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Autore: Aching heart    09/09/2015    0 recensioni
Fanfiction sulla long di Beauty "Grimm - No more happily ever after". Con un po' d'impegno può anche essere letta senza conoscere la storia originale.
{Black Knight| Lancillotto/Belle| Lancillotto!centric| Spoiler!}
La guerra è finita, la Regina Cattiva è stata sconfitta, molti dei suoi alleati sono stati presi prigionieri. Fra questi vi sono Mordred e Odile. Il loro amore incestuoso è stato rivelato e tutti ne sono disgustati, tranne colui che un tempo sarebbe stato il primo a condannarli: Lancillotto.
Belle sospirò e scosse la testa.
«Sei uno stupido, un incosciente e un paladino della giustizia dei miei stivali» aggiunse, per poi buttarsi su di lui e stringerlo forte. «Ma è anche per questo che ti amo».
[...]
Nonostante la fuga, nonostante tutto, stavano bene così. Era perfetto. Solo loro due, isolati dal resto del mondo. Per quella notte potevano crederlo.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: Incest, Spoiler!
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 Avvertimenti: i personaggi qui usati non appartengono a me ma a Beauty, che mi ha dato il permesso di scrivere questa fanfiction.
 Neanche il titolo mi appartiene, è una frase di Dance with the devil dei Breaking Benjamin, canzone che adoro.
 La storia contiene alcuni spoiler sulla storia originale, leggete a vosto rischio e pericolo. 
 Detto questo, buona lettura! 



Tutti pensavano che una volta conclusa la guerra il peggio sarebbe passato. Che le ore più buie fossero quelle precedenti allo scontro, ore di angoscia, di paura, passate a chiedersi chi vincerà, se si vedrà un'altra alba dopo la battaglia finale.
Per Lancillotto non era così. Per lui il peggio veniva dopo, quando i sopravvissuti dovevano rendersi conto di quanto la vittoria fosse costata, di quali dei loro compagni in battaglia erano caduti, di chi non avrebbe mai più fatto ritorno a casa. Come se nei mesi precedenti al ritorno dei Grimm non avessero perso abbastanza amici.
Era solo uno degli orrori della guerra, ma lui era stanco.
La vittoria avrebbe dovuto essere gioiosa, invece aveva il sapore amaro del fiele.
Non voleva mostrarsi troppo abbattuto, Belle avrebbe avuto bisogno di lui. Per quanto forte lei fosse, un campo di battaglia disseminato di cadaveri e irrigato dal sangue rimaneva uno spettacolo da dare il voltastomaco. E quell'orrore l'avrebbe colta in pieno, giacché si era offerta come infermiera.
In realtà Belle era una levatrice, ma aveva una vasta conoscenza in fatto di erbe medicinali che non sarebbe di certo andata sprecata... e in ogni caso, i feriti non avrebbero fatto gli schizzinosi. Alla maggior parte di loro sarebbe bastato un oppiaceo che rendesse più agevole e meno dolorosa la loro dipartita.
 Loro due passavano la maggior parte della giornata separati, Belle a prendersi cura dei feriti, lui ed altri prodi guerrieri a dare la caccia ai goblin e agli orchi che erano fuggiti quando ormai era stato chiaro che la Regina Cattiva era stata sconfitta.
Nella tenda bianca al centro dell'accampamento, invece, la Salvatrice e gli altri capi dei Ribelli decidevano le sorti dei prigionieri di guerra. Grimilde era morta, ma il Vendicatore, Malefica ed altri erano stati catturati e resi inoffensivi da Merlino.
Quando la sera i due innamorati si ritrovavano nella tenda di Lancillotto, cercavano di lasciare il mondo fuori, per quanto possibile. E quando Belle cercava rifugio tra le sue braccia, sul suo petto, Lancillotto sapeva che non ci riusciva, e che aveva bisogno che lui fosse il suo sostegno.
