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Autore: perkynurples    29/08/2015    4 recensioni
Tutto accade così in fretta a Erebor. Bilbo ritorna, ad una vita che promette la meritata felicità, ma sarebbe un pazzo a pensare che trovare la felicità al fianco di un monarca possa essere senza le sue sorprese ed avventure.
Il sequel di Niente Che Sia D'oro Resta, finalmente.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Galadriel, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! Io non ero pronta a lasciare Erebor, e voi? Vi presento il primo capitolo del sequel di Niente Che Sia D'oro Resta. Enjoy! <3


CAPITOLO I

 

Sono a corto di tempo, e di fretta. È così abituato a degli orari serrati, abituato allo stress, era abituato ad un sacco di cose grazie a tutto quello che sta succedendo negli ultimi tempi, ma correndo per i corridoi, ignorando con fermezza tutti quelli che persino tentano di guardarlo con curiosità, Fíli si domanda se non avesse... come fa quel detto preferito di Bilbo? Fatto il passo più lungo della gamba? Sì, è quello.

Ma no. No, può farlo. Aveva promesso che l’avrebbe fatto, e sono così vicini, così dannatamente vicini. Hanno superato fin troppi problemi per rinunciare ora.

“Fíli! As–petta!”

Si gira sui tacchi, il suo entourage di guardie del corpo riesce in qualche modo a non entrare in collisione l’uno con l'altro mentre fanno la stessa cosa, e fa un gemito un po’ in esasperazione, un po’ con sollievo, quando vede il fratello schizzare lungo il corridoio verso di lui, con le sue guardie di sicurezza che a malapena tengono il passo.

“Finalmente!” grida Fíli, “dove sei stato?!”

“Ero con Indâd!” si difende Kíli senza fiato, “ma poi ho dimenticato la mia cravatta! Così sono dovuto correre nella mia stanza, e hanno pensato che mi fossi perso, e mi stavano cercando dappertutto, e quando sono tornato, Indâd c'era più, e ho pensato che fosse troppo tardi, e così sono venuto a cercarti, e...”

“Beh, è quasi troppo tardi!” esclama Fíli, afferrando il suo fratellino per la mano, “dai, dobbiamo sbrigarci ora!”

Riprendono la loro corsa, senza prestare attenzione alle loro guardie del corpo che li supplicano di rallentare. C'è troppo in gioco. Con la mano libera, che è quella che non sta assistendo nell’impedire a Kíli di inciampare su se stesso, Fíli dà un colpetto al suo auricolare, abbaiando non appena l'altro capo della linea risponde: “Qual è il tuo status? Dov'è il Re?!”

“È per strada, Vostra Altezza, non si preoccupi,” risponde Balin, la cui voce è troppo calmo considerando la gravità della situazione, per quanto Fili di interessati.

“Non è abbastanza! Ho bisogno di sapere che sarà in posizione in tempo!”

“È tutto sotto controllo,” lo rassicura Balin, “a patto che lo sia anche dalla sua parte.”

“Stiamo bene,” sbotta Fíli, “siamo sulla buona strada per recuperare Bilbo adesso.”

“Non siete ancora con lui? Vostra Altezza, se vuole che io–”

“No! Si procederà come previsto! Ci vediamo al piano di sotto tra dieci minuti!”

E con questo, gira un angolo particolarmente acuto, Kíli metà strillando e metà ridacchiando mentre viene sballottato, quasi perdendo terreno solido sotto i piedi, e poi si precipitano su una scalinata apparentemente infinita, le loro guardie del corpo che sgomberano il passaggio, mandando un ospite vagante o due per la loro strada, e poi è proprio in fono al corridoio a sinistra, sì, oltre la biblioteca... Irrompono nella stanza che è la loro destinazione finale senza fiato e decisamente in ritardo, ma si calmano non appena posano lo sguardo sul suo unico abitante.

Si trova di fronte allo specchio, giocherellando con i polsini, le spalle squadrate in un’ansia che Fíli riconosce fin troppo bene, ma quando li vede nel riflesso, un ampio sorriso illumina il suo volto.

“Come sto?” chiede quasi per gioco, Kíli già si affretta verso di lui e gli afferra la mano.

Fíli lo guarda da capo a piedi, allungano infine la mano per sistemare il perno sul risvolto della giacca anche se non ha veramente bisogno di essere sistemato.

“Abbastanza decente,” dice pensieroso.

Abbastanza decente?! Oh mio Dio, non è molto rassicurante.”

“Sei fantastico!” esclama Kíli, e Fíli ridacchia, “è vero, stai bene, mi dispiace, sono stato cattivo. Dobbiamo davvero andare ora, però. Sei pronto?”

Lanciando un ultimo sguardo scrutatore allo specchio, e prendendo un respiro profondo che poi lascia fuori in uno sbuffo determinato, Bilbo si lisci il davanti del suo tagliente abito elegante, e dichiara con fermezza: “Sono pronto.”

 

SEDICI MESI PRIMA

 

Quello che non ti dicono dei finali da E Vissero Per Sempre Felici e Contenti, quello che non menzionano nei libri è esattamente questo – in che cosa consiste quel per sempre. Quello che E Vissero Per Sempre Felici e Contenti davvero significa. Che la vita va avanti dopo il grande atto finale, dopo quell’ultimo eroismo o ultima frase patetica che sigilla la fine della storia. Oppure, nel loro caso, un bussare alla porta seguito da un bacio sotto la pioggia, che sembra abbondantemente romantico in teoria, ma in realtà si rivela essere poco pratico nella vita reale. Non che a Bilbo interessi – si sente così stordito in questo momento, così confuso e così incredibilmente felice, che avrà probabilmente difficoltà ad interessarsi a problemi di maggiore entità oltre a inzupparsi nella pioggia di tarda notte, probabilmente contraendo almeno un raffreddore.

“Siete bagnati fradici! E siete stati via per tipo cento anni!”

Altri hanno un punto di vista più pratico, ovviamente.

“Mi dispiace, abbiamo... perso la cognizione del tempo?” offre Bilbo incerto, scambiandosi uno sguardo con Thorin – una volta che la pioggia è diventata un po’ troppo, sono riusciti a spostarsi all'interno, ma erano troppo occupati... beh, a baciarsi fino a togliersi il respiro, non c'è davvero un miglior termine per esso, per prestare molta attenzione a dove si trovavano, e hanno sentito le grida impazienti dei ragazzi solo dopo quello che davvero avrebbe potuto essere un centinaio di anni più tardi, i due ancora in attesa dall'altro capo di quella fortunata chiamata Skype.

