Capitolo 4
-Che ne pensi Saito?-, la domanda non fu ascoltata dal
diretto interessato, un ragazzo dai capelli albini e dagli occhi del colore del
metallo, questi ultimi persi in chissà quali pensieri. La domanda fu ripetuta a
voce più alta e, finalmente, Saito si girò verso il suo interlocutore, che
appariva chiaramente risentito.
-Scusami Eikichi, ero distratto- spiegò il ragazzo con voce
ferma ma gentile.
-Ultimamente lo sei troppo spesso-, commentò sarcasticamente
Eikichi mentre Saito sorrideva tranquillo osservandolo. Eikichi era il tipico
adolescente giapponese che odiava il mondo, capelli biondi tinti da solo e un atteggiamento
da padrone. Rimasero in silenzio e il biondo capì che il suo sarcasmo non aveva
avuto effetto, Saito avrebbe tenuto per sé i propri segreti e dubbi.
Lo ammirava molto, Saito aveva una forza carismatica non
comune, era naturalmente un leader e la gente lo seguiva senza discutere, infatti,
era entrato in uno dei gruppi di teppisti più pericoloso in città e l'aveva
trasformato in uno di vigilanti.
Il perché un ragazzo chiaramente in gamba e con grande sete
di giustizia l'avesse fatto, rimaneva un mistero e, soprattutto, Eikichi
cercava di capire perché Saito si spingesse tanto nella loro riabilitazione al
punto tale da mettersi lui stesso nei guai.
-Vuoi sapere che cosa ne penso di quei ragazzi spariti negli
ultimi mesi?- domandò Saito scendendo dalla panchina, in cui era stato seduto
fino a quel momento, e mettendo le mani in tasca.
-Esattamente, la maggior parte dei ragazzi pensa che siano
scappati da casa, cosa ne pensi?- domandò Eikichi, stupito in parte che Saito
era stato in grado di ascoltarlo, nonostante tutto, e battendo nervosamente il
piede. Saito ebbe uno sguardo dubbioso in volto, sia la ragione sia l'istinto erano
in accordo sulla stessa risposta.
-Gli scappati di casa danno notizie di sé prima o poi, di
questi non si è saputo più nulla. Per me sono morti-dichiarò senza usare mezzi
termini.
-O peggio-, si trovò a pensare mentre un brivido
prepotentemente gli attraversava la schiena.
L'atmosfera era cambiata, Eikichi si sedé sulla panchina
piegato chiaramente dall'angoscia e Saito, lo guardò amorevolmente.
-Potrebbe essere uno di noi, Saito-.
-Lo so ma per il tipo di vita che ho vissuto, non posso
dirti assolutamente che sono vivi- ed esattamente come prima, la voce di Saito
risuonò ferma e autoritaria assomigliando a quella di un generale.
Eikichi gli fosse istintivamente fedele, abbozzò, infatti,
un sorriso teso e domandò-Mi dirai che cosa vuoi fare appena prendi una
decisione?-.
Saito annuì e indossò la sua giacca, un chiaro segnale per Eikichi,
che scuotendo leggermente la testa salutò il suo capo e lo vide incamminarsi
per la solita strada, affiancata da alberi di ciliegi che attraversava il
parco.
Saito camminò lentamente per quella strada, aveva bisogno di
tempo per pensare e soprattutto per calmarsi perché, nonostante il suo
atteggiamento freddo, era molto turbato. Non gli piacevano quelle sparizioni:
Saito era in realtà iracheno, nella sua infanzia aveva visto la violenza e la
guerra. Era stato suo fratello maggiore a dargli l'opportunità di vivere almeno
un'adolescenza tranquilla, grazie ad alcune sue conoscenze Saito era andato a
vivere in Giappone presso un’amica del fratello e così aveva iniziato a vivere
dalle scuole medie in un altro paese.
Saito sapeva che suo fratello aveva voluto solo il meglio ma
era stata un’esperienza a dir poco traumatica, era stato il suo naturale
coraggio e capacità di leadership a non farlo deprimere nei primi tempi. Eppure
la faccenda delle sparizioni, in un modo del tutto strano e imprevedibile, gli
aveva fatto riprovare un vecchio sentimento nemico: la nostalgia di casa, a
Saito mancava l'Iraq, mancava suo fratello, mancava il suo nome! Per evitare
problemi aveva scelto di farsi chiamare con lo stesso nome della donna che lo ospitava,
ma il suo vero nome era Geir!
Quel sentimento era egoistico eppure non riusciva a pensare ad
altro, per quei ragazzi non poteva fare nulla e sapeva che probabilmente erano
morti, neanche con i suoi teppisti avrebbe potuto fare qualcosa.
Si fermò di colpo a osservare i ciliegi che avevano i fiori
ancora chiusi, troppo intimoriti dal freddo, Saito era disgustato da quel
flusso di pensieri.
Rimase in silenzio a guardarsi attorno dove tutto sembrava
tranquillo eppure sentì la sua voce uscire prepotentemente dal suo petto e gridare.
-Chiunque tu sia, esci!-
Da dove meno se lo aspettasse, cioè da un albero a pochi
metri da lui scese una figura maschile che aveva l'evanescenza di un fantasma,
talmente era silenziosa, Saito non lo udì neanche quando posò i piedi a terra.
I due rimassero a fissarsi e Saito iniziò ad avanzare verso
la figura che appariva inespressiva, quando fu abbastanza vicino, vide che era
un ragazzo di massimo vent' anni con un bel viso dagli zigomi affilati, con
capelli neri e occhi blu.
Saito gemette quasi come volesse soffocare un pianto
trattenuto da troppo tempo, mentre il ragazzo lo guardava impassibile, sarebbe
potuto essere facilmente scambiato per una statua per quella sua immobilità. Più
l’iracheno si avvicinava e più delle sensazioni di nostalgia, attrazione e pace
si confondevano nel suo cuore.
Ma quando fu a pochi passi dal ragazzo e studiò i suoi
occhi, un pensiero fulminò la sua mente-Questi occhi blu sono della sfumatura
di una notte buia d’inverno-.
Provò un'improvvisa rabbia che non riuscì a celare quando
domandò perentoriamente-Chi sei?-.
Gli occhi del ragazzo si scurirono per il dolore, rivelando
ancora di più l'inganno mentre la sua voce impassibile disse.