Eppure lui stesso non riusciva a dimenticare quelle immagini che sembravano impresse a fuoco nella sua mente e nei suoi occhi, tormentando il suo sonno e la sua veglia. Cadaveri di uomini che aveva conosciuto e con cui aveva combattuto, cadaveri senza nome che probabilmente nessuno avrebbe mai ricordato, il sangue che rendeva viscida la terra, uomini dalle ferite inguardabili, lance, asce, alabarde e spade piantate nel terreno o nelle carni dei caduti, mosche che ronzavano attorno a quello sfacelo. E i suoni... Lancillotto mai avrebbe dimenticato il silenzio mortale del campo di battaglia, spezzato solo dai passi di chi si avventurava in mezzo a quello scempio e dai gemiti dei feriti.
Steso sulla sua branda, chiuse gli occhi, cercando di riposarsi, ma veloce come un lampo un'immagine si delineò nella sua mente.
La sua spada si conficca nella cotta di maglia dell’avversario, fin nella carne. Il guerriero dai capelli corvini cade mentre il sangue sgorga a fiotti dalla ferita.
Un grido femminile, un grido straziante chiama un nome amato, e in pochi secondi una giovane donna dai fluenti riccioli castani si china sul guerriero caduto, il vestito bianco come la neve si sporca di sangue e di terra, mentre le mani portatrici di gelo stringono il corpo dello sconfitto. Lancillotto giurerebbe di aver visto un sorriso sul volto del cavaliere nero, e lacrime su quello della regina del gelo. Ma poi Odile bacia Mordred, e nulla più è visibile dei loro occhi, o delle loro labbra.
Lancillotto si passò una mano sul volto, ripensando a ciò che aveva visto.
Non un bacio fraterno, ma un bacio di amanti disperati. Lo stesso tipo di bacio che Belle gli aveva dato quando l'aveva creduto morente, lo stesso che aveva spezzato la maledizione. Ma Odile e Mordred erano fratelli.
Credeva di essere stato l'unico ad aver visto, nella furia della battaglia, ma si era sbagliato. Altri avevano assistito, altri guerrieri di Camelot che conoscevano i due fratelli, altri che avevano puntato il dito contro di loro una volta catturati.
La ferita di Mordred non era stata mortale, e Belle era riuscita a ricucirla alla bell'e meglio. A che pro, si chiedeva Lancillotto, se la morte l'avrebbe comunque atteso? Avrebbe avuto un processo, certo, come tutti coloro che erano stati catturati. Ma Mordred era stato un alleato della Regina Cattiva, e Odette non avrebbe mai dimenticato che era stata Morgana ad avvelenare suo padre.
E Odile era ormai condannata, seppur non formalmente. Figlia di una strega e strega a sua volta, non c'era modo per cui potesse salvarsi. Kai ed Odette erano due dei membri più influenti del Consiglio dei Ribelli, ed entrambi avevano ragione di volerla morta; in troppi l'avevano vista fare stragi di uomini fra le fila della Regina Cattiva, al fianco di Malefica. E in più si aggiungeva l'accusa di incesto lanciata da Kai e confermata da quanti avevano visto quel bacio sul campo di battaglia. Una volta tornati a Camelot, Odile sarebbe stata fra i primi a venire processata, e si poteva dire che una pira portasse già il suo nome.
Nessuna clemenza sarebbe stata mostrata per i figli di Morgana. Appartenevano alle tenebre, avevano scelto le tenebre, e alle tenebre eterne presto sarebbero stati consegnati.
‡‡‡

Quasi un mese era passato dacché gli eserciti si erano ritirati e la Corte di Giustizia era stata istituita per punire coloro che avevano complottato per riportare in vita i Grimm.
Come Lancillotto aveva immaginato, per Odile e Mordred – come per tutti gli altri prigionieri – era stata decretata la pena di morte. Rogo per la strega, impiccagione per il cavaliere nero. Nessuna intercessione era stata concessa per i due fratelli, nessuna supplica era stata accolta. La decisione non era stata unanime, ma coloro che avrebbero voluto risparmiare loro la vita erano in netta minoranza.