“Sì, certo,” Fíli rotea gli occhi, troppo consapevolmente per i gusti di Bilbo, ma sorride quando Kíli chiede: “Quindi tornerai? Possiamo smettere di fingere adesso?”

“Cosa – è per questo che sei venuto qui?!” Bilbo si rivolge a Thorin in finto orrore, “Pensavo che fossi solo passato prima di andare ad incontrare la Regina!”

La bocca di Thorin rimane spalancata, sul viso una smorfia un po’ divertita, un po’ impotente, e Bilbo non può davvero farne a meno, raggiunge i risvolti umidi del suo cappotto e lo tira giù per un altro bacio, entrambi sorridendo troppo per farlo correttamente, ma Kíli commenta comunque con un molto forte: “Eww!” e Fíli, dice, molto più severo: “Oh, risparmiatevelo, non adesso!”

“Ci scusiamo,” borbotta Thorin, senza staccare lo sguardo dal viso di Bilbo e le mani dalla sua vita.

“Quindi immagino che questo significhi che tornerai,” dice Fíli con molta soddisfazione.

Le braccia di Thorin intorno a lui sono come un giubbotto di salvataggio, facendolo sentire sano e salvo, e provando un calore che non sentiva da molto, molto tempo, e Bilbo ha solo bisogno di guardarlo per confermare ciò che entrambi già sanno.

“Immagino di sì.”

“E vai! Resteremo alzati ad aspettare!” strilla Kíli, quasi facendo un capitombolo dalla sedia per la pura eccitazione.

“Ora, aspetta, non tornerò così presto,” mitiga Bilbo la sua gioia.

“Quando allora?”

Indâd, hai volato fin lì! Basta che salite in aereo e tornate a casa!”

“Non è così tanto semplice, temo,” Thorin ridacchia, “non possiamo essere in Erebor prima di un paio di ore, neanche se ci provassimo. Decisamente non prima che sia l’ora di andare a dormire, che è adesso.”

“No-o, ma dai!” si lamentano entrambi i ragazzi.

“Non è in discussione,” dice Thorin con fermezza, ma gentilmente, “entrambi avete scuola domani. Porterò Bilbo con me, lo prometto–”, la sua presa si stringe e Bilbo appoggia la testa contro il suo petto, “ma dopo. Vi terrò aggiornati via Balin, va bene?”

Entrambi sospirano profondamente, teatralmente, quasi all'unisono.

“Va bene,” dichiara Fíli, “ti aspettiamo, Bilbo!”

“Sarò lì presto,” replica.

Questo sembra placarli, perché li guardano andarsene via precipitosamente, e prima che la chiamata venga staccata, si trovano di fronte, tra tutte le persone, proprio Balin a controllarli – Bilbo diventa un po’ stizzito e nervoso, ma Thorin non lo lascia mai andare durante tutta la conversazione con il suo assistente, e anche quella finisce abbastanza presto, e sono beatamente di nuovo da soli.

“Allora,” mormora Bilbo, le mani che già salgono di soppiatto sul petto di Thorin, “hai volato fin qui.”

“Beh, sì,” Thorin ridacchia, “come altro pensavi che potessi arrivare qui nel bel mezzo della notte...?”

“Non è quello che intendevo. Sono ancora stupito che tu sia qui, sai.”

“Ho preso un giorno di ferie,” spiega Thorin con calma, i loro volti così vicini, ora che sono l'unica cosa che l'altro può vedere, i loro nasi che si sfiorano delicatamente, i loro cuori che battono come una cosa sola, “probabilmente sono riuscito a dichiarare guerra almeno a due diversi paesi come risultato, ma eh.”

Eh?” Bilbo ridacchia, le dita che si aggrovigliano nei riccioli sul collo di Thorin, i pollici che disegnano cerchi sulla pelle sensibile, “tutto qua? Hai solo... deciso di abbandonare il paese a se stesso, saltare su un aereo per venire nella fradicia Londra, così?”

“Sì. Per te.”

Bilbo inclina la testa quanto basta per poterlo guardare negli occhi, e viene accolto da nient’altro che onestà mozzafiato, e adorazione.

“Ma se… ma se non fossi stato a casa?” mugola e Thorin scrolla le spalle, il viso privo di qualsiasi segnale scherzoso quando dice: “Allora avrei perlustrato l'intero paese finché non ti avrei trovato.”

Il cuore di Bilbo sussulta nel petto, e la gola si stringe. Abbassa la testa, battendo il petto di Thorin debolmente, e la sua voce viene fuori un po’ rauca quando mormora: “Ridicolo. Sei ridicolo.”

“Te l’ho detto che non potevo più aspettare.”

“E io ti ho detto che sarei sempre ritornato da te.”

“Non potevo correre quel rischio, no?”

Dopodiché non c'è più spazio per altre parole, e mentre le mani di Bilbo viaggiano sotto l'orlo del cappotto di Thorin, lentamente ma costantemente aiutandolo a togliersi di dosso la cosa inzuppata e pesante, si domanda se colpirà mai nel segno. Pensa che si sono baciati più intensamente negli ultimi venti minuti di quanto abbiano fatto nella totalità del loro tempo insieme prima di questo, e c'è qualcosa di spaventoso nella cosa, in realtà. Emozionante, ma preoccupante. È nella sua natura dubitare delle cose buone, e, francamente, ha paura di aprire gli occhi da un momento all'altro e scoprire che è stato tutto solo un bel sogno.

I suoi baci diventano più profondi, più affamato di conseguenza – ha bisogno di sentire la vicinanza con ogni millimetro del suo corpo, assicurarsi che sia è davvero lì, ancora e ancora e ancora, e per fortuna, Thorin non sembra essere incline a protestare.

