proprie idee di fronte ad altri, senza timore né vergogna; si dimostra alquanto coraggioso chi non si arrende di fronte alle difficoltà o alle tragedie che la vita gli pone davanti e continua la sua strada, andando sempre avanti.”
Neville lo guardava con gli occhi e la bocca spalancata, in completa ammirazione. La sua armatura pareva splendere alla luce delle candele del corridoio e la sua voce risuonava forte e potente. Era un vero condottiero.
“Mio giovane e timoroso compagno non devi temere: sono certo che arriveranno i giorni in cui dimostrerai il tuo valore e il tuo coraggio.”
“Anzi,” aggiunse di fronte allo sguardo scettico del mago. “Sono certo che un giorno mi renderai talmente fiero di te, che potrai brandire la mia stessa spada e compiere un’impresa che verrà raccontata nei libri di storia e che i posteri ricorderanno per secoli e secoli.”
Neville era senza parole, combattuto tra il desiderio di credere a quelle parole magnifiche e la realtà che gli si offriva ogni giorno.
“Grazie.” Balbettò.
“Non ringraziarmi: tutto ciò che farai sarà merito tuo, delle tue scelte e del tuo coraggio. Ricordati: verranno giorni in cui molti volteranno la testa per non vedere ciò che accade e allora toccherà ai giovani audaci caricarsi il destino del mondo sulle spalle. Prendi la tua decisione e renditi degno di quei colori che porti cuciti sul petto.”
Detto questo, il cavaliere si allontanò nel corridoio deserto, svanendo pian piano dalla vista del giovane. Neville stava quasi per seguirlo, per farsi dare ulteriori spiegazioni, quando la scala che aveva tentato di prendere in precedenza ritornò al suo posto. Iniziò la discesa. Era quasi a metà, quando … qualcosa lo colpì violentemente in faccia.
“Neville, per Merlino, ti vuoi svegliare? Farai tardi per l’ennesima volta.”
Ron gli aveva appena gettato un cuscino in faccia per svegliarlo. Neville aprì gli occhi, confuso. Dov’era? Che cosa era successo?
Quando vide il suo dormitorio e i compagni già pronti e in divisa, capì di aver sognato ogni cosa: Godric e il suo discorso non erano stati altro che il frutto del suo inconscio. Deluso, si alzò e cercò di prepararsi nel minor tempo possibile.
Dovette saltare la colazione e si prese una sonora sgridata dalla professoressa McGranit per il ritardo. I Serpeverde si misero a ridere e lui arrossì, nascondendo il viso tra le pagine del libro di Trasfigurazione. Decisamente, il suo era stato solo un bel sogno.
 
***
 
“Neville Paciock sentiva la testa in fiamme e il fumo gli penetrava nelle narici, tuttavia l’incantesimo lanciatogli da Voldemort gli impediva di muoversi. In quel momento, arrivarono dalla foresta i Centauri che scagliarono una pioggia di frecce sui Mangiamorte. Anche il gigante buono Grop si mise a combattere contro i suoi simili cattivi. Neville allora riuscì a liberarsi, gettò a terra il Cappello in fiamme e ne estrasse una lunga spada, con l’impugnatura tempestata di pietre preziose: era la spada di Godric Grifondoro. Sotto l’elsa, vi era il suo nome inciso a lettere d’oro. Il mago la impugnò con decisione e ne rivolse la lama affilata verso il serpente di Voldemort. Meno di un’ora prima Harry Potter, Il Salvatore del Mondo Magico, gli aveva dato questo incarico: “Uccidi il serpente, è importante.” E Neville aveva tutte le intenzioni di ubbidire. Sollevò la lama forgiata dai folletti e l’abbatté con forza sulla testa di Nagini. La testa rotolò via, tra l’erba e il giovane Grifondoro poté godersi l’espressione furiosa del più potente mago oscuro, che presto sarebbe stato sconfitto.”
“Ancora mamma, ancora.”
“Basta Alice, è ora di dormire!”
“Ti prego!” implorò la bambina, sbattendo le ciglia.
“Abbiamo già letto la storia del tuo bis - bis nonno due volte. Adesso devi fare la nanna.”
La bambina sbuffò.
“Se adesso fai la brava, domani ti leggerò di come Harry Potter sconfisse Voldemort.”
Alicia gettò la spugna e lasciò che la madre le rimboccasse le coperte e le desse il bacio della buona notte. Mentre la madre stava uscendo dalla stanza, Alicia la richiamò: “Mamma, anch’io andrò a Grifondoro vero?”
“Dormi adesso.” Le rispose la madre, sorridendo. “E fai bei sogni.”

________

N.d.A.

La storia è arrivata quarta al contest "Gli opposti si attraggono... o forse no" di Lalani. I personaggi da me scelti erano Neville e Godric Grifondoro e il tema da sviluppare era quello del coraggio. 
Neville è uno dei miei personaggi preferiti e ho scritto questa storia di getto, mettendoci il cuore: spero vi piaccia quanto a me!
Per quanto riguarda il titolo è un verso di Dante: nel Medioevo si credeva che i sogni fatti al mattino, prima di svegliarsi fossero premonitori.
  
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