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Autore: eugeal    01/09/2015    0 recensioni
Questa storia è uno spin-off di "A World that Will Not Turn to Ash" e si colloca dopo il finale, quindi leggetela solo dopo l'altra per non rischiare spoiler.
Guy è diventato il Guardiano Notturno al posto di Marian. Queste sono le sue avventure.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Allan si accorse di aver trattenuto il respiro solo quando Meg gli toccò un braccio, facendolo trasalire. Si costrinse a staccare lo sguardo dalla piattaforma del patibolo e a guardare la ragazza.
Meg, diversamente da lui, teneva gli occhi a terra e non riusciva a guardare.
- Questo non lo avevate previsto, vero? - Sussurrò Meg con un filo di voce.
- No.
- E ora cosa facciamo?
- Dobbiamo fermarlo in qualche modo, oppure Giz ne uscirà a pezzi.
Meg lo guardò, stupita. Era Robin quello che stava subendo le frustate, ma Allan era preoccupato per Gisborne.
- Hai visto le cicatrici che ha sulla schiena? Giz sa esattamente quanto faccia male ognuna di quelle frustate. Ogni colpo che assesta sulla schiena di Robin ferisce anche lui, dritto al cuore.
Meg prese uno dei sacchetti fumogeni.
- Usiamo questi, allora?
Allan annuì. Sarebbe stato meglio aspettare ancora un po' e approfittare di un momento in cui l'attenzione della gente non era rivolta a Guy, ma non potevano permettere che la fustigazione andasse avanti a lungo.
- Tieniti pronta.
La ragazza gli diede una gomitata per attirare la sua attenzione e indicò un punto in mezzo alla folla.
- Guarda, quello è Much! E lì ci sono Will e Little John!
- Devono avere in mente qualcosa…
Allan li tenne d'occhio e si accorse che, intorno a loro, il popolo, già di malumore per la prossima esecuzione di Robin Hood, cominciava a rumoreggiare di più.
- Vogliono scatenare una sommossa!
Allan e Meg, videro con orrore che un paio di persone avevano raccolto dei sassi da terra e avevano iniziato a tirarli in direzione del patibolo.
Quasi tutti mancarono il bersaglio, ma uno colpì Guy alla spalla, facendolo sussultare per il dolore.
Gisborne aveva alzato il braccio per frustare di nuovo Robin e si fermò, ma Vaisey gli ordinò seccamente di proseguire, lanciando uno sguardo significativo in direzione di Marian e Sir Edward.
Allan lo guardò mentre colpiva Robin ancora una volta, tra le urla e gli insulti di una folla sempre più infuriata e capì che se non avesse agito in fretta, quella gente avrebbe finito per linciare Guy.
Meg gli mise un sasso in mano e Allan la fissò, senza capire.
- Colpiscilo tu, presto!
- Cosa?
- Secondo il piano doveva fingere di svenire per il fumo, no? Non funzionerebbe, ora ha troppi occhi puntati addosso, ma se lo colpisci con una sassata sarebbe credibile. Devi solo fargli capire che deve stare al gioco.
Allan annuì.
- Non appena Giz sarà a terra, getta i sacchetti nei bracieri, dovremo approfittare della confusione.
- Hai la sua maschera e il suo arco?
- Sono nascosti sotto il mantello.
- Bene, allora buona fortuna.
La ragazza si allontanò da lui e Allan tornò a rivolgere la propria attenzione al patibolo. Doveva attirare l'attenzione di Gisborne e doveva farlo in fretta, in modo che l'amico capisse ciò che doveva fare.
Si coprì bene il viso col cappuccio del mantello, si preparò a lanciare il sasso e si rivolse a Guy, gridandogli contro con voce minacciosa.
- Ehi, cane dello sceriffo! Prendi questo!

Gisborne aveva l'impressione di essere finito nel mezzo di uno dei suoi incubi peggiori: una folla furiosa era sul punto di aggredirlo, lo sceriffo minacciava non troppo velatamente le persone che gli erano care e lui era costretto a infliggere a Robin Hood un dolore che sapeva essere straziante.
Era intrappolato in una situazione senza vie di fuga e non poteva uscirne da solo.