“Sono qui,” sussurra, le labbra che bruciano le parole sul collo di Bilbo, perché naturalmente sa che sono esattamente quello che ha bisogno di sentire, “Sono qui, non sto andando da nessuna parte, non ti lascerò mai più andare via…”

Il gemito soffocato di Bilbo sorprende entrambi, ma non interrompe mai il loro ritmo. Thorin semplicemente lo porta più vicino a sé, più vicino ancora – Bilbo non è minimamente abituato a tutto questo, e sospetta nemmeno Thorin lo è, ma eccolo, eccoli qui, inciampando all'indietro con un obiettivo molto chiaro in mente, e hanno finalmente raggiunto il punto di non ritorno.

A parte, forse, per quel bussare alla porta.

Il loro gemito scontento è quasi unanime, così come la loro decisione di ignorare l'interruzione, ma il secondo colpo è molto più forte, seguito da una forte chiamata familiare di ‘Uzbad!’.

“Dwalin è qui?” mugola Bilbo e Thorin pronuncia un’imprecazione sottovoce, troppo fiorita per Bilbo da tradurre, probabilmente.

“È… sì. Beh,” borbotta Thorin, ancora molto riluttante a separarsi da Bilbo di un solo millimetro, “se non rispondo subito, potrebbe in effetti abbattere la porta.”

Bilbo si lascia sfuggire un sospiro tremante, mettendo una certa distanza tra di loro, ma Thorin non si muove, lo guarda semplicemente con un'intensità che gli fa mettere in discussione la sua decisione, gli occhi scuri e scintillanti al bagliore fioco delle lampadine deboli di Bilbo, e il fatto che lui sia lì, proprio lì, nel suo appartamento, si mette al passo con Bilbo. Lo fa avvicinare di più, e Thorin non sembra voler protestare...

Il terzo colpo fa trasalire entrambi e si affrettano a rispondere alla porta fianco a fianco, se non altro per ottenere solo un po’ di pace.

Dwalin sta lì tutto severo, la mascella serrata e tutta la sua postura un faro di impazienza.

“Sì, come possiamo aiutarti?” chiede Thorin in tono fin troppo frivolo, e Dwalin lo guarda con una sorpresa e incredulità che sono a dir poco comici – Bilbo non può farne a meno, scoppia a ridere, rapidamente soffocando la risata con la sua mano quando il Responsabile della Sicurezza gli lancia un’occhiata molto più tagliente.

“Ciao,” mugola Bilbo, e la risposta di Dwalin è un rombo scontroso, niente di più.

“Non puoi essere allo scoperto così,” ricorda a Thorin seccamente, “dovremmo farti andare in albergo.”

“Vai in albergo?” chiede Bilbo docilmente, e Thorin sibila come se l’avesse appena ricordato.

“Giusto, sì, dovremmo, uh…” valuta la situazione con un’epica mancanza di eloquenza, fissando Bilbo come se potesse aiutarlo a capire – allo stato dei fatti, l'unica cosa che Bilbo sa con assoluta certezza è che essere separato da lui in questo momento è una nozione orrendamente spiacevole, a dir poco.

“Non posso stare qui?” chiede Thorin quasi come un bambino che implora per un dolcetto, e Dwalin rotea gli occhi e si lancia in un rapido khuzdul pieno di rischi alla sicurezza e troppi pericoli, manovrando tutti di nuovo dentro, presumibilmente perché è più sicuro, e per il momento sono tutti ammassati nel piccolo soggiorno di Bilbo, Thorin e Dwalin hanno iniziato a litigare, ed essendo Bilbo ancora piuttosto… ipersensibile, decide che sarebbe meglio sgomberare il campo per ora.

Gli occhi di Thorin ancora lo seguono attraverso la stanza mentre si muove per mettere su l'acqua e ripescare tre tazze spaiate, e Bilbo sorride per tutto il tempo, e il suo cervello lentamente, lentamente inizia a calmarsi e a far fronte alla grandezza della situazione.

Questo è quello che si ottiene, quindi, dopo E Vissero Per Sempre Felici e Contenti – un monarca e la sua guardia del corpo nel tuo piccolo appartamento, e tè. A Bilbo piace molto.

Ghelekh, ghelekh,” esclama Dwalin infine, e Bilbo finge di non drizzare le antenne e ascoltare più da vicino, “va bene. Non lasciare questo appartamento, nessuno di voi due.”

“Non dovrebbe essere un problema,” dice Thorin casualmente, e Bilbo sbuffa una risata del tutto indegna, mascherando come un colpo di tosse.

“Avrò uomini appostati fuori ad ogni momento, e vengo a prenderti la mattina, alle otto precise, e poi ritorneremo ad Erebor. Sono stato chiaro?

Quello è chiaramente rivolto a Bilbo, ed annuisce con fervore.

“Assolutamente. Sì. Alle otto. Tè?”

Dwalin guarda male la tazza fumante offertagli come se stesse cercando di far bollire il liquido di nuovo, e Bilbo ritrae il braccio lentamente.

“Tu verrai?”

“Io – eh?” balbetta Bilbo.

“Verrai con noi?” ripete Dwalin lentamente, come se parlasse ad un bambino.

“Se verrò – beh, direi di sì, voglio dire…” balbetta Bilbo, spostando lo sguardo da lui a Thorin, qualcosa di leggermente inquieto si spiega nel suo petto.

“Quello che Dwalin sta cercando di chiedere in modo così affascinante,” interviene Thorin, “è... puoi venire? Non credo che non tu possa semplicemente... fare le valigie e partire da un giorno all’altro?”

“Oh,” Bilbo sospira, poi quando ha un’epifania, “oh.”

Un altro aspetto interessante di quello che accade dopo E Vissero Per Sempre Felici e Contenti.

“Beh, io, io… c’è questo posto, dovrei chiamare il proprietario, e, e tutte le mie cose ovviamente, e, ah…”

La sua voce si affievolisce per conto suo, e guarda Thorin a bocca aperta un po’ impotente – non ha avuto un pensiero coerente da quando l’ha trovato sulla soglia di casa, e ora che il suo cervello sta iniziando ad elaborare le cose di nuovo un po’ normalmente, si rivela essere un'impresa altamente problematica.

“Voglio una decisione per la mattina,” dichiara Dwalin semplicemente, e prima che Bilbo possa dire altro, Thorin si avvicina a lui, e proferisce sottovoce qualcosa in khuzdul che Bilbo né afferra né traduce, e le spalle di Dwalin si incurvano, in ciò che è ugualmente rassegnazione e sollievo, e rotea gli occhi, annuendo a Thorin seccamente, prima di girare sui tacchi ed uscire a grandi passi fuori dall'appartamento di nuovo.