-Io sono l'Ombra-
E quelle parole misteriose risuonarono nell'aria come
l'ordine perentorio di Caronte alle anime dei defunti di salire sulla sua
barca.
-Ti dico che è così. Me lo ricordo chiaramente- Aaron
fissava Sergej con il suo abituale sorrisetto canzonatorio ma ciò che era
insolito era l'espressione di Sergej, invece di essere fredda e severa era
imbarazzata, irritata e chiaramente infastidita.
-Ricordi male!- sentenziò Sergej ancora una volta mentre
Aaron si godeva chiaramente la sua irritazione.
-No, invece. Ricorda che sono lo Shitennou che ascolta,
quindi della conoscenza, in poche parole ho sempre ragione-.
Sergej non rispose, infastidito, accelerò il passo creando
almeno una distanza di un paio di metri da Aaron e quest'ultimo capì che stava
esagerando, infatti, vedendo l'amico allontanarsi di gran fretta da lui, gli
gridò dietro seguendolo.
-Dai Sergej, almeno non eri uno sfigato topo di biblioteca
che faceva il crocerossino per guadagnarsi gli extra!-
Sergej si fermò e Aaron fece altrettanto e vide il primo
voltare la testa lentamente dietro di sé, il viso ero rosso d’imbarazzo fino
alla punta delle orecchie.
-Chiediamo a Keme, chiediamo conferma a Keme- disse con una
voce così imbarazzata che Aaron si trattenne dal sorridere, semplicemente annuì
alzando le spalle in segno di resa e s’incamminarono insieme verso il negozio
di Keme.
Quando arrivarono al negozio, Keme stava iniziando a
chiudere e venendoli arrivare sorrise quasi dolcemente.
-Siete in anticipo-dichiarò allegramente ma quando vide
Sergej corrucciato domandò-Ma che è successo?-
-Sergej non vuole ammettere che nella scorsa vita era la
nostra sacerdotessa vergine-spiegò Aaron mentre Sergej ribatteva infastidito.
-Non ero mica una vestale! Ero dedito a Guan Yun-
-Allora lo ricordi anche tu, non capisco perché dobbiamo chiedere
conferma a Keme-, fu pronto a rispondere Aaron fissando il loro mentore, che da
prima guardò i due ragazzi confuso poi, quasi come se man mano quel dialogo
veloce si fosse formato nella sua testa chiarendosi, disse.
-Sergej oltre a essere uno Shitennou, eri anche un monaco.
Ha ragione Aaron, eri la nostra ragazza con il virgin power-.
Sergej arrossì fino ai capelli ma Keme non riuscì a capire
bene il motivo di tanto imbarazzo finché Aaron, con voce squillante e
l’espressione più canzonatoria che potesse avere dichiarò, -Forse per questo
non ti sei spinto mai oltre con una ragazza. Rispetti tuoi voti inconsciamente-
mentre Sergej gridò imbarazzatissimo-AARON!-.
Aaron assunse un'espressione innocente e domandò ingenuamente.
-Che cosa ho detto?-
Sergej ribolliva di rabbia e imbarazzo: Keme non aiutò
quando, con un atteggiamento da fratello maggiore, mise una sua mano sulle
spalle di Sergej e disse confortante-Ignora questo cretino, sei ancora nella
media nazionale di molti paesi del mondo-.
Sergej si spostò violentemente, facendo scivolare nel vuoto
la mano di Keme, e indicando minacciosamente Aaron disse- Sono lo Shitennou che
protegge, in pratica la fortezza e quindi il mio corpo non lo tratto come se
fosse il porto di Singapore!-.
Sia Aaron e Keme, rimasero senza parole ma quest'ultimo, infine,
commentò sarcasticamente -Tosta questa-, mentre dall'altra parte Aaron alzò le
spalle in segno di resa e disse con nonchalance- Touché, dai miei ricordi
sembra che effettivamente ero il libertino del gruppo con tutto il voto
d'astensione sessuale-.
Keme alzò un sopracciglio di disappunto-Non esagerare, dai
miei ricordi non eri così puttaniero ma se confrontiamo con adesso… per l’amore
del cielo! Trovati una ragazza fissa-.
-Certo, una bella e dolce ragazza con cui condividere tutto,
anche il segreto che durante i week-end vado ad ammazzare mostri-.
-Assolutamente no. Trovatane una abbastanza stupida che non
si accorga di nulla-.
-Ma se è stupida perché dovrei starci insieme? Solo per il
sesso, giusto? Allora perché dovrei volerla fissa?-ribatté Aaron mentre Sergej
pensava che i due amici fossero appena caduti in una conversazione senza fine,
molto simile a quella se era nato prima l'uovo o la gallina.
Fortunatamente Keme interruppe il dilemma sul nascere
controllando l'orario e ribattendo-Non vai ancora ad ammazzare mostri: vi sto
ancora addestrando e dovremmo iniziare-.
Aaron alzò gli occhi verso il cielo-Era un’ipotesi-.
Keme sospirò quasi irritato dal fatto che Aaron tendesse a
voler sempre l'ultima parola, perlomeno con lui.
-Forse perché siamo legati a due elementi opposti-pensò
mentre i due ragazzi diligentemente lo aiutavano a chiudere il negozio.
Gli Shitennou non avevano una vera manifestazione fisica
dell'elemento cui erano legati, la loro magia era legata al concetto di Terra
come pianeta e quindi erano pensati come un sistema, per questo motivo
condividevano tutti gli stessi poteri ma l'elemento cui erano legati
influenzava in quale potessero essere i migliori.
Sergej, ad esempio, era legato all’elemento della terra,
quindi, più di tutti, era in grado di evocare qualsiasi forma di vita e no. Se
fosse diventato davvero bravo con i suoi poteri d’evocazione avrebbe potuto
addirittura richiamare a sé spiriti elementari veri e propri, una cosa
impensabile sia per Keme sia per Aaron.
Aaron era legato all'acqua e, da secoli l’elemento associato
alla vita e alla medicina dall’umanità, per cui spettava a lui avere la capacità
di curare e purificare enormemente più forte rispetto a quello degli altri Shitennou.
Il suo legame con l’acqua permetteva anche di proteggere la propria sanità,
infatti, Aaron aveva la capacità di resistere agli attacchi mentali e fisici
del nemico.
