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Autore: Sokew86    07/09/2015    2 recensioni
Beryl li portò via dalle loro famiglie e riempì la loro anima di bugie e odio. Questa è la storia di quattro ragazzi e di come furono maledetti per i loro esseri speciali.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shitennou/Generali
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Prima serie
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04

Capitolo 4

 

-Che ne pensi Saito?-, la domanda non fu ascoltata dal diretto interessato, un ragazzo dai capelli albini e dagli occhi del colore del metallo, questi ultimi persi in chissà quali pensieri. La domanda fu ripetuta a voce più alta e, finalmente, Saito si girò verso il suo interlocutore, che appariva chiaramente risentito.

-Scusami Eikichi, ero distratto- spiegò il ragazzo con voce ferma ma gentile.

-Ultimamente lo sei troppo spesso-, commentò sarcasticamente Eikichi mentre Saito sorrideva tranquillo osservandolo. Eikichi era il tipico adolescente giapponese che odiava il mondo, capelli biondi tinti da solo e un atteggiamento da padrone. Rimasero in silenzio e il biondo capì che il suo sarcasmo non aveva avuto effetto, Saito avrebbe tenuto per sé i propri segreti e dubbi.

Lo ammirava molto, Saito aveva una forza carismatica non comune, era naturalmente un leader e la gente lo seguiva senza discutere, infatti, era entrato in uno dei gruppi di teppisti più pericoloso in città e l'aveva trasformato in uno di vigilanti.

Il perché un ragazzo chiaramente in gamba e con grande sete di giustizia l'avesse fatto, rimaneva un mistero e, soprattutto, Eikichi cercava di capire perché Saito si spingesse tanto nella loro riabilitazione al punto tale da mettersi lui stesso nei guai.

-Vuoi sapere che cosa ne penso di quei ragazzi spariti negli ultimi mesi?- domandò Saito scendendo dalla panchina, in cui era stato seduto fino a quel momento, e mettendo le mani in tasca.

-Esattamente, la maggior parte dei ragazzi pensa che siano scappati da casa, cosa ne pensi?- domandò Eikichi, stupito in parte che Saito era stato in grado di ascoltarlo, nonostante tutto, e battendo nervosamente il piede. Saito ebbe uno sguardo dubbioso in volto, sia la ragione sia l'istinto erano in accordo sulla stessa risposta.

-Gli scappati di casa danno notizie di sé prima o poi, di questi non si è saputo più nulla. Per me sono morti-dichiarò senza usare mezzi termini.

-O peggio-, si trovò a pensare mentre un brivido prepotentemente gli attraversava la schiena.

L'atmosfera era cambiata, Eikichi si sedé sulla panchina piegato chiaramente dall'angoscia e Saito, lo guardò amorevolmente.

-Potrebbe essere uno di noi, Saito-.

-Lo so ma per il tipo di vita che ho vissuto, non posso dirti assolutamente che sono vivi- ed esattamente come prima, la voce di Saito risuonò ferma e autoritaria assomigliando a quella di un generale.

Eikichi gli fosse istintivamente fedele, abbozzò, infatti, un sorriso teso e domandò-Mi dirai che cosa vuoi fare appena prendi una decisione?-.

Saito annuì e indossò la sua giacca, un chiaro segnale per Eikichi, che scuotendo leggermente la testa salutò il suo capo e lo vide incamminarsi per la solita strada, affiancata da alberi di ciliegi che attraversava il parco.

Saito camminò lentamente per quella strada, aveva bisogno di tempo per pensare e soprattutto per calmarsi perché, nonostante il suo atteggiamento freddo, era molto turbato. Non gli piacevano quelle sparizioni: Saito era in realtà iracheno, nella sua infanzia aveva visto la violenza e la guerra. Era stato suo fratello maggiore a dargli l'opportunità di vivere almeno un'adolescenza tranquilla, grazie ad alcune sue conoscenze Saito era andato a vivere in Giappone presso un’amica del fratello e così aveva iniziato a vivere dalle scuole medie in un altro paese.

Saito sapeva che suo fratello aveva voluto solo il meglio ma era stata un’esperienza a dir poco traumatica, era stato il suo naturale coraggio e capacità di leadership a non farlo deprimere nei primi tempi. Eppure la faccenda delle sparizioni, in un modo del tutto strano e imprevedibile, gli aveva fatto riprovare un vecchio sentimento nemico: la nostalgia di casa, a Saito mancava l'Iraq, mancava suo fratello, mancava il suo nome! Per evitare problemi aveva scelto di farsi chiamare con lo stesso nome della donna che lo ospitava, ma il suo vero nome era Geir!

Quel sentimento era egoistico eppure non riusciva a pensare ad altro, per quei ragazzi non poteva fare nulla e sapeva che probabilmente erano morti, neanche con i suoi teppisti avrebbe potuto fare qualcosa.

Si fermò di colpo a osservare i ciliegi che avevano i fiori ancora chiusi, troppo intimoriti dal freddo, Saito era disgustato da quel flusso di pensieri.

Rimase in silenzio a guardarsi attorno dove tutto sembrava tranquillo eppure sentì la sua voce uscire prepotentemente dal suo petto e gridare.

-Chiunque tu sia, esci!-

Da dove meno se lo aspettasse, cioè da un albero a pochi metri da lui scese una figura maschile che aveva l'evanescenza di un fantasma, talmente era silenziosa, Saito non lo udì neanche quando posò i piedi a terra.

I due rimassero a fissarsi e Saito iniziò ad avanzare verso la figura che appariva inespressiva, quando fu abbastanza vicino, vide che era un ragazzo di massimo vent' anni con un bel viso dagli zigomi affilati, con capelli neri e occhi blu.

Saito gemette quasi come volesse soffocare un pianto trattenuto da troppo tempo, mentre il ragazzo lo guardava impassibile, sarebbe potuto essere facilmente scambiato per una statua per quella sua immobilità. Più l’iracheno si avvicinava e più delle sensazioni di nostalgia, attrazione e pace si confondevano nel suo cuore.

Ma quando fu a pochi passi dal ragazzo e studiò i suoi occhi, un pensiero fulminò la sua mente-Questi occhi blu sono della sfumatura di una notte buia d’inverno-.