Spinto da una strana necessità di guardare, Bilbo si affretta verso la finestra e lo vede già al telefono, a dare ordini senza dubbio, e qualcosa dentro di lui si stringe un po’, qualcosa di preoccupato.

“Questa cosa causa più problemi di quanto ne vale la pena?” chiede un po’ incerto.

“Assolutamente no,” risponde Thorin con calma, e quasi spaventa Bilbo da quanto vicino si trova dietro di lui.

Cosa ancora più importante, è caldo, e alto, e lì, e suo, e Bilbo ha bisogno di ogni oncia di quel conforto. Posa la tazza di tè ancora fumante sul davanzale della finestra dietro di loro e procede per avvolgere le braccia intorno alla vita di Thorin, cercando la propria ancora personale nel suo sguardo fermo.

“Non voglio niente di più che partire con te in questo momento,” mormora un po’ debolmente, “o... la mattina, in qualunque momento.”

“Non voglio niente di più che tu venga,” dice Thorin dolcemente, “ma so di averti preso davvero molto... alla sprovvista, e preferisco che ti occupi di tutto quanto per bene prima di tornare a Erebor.”

“Oh, occuparmi di tutto quanto,” piagnucola Bilbo, abbracciando Thorin stretto e appoggiando la guancia contro il suo petto, “odio occuparmi di tutto quanto.”

Thorin ridacchia tranquillamente, premendo un rapido bacio sulla testa di Bilbo.

“Anch'io. Ti direi ‘rimandiamo tutto al mattino’, ma…”

Ridere gli viene così facilmente, è rinfrescante. Alza di nuovo lo sguardo verso Thorin, solo per guardare, solo per vedere, e l'idea di non seguirlo assolutamente ovunque vada d’ora in poi è semplicemente fuori questione. Tutto accade così in fretta in Erebor, si ricorda Bilbo. E Thorin porta Erebor con sé, naturalmente.

Ma questo è reale. Ci siamo. Bilbo non vuole passare un solo altro minuto in questo appartamento, sapendo di poter essere al fianco di Thorin, eppure... Abbiamo tutto il tempo del mondo, vuole dirgli. O almeno questo è quello che sto pensando di darti. E se non posso in effetti partire nel giro di un paio d'ore perché la vita reale semplicemente non lo consente, allora va bene, perché... perché non importa tutto il resto, sono sempre diretto verso di te. Sempre.

“Ho bisogno di un paio di giorni, penso,” mormora, e anche se sente Thorin tendersi sotto il suo tocco, continua con fermezza, “per, sai... fare i bagagli? Parlare di nuovo con la banca, oh, mi odieranno lì, e così anche il padrone di casa, poveraccio, dovrò dargli un anticipo o qualcosa del genere. L'ultima volta che sono partito, mi ci è voluta una notte per fare le valigie, ma allora non stavo proprio pensando con lucidità, sai. C'è un volo per Erebor venerdì, cosa ne pensi? Aspetta, dove andrò a stare? ... Thorin?”

Il dolce picchiettio incessante della pioggia è l'unico suono che riempie lo spazio intorno a loro per un paio di secondi, mentre Bilbo re-impara a sostenere lo sguardo penetrante di Thorin, sul limite mozzafiato dell’infatuato, se Bilbo sa ancora giudicare.

“Ehi,” gli dà un buffetto leggero sul petto, “devo cercare un albergo? Sai, non posso semplicemente girovagare di punto in bianco nel Palazzo, no?”

“Perché no?”

“Perché n- beh. Cioè...”

“Se hai l'impressione che ti lascerò stare in un albergo, allora ti suggerisco di ripensarci.”

“Thorin,” Bilbo deglutisce, un po’ divertito e un po’ ancora a disagio, “Non posso... Non è così che funziona. Che cosa dovrei fare lì? Cioè..."

“Il tuo lavoro, naturalmente.”

“Il mio – il mio lavoro,” ripete Bilbo debolmente, e Thorin semplicemente solleva un sopracciglio, come se non riuscisse capire quale sia il grande problema, come se fosse tutto così semplice.

“Sì, il tuo lavoro,” dice con perfetta calma, “abbiamo appena detto i ragazzi che tornerai, esattamente come hai pensato che sarebbe successo?”

Sta sorridendo ancora, e Bilbo si chiede da dove provenga quella parte di lui che ha sempre dubitato tutto. Forse questa è semplicemente fin troppa felicità in una volta, e il suo cervello è sovraccarico. Sì, sembra una spiegazione ragionevole.

“Allora,” si schiarisce la voce, le mani ancora sul petto di Thorin, ancore di salvezza che lo assicurano che p davvero ancora lì, “torno, ho il mio vecchio lavoro, nessuno tira su un polverone, e siamo... io e te, beh...”

Thorin lo guarda con aria d’attesa, e Bilbo sa, è assolutamente certo che niente, niente è mai così semplice, ma forse, per una volta nella sua vita, è disposto a credere il contrario per una sola notte.

“Una, um... una domanda,” riesce a dire debolmente, il respiro di Thorin già caldo sulla guancia, le mani sulle reni che portano con successo la conversazione altrove.

“Sì?”

“Dovrò leggere un altro dei tuoi contratti?”

E con questo, Bilbo ha un monarca che ride nel suo salotto e tra le sue bracci, e tutte le preoccupazioni terrene impallidiscono rispetto a questo, davvero.

“Vedremo. Ora,” Thorin esala contro il suo collo, “lasciamo perdere il resto fino al mattino.”

Una frase come quella, che sembra uscita fuori da uno squallido libretto romantico, dovrebbe a tutti gli effetti portare a... beh, praticamente nulla, ma Thorin che si assopisce sul divano venti minuti più tardi, quando Bilbo prepara per entrambi un spuntino di tarda serata. Bilbo lo guarda con affetto, appoggiato al bancone della cucina e masticando rumorosamente il suo panino, e riderebbe se non fosse il più dolce esito possibile di tutto questo. Quando è stata l'ultima volta che Thorin ha dormito, in ogni caso, con tutto quello che è successo? Quando è stata l'ultima volta che si è potuto riposare per un secondo? Ha viaggiato fino alla porta di casa di Bilbo nel bel mezzo della notte, per la miseria, probabilmente uscendo fuori da una riunione o qualcosa del genere, e ha un aspetto così intrinsecamente pacifico, per una volta, così normale – Bilbo affida quella vista alla memoria, la sua testa che pende di lato, i capelli ancora umidi, le labbra un po’ aperte, la sua respirazione regolare, e pensa a tutte le volte che lo ha visto in TV in queste ultime due settimane, quanto lontano fosse sempre sembrato, quanto irraggiungibile e irreale.