Keme, come Nephrite, era legato al fuoco il quale in molte
culture era simbolo di vita e, anche se con qualche sconcerto sul perché del
medesimo ragazzo, la sua capacità di impossessare i corpi era superiore a
quella degli altri Shitennou, infatti, poteva impossessare anche gli oggetti.
Il misterioso Kunzite era legato invece all’elemento del
metallo, per cui Keme sapeva che lo Shitennou mancante sarebbe stato in grado
di utilizzare i poteri di tutti gli altri alla massima espressione e senza
difficoltà, esattamente come il metallo che fuso poteva assumere qualunque forma.
Quando ebbero finito di sistemare, Keme li portò al suo
nascondiglio, che era stato soprannominato dai due ragazzi dal primo momento
che l'avevano visto, in Shitennou caverna.
L’atmosfera del nascondiglio appariva diversa dalla volta in
cui Keme aveva invocato lo spirito di Cristóbal, leggermente meno tetra e
solitaria, in un modo o in altro i due giovani Shitennou avevano imposto la
loro presenza positiva nella stanza.
Si notava una strana e sovrabbondante presenza di ananas, lasciate
in piccoli accumuli di ghiaccio: quei frutti erano un errore di Sergej che si
guardò attorno con aria circospetta e critica.
Keme gli sorrise furbo dicendogli in tono scherzoso-Ormai il
danno è fatto Sergej, alla radio mi chiamano Mister Pine Apple-.
Sergej staccò teso un frutto e commentò severamente-Mi
dispiace, non sono molto bravo-.
Aaron ridacchiò senza cattiveria ricordando che nelle loro prime
lezioni da Shitennou sia lui e sia Sergej non si erano rivelati esattamente
delle cime e ancora adesso avevano mille difficoltà.
Nervosamente, infatti, il ragazzo incrociò le braccia, non
sapeva perché ma aveva la sensazione che sarebbe successo qualcosa di
spiacevole.
-E' tutto apposto Sergej, nessuno nasce imparato- tentò di
incoraggiare Keme cordialmente ma il più giovane annuì chiaramente
insoddisfatto.
Keme controllò che fosse tutto pronto, in particolar modo
l'altarino in cui i ragazzi si esercitavano, che era semplicemente un angolo
della stanza con dei graffiti disegnati da Keme.
-Oggi evocherai qualcosa di vivo-spiegò Keme a Sergej quando
ebbe finito di sistemare e il ragazzo sbarrò gli occhi sinceramente impaurito.
-Qualcosa di piccolo, non ti preoccupare. Ricordati, devi
essere fermo, deciso ma gentile-.
Sergej annuì per riflesso mentre Aaron stringeva le braccia
ancora di più forte, la sensazione di disagio aumentava invece di diminuire.
-Un gatto, ecco un gatto- disse Keme mentre silenziosamente
pensava, -Così se abbiamo problemi, posso impossessarlo ed evitare di farci
ammazzare tutti-.
Sergej si morse le labbra chiaramente a disagio mentre Keme
lo spingeva verso l’altarino e si allontanava da lui, il ragazzo si voltò
cercando un’espressione d’incoraggiamento dal suo mentore che lo esortò a
iniziare.
Sergej tese la mano davanti a sé, imponendosi un contegno che
in quel momento non aveva e iniziò a parlare.
-Gatto, creatura della terra, io t’invoco per favore?-domandò
così esitante che Aaron non si trattenne da scoppiare a ridere mentre Keme lo
zittì severamente con lo sguardo.
-Se non ti è di disturbo-aggiunse però lo stesso Keme
facendo avvampare per l'imbarazzo Sergej che ritirò la mano e commentò-Mi sento
ridicolo a dire quella formula!-
-Lo so ma all'inizio entrambi dovrete usarle, è il metodo
più facile per richiamare il vostro potere in voi. Più avanti non ne avrete
bisogno- spiegò Keme pazientemente e avvicinandosi a Sergej, gli prese il
braccio e lo tese nuovamente, mentre il ragazzo più giovane severamente si
mordeva le labbra.
-E’ il tono a essere importante non ciò che dici. Fermo e
gentile, un po' come sgridi un bambino o Aaron-.
-Ehi, replicò Aaron che sciolse le braccia, chiaramente
risentito, mentre Sergej ridacchiava, felice che fosse stato leggermente
vendicato della conversazione di prima.
Respirò profondamente tenendo il braccio ben teso davanti a sé
e cercò di immaginare il gatto che voleva invocare, in ogni dettaglio e forma: un
bel gatto dal pelo sabbia.
-Gatto, creatura della terra- esitò mentre una voce maligna
nella sua testa gli ricordò severamente che fino a quel momento era stato solo
in grado di evocare ananas ma Keme si schiarì la voce, un chiaro avvertimento
per Sergej.
-Io t’invoco a servire il tuo padrone Jadeite-
Dalla mano di Sergej partì dell'energia che iniziò a muovere
i suoi capelli, lentamente comparve qualcosa d’informe dal pavimento
dell’altarino.
Aaron trattenne il respiro mentre vedeva che l'ammasso
assomigliava sempre di più a una figura felina ma, per qualche motivo a lui
sconosciuto, quella scena gli ricordava troppo il film horror “la Mosca” e ciò
non era incoraggiante.
Keme guardava sospettoso l'ammasso che gli appariva troppo
grande per essere la massa di un gatto e sentiva che Sergej non aveva il
completo controllo della sua energia, infatti, ci fu un lampo di luce e Sergej
sentì il braccio cedere. -Io t’invoco nel nome della Terra-provò a dire ma la
sua voce apparve troppo docile e definitivamente perse il controllo del suo
potere e cadde a terra, soccorso immediatamente da Aaron che sentì un lugubre suono
molto simile a un ruggito.
Keme posò i suoi occhi in direzione del lugubre suono e uno
sguardo sia di terrore e sia di pura sorpresa, non avrebbe mai saputo dire qual
era il sentimento più forte, si formò sul suo viso.
-Bel gattone Sergej- commentò sinceramente stupito mentre il
gattone, che era un puma, ringhiò nuovamente soprattutto quando Keme si trasformò
in Kunzite.
-Trasformatevi e state indietro, cercherò d’impossessarlo e
calmarlo- ordinò Keme prontissimo a combattere.