L'indomani si sarebbero svolte le esecuzioni. Lancillotto non sapeva come sentirsi al riguardo. Un tempo si sarebbe unito alla folla che chiedeva la morte per i due fratelli. Aveva sempre avuto un innato senso della giustizia. Avrebbe guardato con disprezzo il cavaliere che aveva gettato vergogna sulla sua carica macchiandosi di un abominio come l'incesto e avrebbe sentenziato che la morte era la giusta pena per i crimini di Odile, di gran lunga peggiori di quelli del fratello.
Nessuna pietà lo avrebbe toccato, nessun dubbio lo avrebbe fatto vacillare.
Ma troppe cose erano cambiate da allora, e Lancillotto non era più l'arrogante cavaliere che guardava tutti dall'alto in basso emettendo sentenze, arrogandosi il diritto di giudicare gli altri, vedendo le pecche altrui e mai le proprie. Lancillotto ora vedeva le proprie colpe in quella faccenda. Si vergognava al pensiero di come aveva sempre trattato Odile. Non poteva fare a meno di chiedersi se fosse stato per colpa sua che alla fine la ragazza aveva scelto di diventare una strega. L'aveva ferita, umiliata e denigrata in pubblico. Per colpa sua, Morgana le aveva inflitto una crudele punizione. Come se quella povera ragazza non fosse già stata provata abbastanza dalla vita.
Ma questo nessuno a parte lui, Belle, Merlino e pochi altri sembrava capirlo, e non poteva neanche biasimare nessuno, visto quanto ci era voluto a lui per comprenderlo.
Guardò fuori dalla finestra e vide l'arena dei tornei, dove innumerevoli volte si era allenato contro Mordred, dove l'aveva affrontato e vinto, il giorno del torneo per decidere a chi sarebbe spettata la mano della principessa Odette. Mordred non aveva gareggiato per vincere, quella volta. Aveva gareggiato per uccidere lui, per vendicare l'affronto che aveva fatto a sua sorella.
Ricordava la furia con cui l'aveva assalito, con cui combatteva. L'aveva trovato insolito: tutti a Camelot sapevano della freddezza dei rapporti fra Mordred e Odile; il cavaliere teneva quasi lo stesso comportamento di Morgana nei confronti della sorella, solo più distante e disinteressato. E allora come mai d'improvviso mostrava tanta tenacia nel voler difendere il suo onore? Dal ballo in maschera in poi Mordred era stato a dir poco fuori di sé, animato da un fuoco che mai Lancillotto aveva visto bruciargli negli occhi.
Avrebbe dovuto capirlo allora, ma un pensiero de genere non avrebbe mai potuto sfiorargli la mente. L'incesto per lui era semplicemente incomprensibile. Era rimasto scioccato quando aveva visto i due fratelli avvinghiati l'uno all'altra. Pensava di conoscerli, Mordred e Odile; li aveva visti crescere, si era allenato gomito a gomito con il primo e aveva visto la seconda star sempre dietro a Odette come un’ombra. Come tutti coloro che vivevano a Camelot, pensava di sapere chi fossero. E invece non sapeva niente, non aveva capito niente. Mai.
Per questo ora si trovava lì, a scendere le scale che conducevano alle prigioni.
A guerra finita e con la morte di Galvano, era diventato uno dei membri più importanti della corte, uno degli eroi della ribellione. Odette, ormai Regina, l'aveva nominato capitano delle guardie reali, e adesso aveva intenzione di sfruttare la sua posizione.
Il vecchio guardiano delle carceri era troppo anziano per poter svolgere le sue funzioni, così le chiavi erano state temporaneamente affidate a Lancillotto. Lui slegò il mazzo dalla cintura e aprì il cancello che portava alle prigioni, per poi richiuderlo dietro di sé con un cigolio. Tutti i corridoi del sotterraneo erano bene illuminati dalle torce.