Quanto avesse fatto soffrire Bilbo, quanto lontano da ogni tipo di dolore sia in questo momento.

Come si sia svegliato questa mattina pensando al suo futuro in tonalità grigie e tetre, e come tutto sia cambiato e come il suo mondo si sia ricolorato con un solo colpo alla porta.

Come E Vissero Felici e Contenti stia arrivando da lui, e non ha assolutamente alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire.

Il letto è troppo piccolo per loro due, e Thorin si scusa e brontola e non ci sta sotto la coperta, ma ci vogliono pochi minuti di conversazione perlopiù unilaterale di Bilbo sussurrata nell'incavo della sua spalla per cullarlo di nuovo nel sonno, e forse le grandi storie dovrebbero andare un po’ diversamente, ma per Bilbo, questo è pressappoco l’apice della perfezione.

Si sveglia con un calore che il suo letto conosceva da anni e anni, e lui e Thorin sono nel bel mezzo del rassicurarsi a vicenda che la notte scorsa in realtà era solo l'inizio di qualcosa di meraviglioso quando la realtà si annuncia sotto forma di Dwalin, ancora una volta, e nessuno dei due è affatto disposto a lasciar andare, ma entrambi sanno che devono.

“Ti farò mettere in contatto con Balin,” divaga Thorin mentre si veste, decisamente troppo alto e allampanato per la minuscola camera da letto di Bilbo, “ti aiuterà con tutto quanto, prenotarti un volo, risolvere i problemi finanziari con la tua banca, qualunque essi siano, ma non credo che ci dovrebbe essere molta difficoltà a parte questo. Ma se hai bisogno di qualcosa, non esitare a farmelo sapere e io... mi assicurerò...”

Anche dopo tutto questo tempo separati, sembra che Bilbo possieda ancora il talento di rubargli le parole, e grazie a questa o quella divinità disposta a questo.

“Sta fermo, dai,” sorride dolcemente, e va a sistemargli la cravatta, e tutto è perfetto, e familiare, e facile, e anche il sapore amaro di dover vederlo fuori dalla sua porta ben presto viene un po’ addolcito dal fatto che Bilbo lo seguirà poco dopo.

“Torna da me,” gli ordina Thorin, o forse lo supplica, Bilbo non sa quale gli piace di più, ma non gli viene dato il tempo per capirlo, perché quelle parole sono accompagnate da un bacio, e, beh, non hanno ancora finito ciò che hanno iniziato la scorsa notte o questa mattina, il che rende il fatto che Dwalin stia aspettando fuori con una certa impazienza, piuttosto sconveniente.

“Presto,” bisbiglia Bilbo contro le labbra di Thorin, trovando le sue braccia per fermare sia il loro brancolare prima che diventi davvero sconveniente e forse intralciante, “presto. Dovrà... dovrà aspettare, temo.”

Thorin esprime il suo immenso dispiacere con un basso mormorio rombante che invia un formicolio intimamente disarmante per la schiena di Bilbo, ma Dwalin interviene ancora una volta, con un forte bussare alla porta, evidentemente sempre destinato ad essere un punto fermo per il loro desiderio. Oh beh.

I loro respiri hanno bisogno di un momento per calmarsi, ma poi è la brezza mattutina vivace che riempie il petto di Bilbo e gli raffredda le guance, e ci sono almeno tre vetture imponenti neanche lontanamente nelle vicinanze generali della discrezione che aspettano di portare via Thorin, e fin troppe guardie e fin troppo Dwalin per fare altro che annuire e sorridersi a vicenda, e spera che questa sia una rassicurazione sufficiente per entrambe le parti.

Thorin guarda dietro di sé due volte prima di entrare nella sua auto, e Bilbo si trova sulla soglia di casa e lo guarda andar via, guarda le bandierine familiari sventolanti sui cofani delle auto per tutto il tragitto fino all'angolo della strada, e sta congelando ed è a piedi nudi, ma anche il più felice che è mai stato da molto tempo. Solo quando nota la vecchietta dall'altra parte della strada che lo fissa attraverso le tende di pizzo insieme con il suo gatto qualcosa dentro di lui clicca, e si rende conto che spettacolo deve aver dato i suoi vicini.

Agita le dita verso di lei in un saluto frivolo, e lei si acciglia e scuote la testa, e Bilbo cammina di nuovo dentro ridacchiando tra sé e sé, strofinandosi un po’ di sensazione sulle sue braccia fredde.

È decisamente ora di andarsene di qui a gambe levate.

Il che a quanto pare è più facile a dirsi che a farsi. Se dipendesse da lui, farebbe le valigie e partirebbe nel giro di un giorno, ma ci sono… cose di cui si deve occupare, Dio. Salvare almeno parte della reputazione che si è costruito con il suo proprietario nel corso degli anni, per esempio. Dirgli ‘no, non credo che stavolta tornerò’ non è probabilmente la strada da percorrere, e così si inventa qualcosa su una questione urgente o un’emergenza di qualche tipo, e ignora con fermezza l'uomo che cerca di insistere ulteriormente.

Balin entra in contatto con lui, in modo incredibilmente veloce, tutto accade così in fretta a Erebor, e conferma fondamentalmente ciò che Thorin stesso gli aveva detto – che Bilbo riavrà il suo lavoro al Hurmulkezer, che sì, è un po’ insolito, ma del resto cosa c’è di ordinario in questa situazione, e che non si deve preoccupare affatto, tutto gli verrà spiegato in dettaglio al suo arrivo.

“Vuoi che informi gli altri del tuo arrivo?” chiede anche, e suona così pragmatico, ma ride non appena Bilbo emette un eccitato ooh, dichiarando, “i ragazzi lo sanno, naturalmente, semplicemente perché non la smettevano di assillarmi a riguardo. Ma pensavo che potrebbe essere una bella sorpresa per tutti gli altri.”