Provò un'improvvisa rabbia che non riuscì a celare quando domandò perentoriamente-Chi sei?-.

Gli occhi del ragazzo si scurirono per il dolore, rivelando ancora di più l'inganno mentre la sua voce impassibile disse.

-Io sono l'Ombra-

E quelle parole misteriose risuonarono nell'aria come l'ordine perentorio di Caronte alle anime dei defunti di salire sulla sua barca.

                                          

-Ti dico che è così. Me lo ricordo chiaramente- Aaron fissava Sergej con il suo abituale sorrisetto canzonatorio ma ciò che era insolito era l'espressione di Sergej, invece di essere fredda e severa era imbarazzata, irritata e chiaramente infastidita.

-Ricordi male!- sentenziò Sergej ancora una volta mentre Aaron si godeva chiaramente la sua irritazione.

-No, invece. Ricorda che sono lo Shitennou che ascolta, quindi della conoscenza, in poche parole ho sempre ragione-.

Sergej non rispose, infastidito, accelerò il passo creando almeno una distanza di un paio di metri da Aaron e quest'ultimo capì che stava esagerando, infatti, vedendo l'amico allontanarsi di gran fretta da lui, gli gridò dietro seguendolo.

-Dai Sergej, almeno non eri uno sfigato topo di biblioteca che faceva il crocerossino per guadagnarsi gli extra!-

Sergej si fermò e Aaron fece altrettanto e vide il primo voltare la testa lentamente dietro di sé, il viso ero rosso d’imbarazzo fino alla punta delle orecchie.

-Chiediamo a Keme, chiediamo conferma a Keme- disse con una voce così imbarazzata che Aaron si trattenne dal sorridere, semplicemente annuì alzando le spalle in segno di resa e s’incamminarono insieme verso il negozio di Keme.

Quando arrivarono al negozio, Keme stava iniziando a chiudere e venendoli arrivare sorrise quasi dolcemente.

-Siete in anticipo-dichiarò allegramente ma quando vide Sergej corrucciato domandò-Ma che è successo?-

-Sergej non vuole ammettere che nella scorsa vita era la nostra sacerdotessa vergine-spiegò Aaron mentre Sergej ribatteva infastidito.

-Non ero mica una vestale! Ero dedito a Guan Yun-

-Allora lo ricordi anche tu, non capisco perché dobbiamo chiedere conferma a Keme-, fu pronto a rispondere Aaron fissando il loro mentore, che da prima guardò i due ragazzi confuso poi, quasi come se man mano quel dialogo veloce si fosse formato nella sua testa chiarendosi, disse.

-Sergej oltre a essere uno Shitennou, eri anche un monaco. Ha ragione Aaron, eri la nostra ragazza con il virgin power-.

Sergej arrossì fino ai capelli ma Keme non riuscì a capire bene il motivo di tanto imbarazzo finché Aaron, con voce squillante e l’espressione più canzonatoria che potesse avere dichiarò, -Forse per questo non ti sei spinto mai oltre con una ragazza. Rispetti tuoi voti inconsciamente- mentre Sergej gridò imbarazzatissimo-AARON!-.

Aaron assunse un'espressione innocente e domandò ingenuamente.

-Che cosa ho detto?-

Sergej ribolliva di rabbia e imbarazzo: Keme non aiutò quando, con un atteggiamento da fratello maggiore, mise una sua mano sulle spalle di Sergej e disse confortante-Ignora questo cretino, sei ancora nella media nazionale di molti paesi del mondo-.

Sergej si spostò violentemente, facendo scivolare nel vuoto la mano di Keme, e indicando minacciosamente Aaron disse- Sono lo Shitennou che protegge, in pratica la fortezza e quindi il mio corpo non lo tratto come se fosse il porto di Singapore!-.

Sia Aaron e Keme, rimasero senza parole ma quest'ultimo, infine, commentò sarcasticamente -Tosta questa-, mentre dall'altra parte Aaron alzò le spalle in segno di resa e disse con nonchalance- Touché, dai miei ricordi sembra che effettivamente ero il libertino del gruppo con tutto il voto d'astensione sessuale-.

Keme alzò un sopracciglio di disappunto-Non esagerare, dai miei ricordi non eri così puttaniero ma se confrontiamo con adesso… per l’amore del cielo! Trovati una ragazza fissa-.

-Certo, una bella e dolce ragazza con cui condividere tutto, anche il segreto che durante i week-end vado ad ammazzare mostri-.

-Assolutamente no. Trovatane una abbastanza stupida che non si accorga di nulla-.

-Ma se è stupida perché dovrei starci insieme? Solo per il sesso, giusto? Allora perché dovrei volerla fissa?-ribatté Aaron mentre Sergej pensava che i due amici fossero appena caduti in una conversazione senza fine, molto simile a quella se era nato prima l'uovo o la gallina.

Fortunatamente Keme interruppe il dilemma sul nascere controllando l'orario e ribattendo-Non vai ancora ad ammazzare mostri: vi sto ancora addestrando e dovremmo iniziare-.

Aaron alzò gli occhi verso il cielo-Era un’ipotesi-.

Keme sospirò quasi irritato dal fatto che Aaron tendesse a voler sempre l'ultima parola, perlomeno con lui.

-Forse perché siamo legati a due elementi opposti-pensò mentre i due ragazzi diligentemente lo aiutavano a chiudere il negozio.

Gli Shitennou non avevano una vera manifestazione fisica dell'elemento cui erano legati, la loro magia era legata al concetto di Terra come pianeta e quindi erano pensati come un sistema, per questo motivo condividevano tutti gli stessi poteri ma l'elemento cui erano legati influenzava in quale potessero essere i migliori.

Sergej, ad esempio, era legato all’elemento della terra, quindi, più di tutti, era in grado di evocare qualsiasi forma di vita e no. Se fosse diventato davvero bravo con i suoi poteri d’evocazione avrebbe potuto addirittura richiamare a sé spiriti elementari veri e propri, una cosa impensabile sia per Keme sia per Aaron.