Un sasso lo aveva colpito alla spalla, strappandogli un gemito di dolore e per qualche attimo non era riuscito a fare nulla, pietrificato dal terrore, poi Vaisey aveva guardato Marian e lui si era ritrovato a obbedirgli ciecamente.
Aveva colpito ancora Robin e si era odiato per ognuno dei segni rossi che attraversavano la schiena dell'amico, poi la voce di Allan lo aveva raggiunto attraverso le urla della folla.
La frase gridata dall'amico non era altro che un insulto, ma Guy la riconobbe per quello che era: un'ancora di salvezza, la promessa di un aiuto che stava arrivando per toglierlo da quella situazione.
Il sasso di Allan lo sfiorò appena, mancandogli la tempia di qualche millimetro, ma Guy gridò, lasciò cadere la frusta e si coprì la testa e il volto con le mani, barcollando in avanti come se fosse stato colpito in pieno.
Urtò Robin Hood e ne approfittò per fargli scivolare in mano la chiave delle catene, poi cadde in ginocchio tenendosi il viso tra le mani.
In un attimo fece scivolare fuori dalla manica della giacca il suo pugnale ricurvo e lo usò per graffiarsi la fronte abbastanza profondamente da farla sanguinare.
Vaisey lo raggiunse, afferrandolo per il collo del cappotto per scuoterlo e farlo rialzare da terra.
- Tirati su, imbecille! Credi di aver finito? - Gridò Vaisey e Guy si appoggiò pesantemente a lui, come se non riuscisse a tenersi in piedi da solo. Il sangue gli colava lungo il viso dalla ferita alla fronte e sgocciolava addosso a Vaisey.
Lo sceriffo lo spinse via, disgustato e Gisborne, cadendo, si aggrappò a uno degli stendardi appesi al muro del castello, trascinandolo a terra con sé. La pesante stoffa gli ricadde addosso, coprendogli la parte superiore del corpo e Guy rimase immobile, fingendo di essere svenuto.
Non si mosse nemmeno quando lo sceriffo lo colpì con un calcio alla schiena, anche se la botta era stata tanto forte da fargli dolere le vecchie ferite.

Allan sorrise nel vedere che Gisborne aveva capito al volo le sue intenzioni ed aveva agito di conseguenza. L'amico aveva avuto anche abbastanza presenza di spirito per risolvere uno dei problemi che aveva preoccupato di più Allan: tirandosi addosso quello stendardo, Guy aveva fatto in modo di ritrovarsi con la testa coperta dalla stoffa e così, una volta fatto lo scambio, nessuno si sarebbe accorto che Allan aveva i capelli molto più chiari di lui.
Attese di vedere il fumo che si sprigionava da vari punti del cortile e lanciò a sua volta altri sacchetti nei bracieri, poi, mentre si scatenava il panico, Allan approfittò della visibilità ridotta per correre verso Guy.
Si tolse di dosso il mantello, la maschera di cuoio che aveva infilato nella cintura, l'arco e le frecce e li affidò a Gisborne mentre lui si sfilava la tunica che nascondeva gli abiti di pelle nera.
Guy rovesciò il mantello e lo indossò in fretta, chiudendolo bene e si coprì il viso con la maschera, poi afferrò l'arco e la faretra e corse via, approfittando del fumo ancora fitto mentre Allan strisciava al suo posto, sotto lo stendardo caduto.
Gisborne trovò le scale che portavano alle mura e tramortì la guardia che ne sorvegliava l'accesso, poi le salì di corsa. Doveva raggiungere il camminamento sulle mura il più presto possibile, prima che il fumo si diradasse, altrimenti avrebbero capito che proveniva dal cortile e lo sceriffo avrebbe potuto insospettirsi.
Per rendere più plausibile la presenza del Guardiano Notturno nel castello, Guy prese un rotolo di corda, lo fissò a uno dei merli e lo srotolò verso l'esterno delle mura, ringraziando mentalmente Archer per averglielo davvero fatto trovare nel punto stabilito.