“Oh, sì, voglio dire no, non dirglielo,” Bilbo quasi rimbalza su e giù, manovrando con il suo telefono e una bracciata delle sue camicie piegate tra le pile del resto dei suoi vestiti sul suo letto e il pavimento.

“Molto bene. Ci vediamo sabato, allora. Manderò qualcuno che... non sia Bofur a prenderti in aeroporto, che ne dici.”

Bilbo ride per la pura gioia - rendersi conto che correre dietro Thorin è accompagnato con un lato di riunirsi con tutti i suoi amici è qualcosa che ha realizzato solo molto di recente, e lo sta rendendo insofferente in tutti i buoni modi esilaranti.

“Sì, sarebbe bello, ti ringrazio molto.”

“È un piacere. E Bilbo?”

“Sì?”

“Siamo tutti molto contenti del tuo ritorno.”

Nessuno più contento di lui, è impossibile. Tranne forse per Thorin, che lo chiama alla vigilia della sua partenza, quando Bilbo è nel bel mezzo di fare la sua ultima valigia, e in realtà non ha nulla in mente, scopre – passano quello che potrebbero essere minuti o un'ora a parlare di nulla di particolare importanza, Thorin che ripetutamente lo ignora quando Bilbo gli chiede se dovrebbe essere da qualche altra parte. Entrambi sono molto semplicemente contenti di sentire la voce dell'altro, e così Bilbo parla a Thorin delle sue camicie, e i suoi calzetti, i suoi documenti di viaggio e quant'altro, e Thorin parla dei ragazzi, e le piante che Bilbo aveva messo nel suo appartamento tutto quel tempo fa, e che sono apparentemente sopravvissute e lo stanno aspettando quasi con lo stesso entusiasmo del Re...

Alla fine, Bilbo è seduto sul letto sorridendo come un cretino assoluto, e si addormenta la sera dicendo addio a tutti gli angoli vuoti e bui del suo piccolissimo appartamento, e sogna le montagne.

Sono anche la prima cosa che vede quando l'aereo vola basso sul paese di Erebor, e sa che non sta sognando, ma allo stesso tempo, ci vorrà del tempo per abituarsi al fatto che ora questo è quanto sia bella la sua realtà, non c'è dubbio.

Nessun dubbio.

Il suo cuore rintocca come una campava non appena vede il cartello con il suo nome, nelle mani di un impiegato generico del Hurmulkezer, e non smette mai, e passa il tragitto per la città praticamente spiaccicato al finestrino dell’auto, assorbendo tutto. Erebor è innevata in modo quasi fiabesco, tutto bianco e incontaminato e onirico, ma per il resto invariato, e il cuore di Bilbo si innalza.

Benvenuto a Erebor, il suo telefono suona con un messaggio tardivo, e resiste alla tentazione di ringraziare a voce alta.

Nel suo delirio pazzo di gioia, quasi si aspetta che tutti lo stiano aspettando alla soglia della porta, una scena molto simile a quando l’hanno visto partire lo scorso anno, come se non si fossero mossi per tutto quel tempo, ma alla fine è contento che non sia così – la ghiaia scricchiola sotto le suole delle sue scarpe quando esce dalla macchina, e l'aria gelida gli riempie i polmoni, ed è sopraffatto per la prima volta.

Se ne sta semplicemente lì immobile per un periodo di tempo impropriamente lungo, probabilmente, e sbatte le palpebre per la tagliente brezza alpina, e sorride alla splendida mole bianca del Palazzo, respiri profondi, respiri profondi, Bilbo Baggins, se svieni adesso potresti svegliarti e renderti conto che niente di tutto questo sta realmente accadendo...

Gira in tondo, saluta il parco, le statue che indossano cappotti pesanti di neve, i percorsi labirintici, gli alberi di castagno spogli, ma ancora imponenti, respira l’aria Erebor in lunghe inspirazioni assetate, e quando si volta per affrontare la scala, Balin sta scendendo, e Bilbo combatte per sopraffare l'ennesimo impulso del tutto inappropriato di correre verso di lui come un bambino eccitato.

“Bentornato,” il Capo di Stato Maggiore lo saluta gentilmente e gli stringe la mano con fermezze con entrambe le sue, e Bilbo scopre di essere rimasto senza parole, e così gli sorride raggiante.

Fortunatamente, sembra essere sufficiente, perché Balin convoca le persone che si occupano dei bagagli di Bilbo, e procede a condurlo dentro e a descrivergli apparentemente tutto in una volta, e Bilbo può solo inciampare dietro di lui e cercare di assorbire tutto.

L'interno è ancora addobbato in alcuni resti di decorazioni festive, a quanto pare rimanendo al loro posto a causa dell’imminente compleanno di Fíli, e la folla di persone sta correndo qua e là, alcuni volti familiari, altri meno, ed è come se una grande parte della mente di Bilbo tornasse in vita – aveva lavorato così duramente a reprimere il dolore del lasciare questo posto, sigillare quella voragine spalancata di crepacuore e di vergogna, ma tutto sparisce. Potrebbe trovare la sua strada attraverso i corridoi con gli occhi bendati, e vuole andare ovunque contemporaneamente, vedere se la sua poltrona preferita nella biblioteca è ancora lì, se finalmente sono riusciti a riparare il pavimento nella cucine, se... se...

“Huh?” borbotta, rendendosi conto che si sono fermati e che Balin gli ha chiesto qualcosa, ma l'uomo non offre alcuna spiegazione, semplicemente gli fa l’occhiolino, inclinando la testa verso le scale, e se Bilbo non ha capito in un primo momento cosa sta succedendo, poi il grido esultante familiare rende le cose molto chiare.

“Bilbo!”

È Kíli – in realtà, sono tutti e due, ma il giovane Principe è quello infinitamente più animato, gettando le mani in aria e fiondandosi giù per le scale alla velocità della luce, lasciando dietro di sé sia la guardia confusa che suo fratello maggiore.

“Kíli, ciao – uff!

Il bambino si lancia tra le braccia di Bilbo e non protesta minimamente, la risata più felice che esce dal nulla mentre il Principe balbetta sei qui – Bilbo lo solleva per un momento, facendolo strillare con gioia, e le persone li stanno guardando, ma anche la maggior parte di loro sono sorridenti, e davvero, le apparenze sono l'ultima cosa di cui Bilbo si preoccupa in questo momento.