I ragazzi fecero come gli era stato detto mentre Keme cercava
di impossessare il puma che dimostrava di non essere un grande fan dei suoi
poteri.
-Bloccatelo con il ghiaccio!-gridò Keme che era salito in
groppa al felino nel tentativo di domarlo e i due ragazzi annuirono coraggiosamente:
il ghiaccio al momento era l'unico potere che riuscivano a gestire in modo
decente.
Sergej corse dietro al puma e iniziò a congelargli gli arti
posteriori mentre Aaron gli congelava quelli anteriori, ma l'animale appariva
ancora più innervosito da quell'improvviso gelo polare cui non poteva essere
abituato e, infatti, girò la testa e cercò di azzannare Keme che gli era in
groppa.
Questi ebbe paura, convinto che il puma gli avrebbe mangiato
la faccia quando sentì qualcosa di freddo tagliargli la guancia e vide che la
testa del puma era quasi completamente congelata ad eccezione degli occhi.
Aaron era a pochi centimetri dai due e affannava, con ancora
le mani tese che gli tremavano per il precedente attacco mentre: con spavento
guardò il taglio che aveva procurato al viso di Keme.
Lo Shitennou ignorò completamente la ferita e approfittò dell’immobilità
del felino, che continuava a ringhiare nonostante che il ghiaccio gli bloccasse
la testa, per impossessarlo ma l'animale non ne voleva sapere e iniziò a
distruggere la sua prigione di ghiaccio, al quel punto Keme scese dalla groppa
del felino, stupito dalla sua tenacia, ed estrasse la spada, convinto che ormai
non potesse fare più nulla se non ucciderlo quando sentì urlare da Sergej un
secco e perentorio NO.
Sergej con forza si collocò davanti a Keme, che aveva ancora
la spada estratta, e tese la mano seccatamente verso il puma.
-Creatura della terra, fermati- Keme sentirono quelle parole
pronunciate da Sergej freddamente e perentoriamente, le quali sembrarono avere
qualche effetto sull'animale, che sembrò per un attimo indeciso sul da farsi.
Sergej fissò il puma che iniziò lentamente a muoversi in
semicerchio, chiaramente pronto ad attaccarlo ma Sergej stesso iniziò a girare
intorno all'animale con la mano tesa e minatoria.
Keme non parlava, aveva ancora la mano saldamente sull'elsa
della sua spada, incapace di lasciarla andare e veramente preoccupato dalla
situazione eppure sapeva che Sergej poteva farcela, ma la poca sicurezza che
aveva quest’ultimo in se stesso poteva ammazzarlo.
Sergej represse uno schiarimento di gola e continuò a
fissare il puma, i suoi grandi occhi felini erano carichi di disappunto e il
suo ringhiare non accennava a diminuire. Lo Shitennou aveva paura ma non voleva far
uccidere il felino, che sentiva come suo in modo che non sapeva né spiegarsi né
ad attribuire un nome.
Ma i suoi compagni erano più importanti di qualsiasi altra
cosa e voleva difenderli pensò tenendo tesa la mano e sentendo il suo potere
affluire, questa volta, calmo, silenzioso e potente.
-Siediti, ordinò Sergej all’animale che si fermò di colpo ma
di sedersi continuò a fissare con disappunto lo Shitennou, iniziando così una
gara di sguardi. Né Aaron né Keme osarono muoversi, troppo terrorizzati che un loro
possibile movimento avrebbe potuto mettere la vita di Sergej in pericolo,
impotenti furono costretti ad aspettare di essere solamente pronti a reagire.
-Siediti, puma. - ordinò ancora più fermo Sergej e negli
occhi dell'animale ci fu finalmente quell’esitazione che Keme aveva cercato
mentre gli era in groppa.
Sergej abbassò la mano leggermente e disse ancora una
volta-È il figlio della terra Jadeite che ti sta parlando-.
Con un ultimo e rabbioso ringhiò l'animale cedette e abbassò
lo sguardo e si apprestò a ubbidire al suo padrone mentre, finalmente, Keme e
Aaron ripresero fiato per poi sentirselo mancare nuovamente quando Sergej, senza
esitazione, posò la mano sulla testa del felino.
Keme si vide già costretto a scrivere una lettera di
condoglianze ai genitori di Sergej e a vivere una vita da fuorilegge in Messico
mentre Aaron era talmente impaurito che non riuscì a pensare a nulla.
L'animale emise un suono di disappunto ma quando Sergej
iniziò delicatamente ad accarezzare il suo pelo, si rilassò lentamente e lasciò
campo libero allo Shitennou.
Fu un attimo sacro, Sergej continuò ad accarezzare l'animale
e parlargli dolcemente-È tutto apposto, nessuno ti farà del male-e a quelle
parole si girò lentamente verso Keme che ripose la spada e accennò a un segno
di consenso con la testa.
Aaron lentamente iniziò avvicinarsi a Keme, non fidandosi
assolutamente della situazione e confidò al suo mentore che aveva perso almeno
dieci anni di vita e poi guardando il suo viso tagliato disse -No, credo di
averne persino quindici- la voce di Aaron era amareggiata e aveva uno sguardo
pieno di sensi di colpa cui Keme reagì dicendogli tranquillamente che era il
momento di provare a usare i suoi poteri.
-Altrimenti rimane il segno- spiegò indicando la ferita che stava
continuando a sanguinare, Aaron esitò chiaramente quando deglutì nervosamente.
-Non è il momento di fare come Elsa- raccomandò Sergej che
continuava ad accarezzare il puma, come se nulla fosse, ripagando le troppe battutacce
che aveva ricevuto in precedenza da Aaron.
Il più giovane guardò l’amico seccato e poi lentamente si
avvicinò a Keme e puntò le mani sulla ferita, provò a concentrarsi, senza
pensare ad alcuni lati terrorizzanti del suo potere, ma non accade nulla.
-Aaron ... - iniziò Keme guardando profondamente il ragazzo
facendolo sobbalzare.
-Si?- domandò innocentemente l'altro tenendo ancora le mani
sul viso di Keme.
-Le mani- disse Keme che stava cercando di non spazientirsi-
Le tue mani... Come le senti?-
-Tiepide?- provò a dire Aaron mentre fissava il sangue
colare dalla ferita di Keme.
-Non è difficile. Fredde stai purificando, calde stai
guarendo …-.