Quando le sentinelle videro sir Lancillotto, scattarono sull'attenti.
 «Riposo, soldati. Da quanto tempo state montando la guardia?»
«Quattro ore, capitano».
«Ci sono stati problemi con i prigionieri?»
«No, signore».
«Bene, potete andare».
«Signore?»
«Siete congedati. Andate nella caserma a riposarvi, o ad allenarvi, o dove meglio credete. Devo interrogare i prigionieri su una questione importante. Ordine della Regina».
Le sentinelle si guardarono dubbiose, ma poi obbedirono, lasciando Lancillotto da solo nel sotterraneo. Quasi tutte le celle erano vuote. Tutti i condannati erano già stati giustiziati; Odile e Mordred sarebbero stati gli ultimi.
A passo spedito si diresse verso una delle celle più anguste e umide delle carceri. Si sentiva a disagio, come se gli occhi invisibili di chi era stato imprigionato lì lo stessero osservando.
Forse, per ciò che aveva in mente di fare, non sarebbe stato necessario esporsi tanto. Sarebbe potuto rimanere nell’ombra mentre uomini da lui assoldati avrebbero portato a termine il suo piano. Ma ormai era già tardi per tirarsi indietro, e poi sentiva che doveva farlo lui, doveva essere lui. Forse voleva semplicemente capire, o farsi capire. L'indomani Odile sarebbe stata giustiziata – o, se il suo piano fosse andato a buon fine, sarebbe comunque sparita dalla circolazione –, e lui non ne avrebbe più avuto la possibilità.
Si fermò davanti alla cella nella quale lui stesso aveva condotto la Regina delle Nevi.
Odile era lì, seduta sul fetido pagliericcio, col capo abbassato. Avrebbe giurato che stesse dormendo, ma vedeva le sue mani – pur costrette dalle catene – disegnare pieghe immaginarie sull'abito che indossava. Aveva ancora l'abito che aveva indossato per la battaglia, una volta candido, ora lercio e lacero. I ricci inselvatichiti ricadevano sulle spalle e sulla fronte nascondendo il volto alla vista. Doveva aver sentito i passi di Lancillotto, eppure non aveva reagito.
Il cavaliere si sentiva a disagio, non riusciva a pronunciare una sola parola, così prese le chiavi e aprì la cella di Odile, entrandovi. Questo gesto finalmente riscosse l'attenzione della prigioniera. Alzò il capo con un movimento repentino. Nei suoi grandi occhi sbarrati si leggevano diffidenza e sospetto. Mosse istintivamente le mani, ma il movimento venne impedito dalle catene legate alla parete. Era una fortuna che le manette incantate da Merlino funzionassero, bloccando i suoi poteri, altrimenti Lancillotto sarebbe già stato infilzato da acuminate stalattiti di ghiaccio.
Dopo il primo momento di diffidenza, quello scatto vitale sembrò abbandonare Odile, che ricadde con la schiena abbandonata contro il muro di pietra della cella, come se in fondo non le importasse più nulla di quello che accadeva intorno a lei. I suoi occhi si fecero inespressivi e vacui, e le sue mani ritornarono a tracciare linee immaginarie sul vestito.
Lancillotto tentò di parlare, ma fu anticipato dalla prigioniera.
«In fondo sapevo che qualcuno sarebbe riuscito a spezzare l'incantesimo».
Al sentir nominare la maledizione di cui era stato vittima, Lancillotto sentì un formicolio lungo gli arti, eco lontana di ciò che aveva provato mentre si trasformava in una bestia.
«Fosse stato per me, non avrei mai permesso a qualcosa come il bacio di Vero Amore di rovinare la mia vendetta. Ma ogni maledizione deve avere una clausola, il suo punto debole» continuò lei.