Fíli scende le scale in un modo molto più dignitoso, ma quando Bilbo sogghigna e gli offre la sua mano, lo schernisce con affetto e anche lui va ad abbracciarlo, derivando molta soddisfazione nello spremere le costole di Bilbo finché non grugnisce.

“Sei tornato!” dice Kíli circa la centesima volta, splendente come il sole, e non lascia mai la mano di Bilbo, e Fíli lo prende a braccetto e gli ordini: “Andiamo!”

Bilbo lancia uno sguardo a Balin, che annuisce solo gentilmente, e poi viene trascinato via dai suoi ragazzi, e entrambe le mani sono attualmente troppo occupate ad asciugare una o due lacrime vaganti che sgorgavano nei suoi occhi.

Se c'è un modo migliore per passare il primo paio di ore a Erebor che ascoltare alla rivisitazione eccitata e caotica dei Principi di tutto quello che hanno passato mentre Bilbo non c'era, quindi non ne sa nulla (o, beh, forse sì, ma Thorin non è nemmeno nell'edificio in questo momento, come è stato discretamente informato). Gli alloggi dei ragazzi sono stati leggermente riarrangiati, per dare una maggiore privacy a Fíli a quanto pare, ma è toccante che nessuno di loro due vuole vivere completamente separato dall’altro ancora.

Non sono invecchiati di un giorno, e sono così incredibilmente felici di vederlo e raccontargli ogni cosa, e Bilbo si siede sul tappeto dove si è seduto centinaia di volte prima, e vuole solo chiudere gli occhi e respirare questi momenti per sempre. Era così disperato a riguardo, domandandosi quale sarebbe stato l’ultimo, domandandosi dove e come tutto questo sarebbe finito, e la cosa più miracolosa di tutto questo è che ripensare a quelle orribili due settimane prima di andarsene l'anno scorso non lo fa sentire niente di peggio che un po’ imbarazzato con se stesso. È qui adesso, è a casa, e nulla finora sta svanendo davanti a lui.

“Oh, wow, che ora è?!” esclama quando si accorge che è in qualche modo diventato buio fuori, ad un certo punto.

“Non sono nemmeno le cinque ancora,” Fíli agita la mano sprezzante, “si fa buio così presto, ugh.”

“Hmm,” concorda Bilbo, “tuttavia, probabilmente dovrei... non so, vedere se mi vogliono da qualche parte? Sai?”

“No-o,” decide Kíli, rannicchiato in grembo come un gattino, con la vera gattina, Muzmith, che gli fa le fusa tra le braccia, e Fíli ridacchia ed aggiunge una molto informale: “Lo zio tornerà più tardi.”

Bilbo diventa di una tonalità di cremisi, ma poi premia Fíli con un finto cipiglio e un secco: “Sì, lo so, grazie. Ma ci sono ancora altre persone che vorrei salutare, sai? Non so nemmeno dove sono le mie valigie.”

“Negli alloggi di Thorin, probabilmente,” Fíli si stringe nelle spalle, ispezionandosi le unghie, e Bilbo lo guarda male finché non cede e tira fuori la lingua, ridacchiando, facendo ridacchiare Bilbo.

“Giusto, beh,” dichiara, districando i suoi arti e quelli di Kíli e alzandosi con uno sbuffo, “Vado a vedere come stanno le cose, e noialtri ci vediamo a cena o prima, d'accordo?”

“D'accordo,” geme Kíli, e Fíli gli mostra solo un pollice in su.

“Comportatevi bene voi due. Fíli, non credere che abbia dimenticato quel compito di letteratura, lo faremo comunque. Kíli, va a cambiarti.”

Lo salutano con un coro di grugniti lievemente greti e borbottii, e ritornano alle loro attività rapidamente, e Bilbo non può farne a meno – si ferma davanti alla porta e li guarda, Kíli alla ricerca di qualcosa nel caos delle mensole sotto il letto, parlando con la gatta mentre lo fa, e Fíli che avvia il computer, e apre la bocca per dire loro qualcosa, ma poi si astiene. Questo gli basta – questo è evidentemente tutto ciò che serve, ritornare. È come se non fosse mai partito.

È come se non fosse mai partito...

Cammina attraverso l'accogliente labirinto del Hurmulkezer senza alcun obiettivo particolare in mente, ma i suoi piedi ancora lo portano all’edificio del personale, sicuro come l’oro. Il cortile è tranquillo e sorprendentemente vuoto, e si sofferma per un po’, a guardare le finestre più in avanti, illuminate con un bagliore calda, le ombre delle persone che si muovono dentro, e ha un momento di profonda gratitudine, per chi o cosa non lo sa.

La neve inizia a cadere, grandi fiocchi pesanti che lentamente coprono il terreno con un nuovo livello di morbidezza incontaminata, sibilando in silenzio mentre si deposita, e Bilbo chiude gli occhi per un attimo, e ascolta semplicemente, le mani affondate nelle tasche, epicamente non vestito in modo adeguato e fantasticamente contento. Dietro di lui, l'enorme cuore caldo del Palazzo batte all'unisono con il proprio, e non è una questione di credere che è davvero tornato, non più - c'è l'emozione di visitare un luogo dove si è stati per un paio di volte prima, riconoscendo immagini e sensazioni e persone e edifici, e poi c'è la calma beata e il sollievo onnicomprensivo di ritornare a casa; e Bilbo sa esattamente quale sta vivendo.

“Mahal, sei tu!”

Viene scosso dalla sua piacevole fantasticheria da un'altra persona incredibilmente ansiosa di salutarlo – questa volta è Bombur, portando una scatola enorme di generi alimentari fino alla cucina, ma mettendola da parte dall'ingresso ed avvicinandosi a Bilbo con uno sguardo quasi sospettoso nei suoi occhi, ma il suo sorriso lo tradisce.

“Bilbo!”

“Sì, sì sono io,” Bilbo sbuffa una risata, improvvisamente molto consapevole del fatto che si sta congelando.

“Non posso crederci! Beh, voglio dire, ho sentito delle voci, ma...”

Voci? Che voci hai sentito? Non ero consapevole del fatto che – uff! Oh, voialtri dovete smetterla di farlo!” si dissolve in una vera risata quando Bombur lo avvolge in un forte abbraccio affettuoso, togliendogli tutta l'aria dai polmoni con molto più successo che i Principi avrebbero mai potuto sperare di ottenere.