-Tiepide non sto facendo nulla- completò esitando e
arrossendo Aaron.
-Esattamente-, commentò conciso Keme fissandolo.
-Ma posso farti davvero molto male- obiettò Aaron ritirando
istintivamente le mani.
-Se succede andremmo in ospedale. Adesso, per amor del
cielo, usa quel cazzo di potere perché tu non hai idea di quanto mi faccia male!-.
Chiaramente frastornato da quel cambio repentino di tono,
Aaron chiuse gli occhi e appoggiò le mani sulla sua ferita, un’azione
totalmente antigienica che in altro momento non avrebbe fatto, e rilasciò il
suo potere.
Il puma agitò violentemente la coda ma non fu un segnale
negativo poiché Sergej capì che era approvazione.
Aaron poteva sentire il suo potere diffondersi sul viso di
Keme, il quale lo guardava quasi divertito mentre, lentamente, Aaron iniziò ad
aprire gli occhi in un'espressione quasi incredula. Staccò le sue mani dal viso
del compagno e fissò a lungo la sua pelle intatta, strofinando le dite stupito
della sensazione d’integrità che ricevettero.
Keme lo tirò a sé e iniziò a strofinargli la testa scompigliandogli
i capelli e facendogli anche un po' male.
-Sapevo che potevi farcela- dichiarò entusiasta e poi
fissando negli occhi Sergej-Anche tu. Ma adesso dobbiamo pensare al gatto-
commentò indicando il puma che ringhiò nella sua direzione finché Sergej non
gli accarezzò la testa.
Keme si risentì di quella reazione e disse- Non deve
essergli molto simpatico-.
-Volevi impossessarlo e affettarlo-, precisò Sergej che
continuava a coccolare il puma e Keme fu costretto ad ammettere che era una
ragione plausibile per la loro reciproca antipatia.
-Lui voleva mangiare noi- replicò Aaron che si teneva a
debita distanza e Sergej capì che erano finiti un'altra volta in una
discussione senza fine.
Nel frattempo altre due persone cercavano di parlarsi ma
senza capirsi.
Lo sguardo di Saito non nascondeva la sua rabbia e
disapprovazione, chinò la testa in un gesto chiaramente infastidito.
-Cosa vuoi dire?-.
Ombra non rispose, era immobile e pronto a resistere alla
rabbia di Saito.
-Che cosa vuoi?- domandò Saito e questa volta nello
sconosciuto ci fu una reazione, impercettibilmente il ragazzo chiuse
leggermente le spalle ma continuò il suo mutismo.
L'irritazione di Saito arrivò al limite, con passi lunghi e
nervosi e un gesto secco e violento spostò Ombra dalla sua strada, pronto a
continuare il suo cammino.
-Aspetta - sentì quasi gridare da quella voce inflessibile che
in realtà nascondeva così dolore.
Saito accennò qualche passo senza fermarsi finché lo sconosciuto
disse- Non indagare, vivi una vita normale-.
Quelle parole furono un macigno per Saito, nostalgiche, pronunciate
così tante volte dal suo fratello lontano, che posò uno sguardo più gentile
sullo sconosciuto, ma cambiò immediatamente espressione.
-Cosa hai? Stai bene?-.
Lo sconosciuto era impallidito di colpo e una goccia di
sudore aveva iniziato a scendere copiosa dalle tempie, ma gli occhi e corpo rimanevano
nella posizione statuaria e inespressiva di prima.
-Chi è questo ragazzo? Perché si comporta così?- si domandò
Saito mentre tentava di soccorrerlo, ma Ombra si spostò seccato evitando i suoi
aiuti e fissandolo disse- Verrà ... Verrà una … - si bloccò a metà frase mentre
con orrore Saito lo vide piegarsi sulle proprie ginocchia ma prima che potesse
fare qualunque cosa, sentì una voce.
-Ci penso io a lui -.
Una donna, una donna apparsa letteralmente dal nulla era di
fronte a Saito, una donna dall’aspetto selvaggio e aggressivo e quando i suoi
occhi, incredibilmente maliziosi, s'incrociarono con quelli di Saito,
quest'ultimo provò una sensazione di così pura vergogna che gli parve di
sentire ogni singola goccia di sangue fluire nelle sue guance. Una vergogna
così grande l'aveva provata una sola volta in vita sua, quando suo fratello
l'aveva beccato a rubare e l'aveva punito con il suo solo sguardo di disappunto.
Indietreggiò chiaramente spaventato di alcuni passi, ma
bastò vedere la sofferenza dello sconosciuto per fermarsi.
-Sta male non lo vedi? Devo portarlo in ospedale -dichiarò
con una voce che partì esitante per poi tornare ad avere il tono duro da
generale.
-Non serve l’ospedale. Sta così perché ha cercato di disubbidirmi-
spiegò la donna che si abbassò a livello di Ombra e gli tirò una guancia come se
fosse stato un bambinetto da strapazzare.
La donna con tono sinceramente divertito si rivolse al
ragazzo soffrente-Di piani ne ha fatti in questi secoli, ma questo è
sinceramente il più rozzo -.
-Ho pensato che un piano così semplice le sarebbe sfuggito,
padrona Gaia- pronunciò sofferentemente il ragazzo e prendendo fiato ogni volta
che poteva.
Saito, ad ogni modo, si avvicinò nonostante tutto e dichiarò
ancora una volta- Deve andare in ospedale- ma la donna lo ignorò si alzò in
piedi strattonando senza riguardo Ombra.
Poi lentamente alzò lo sguardo e fissò Saito con gelida
disapprovazione.
-Tu sei stato un maestro nel disubbidirmi- e così dicendo
tirò a sé Ombra, tenendolo appoggiato al suo corpo ... Saito poteva avvertire
la così forte repulsione dello sconosciuto da sentirsi disturbato.
La donna sorrise chiaramente divertita e allungò
elegantemente una delle sue mani suo viso di Saito che provò una strana
sensazione conturbante che fece impallidire all'istante.
-Lascialo in pace- bisbigliò lo sconosciuto chiaramente
soffrendo e Saito ne provò pura pietà e compassione, ignorando i turbamenti che
provava, trovò il coraggio di sfidare la donna liberando lo sconosciuto dalla
sua presa.
I due si guardarono fissi e implacabili finché la donna
accennò un sorriso canzonatorio, lo sconosciuto tornò succube da lei sorprendendo
Saito, era così chiaro che lo odiava, era probabilmente un prigioniero?