Aaron era legato all'acqua e, da secoli l’elemento associato alla vita e alla medicina dall’umanità, per cui spettava a lui avere la capacità di curare e purificare enormemente più forte rispetto a quello degli altri Shitennou. Il suo legame con l’acqua permetteva anche di proteggere la propria sanità, infatti, Aaron aveva la capacità di resistere agli attacchi mentali e fisici del nemico.

Keme, come Nephrite, era legato al fuoco il quale in molte culture era simbolo di vita e, anche se con qualche sconcerto sul perché del medesimo ragazzo, la sua capacità di impossessare i corpi era superiore a quella degli altri Shitennou, infatti, poteva impossessare anche gli oggetti.

Il misterioso Kunzite era legato invece all’elemento del metallo, per cui Keme sapeva che lo Shitennou mancante sarebbe stato in grado di utilizzare i poteri di tutti gli altri alla massima espressione e senza difficoltà, esattamente come il metallo che fuso poteva assumere qualunque forma.

Quando ebbero finito di sistemare, Keme li portò al suo nascondiglio, che era stato soprannominato dai due ragazzi dal primo momento che l'avevano visto, in Shitennou caverna.

L’atmosfera del nascondiglio appariva diversa dalla volta in cui Keme aveva invocato lo spirito di Cristóbal, leggermente meno tetra e solitaria, in un modo o in altro i due giovani Shitennou avevano imposto la loro presenza positiva nella stanza.

Si notava una strana e sovrabbondante presenza di ananas, lasciate in piccoli accumuli di ghiaccio: quei frutti erano un errore di Sergej che si guardò attorno con aria circospetta e critica.

Keme gli sorrise furbo dicendogli in tono scherzoso-Ormai il danno è fatto Sergej, alla radio mi chiamano Mister Pine Apple-.

Sergej staccò teso un frutto e commentò severamente-Mi dispiace, non sono molto bravo-.

Aaron ridacchiò senza cattiveria ricordando che nelle loro prime lezioni da Shitennou sia lui e sia Sergej non si erano rivelati esattamente delle cime e ancora adesso avevano mille difficoltà.

Nervosamente, infatti, il ragazzo incrociò le braccia, non sapeva perché ma aveva la sensazione che sarebbe successo qualcosa di spiacevole.

-E' tutto apposto Sergej, nessuno nasce imparato- tentò di incoraggiare Keme cordialmente ma il più giovane annuì chiaramente insoddisfatto.

Keme controllò che fosse tutto pronto, in particolar modo l'altarino in cui i ragazzi si esercitavano, che era semplicemente un angolo della stanza con dei graffiti disegnati da Keme.

-Oggi evocherai qualcosa di vivo-spiegò Keme a Sergej quando ebbe finito di sistemare e il ragazzo sbarrò gli occhi sinceramente impaurito.

-Qualcosa di piccolo, non ti preoccupare. Ricordati, devi essere fermo, deciso ma gentile-.

Sergej annuì per riflesso mentre Aaron stringeva le braccia ancora di più forte, la sensazione di disagio aumentava invece di diminuire.

-Un gatto, ecco un gatto- disse Keme mentre silenziosamente pensava, -Così se abbiamo problemi, posso impossessarlo ed evitare di farci ammazzare tutti-.

Sergej si morse le labbra chiaramente a disagio mentre Keme lo spingeva verso l’altarino e si allontanava da lui, il ragazzo si voltò cercando un’espressione d’incoraggiamento dal suo mentore che lo esortò a iniziare.

Sergej tese la mano davanti a sé, imponendosi un contegno che in quel momento non aveva e iniziò a parlare.

-Gatto, creatura della terra, io t’invoco per favore?-domandò così esitante che Aaron non si trattenne da scoppiare a ridere mentre Keme lo zittì severamente con lo sguardo.

-Se non ti è di disturbo-aggiunse però lo stesso Keme facendo avvampare per l'imbarazzo Sergej che ritirò la mano e commentò-Mi sento ridicolo a dire quella formula!-

-Lo so ma all'inizio entrambi dovrete usarle, è il metodo più facile per richiamare il vostro potere in voi. Più avanti non ne avrete bisogno- spiegò Keme pazientemente e avvicinandosi a Sergej, gli prese il braccio e lo tese nuovamente, mentre il ragazzo più giovane severamente si mordeva le labbra.

-E’ il tono a essere importante non ciò che dici. Fermo e gentile, un po' come sgridi un bambino o Aaron-.

-Ehi, replicò Aaron che sciolse le braccia, chiaramente risentito, mentre Sergej ridacchiava, felice che fosse stato leggermente vendicato della conversazione di prima.

Respirò profondamente tenendo il braccio ben teso davanti a sé e cercò di immaginare il gatto che voleva invocare, in ogni dettaglio e forma: un bel gatto dal pelo sabbia.

-Gatto, creatura della terra- esitò mentre una voce maligna nella sua testa gli ricordò severamente che fino a quel momento era stato solo in grado di evocare ananas ma Keme si schiarì la voce, un chiaro avvertimento per Sergej.

-Io t’invoco a servire il tuo padrone Jadeite-

Dalla mano di Sergej partì dell'energia che iniziò a muovere i suoi capelli, lentamente comparve qualcosa d’informe dal pavimento dell’altarino.

Aaron trattenne il respiro mentre vedeva che l'ammasso assomigliava sempre di più a una figura felina ma, per qualche motivo a lui sconosciuto, quella scena gli ricordava troppo il film horror “la Mosca” e ciò non era incoraggiante.

Keme guardava sospettoso l'ammasso che gli appariva troppo grande per essere la massa di un gatto e sentiva che Sergej non aveva il completo controllo della sua energia, infatti, ci fu un lampo di luce e Sergej sentì il braccio cedere. -Io t’invoco nel nome della Terra-provò a dire ma la sua voce apparve troppo docile e definitivamente perse il controllo del suo potere e cadde a terra, soccorso immediatamente da Aaron che sentì un lugubre suono molto simile a un ruggito.

Keme posò i suoi occhi in direzione del lugubre suono e uno sguardo sia di terrore e sia di pura sorpresa, non avrebbe mai saputo dire qual era il sentimento più forte, si formò sul suo viso.

-Bel gattone Sergej- commentò sinceramente stupito mentre il gattone, che era un puma, ringhiò nuovamente soprattutto quando Keme si trasformò in Kunzite.