Lancillotto non disse nulla, si limitò ad osservare quella giovane donna. Per lui era una sconosciuta. Lui conosceva Odile il brutto anatroccolo, la ragazzina timida, goffa e impacciata che parlava per suoni flebili e balbettii e arrossiva se anche solo la si sfiorava con lo sguardo. Questa Odile invece era sicura di sé, fredda e lapidaria nella sua rassegnazione. Lo faceva sentire  tremendamente in soggezione.
«L'ho vista, sai? La ragazza. Belle, si chiama?».
Lancillotto annuì.
«Un nome adatto. E' bella davvero, e sembra anche forte. In fondo, per spezzare la maledizione deve aver saputo tener testa ad una bestia».
«E tu devi aver saputo tener testa a Mordred» gli sfuggì, incapace di trattenersi.
Un sorriso strano affiorò sul viso di Odile. Sembrava allo stesso tempo stanco, malinconico e intenerito.
 «Mio fratello ha sempre avuto un carattere difficile. Irruento, passionale, ambizioso, egoista. Sembrerebbe creato apposta per soffocarmi. Invece è stato creato apposta per amarmi. Non ho avuto bisogno di tenergli testa».
Il disagio di Lancillotto crebbe a dismisura a sentir parlare Odile di quell'amore incestuoso. Non riusciva ad amalgamare nella sua mente i ricordi dei due figli di Morgana quando erano solo due ragazzi a Camelot e le nuove immagini di quei due amanti disperati.
«Come siete arrivati a... a...?»
«Io sono sua, Lancillotto, e lui è mio. Ci siamo appartenuti da sempre, solo che ce ne siamo resi conto troppo tardi, quando tutto ormai era andato in mille pezzi».
«Siete  fratelli, Odile» disse amaramente. Gli si stringeva il cuore per la sorte sfortunata del cigno nero. Una vita di sofferenze e angherie – a cui lui peraltro aveva contribuito – che sarebbe terminata con una morte atroce, e il suo Vero Amore era un amore proibito, vietato, macchiato dalla colpa.
«E ci siamo tormentati a lungo per questo. Credi forse che sia stato semplice da accettare? Ma il fatto è, Lancillotto... il fatto è che per tutta la vita mi sono sentita una reietta. Dai miei primi anni d'età mia madre mi ha trattata come si tratta un cane, e da allora chiunque altro si è sentito in diritto di fare lo stesso. Sono sempre stata considerata da tutti una povera sciocca ritardata, perfino da Odette, che consideravo la mia unica amica. Perfino da te, che credevo perfetto».
Lancillotto accusò malamente il colpo.
«Io mi sentivo già sbagliata. Quindi che importanza poteva avere se amare mio fratello mi avrebbe ricoperta ancora di più di biasimo? Che differenza avrebbe fatto provare a resistere? Avrei forse dovuto negarmi una possibilità di essere finalmente felice, quando agli occhi del mondo io ero già nulla, uno scarto?»
Lancillotto  non seppe rispondere. Da una parte il gesto di Odile rimaneva oscuro, incomprensibile, e lo disgustava, ma dall'altra capiva il suo tormento, ciò che l'aveva condotta a calpestare ogni morale per prendersi ciò che voleva. La vita non era stata pietosa con lei, e men che meno lo erano state le persone. E gli stessi che l'avevano spinta pian piano nella disperazione, mettendola nelle condizioni di diventare una strega e di commettere l'incesto, ora la giudicavano. Come torturare un prigioniero e pretendere che non odi il suo aguzzino, che non provi a scappare o a reagire.
«Mi dispiace» riuscì a dire alla fine. «Mi dispiace per ciò che ho fatto quella notte, al ballo... e per come ti ho sempre trattata».
Odile riusciva a vedere il rimorso sui lineamenti alteri dell'uomo, e ne fu suo malgrado sorpresa. Non lo riteneva possibile.