- Ci vediamo alla tua iniziazione ... - iniziò la donna
mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso sadico- Kunzite-
Saito ebbe una visione a sentire quel nome, un palazzo
dall'architettura germanica bellissimo, possente e impenetrabile occupò la sua
testa confondendolo, quando aprì gli occhi, era solo, confuso, completamente a
disagio e con peso sul cuore che non riusciva a spiegare.
Non tutti erano confusi, la bella e perfida regina del
castello misterioso, Beryl, era ben conscia di cosa faceva: aveva bisogno di
recuperare l'energia per Metaria al fine di rafforzarla, per questo era ben
preparata a mandare i suoi mostri a recuperare energia e se erano sconfitti
dagli Shitennou, come a poco sarebbe accaduto, tornava tutto nei suoi piani,
gli servivano addestrati.
Eppure ogni volta nelle notti senza stelle e luna, buie come
avrebbe potuto essere il fondo dell’oceano ... una strana angoscia di aver dimenticato
qualcosa prendeva la regina, lei che al contrario degli ignari Shitennou era
completamente a conoscenza delle sue vite precedenti e dei rispettivi ricordi.
O come ricordava e bramava ancora il volto del principe che
le aveva rubato il cuore, eppure in quei momenti il volto del principe era
sovrapposto da uno pressoché identico se non per gli occhi.
Mentre gli occhi del principe l’avevano guardata con sentito
affetto, poi confusione e infine un misto di pietà e rabbia, quegli altri,
leggermente più scuri, la guardavano con odio e disprezzo rivelando un'anima
avvelenata quanto la sua.
Chi era e perché non era nella sua corte di dannati? Ogni
terrestre o lunare morto con rimorsi e odio finiva per essere parte della sua
corte di demoni, perché quel ragazzo non era lì?
Chi era, doveva essere qualcuno se aveva il volto del principe,
una guardia del corpo, uno scudo, una vile macchinazione come avveniva per il
capo dei guerrieri lunari, Venus, e la loro tanto odiabile principessa serenity
ma Beryl era sicura che quel ruolo spettasse a Jadeite, che per fisico e tratti
assomigliava al principe e le differenze potevano essere eleminate con la
magia.
Poi ricordò, come un fulmine che squarcia il più robusto
degli alberi, ebbe la consapevolezza.
-Ombra, l'assassino del principe, l'ultimo scudo-, le parole
uscirono come un sussurro quando un altro ricordo conturbante ma così doloroso
si formò nella sua mente.
Quell'uomo, quel vile oggetto che era stato regalato alla
corte de1la Terra, ai tempi del Silver Millennium, da un disperato arrivista, era
stato modificato con la magia affinché fosse la copia del principe.
-Così che al nobile Jadeite sia risparmiato quello scomodo
compito-.
Così era stato presentato Ombra, come un oggetto ... Beryl
si ricordò che aveva avuto pietà di lui ma allora era una persona diversa,
molto più umana.
Un altro ricordo illuminò la mente di Beryl, un ricordo di
una vita precedente non così lontana come quella del Silver. Beryl respirò
profondamente e rimase concentrata e vide chiaramente il ricordo formarsi nella
sua mente e una smorfia di disprezzo e furia deformò la sua bocca.
Ombra l'aveva ingannata, si era finto il principe. Beryl
ricordò tutto, ricordò le mani e le dolci parole mentre facevano l'amore, ricordò
la gioia di essere stata finalmente accettata e amata per quello che era.
Ricordò la piena completezza, soddisfazione che provava e la felicità, quanta
felicità c'era nel suo cuore in quel momento ma gli era stata portata via.
Ombra non aveva aspettato, nel pieno amplesso aveva rivelato
l'inganno e Beryl aveva sentito la freddezza di una lama penetragli nel cuore,
un colpo solo e un paio di secondi di vita per scoprire l'imbroglio in quegli occhi
più scuri.
Beryl aprì gli occhi infuriata ma anche preoccupata, Ombra
era un suo nemico, era sulle sue tracce? Si guardò intorno preoccupata e suo
castello non gli sembrò così inespugnabile, in fin dei conti stava parlando dell’assassino
più sopraffino dei terrestri come non poteva preoccuparsi? La regina gemé
quando un'altra illuminazione la colpì, Ombra non si era rincarnato, se lo fosse
stato, avrebbe recuperato il suo vero aspetto non avrebbe avuto quello del
principe imposto dalla magia. Ma era impossibile! I terrestri per definizione
erano mortali, erano i lunari ad avere il segreto dell’immortalità. Sempre che
... e il brivido che percorse la regina fu talmente forte che la costrinse in
ginocchio a implorare.
- Matrona Gaia! Mi perdoni!-
Beryl sentì il peso del suo addestramento, della sua vita
come maga del consiglio di Gaia, lo sentì tutto ricordando i mille rituali, il
duro lavoro e il timore referenziale che le avevano insegnato ad avere nei
confronti della dea, Beryl si stava comportando come quando non aveva ancora
incontrato Metaria umile, onesta e timorosa.
Si sentì una risata echeggiare e a Beryl si congelò il
sangue, chiuse gli occhi sapendo cosa le aspettava mentre perdeva conoscenza.
Quando riaprì gli occhi, la gola si chiuse in morsa
riconoscendo la casa della Dea Gaia. Fitta vegetazione era attorno alla regina,
l'odore penetrante dell'acqua e di piante rigogliose le smorzarono il respiro.
Si guardò e si scoprì nuda mentre la forte umidità le colpiva la pelle come
avesse avuto a sua disposizione mille mani violente mentre il viso pallido si
colorava di rosso scarlatto di vergogna.
La regina spostò lo sguardo dal suo corpo a fronte a sé e la
vide, Gaia nel suo splendore, circondata da meravigliose piante che la coprivano
con dolci carezze e con i suoi occhi carichi di finta pietà.
-Sono la tua matrona adesso?- domandò ironica.
Beryl s’inchinò e cercando disperatamente di nascondere la
nudità e mostrare umiltà ma Gaia con il suo sguardo ordinò alle piante attorno
a sé di avvicinare Beryl a lei, così la donna si trovò a un soffio di respiro
dal viso della dea, che aveva quello sguardo canzonatorio che tanto si
addiceva.