-Trasformatevi e state indietro, cercherò d’impossessarlo e calmarlo- ordinò Keme prontissimo a combattere.

I ragazzi fecero come gli era stato detto mentre Keme cercava di impossessare il puma che dimostrava di non essere un grande fan dei suoi poteri.

-Bloccatelo con il ghiaccio!-gridò Keme che era salito in groppa al felino nel tentativo di domarlo e i due ragazzi annuirono coraggiosamente: il ghiaccio al momento era l'unico potere che riuscivano a gestire in modo decente.

Sergej corse dietro al puma e iniziò a congelargli gli arti posteriori mentre Aaron gli congelava quelli anteriori, ma l'animale appariva ancora più innervosito da quell'improvviso gelo polare cui non poteva essere abituato e, infatti, girò la testa e cercò di azzannare Keme che gli era in groppa.

Questi ebbe paura, convinto che il puma gli avrebbe mangiato la faccia quando sentì qualcosa di freddo tagliargli la guancia e vide che la testa del puma era quasi completamente congelata ad eccezione degli occhi.

Aaron era a pochi centimetri dai due e affannava, con ancora le mani tese che gli tremavano per il precedente attacco mentre: con spavento guardò il taglio che aveva procurato al viso di Keme.

Lo Shitennou ignorò completamente la ferita e approfittò dell’immobilità del felino, che continuava a ringhiare nonostante che il ghiaccio gli bloccasse la testa, per impossessarlo ma l'animale non ne voleva sapere e iniziò a distruggere la sua prigione di ghiaccio, al quel punto Keme scese dalla groppa del felino, stupito dalla sua tenacia, ed estrasse la spada, convinto che ormai non potesse fare più nulla se non ucciderlo quando sentì urlare da Sergej un secco e perentorio NO.

Sergej con forza si collocò davanti a Keme, che aveva ancora la spada estratta, e tese la mano seccatamente verso il puma.

-Creatura della terra, fermati- Keme sentirono quelle parole pronunciate da Sergej freddamente e perentoriamente, le quali sembrarono avere qualche effetto sull'animale, che sembrò per un attimo indeciso sul da farsi.

Sergej fissò il puma che iniziò lentamente a muoversi in semicerchio, chiaramente pronto ad attaccarlo ma Sergej stesso iniziò a girare intorno all'animale con la mano tesa e minatoria.

Keme non parlava, aveva ancora la mano saldamente sull'elsa della sua spada, incapace di lasciarla andare e veramente preoccupato dalla situazione eppure sapeva che Sergej poteva farcela, ma la poca sicurezza che aveva quest’ultimo in se stesso poteva ammazzarlo.

Sergej represse uno schiarimento di gola e continuò a fissare il puma, i suoi grandi occhi felini erano carichi di disappunto e il suo ringhiare non accennava a diminuire.  Lo Shitennou aveva paura ma non voleva far uccidere il felino, che sentiva come suo in modo che non sapeva né spiegarsi né ad attribuire un nome.

Ma i suoi compagni erano più importanti di qualsiasi altra cosa e voleva difenderli pensò tenendo tesa la mano e sentendo il suo potere affluire, questa volta, calmo, silenzioso e potente.

-Siediti, ordinò Sergej all’animale che si fermò di colpo ma di sedersi continuò a fissare con disappunto lo Shitennou, iniziando così una gara di sguardi. Né Aaron né Keme osarono muoversi, troppo terrorizzati che un loro possibile movimento avrebbe potuto mettere la vita di Sergej in pericolo, impotenti furono costretti ad aspettare di essere solamente pronti a reagire.

-Siediti, puma. - ordinò ancora più fermo Sergej e negli occhi dell'animale ci fu finalmente quell’esitazione che Keme aveva cercato mentre gli era in groppa.

Sergej abbassò la mano leggermente e disse ancora una volta-È il figlio della terra Jadeite che ti sta parlando-.

Con un ultimo e rabbioso ringhiò l'animale cedette e abbassò lo sguardo e si apprestò a ubbidire al suo padrone mentre, finalmente, Keme e Aaron ripresero fiato per poi sentirselo mancare nuovamente quando Sergej, senza esitazione, posò la mano sulla testa del felino.

Keme si vide già costretto a scrivere una lettera di condoglianze ai genitori di Sergej e a vivere una vita da fuorilegge in Messico mentre Aaron era talmente impaurito che non riuscì a pensare a nulla.

L'animale emise un suono di disappunto ma quando Sergej iniziò delicatamente ad accarezzare il suo pelo, si rilassò lentamente e lasciò campo libero allo Shitennou.

Fu un attimo sacro, Sergej continuò ad accarezzare l'animale e parlargli dolcemente-È tutto apposto, nessuno ti farà del male-e a quelle parole si girò lentamente verso Keme che ripose la spada e accennò a un segno di consenso con la testa.

Aaron lentamente iniziò avvicinarsi a Keme, non fidandosi assolutamente della situazione e confidò al suo mentore che aveva perso almeno dieci anni di vita e poi guardando il suo viso tagliato disse -No, credo di averne persino quindici- la voce di Aaron era amareggiata e aveva uno sguardo pieno di sensi di colpa cui Keme reagì dicendogli tranquillamente che era il momento di provare a usare i suoi poteri.

-Altrimenti rimane il segno- spiegò indicando la ferita che stava continuando a sanguinare, Aaron esitò chiaramente quando deglutì nervosamente.

-Non è il momento di fare come Elsa- raccomandò Sergej che continuava ad accarezzare il puma, come se nulla fosse, ripagando le troppe battutacce che aveva ricevuto in precedenza da Aaron.

Il più giovane guardò l’amico seccato e poi lentamente si avvicinò a Keme e puntò le mani sulla ferita, provò a concentrarsi, senza pensare ad alcuni lati terrorizzanti del suo potere, ma non accade nulla.

-Aaron ... - iniziò Keme guardando profondamente il ragazzo facendolo sobbalzare.

-Si?- domandò innocentemente l'altro tenendo ancora le mani sul viso di Keme.

-Le mani- disse Keme che stava cercando di non spazientirsi- Le tue mani... Come le senti?-

-Tiepide?- provò a dire Aaron mentre fissava il sangue colare dalla ferita di Keme.