Avrebbe dovuto complimentarsi anche con Allan per l'idea del mantello rovesciabile: durante la notte Allan aveva cucito all'interno del suo mantello da Guardiano Notturno un altro mantello di stoffa più grezza, in modo che indossandolo al rovescio sembrasse un semplice indumento da contadino. In quel modo Allan non aveva dovuto nascondere su di sé troppi oggetti per introdurre nel castello il costume da Guardiano Notturno.
Guy pensò che quell'idea avrebbe potuto essere utile anche in altre occasioni future, per confondere le tracce e scomparire tra la folla in caso di necessità.
Colpì alle spalle gli arcieri che presidiavano la torretta e prese il loro posto, affacciandosi per guardare in basso, verso il cortile.
Ormai il fumo aveva iniziato a diradarsi e Guy poteva vedere che Allan era riuscito a prendere il suo posto e che era a terra, semi coperto dallo stendardo. Sperò che nessuno facesse troppo caso a lui e che non scoprissero l'inganno, altrimenti sarebbe stata la fine per entrambi.
Lo sceriffo gridava e si agitava, mentre Archer si era inoltrato con le sue guardie tra la folla in preda al panico per cercare di placare l'agitazione e per trovare i responsabili di quella cortina di fumo.
Robin era ancora fermo accanto alla forca e Guy sperò che la chiave che gli aveva dato fosse davvero quella delle catene, altrimenti sarebbe stato tutto inutile.
Sempre che le frustate che gli aveva dato non lo avessero ferito in modo troppo grave per permettergli di fuggire, pensò Guy, tormentato dai sensi di colpa.
Come ho potuto?
Sapeva di non avere avuto scelta, ma non poteva perdonarsi.
Guardò lo sceriffo che sbraitava e tese l'arco, puntandolo contro di lui.
È colpa sua! È lui che continua a rovinarmi la vita! È sempre lui!
Per un momento gli sembrò sin troppo facile colpirlo al cuore e alla gola, vendicarsi di ogni sopruso subito e lasciarlo ad agonizzare a terra, a soffocare nel suo stesso sangue.
Mirò su Vaisey, deciso a ucciderlo, ma spostò leggermente l'arco solo all'ultimo momento e la freccia sfiorò il collo dello sceriffo, piantandosi invece nella stoffa della sua veste e inchiodandola contro la porta di legno del castello.
Prima che Vaisey potesse avere il tempo di gridare, altre quattro frecce lo sfiorarono, immobilizzandolo ancora di più contro la porta.
Lo sceriffo ordinò ad Archer e alle guardie di catturare il Guardiano Notturno e Guy si preparò a difendersi. Aveva frecce in abbondanza ed era determinato a tenere impegnati i soldati abbastanza a lungo per permettere a Robin di fuggire.
Per prima cosa prese di mira gli altri arcieri sulle mura, cercando di evitare a sua volta i loro colpi.
Gisborne non aveva mai scagliato frecce tanto in fretta e con tanta precisione, ma era sostenuto da tutta la rabbia e dal dolore che si erano accumulati in lui mentre lo sceriffo lo aveva costretto a frustare Robin Hood. Quella tempesta di sentimenti che aveva minacciato di divorargli l'anima sembrava essersi trasformata in una furia gelida che gli permetteva di colpire un bersaglio dopo l'altro senza errori e senza sentire alcuna fatica.
Robin si mosse non appena Guy ebbe abbattuto l'ultimo arciere: si liberò dalle catene e saltò giù dalla piattaforma, lasciandosi circondare dalla gente, più che decisa a nasconderlo e proteggerlo.
Little John e Much si fecero strada verso di lui per aiutarlo a scappare, mentre Will si era avvicinato di soppiatto al cancello e aveva colpito la guardia che ne proteggeva il meccanismo di chiusura.
Il cancello venne sollevato e la folla in tumulto si riversò all'esterno del castello, trascinando con sé sia Robin che i fuorilegge.
I nobili erano ancora radunati sulle scale, protetti da una fila di soldati che cercavano di evitare che i contadini in fuga potessero spintonarli o travolgerli.
Guy poteva vedere che Sir Edward si era aggrappato a Marian, sia per proteggerla che per evitare che potesse intervenire in qualsiasi modo e in cuor suo ringraziò l'anziano lord.