In passato aveva desiderato ardentemente quelle scuse... poi, quel desiderio si era andato via via congelando, insieme ai pensieri e agli schiocchi sentimenti della ragazzina che era, e alla fine era divenuto solo un pensiero fra tanti, caduto nel dimenticatoio. C'era stato spazio solo per Mordred... ma pensare a lui e sapere che di lì a poche ore sarebbe morto era troppo doloroso.
«A me non dispiace di averti maledetto» disse lei. «Sembra che ti sia servito» aggiunse con sincerità, e Lancillotto per un attimo poté giurare di aver visto negli occhi della giovane donna un barlume dell'Odile che conosceva lui.
«Non avrei trovato Belle» affermò. «Perciò in fin dei conti ti sono grato».
A Odile sfuggì un sospiro. «Non ha più importanza ormai. Per quanto apprezzi il tuo gesto, Lancillotto, ormai è inutile».
«No» disse lui con determinazione. «Non sono venuto qui solo per sentirmi a posto con la mia coscienza pronunciando delle belle parole. Sono venuto per rimediare al mio errore e saldare il mio debito di gratitudine».
Sotto lo sguardo incredulo della Regina delle Nevi, Lancillotto avanzò verso di lei e poi si chinò ad armeggiare sulle manette che le serravano i polsi. Con un rumore cigolante e poi un clangore, i pezzi di metallo caddero a terra. Odile si massaggiò i polsi indolenziti e segnati, poi cercò di rimettersi in piedi, ma aveva tenuto immobili le gambe troppo a lungo e queste cedettero sotto il suo peso. Fu Lancillotto ad aiutarla a rialzarsi e a sostenerla fin quando lei non si sentì stabile da sola.
«Ascolta» disse lei. Sembrava animata da un nuovo fuoco. «So che per te è già molto avermi liberata, e lo apprezzo, ma ti prego, ti prego» le sue mani si aggrapparono alla veste del cavaliere «libera anche Mordred. Anche solo lui, se è troppo graziare entrambi. Ma non permettere che muoia».
«Non morirà» le assicurò lui. «Avrei liberato entrambi comunque».
A Odile vennero le lacrime agli occhi per il sollievo.
«Riesci ad usare i tuoi poteri?»
 Lei si concentrò e puntò una mano sul muro di fronte a sé, con l’intenzione di ricoprirlo di ghiaccio, ma per quanto impegno ci mettesse non riuscì a far nulla. Ritrasse la mano e scosse la testa.
«No, sono troppo debole».
«Non importa, faremo alla vecchia maniera. Cerca di muoverti in fretta, Odile».
Uscirono nel corridoio e si diressero verso una cella molto più in fondo. I due fratelli e amanti erano stati tenuti lontani deliberatamente, su ordine della stessa regina di Camelot.
Benché indebolita, Odile camminava spedita. Lancillotto non poté fare a meno di chiedersi se era il desiderio di rivedere suo fratello a darle le forze.
Quando arrivarono di fronte alla cella, videro uno spettacolo che procurò al cuore di Odile una stretta dolorosa.
Mordred non era stato incatenato come la sorella – l'avevano ritenuto meno pericoloso di lei – e sedeva contro il muro, ripiegato su se stesso, con il volto nascosto dalle mani ricoperte di graffi profondi e le dita che artigliavano i lunghi capelli neri. Tutto in lui urlava disperazione e dolore.
Non appena Lancillotto aprì la cella, Odile si fiondò al suo interno, inginocchiandosi di fronte al fratello. Prese le mani martoriate fra le proprie, candide, e gliele scostò dolcemente dal volto, mentre mormorava il suo nome.
Il cavaliere nero sbatté più volte le palpebre, poi tutto il suo volto si fece incredulo.
«Odile, sei tu? Sei reale o sto sognando?»
La Regina delle Nevi si slanciò verso di lui, aggrappandosi alle sue spalle, e lo baciò con impeto, a lungo, mentre lui la strinse fra le braccia come se ne andasse della sua vita. Quando le loro labbra si separarono, Odile, rimanendo stretta a lui, sorrise e gli sussurrò: «Questo era abbastanza reale per te?»