-Non è difficile. Fredde stai purificando, calde stai guarendo …-.

-Tiepide non sto facendo nulla- completò esitando e arrossendo Aaron.

-Esattamente-, commentò conciso Keme fissandolo.

-Ma posso farti davvero molto male- obiettò Aaron ritirando istintivamente le mani.

-Se succede andremmo in ospedale. Adesso, per amor del cielo, usa quel cazzo di potere perché tu non hai idea di quanto mi faccia male!-.

Chiaramente frastornato da quel cambio repentino di tono, Aaron chiuse gli occhi e appoggiò le mani sulla sua ferita, un’azione totalmente antigienica che in altro momento non avrebbe fatto, e rilasciò il suo potere.

Il puma agitò violentemente la coda ma non fu un segnale negativo poiché Sergej capì che era approvazione.

Aaron poteva sentire il suo potere diffondersi sul viso di Keme, il quale lo guardava quasi divertito mentre, lentamente, Aaron iniziò ad aprire gli occhi in un'espressione quasi incredula. Staccò le sue mani dal viso del compagno e fissò a lungo la sua pelle intatta, strofinando le dite stupito della sensazione d’integrità che ricevettero.

Keme lo tirò a sé e iniziò a strofinargli la testa scompigliandogli i capelli e facendogli anche un po' male.

-Sapevo che potevi farcela- dichiarò entusiasta e poi fissando negli occhi Sergej-Anche tu. Ma adesso dobbiamo pensare al gatto- commentò indicando il puma che ringhiò nella sua direzione finché Sergej non gli accarezzò la testa.

Keme si risentì di quella reazione e disse- Non deve essergli molto simpatico-.

-Volevi impossessarlo e affettarlo-, precisò Sergej che continuava a coccolare il puma e Keme fu costretto ad ammettere che era una ragione plausibile per la loro reciproca antipatia.

-Lui voleva mangiare noi- replicò Aaron che si teneva a debita distanza e Sergej capì che erano finiti un'altra volta in una discussione senza fine.

Nel frattempo altre due persone cercavano di parlarsi ma senza capirsi.

Lo sguardo di Saito non nascondeva la sua rabbia e disapprovazione, chinò la testa in un gesto chiaramente infastidito.

-Cosa vuoi dire?-.

Ombra non rispose, era immobile e pronto a resistere alla rabbia di Saito.

-Che cosa vuoi?- domandò Saito e questa volta nello sconosciuto ci fu una reazione, impercettibilmente il ragazzo chiuse leggermente le spalle ma continuò il suo mutismo.

L'irritazione di Saito arrivò al limite, con passi lunghi e nervosi e un gesto secco e violento spostò Ombra dalla sua strada, pronto a continuare il suo cammino.

-Aspetta - sentì quasi gridare da quella voce inflessibile che in realtà nascondeva così dolore.

Saito accennò qualche passo senza fermarsi finché lo sconosciuto disse- Non indagare, vivi una vita normale-.

Quelle parole furono un macigno per Saito, nostalgiche, pronunciate così tante volte dal suo fratello lontano, che posò uno sguardo più gentile sullo sconosciuto, ma cambiò immediatamente espressione.

-Cosa hai? Stai bene?-.

Lo sconosciuto era impallidito di colpo e una goccia di sudore aveva iniziato a scendere copiosa dalle tempie, ma gli occhi e corpo rimanevano nella posizione statuaria e inespressiva di prima.

-Chi è questo ragazzo? Perché si comporta così?- si domandò Saito mentre tentava di soccorrerlo, ma Ombra si spostò seccato evitando i suoi aiuti e fissandolo disse- Verrà ... Verrà una … - si bloccò a metà frase mentre con orrore Saito lo vide piegarsi sulle proprie ginocchia ma prima che potesse fare qualunque cosa, sentì una voce.

-Ci penso io a lui -.

Una donna, una donna apparsa letteralmente dal nulla era di fronte a Saito, una donna dall’aspetto selvaggio e aggressivo e quando i suoi occhi, incredibilmente maliziosi, s'incrociarono con quelli di Saito, quest'ultimo provò una sensazione di così pura vergogna che gli parve di sentire ogni singola goccia di sangue fluire nelle sue guance. Una vergogna così grande l'aveva provata una sola volta in vita sua, quando suo fratello l'aveva beccato a rubare e l'aveva punito con il suo solo sguardo di disappunto.

Indietreggiò chiaramente spaventato di alcuni passi, ma bastò vedere la sofferenza dello sconosciuto per fermarsi.

-Sta male non lo vedi? Devo portarlo in ospedale -dichiarò con una voce che partì esitante per poi tornare ad avere il tono duro da generale.

-Non serve l’ospedale. Sta così perché ha cercato di disubbidirmi- spiegò la donna che si abbassò a livello di Ombra e gli tirò una guancia come se fosse stato un bambinetto da strapazzare.

La donna con tono sinceramente divertito si rivolse al ragazzo soffrente-Di piani ne ha fatti in questi secoli, ma questo è sinceramente il più rozzo -.

-Ho pensato che un piano così semplice le sarebbe sfuggito, padrona Gaia- pronunciò sofferentemente il ragazzo e prendendo fiato ogni volta che poteva.

Saito, ad ogni modo, si avvicinò nonostante tutto e dichiarò ancora una volta- Deve andare in ospedale- ma la donna lo ignorò si alzò in piedi strattonando senza riguardo Ombra.

Poi lentamente alzò lo sguardo e fissò Saito con gelida disapprovazione.

-Tu sei stato un maestro nel disubbidirmi- e così dicendo tirò a sé Ombra, tenendolo appoggiato al suo corpo ... Saito poteva avvertire la così forte repulsione dello sconosciuto da sentirsi disturbato.

La donna sorrise chiaramente divertita e allungò elegantemente una delle sue mani suo viso di Saito che provò una strana sensazione conturbante che fece impallidire all'istante.

-Lascialo in pace- bisbigliò lo sconosciuto chiaramente soffrendo e Saito ne provò pura pietà e compassione, ignorando i turbamenti che provava, trovò il coraggio di sfidare la donna liberando lo sconosciuto dalla sua presa.