Non appena vide sparire Robin Hood oltre il cancello, Gisborne capì che era arrivato il momento di sparire. Scagliò una raffica di frecce verso Archer, che stava cercando di avvicinarsi alle scale delle mura e lo immobilizzò senza ferirlo, esattamente come aveva fatto per lo sceriffo, poi spostò la mira sui soldati e quegli uomini si fermarono, timorosi di essere colpiti.
Guy scese dalla torretta e corse lungo le mura, verso l'edificio principale, fino a trovare quello che cercava: uno dei lunghi drappi con i colori di Vaisey che erano appesi sulla facciata del castello.
Si mise l'arco sulla schiena e sfoderò due pugnali, tenendone uno per mano, poi salì sul parapetto delle mura e saltò nel vuoto, lanciandosi verso lo stendardo attaccato al muro del castello. Affondò i pugnali nella stoffa e li usò per rallentare la discesa, lacerando la stoffa mentre scendeva.
Guy rotolò pesantemente a terra, proprio ai piedi di Meg e la ragazza gettò gli ultimi fumogeni nel fuoco prima di aiutarlo a rialzarsi afferrandolo per un braccio. Prese da lui arco e frecce, poi si unì alla folla in fuga, mentre Gisborne tornava da Allan, nuovamente nascosto dal fumo.

Meg corse via e si nascose in una stalla subito fuori dal castello, la stessa dove aveva lasciato il cavallo poche ore prima. Si affacciò alla porta per sbirciare fuori, col cuore in gola.
Sapeva che Robin e gli altri membri della banda erano già fuggiti, ma non poteva sapere se Gisborne e Allan erano riusciti a scambiarsi nuovamente di posto.
Se il fumo si fosse diradato troppo in fretta o se qualcuno li avesse visti, sarebbero morti entrambi.
Attese per quella che le sembrò un'eternità, poi Allan scivolò nella stalla, ansimando per la corsa.
Meg gli gettò le braccia al collo per il sollievo di vederlo vivo dopo essersi preoccupata tanto a lungo, poi si tirò indietro di scatto e arrossì per quel gesto impulsivo.
- Allora ti sono mancato! - Sogghignò Allan e Meg lo colpì con un pugno sul braccio, indignata.
- Scemo, ero solo preoccupata. Ci hai messo tantissimo ad arrivare, pensavo che vi avessero scoperti!
- Mi sono solo attardato a controllare che Giz non avesse problemi, ma lo scambio è andato bene, nessuno ci ha visti.
La ragazza sorrise.
- Così ora nessuno potrà sospettare di lui.

Guy chiuse gli occhi e rimase immobile, steso sulle pietre che lastricavano il cortile del castello.
Lo stendardo caduto che gli copriva la testa gli dava l'impressione di togliergli l'aria, ma smorzava misericordiosamente anche la luce del sole e i suoni che lo circondavano, riducendo il tutto a un mormorio confuso e ovattato.
Ora che il momento di agire era passato, Guy si sentiva senza energie, col cuore che gli batteva furiosamente nel petto e la testa che pulsava nel punto della ferita. Il taglio che si era procurato da solo sanguinava ancora: Guy si sentiva la pelle del viso bagnata e appiccicosa e l'odore del sangue gli dava la nausea.
Si strinse le braccia attorno al corpo, con un brivido. Sapeva di aver appena salvato la vita a Robin Hood, ma non riusciva a gioire della perfetta riuscita del suo piano, le uniche cose a cui riusciva a pensare erano il suono della frusta e il sangue eccessivamente rosso che colava sulla pelle chiara di Robin.
All'improvviso il drappo che lo copriva gli fu strappato di dosso e una nuova fitta di dolore gli attraversò la schiena, seguita subito da un'altra e da un'altra ancora.
Guy aprì gli occhi e rotolò di lato per sottrarsi al dolore e il successivo calcio dello sceriffo lo colpì alle costole, strappandogli un gemito.