La dea si avvicinò al viso della donna e le sussurrò-Non
voglio farti del male-.
Un lampo di pura sorpresa illuminò gli occhi di Beryl mentre
la dea, con l'aiuto delle sue piante, la faceva accomandare su un complicato ma
comodo groviglio di piante.
-Ombra è immortale e lei è la sola ad avere la capacità di
donare l'immortalità e lui mi ha ucciso- osò dire Beryl mentre sentiva tornare
in sé la sua forza d'animo, era la regina Beryl non più la dolce Gran maga di
Gaia, la donna che si vestiva umilmente nonostante il suo ruolo.
Le piante tirarono i capelli della donna così forte che fu costretta
a urlare.
-Bada come parli, sei nella mia casa adesso- sibilò la dea
mentre le piante continuarono a tirare con forza, finché delle lacrime sgorgarono
violente dagli occhi di Beryl e solo allora Gaia si calmò.
Gli occhi di Beryl non nascosero il suo timore mentre Gaia
con la sua innata sensualità selvaggia iniziò ad agitare le mani e con ogni suo
gesto creava qualcosa a suo piacimento.
-Ombra non è un tuo nemico, è uno schiavo, appartiene a me-
dichiarò mentre nella testa di Beryl parole velenose si formavano nella sua mente,
ma tratteneva, le piante erano ancora saldamente sulla sua testa.
-Ma questa eterna battaglia tra te e le Sailors è successa
così tante volte che la scorsa generazione ho concesso il permesso a Ombra di
agire-
La voce di Gaia assunse una sfumatura denigratoria- Vuole
salvare gli Shitennou da te, che dolce. Ma l'unico che può è il principe che
come avrai notato ha la memoria breve in tutte le sue rincarnazioni-.
Improvvisamente Beryl si sentì spinta in avanti e si trovò
nuovamente a soffio dalla Dea che iniziò a giocare con i suoi capelli con ostinata
lentezza intrecciandole una piccola treccia, con cui la tirò ancora più a sé.
- Ombra non è un tuo nemico, non ti odia quanto odia il
principe Endymion-, la voce di Gaia perse ogni dolcezza a pronunciare quel nome,
quell'astio così celebrato portò alla mente di Beryl nuovi ricordi, nonostante
che il principe Endymion fosse nato con il cristallo d'oro, simbolo della
benedizione della Terra, Gaia non l'aveva mai iniziato. Beryl si ricordò delle
notti di rituali, compiuti assieme alla papessa nel tentativo di aggraziare
Gaia e convincerla a iniziare il principe ma la dea non aveva mai acconsentito
e quando il ragazzo si era innamorato della principessa lunare, sia Beryl sia
la papessa avevano saputo sia non sarebbero state più in grado di convincerla.
La legge divina che i lunari spacciavano per loro
apparteneva a Gaia: la dea con l'arrivo dei lunari nel sistema solare, per la
precisione di Queen Serenity con il cristallo d'argento, aveva proibito
qualsiasi relazione tra le parti.
-Che il sangue blasfemo di quelle schifose e altezzose
aliene non osi mischiarsi con quello dei terrestri. Si tengano la luna e gli
altri pianeti con la loro vita artificiale che hanno creato con il loro
giocattolo. Sono io l'unica creatrice di vita-, parole dure e taglienti, per
Gaia quella legge divina era la più importante di tutte e il principe non
l'aveva rispettata.
Improvvisamente le piante che tenevano Beryl la rilasciarono
facendola cadere pesantemente a terra e Gaia sorrise alla scena, con la stessa
espressione maliziosa di un'adolescente ribelle ma questa volta la regina
mostrò tutto il suo disappunto e si alzò seccata da terra e fronteggiò con il
suo corpo la dea che smise di sorridere assumendo però un'espressione intrigata.
-Non arrabbiarti Beryl, sono qui per offrirti un patto-
Beryl la guardò scettica e cercò di scovare negli occhi
della dea qualsiasi indizio che stesse cercando di ingannarla, ma la dea
sembrava seria.
-Mi dica-, disse concisamente mentre scioglieva la treccia
intrecciata.
-Riconoscerò la tua legittimità sulla terra, e sugli Shitennou
a patto che tu non permetta a Metaria di rendere il tuo regno un pezzo di
pietra-
Coscia dell'effetto delle sue parole, Gaia intrecciò le mani
divertita e in attesa e quando Beryl aprì la bocca per parlare la interruppe.
-Guarda Beryl- disse la dea mentre muoveva con grazia le sue
mani e le piante attorno a sé iniziarono a crescere in una danza loro, misteriosa
e bellissima, poi la mano della dea le accarezzò con stessa delicatezza da
riservare a un bambino.
-È bella la mia Vita, vero?- così dicendo di fronte a Beryl
spuntò un roseto che crebbe velocemente e uno dei rami si allungò delicatamente
verso di lei e le offrì una rosa scarlatta, la regina oscura la accarezzò ed
esitando la raccolse tra le sue mani senza spezzarla, fu la dea a farlo e la
intreccio con i capelli rossi di Beryl.
Le sussurrò all'orecchio dolcemente-Affare fatto, allora-.
La regina non replicò e la dea volse il suo viso verso se
stessa e la baciò sulle labbra, Beryl s’irrigidì all'istante mentre sulla sua
fronte sentiva del calore indistinto e, anche se non poteva vederlo, sapeva che
le era apparso il simbolo della terra.
La dea si staccò da lei e le accarezzò la testa piegata
dolcemente-Brava bambina, vorrei chiederti un piccolo favore- Beryl alzò lo
sguardò e lo incrociò con la dea curiosa.
-Fai in modo che le Sailors ricordano chi sono quando
saranno ammazzate dagli Shitennou- l'espressione dolce, quasi angelica della
dea cambiava in una sempre più inquietante e pericolosa.
-Riconoscendo la tua sovranità sugli Shitennou non sarai più
costretta a trasformarli in quegli specie di non-morti, per cui saranno ancora
in grado di esprimere il loro potenziale a massimo- spiegò la dea con un
sorriso.
-Per cui non sprecare quest’occasione Beryl, puoi farcela
questa volta-.
Beryl deglutì a quell’espressione mentre la dea agitò
delicatamente la mano destra e apparve dal non nulla Ombra, con quella sua espressione
neutra negli occhi dalla sfumatura di blu sbagliata.