I due si guardarono fissi e implacabili finché la donna accennò un sorriso canzonatorio, lo sconosciuto tornò succube da lei sorprendendo Saito, era così chiaro che lo odiava, era probabilmente un prigioniero?

- Ci vediamo alla tua iniziazione ... - iniziò la donna mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso sadico- Kunzite-

Saito ebbe una visione a sentire quel nome, un palazzo dall'architettura germanica bellissimo, possente e impenetrabile occupò la sua testa confondendolo, quando aprì gli occhi, era solo, confuso, completamente a disagio e con peso sul cuore che non riusciva a spiegare.

Non tutti erano confusi, la bella e perfida regina del castello misterioso, Beryl, era ben conscia di cosa faceva: aveva bisogno di recuperare l'energia per Metaria al fine di rafforzarla, per questo era ben preparata a mandare i suoi mostri a recuperare energia e se erano sconfitti dagli Shitennou, come a poco sarebbe accaduto, tornava tutto nei suoi piani, gli servivano addestrati.

Eppure ogni volta nelle notti senza stelle e luna, buie come avrebbe potuto essere il fondo dell’oceano ... una strana angoscia di aver dimenticato qualcosa prendeva la regina, lei che al contrario degli ignari Shitennou era completamente a conoscenza delle sue vite precedenti e dei rispettivi ricordi.

O come ricordava e bramava ancora il volto del principe che le aveva rubato il cuore, eppure in quei momenti il volto del principe era sovrapposto da uno pressoché identico se non per gli occhi.

Mentre gli occhi del principe l’avevano guardata con sentito affetto, poi confusione e infine un misto di pietà e rabbia, quegli altri, leggermente più scuri, la guardavano con odio e disprezzo rivelando un'anima avvelenata quanto la sua.

Chi era e perché non era nella sua corte di dannati? Ogni terrestre o lunare morto con rimorsi e odio finiva per essere parte della sua corte di demoni, perché quel ragazzo non era lì?

Chi era, doveva essere qualcuno se aveva il volto del principe, una guardia del corpo, uno scudo, una vile macchinazione come avveniva per il capo dei guerrieri lunari, Venus, e la loro tanto odiabile principessa serenity ma Beryl era sicura che quel ruolo spettasse a Jadeite, che per fisico e tratti assomigliava al principe e le differenze potevano essere eleminate con la magia.

Poi ricordò, come un fulmine che squarcia il più robusto degli alberi, ebbe la consapevolezza.

-Ombra, l'assassino del principe, l'ultimo scudo-, le parole uscirono come un sussurro quando un altro ricordo conturbante ma così doloroso si formò nella sua mente.

Quell'uomo, quel vile oggetto che era stato regalato alla corte de1la Terra, ai tempi del Silver Millennium, da un disperato arrivista, era stato modificato con la magia affinché fosse la copia del principe.

-Così che al nobile Jadeite sia risparmiato quello scomodo compito-.

Così era stato presentato Ombra, come un oggetto ... Beryl si ricordò che aveva avuto pietà di lui ma allora era una persona diversa, molto più umana.

Un altro ricordo illuminò la mente di Beryl, un ricordo di una vita precedente non così lontana come quella del Silver. Beryl respirò profondamente e rimase concentrata e vide chiaramente il ricordo formarsi nella sua mente e una smorfia di disprezzo e furia deformò la sua bocca.

Ombra l'aveva ingannata, si era finto il principe. Beryl ricordò tutto, ricordò le mani e le dolci parole mentre facevano l'amore, ricordò la gioia di essere stata finalmente accettata e amata per quello che era. Ricordò la piena completezza, soddisfazione che provava e la felicità, quanta felicità c'era nel suo cuore in quel momento ma gli era stata portata via.

Ombra non aveva aspettato, nel pieno amplesso aveva rivelato l'inganno e Beryl aveva sentito la freddezza di una lama penetragli nel cuore, un colpo solo e un paio di secondi di vita per scoprire l'imbroglio in quegli occhi più scuri.

Beryl aprì gli occhi infuriata ma anche preoccupata, Ombra era un suo nemico, era sulle sue tracce? Si guardò intorno preoccupata e suo castello non gli sembrò così inespugnabile, in fin dei conti stava parlando dell’assassino più sopraffino dei terrestri come non poteva preoccuparsi? La regina gemé quando un'altra illuminazione la colpì, Ombra non si era rincarnato, se lo fosse stato, avrebbe recuperato il suo vero aspetto non avrebbe avuto quello del principe imposto dalla magia. Ma era impossibile! I terrestri per definizione erano mortali, erano i lunari ad avere il segreto dell’immortalità. Sempre che ... e il brivido che percorse la regina fu talmente forte che la costrinse in ginocchio a implorare.

- Matrona Gaia! Mi perdoni!-

Beryl sentì il peso del suo addestramento, della sua vita come maga del consiglio di Gaia, lo sentì tutto ricordando i mille rituali, il duro lavoro e il timore referenziale che le avevano insegnato ad avere nei confronti della dea, Beryl si stava comportando come quando non aveva ancora incontrato Metaria umile, onesta e timorosa.

Si sentì una risata echeggiare e a Beryl si congelò il sangue, chiuse gli occhi sapendo cosa le aspettava mentre perdeva conoscenza.

Quando riaprì gli occhi, la gola si chiuse in morsa riconoscendo la casa della Dea Gaia. Fitta vegetazione era attorno alla regina, l'odore penetrante dell'acqua e di piante rigogliose le smorzarono il respiro. Si guardò e si scoprì nuda mentre la forte umidità le colpiva la pelle come avesse avuto a sua disposizione mille mani violente mentre il viso pallido si colorava di rosso scarlatto di vergogna.

La regina spostò lo sguardo dal suo corpo a fronte a sé e la vide, Gaia nel suo splendore, circondata da meravigliose piante che la coprivano con dolci carezze e con i suoi occhi carichi di finta pietà.

-Sono la tua matrona adesso?- domandò ironica.

Beryl s’inchinò e cercando disperatamente di nascondere la nudità e mostrare umiltà ma Gaia con il suo sguardo ordinò alle piante attorno a sé di avvicinare Beryl a lei, così la donna si trovò a un soffio di respiro dal viso della dea, che aveva quello sguardo canzonatorio che tanto si addiceva.