“Allora sei cosa? Tornato sul libro paga?” chiede Bombur, squadrandolo come se per determinare il danno.

“Qualcosa del genere, è... beh,” balbetta Bilbo, e il sorriso dello chef è accecante mentre gli dà pacca sulla spalla, facendolo barcollare un po’.

“Non ti preoccupare dei pettegolezzi,” dice un po’ misteriosamente, ma poi romba, “beh, sei qui, questo è tutto quello che conta! Dai, gli altri saranno così eccitati di vederti!”

La pazienza è sempre stata una delle sue virtù, e tra la smorfia comicamente confusa di Bofur che non va via per ore dopo che Bilbo appare sulla soglia della mensa, e la Mirjam di Bombur che lo riempie con le sue famose polpette, e tutti gli altri che entrano e lo riconoscono e hanno bisogno di sapere cosa sta facendo qui e come è arrivato qui e se rimarrà ora, è facile dimenticare quello che vuole veramente, con un’intensità crescente.

Cioè... naturalmente non vuole altro che scambiare storie con i suoi amici, e sedersi nella poltrona che ama così tanto, e bere il tè, e guardare la sua prima trasmissione di notizie ereboriana dell'anno, ma eccola lì quando posa gli occhi su Thorin alla televisione, dall’aspetto incredibilmente importante e incredibilmente bello, quella brama di Bilbo di stare con lui, in questo momento, ovunque, lo colpisce in pieno.

Il tè è delizioso, e le persone sono allegre e lui è così infinitamente confortevole proprio dove si trova, ma nessuno gli porterà rancore per il suo sogno ad occhi aperti, circa una stanza molto particolare al piano superiore del Palazzo, e le assi del pavimento scricchiolanti, e le braccia calde e un sorriso caldo.

“Ho sempre saputo che saresti tornato,” gli dice Deidre in tono quasi cospiratorio, se non fosse per tutti gli altri che ascoltano, “Mi dispiace solo di non averci scommesso qualcosa.”

“Ne sono… lusingato?” Bilbo aggrotta la fronte in confusione, e lei ride insieme agli altri.

“Dovresti esserlo! Era ora, direi!”

Bilbo semplicemente sorride, e in realtà non si preoccupa di spiegare nulla a loro, o su quanto sanno, oltre alla stessa Deidre, naturalmente, che sa tutto, sempre. Il momento per tutto... quello, per le decisioni importanti e per imparare ciò che l'essere a fianco di Thorin significa davvero, verrà tutto più tardi, lo sa. Lasciamo perdere il resto fino al mattino. Il cuore lo strattona in una direzione molto ovvia a quel punto, e ha un limite di sopportazione sulle posticipazioni...

Tutto il tempo del mondo, si ricorda Bilbo. Tutto il tempo del mondo, e sarà meraviglioso, ammette mentre la giornata giunge lentamente ad una conclusione – quasi arriva in ritardo per la cena dei ragazzi, ma mangia completamente in pace con loro, poi li aiuta un po’ con varie cose, una routine a cui una volta era così abituato e apparentemente lo è ancora, e poi ritorna subito dai suoi amici, perché ancora... non sa davvero dove sono le sue valigie, o che altro fare, ed è molto bello. Si sente stranamente privilegiato, a passeggiare intorno al Palazzo così, senza un programma, senza responsabilità.

Il famigerato presentatore numero uno di Erebor, Theo Gabilaz, è in TV quando rientra nell’edificio del personale, e si divertono un sacco a guardarlo – il coming out di Capodanno di Thorin è un tema incredibilmente popolare, lo sarà per il prossimo decennio o qualcosa del genere, sospetta Bilbo di Thorin, e le battute sull’argomento sono fortunatamente molto di buon gusto e tutto sommato ammirevoli nella loro natura, e finisce per sentirsi... orgoglioso, tra tutte le cose, ma ha anche bisogno di vedere Thorin adesso. Subito.

Ecco perché, dopo aver fatto un’ulteriore deviazione per leggere una storia della buonanotte ai Principi – la vecchia copia di Tom Sawyer che aveva dato a Fíli lo sta aspettando sul tavolo del ragazzo come l’invito più bello – non perde altro tempo. Trovare Balin non è difficile affatto stavolta, ed è molto educatamente e segretamente informato, senza chiedere, si potrebbe aggiungere, che sì, le sue valigie lo stanno in effetti aspettando negli alloggi del Re, così come l'abitante stesso.

È a casa. Aveva trascorso così tanto tempo in Inghilterra ad essere disperato, ed insensibile a tutto, e sempre, sempre freddo, e pensava che era semplicemente come le cose sarebbero state per lui, per il resto della sua vita – ma in questo momento, non si è mai sentito così felice, così vivo, così al sicuro in tutta la sua vita come adesso, ed ecco come lo sa. È a casa. Finalmente.

Il piano superiore di questa ala del Palazzo è tranquilla, così pacifica, e non incontra quasi nessuno per la sua strada, i suoi piedi lo portano rapidamente alla sola ed unica destinazione che conta di più davvero. Lo fa vacillare un po’ quando incontra il muro di guardie del corpo tra lui e gli alloggi di Thorin, ma lo fanno entrare senza dire una parola, e la porta si apre, e le assi del pavimento scricchiolano sotto le suole delle sue scarpe, e le piante sono davvero lì sul davanzale della finestra, molto vive, e la musica soft viene da chissà dove, e Bilbo prende un respiro e chiude la porta alle spalle.

Thorin è in camera da letto, Bilbo può sentirlo, e si domanda brevemente dove sia il padre - l'unica persona che non ha salutato ancora oggi – ma tutto cessa di avere importanza quando Thorin entra a grandi passi nella zona giorno e lo vede.

C'è la calma beata e il sollievo onnicomprensivo di ritornare a casa, e poi c'è la sicurezza totale, la felicità e il calore fisico costante, di vedere dove il tuo cuore appartiene.

“Ciao,” bisbiglia Bilbo, e non c'è nessuno che viene a bussare alla porta ad interromperli, non oggi, e le braccia di Thorin sono altrettanto calde come le ha sognate, e ogni bacio è un’affermazione – è a casa.

   
 
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