Beryl lo guardò sospettosa mentre la dea continuava a
sorridere quell'espressione tanto maliziosa.
-Ombra sarà la tua scorta ti riaccompagnerà al castello-
Lo sguardo di Beryl si fece scettico e poi lanciò
un’occhiata denigratoria allo schiavo di Gaia che ricambiò con un'espressione
ancora una volta neutra, in cui Beryl percepiva la sua fredda collera.
-Quest'uomo non ha nessun potere magico, non può nulla-.
Questa volta lo sguardo di Ombra si accese collera mentre la
dea Gaia iniziò a dissentire con la testa.
-Aprigli la camicia Beryl-, la donna a quella strana
richiesta reagì con uno sguardo interrogativo e poi divertita dal chiaro
disgusto di Ombra che non celava quando era toccato, gli aprì la camicia
rivelando una catenina di oro scuro con una gabbia contenente una pietra di
ossidiana e una fede dall'intricato disegno.
Beryl riconobbe entrambi monili subito ma fu pronta a
umiliarle Ombra e lo tirò a sé per studiarli, con una voce sarcastica iniziò la
sua denigrazione-Questa è l'ossidiana che ti regalò Nephrite ai tempi del Silver
Millenium: una magra consolazione per un nato senza pietra come te-.
Ombra non rispose alla provocazione ma Beryl sentiva la sua
rabbia, soprattutto quando iniziò a giocare con la fede per poi studiarne
lentamente le fattezze.
-Questa fede mi sembra un prodotto plutoniano. Dunque per
questo sei qui. Hai disubbidito anche tu alla legge divina-e così dicendo lesse
con tono sprezzante l'incisione.
-Dimitri e Giana … questo è il tuo vero nome- Beryl fissò
negli occhi Ombra e pronunciò ancora una volta lentamente il suo nome e poi un
sorriso crudele ospitò le sue belle labbra-Le ombre non hanno bisogno di un
nome-così dicendo lo strattonò leggermente per la catenina e fissò Gaia.
-In che modo mi sarebbe d'aiuto?- domandò incuriosita.
Gaia sorridente accarezzò la testa di Ombra- Tutti i
plutoniani hanno dei poteri, seppur deboli, legati allo spazio tempo ... - e
poi senza esitazione Gaia spinse la testa di Ombra verso il basso- Lui ha
sposato in un matrimonio sacro una guerriera plutoniana, per cui ha ereditato
alcuni suoi poteri-.
Beryl era molto interessata e continuò ad ascoltare mentre
nonostante che nessuno potesse vedere il viso di Ombra, esso stava assumendo
un’espressione di pura paura a sentire quelle parole che a poco a poco
sarebbero potuto essere pronunciate dalla dea.
-Se sconfiggi le Sailors e rispetti il nostro patto, avrai
anche Ombra-.
Lo schiavo reagì violentemente liberandosi della presa della
dea e in un solo gesto fu dietro di Beryl tenendo il suo braccio fermamente
attorno al suo collo e iniziando lentamente a stringere.
Gaia guardò la scena freddamente, i suoi occhi erano seri e
quando aprì la bocca, la sua voce suonò indifferente.
-Ombra, l'hai uccisa già una volta e i tuoi cari generali
hanno patito la loro peggior morte: ricordi?-
Beryl sentì che Ombra lasciò la presa per poi mettersi in
angolo con la testa bassa, la regina si toccò il collo spaventato ... Quel
regalo di Gaia non lo voleva ma la dea non era dello stesso avviso.
-È rotto, distrutto e disperato. Finché gli Shitennou
saranno a te fedeli, lui farà altrettanto ... Non preoccuparti, questi scatti
sono solo l'indizio della sua resa-.
Ma Beryl guardò scettica l'uomo e disse la dea con il tono
più docile che potesse avere-Sono lusingata della sua offerta ma non credo di
poter accettare.
Lo sguardo della dea era così scuro che Beryl capì che se
non avesse acconsentito, la sua vita sarebbe finita all'istante e, prendendo un
respiro profondo, chinò la testa e si scusò con la Dea che la stava guardando
con un'espressione feroce negli occhi.
-Le tue scuse sembrano sincere ma devi capire che mandarlo
da te mi aiuterebbe a punirlo. Per lui vedere gli Shitennou sotto la tua guida
è una sofferenza atroce- spiegò la Dea con un sorriso accondiscendente mentre Beryl
rialzava lo sguardo e velocemente guardò Ombra che era rimasto con la testa
china, era patetico.
-Accetto il suo regalo, dunque-disse la perfida regina con
un sorriso che avrebbe gelato anche il diavolo.
La dea applaudì le mani entusiasta-Perfetto allora, Ombra
usa il tuo potere per portarla a casa, poi torna qui, di questi tempi mi hai
fatto saltare i nervi già due volte- sibilò l’ultima frase la dea, una chiara
minaccia che qualsiasi disubbidienza sarebbe stata punita.
Ombra annuì e avvicinandosi ancora una volta a Beryl le
cinse un fianco e velocemente chiuse la mano sinistra a pugno e l'abbasso verso
di sé, Beryl vide apparire su di essa il simbolo astronomico di plutone che s’illuminò
dopodiché tutto si oscurò attorno a loro e la regina si sentì trascinata via.
Quando tutto finì, la regina era di nuovo nel balcone del suo castello, nell’esatto
momento che l’aveva lasciato, e a pochi passi da lei c'era Ombra che la fissava
impassibile.
-Abbiamo viaggiato tra lo spazio e tempo, non era un
semplice teletrasporto- pensò la regina mentre osservava curiosa l'uomo- Deve
aver sposato una guerriera potentissima se lui è in grado di fare questo solo
con gli scarti ricevuti-
Ombra la fissava senza esprimersi ma Beryl sentiva il suo
odio, era lo stesso che lei provava per la principessa e decise di congedarlo,
quello schiavo le sarebbe stato utile in futuro.
NOTE DELL’AUTRICE.
Dopo tanto tempo riesco finalmente a postare.
La faccenda che Jadeite e Mamo si assomigliano mi è stata
ispirata da questa rivisitazione di Sailor moon che consiglio vivamente di
leggere:
http://kibate.deviantart.com/art/Sailor-Moon-CS-ch1-p00-44096660