La dea si avvicinò al viso della donna e le sussurrò-Non voglio farti del male-.

Un lampo di pura sorpresa illuminò gli occhi di Beryl mentre la dea, con l'aiuto delle sue piante, la faceva accomandare su un complicato ma comodo groviglio di piante.

-Ombra è immortale e lei è la sola ad avere la capacità di donare l'immortalità e lui mi ha ucciso- osò dire Beryl mentre sentiva tornare in sé la sua forza d'animo, era la regina Beryl non più la dolce Gran maga di Gaia, la donna che si vestiva umilmente nonostante il suo ruolo.

Le piante tirarono i capelli della donna così forte che fu costretta a urlare.

-Bada come parli, sei nella mia casa adesso- sibilò la dea mentre le piante continuarono a tirare con forza, finché delle lacrime sgorgarono violente dagli occhi di Beryl e solo allora Gaia si calmò.

Gli occhi di Beryl non nascosero il suo timore mentre Gaia con la sua innata sensualità selvaggia iniziò ad agitare le mani e con ogni suo gesto creava qualcosa a suo piacimento.

-Ombra non è un tuo nemico, è uno schiavo, appartiene a me- dichiarò mentre nella testa di Beryl parole velenose si formavano nella sua mente, ma tratteneva, le piante erano ancora saldamente sulla sua testa.

-Ma questa eterna battaglia tra te e le Sailors è successa così tante volte che la scorsa generazione ho concesso il permesso a Ombra di agire-

La voce di Gaia assunse una sfumatura denigratoria- Vuole salvare gli Shitennou da te, che dolce. Ma l'unico che può è il principe che come avrai notato ha la memoria breve in tutte le sue rincarnazioni-.

Improvvisamente Beryl si sentì spinta in avanti e si trovò nuovamente a soffio dalla Dea che iniziò a giocare con i suoi capelli con ostinata lentezza intrecciandole una piccola treccia, con cui la tirò ancora più a sé.

- Ombra non è un tuo nemico, non ti odia quanto odia il principe Endymion-, la voce di Gaia perse ogni dolcezza a pronunciare quel nome, quell'astio così celebrato portò alla mente di Beryl nuovi ricordi, nonostante che il principe Endymion fosse nato con il cristallo d'oro, simbolo della benedizione della Terra, Gaia non l'aveva mai iniziato. Beryl si ricordò delle notti di rituali, compiuti assieme alla papessa nel tentativo di aggraziare Gaia e convincerla a iniziare il principe ma la dea non aveva mai acconsentito e quando il ragazzo si era innamorato della principessa lunare, sia Beryl sia la papessa avevano saputo sia non sarebbero state più in grado di convincerla.

La legge divina che i lunari spacciavano per loro apparteneva a Gaia: la dea con l'arrivo dei lunari nel sistema solare, per la precisione di Queen Serenity con il cristallo d'argento, aveva proibito qualsiasi relazione tra le parti.

-Che il sangue blasfemo di quelle schifose e altezzose aliene non osi mischiarsi con quello dei terrestri. Si tengano la luna e gli altri pianeti con la loro vita artificiale che hanno creato con il loro giocattolo. Sono io l'unica creatrice di vita-, parole dure e taglienti, per Gaia quella legge divina era la più importante di tutte e il principe non l'aveva rispettata.

Improvvisamente le piante che tenevano Beryl la rilasciarono facendola cadere pesantemente a terra e Gaia sorrise alla scena, con la stessa espressione maliziosa di un'adolescente ribelle ma questa volta la regina mostrò tutto il suo disappunto e si alzò seccata da terra e fronteggiò con il suo corpo la dea che smise di sorridere assumendo però un'espressione intrigata.

-Non arrabbiarti Beryl, sono qui per offrirti un patto-

Beryl la guardò scettica e cercò di scovare negli occhi della dea qualsiasi indizio che stesse cercando di ingannarla, ma la dea sembrava seria.

-Mi dica-, disse concisamente mentre scioglieva la treccia intrecciata.

-Riconoscerò la tua legittimità sulla terra, e sugli Shitennou a patto che tu non permetta a Metaria di rendere il tuo regno un pezzo di pietra-

Coscia dell'effetto delle sue parole, Gaia intrecciò le mani divertita e in attesa e quando Beryl aprì la bocca per parlare la interruppe.

-Guarda Beryl- disse la dea mentre muoveva con grazia le sue mani e le piante attorno a sé iniziarono a crescere in una danza loro, misteriosa e bellissima, poi la mano della dea le accarezzò con stessa delicatezza da riservare a un bambino.

-È bella la mia Vita, vero?- così dicendo di fronte a Beryl spuntò un roseto che crebbe velocemente e uno dei rami si allungò delicatamente verso di lei e le offrì una rosa scarlatta, la regina oscura la accarezzò ed esitando la raccolse tra le sue mani senza spezzarla, fu la dea a farlo e la intreccio con i capelli rossi di Beryl.

Le sussurrò all'orecchio dolcemente-Affare fatto, allora-.

La regina non replicò e la dea volse il suo viso verso se stessa e la baciò sulle labbra, Beryl s’irrigidì all'istante mentre sulla sua fronte sentiva del calore indistinto e, anche se non poteva vederlo, sapeva che le era apparso il simbolo della terra.

La dea si staccò da lei e le accarezzò la testa piegata dolcemente-Brava bambina, vorrei chiederti un piccolo favore- Beryl alzò lo sguardò e lo incrociò con la dea curiosa.

-Fai in modo che le Sailors ricordano chi sono quando saranno ammazzate dagli Shitennou- l'espressione dolce, quasi angelica della dea cambiava in una sempre più inquietante e pericolosa.

-Riconoscendo la tua sovranità sugli Shitennou non sarai più costretta a trasformarli in quegli specie di non-morti, per cui saranno ancora in grado di esprimere il loro potenziale a massimo- spiegò la dea con un sorriso.

-Per cui non sprecare quest’occasione Beryl, puoi farcela questa volta-.

Beryl deglutì a quell’espressione mentre la dea agitò delicatamente la mano destra e apparve dal non nulla Ombra, con quella sua espressione neutra negli occhi dalla sfumatura di blu sbagliata.