- Essere inutile! Incapace! Invece di fare il tuo dovere e aiutare a fermare Robin Hood, ti fai stendere da un misero sassolino! - Gridò Vaisey, sottolineando ogni frase con un altro calcio a Guy. - Mi chiedo come abbia fatto a tenerti al mio servizio tanto a lungo! Sparisci dalla mia vista ora, patetico rottame, torna a rintanarti nella tua casupola ammuffita insieme alla tua amichetta lebbrosa! La tua sola presenza mi disgusta! Archer!
Lo sceriffo colpì Guy un'ultima volta e lo lasciò a terra, poi si diresse verso il suo braccio destro per sfogare la sua ira e la sua frustrazione anche su di lui.
Guy si girò su un fianco con un lamento e non si mosse, stordito dal dolore, finché qualcuno non lo scosse e non lo aiutò ad alzarsi, sollevandolo da terra quasi di peso per aiutarlo a salire su un carro.
L'uomo che lo aveva sorretto era uno dei servitori di Locksley e dopo averlo aiutato si era messo a cassetta. Sir Edward era seduto davanti, accanto al guidatore, mentre Marian era nel posto accanto a quello di Guy, ma teneva la testa bassa, senza guardarlo.
Gisborne si afflosciò sul sedile senza dire nulla, dolorante e abbattuto.
Si sentiva a pezzi per aver dovuto colpire Robin e si sentiva ancora peggio se pensava a come doveva apparire il suo comportamento agli occhi di Marian.
Si era rifiutato di intervenire in favore di Robin e, peggio ancora, si era prestato ancora una volta a essere il carnefice agli occhi dello sceriffo. Lui sapeva di aver salvato la vita di Robin e quella era una consolazione, ma Marian non poteva immaginare che lui era il Guardiano Notturno: ai suoi occhi aveva fatto solo la figura del cagnolino agli ordini di Vaisey che si era fatto abbattere da una sassata e che aveva subito i maltrattamenti dello sceriffo senza fiatare.
La figura del vigliacco.
Alzò gli occhi, sentendo su di sé lo sguardo della ragazza e sospirò.
- Ti ho delusa. - Disse a bassa voce.
Marian non lo smentì.
- Non posso dire di essere orgogliosa di te, oggi. Lo hai frustato, Guy! Eppure dovresti sapere quanto sia doloroso!
- Credi che non lo sappia?! Ma dovevo proteggere voi! - Sbottò Guy.
Marian fu sul punto di replicare che lei non aveva bisogno di essere protetta, non se quello era il prezzo da pagare, ma si interruppe nel vedere che Guy aveva gli occhi lucidi e che sembrava già fin troppo afflitto per infierire ancora.
Prese un fazzoletto e lo inumidì con un po' d'acqua, poi appoggiò la fiasca di pelle accanto a sé sul sedile e si voltò verso Gisborne, iniziando a pulirgli il sangue dal viso con delicatezza.
Guy la guardò, stupito per quel gesto gentile e la ragazza gli rivolse un debole sorriso, continuando a tamponargli il viso col fazzoletto.
- Oggi non hai mostrato il tuo lato migliore, è vero, ma almeno le tue intenzioni erano buone. Ti ho visto fare di peggio in passato, molto peggio e mi sono innamorata lo stesso di te. Non sarà quello che è successo oggi a far cambiare i sentimenti che provo per te.
- Davvero?
- Davvero. - Marian lo baciò sulla guancia, con tenerezza, poi lo attirò a sé, facendogli appoggiare la testa sulla sua spalla e gli accarezzò i capelli piano, districandoli con le dita. - Ora vieni qui e chiudi gli occhi, hai preso una brutta botta in testa e poi lo sceriffo deve averti fatto molto male. Riposa pure, Guy, io mi prenderò cura di te.
Guy si appoggiò a Marian con un sospiro e si abbandonò al suo tocco gentile, lasciando che alleviasse la sofferenza che provava.
La ragazza continuò ad accarezzarlo con dolcezza, chinandosi di tanto in tanto a baciargli la fronte e i capelli arruffati, e intanto guardava la strada polverosa che stavano percorrendo, immersa nella luce dorata del tramonto.
Un sorriso le tremolò sulle labbra: anche quell'infelice giornata era giunta finalmente al termine.
Stavano tornando a casa.

   
 
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