Beryl lo guardò sospettosa mentre la dea continuava a sorridere quell'espressione tanto maliziosa.

-Ombra sarà la tua scorta ti riaccompagnerà al castello-

Lo sguardo di Beryl si fece scettico e poi lanciò un’occhiata denigratoria allo schiavo di Gaia che ricambiò con un'espressione ancora una volta neutra, in cui Beryl percepiva la sua fredda collera.

-Quest'uomo non ha nessun potere magico, non può nulla-.

Questa volta lo sguardo di Ombra si accese collera mentre la dea Gaia iniziò a dissentire con la testa.

-Aprigli la camicia Beryl-, la donna a quella strana richiesta reagì con uno sguardo interrogativo e poi divertita dal chiaro disgusto di Ombra che non celava quando era toccato, gli aprì la camicia rivelando una catenina di oro scuro con una gabbia contenente una pietra di ossidiana e una fede dall'intricato disegno.

Beryl riconobbe entrambi monili subito ma fu pronta a umiliarle Ombra e lo tirò a sé per studiarli, con una voce sarcastica iniziò la sua denigrazione-Questa è l'ossidiana che ti regalò Nephrite ai tempi del Silver Millenium: una magra consolazione per un nato senza pietra come te-.

Ombra non rispose alla provocazione ma Beryl sentiva la sua rabbia, soprattutto quando iniziò a giocare con la fede per poi studiarne lentamente le fattezze.

-Questa fede mi sembra un prodotto plutoniano. Dunque per questo sei qui. Hai disubbidito anche tu alla legge divina-e così dicendo lesse con tono sprezzante l'incisione.

-Dimitri e Giana … questo è il tuo vero nome- Beryl fissò negli occhi Ombra e pronunciò ancora una volta lentamente il suo nome e poi un sorriso crudele ospitò le sue belle labbra-Le ombre non hanno bisogno di un nome-così dicendo lo strattonò leggermente per la catenina e fissò Gaia.

-In che modo mi sarebbe d'aiuto?- domandò incuriosita.

Gaia sorridente accarezzò la testa di Ombra- Tutti i plutoniani hanno dei poteri, seppur deboli, legati allo spazio tempo ... - e poi senza esitazione Gaia spinse la testa di Ombra verso il basso- Lui ha sposato in un matrimonio sacro una guerriera plutoniana, per cui ha ereditato alcuni suoi poteri-.

Beryl era molto interessata e continuò ad ascoltare mentre nonostante che nessuno potesse vedere il viso di Ombra, esso stava assumendo un’espressione di pura paura a sentire quelle parole che a poco a poco sarebbero potuto essere pronunciate dalla dea.

-Se sconfiggi le Sailors e rispetti il nostro patto, avrai anche Ombra-.

Lo schiavo reagì violentemente liberandosi della presa della dea e in un solo gesto fu dietro di Beryl tenendo il suo braccio fermamente attorno al suo collo e iniziando lentamente a stringere.

Gaia guardò la scena freddamente, i suoi occhi erano seri e quando aprì la bocca, la sua voce suonò indifferente.

-Ombra, l'hai uccisa già una volta e i tuoi cari generali hanno patito la loro peggior morte: ricordi?-

Beryl sentì che Ombra lasciò la presa per poi mettersi in angolo con la testa bassa, la regina si toccò il collo spaventato ... Quel regalo di Gaia non lo voleva ma la dea non era dello stesso avviso.

-È rotto, distrutto e disperato. Finché gli Shitennou saranno a te fedeli, lui farà altrettanto ... Non preoccuparti, questi scatti sono solo l'indizio della sua resa-.

Ma Beryl guardò scettica l'uomo e disse la dea con il tono più docile che potesse avere-Sono lusingata della sua offerta ma non credo di poter accettare.

Lo sguardo della dea era così scuro che Beryl capì che se non avesse acconsentito, la sua vita sarebbe finita all'istante e, prendendo un respiro profondo, chinò la testa e si scusò con la Dea che la stava guardando con un'espressione feroce negli occhi.

-Le tue scuse sembrano sincere ma devi capire che mandarlo da te mi aiuterebbe a punirlo. Per lui vedere gli Shitennou sotto la tua guida è una sofferenza atroce- spiegò la Dea con un sorriso accondiscendente mentre Beryl rialzava lo sguardo e velocemente guardò Ombra che era rimasto con la testa china, era patetico.

-Accetto il suo regalo, dunque-disse la perfida regina con un sorriso che avrebbe gelato anche il diavolo.

La dea applaudì le mani entusiasta-Perfetto allora, Ombra usa il tuo potere per portarla a casa, poi torna qui, di questi tempi mi hai fatto saltare i nervi già due volte- sibilò l’ultima frase la dea, una chiara minaccia che qualsiasi disubbidienza sarebbe stata punita.

Ombra annuì e avvicinandosi ancora una volta a Beryl le cinse un fianco e velocemente chiuse la mano sinistra a pugno e l'abbasso verso di sé, Beryl vide apparire su di essa il simbolo astronomico di plutone che s’illuminò dopodiché tutto si oscurò attorno a loro e la regina si sentì trascinata via. Quando tutto finì, la regina era di nuovo nel balcone del suo castello, nell’esatto momento che l’aveva lasciato, e a pochi passi da lei c'era Ombra che la fissava impassibile.

-Abbiamo viaggiato tra lo spazio e tempo, non era un semplice teletrasporto- pensò la regina mentre osservava curiosa l'uomo- Deve aver sposato una guerriera potentissima se lui è in grado di fare questo solo con gli scarti ricevuti-

Ombra la fissava senza esprimersi ma Beryl sentiva il suo odio, era lo stesso che lei provava per la principessa e decise di congedarlo, quello schiavo le sarebbe stato utile in futuro.

 

 

NOTE DELL’AUTRICE.

Dopo tanto tempo riesco finalmente a postare.

La faccenda che Jadeite e Mamo si assomigliano mi è stata ispirata da questa rivisitazione di Sailor moon che consiglio vivamente di leggere:

http://kibate.deviantart.com/art/Sailor-Moon-CS-ch1-p00-44096660

 

 

   
 
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