«Pensavo che non ti avrei rivista più… pensavo…» la sua voce divenne roca e si spezzò. Poi finalmente il prigioniero notò la figura di Lancillotto in piedi sulla soglia della cella, che li fissava immobile, quasi raggelato. I suoi occhi sprizzarono scintille e il suo volto si contrasse in una maschera di minaccia.
«Cosa ci fai tu qui?» sputò fra i denti, e strinse forte Odile come se temesse che lui potesse portagliela via.
«Va tutto bene» intervenne Odile. «È stato lui a portarmi qui. Ci tirerà fuori, Mordred. Ci sta salvando».
«E non abbiamo tempo da perdere in recriminazioni» lo avvertì Lancillotto, memore dei loro precedenti incontri. «Perciò, qualunque cosa tu abbia da dire, risparmiatela».
 Odile si scostò mentre il cavaliere liberava anche Mordred dalle catene e lo aiutava a rialzarsi.
«Muoviamoci subito» intimò Lancillotto. Li guidò fuori dalla cella, lungo i corridoi di pietra delle prigioni.
Anni prima, quando era solo un ragazzino sperduto che preferiva passare il proprio tempo da solo che in compagnia di altri, passava molto tempo nelle prigioni a giocare. Re Artù era un sovrano buono, perciò raramente le prigioni avevano ospiti, così il piccolo Lancillotto poteva immaginare per ore di essere un grande eroe venuto a liberare la principessa da un terribile drago che la teneva prigioniera.
Durante uno dei suoi giochi aveva inavvertitamente scoperto una galleria che conduceva all’esterno delle mura di Camelot, un passaggio segreto dimenticato da tutto e tutti. Era quello che intendeva sfruttare.
Aveva già preparato ogni cosa: un cavallo era stato legato fuori dall’uscita, ad attenderli. Sarebbe servito a Mordred e Odile per la loro fuga.
Senza troppe difficoltà riuscirono ad arrivare fuori dalle prigioni, fuori anche dalle mura.
Il cavallo era lì, con le bisacce di provviste assicurate alla sella. Il cavaliere si prese un attimo per tranquillizzare l’animale, poi aiutò prima Mordred e poi Odile a montare in sella. Sperò che fossero abbastanza in forze da affrontare una cavalcata a ritmo serrato; evadere era stato facile, il difficile sarebbe stato rimanere liberi.
«Avete provviste per una settimana al massimo, del denaro e una mappa. Cercate di uscire dai territori di Camelot il prima possibile, quando si scoprirà la vostra fuga i confini saranno sorvegliati strettamente» li istruì. Ebbe un attimo di esitazione, poi si risolse a parlare. Si rivolse a Mordred. «Probabilmente non ti capirò mai, ma sappi che hai la mia stima per esserti ribellato a Morgana e… per averlo fatto per lei» disse alludendo ad Odile. La sorpresa sul volto di Mordred era ben visibile.
Lui parve lottare con se stesso per qualche secondo, ma poi – anche se con riluttanza – le parole che stava rimuginando fra sé vennero fuori.
«Grazie» gli disse. «Per aver salvato me, ma soprattutto per aver salvato lei».
Ci sarebbe stato molto altro da dire, ma quello non era né il momento né il luogo. Del resto, l’essenziale era lì. Grazie per aver salvato Odile. Anche Lancillotto aveva un’innamorata, sapeva cosa lui intendeva dire. Grazie per aver salvato tutto quello che c’è di importante per me a questo mondo. Grazie per averle dato una possibilità, perché se lei fosse morta, in me non ci sarebbe stato più nulla da salvare.
Il cavaliere annuì, e i due uomini si strinsero le mani in un impeto virile e allo stesso tempo commosso.
Poi Lancillotto si scostò e li esortò a partire. «Andate. Ogni secondo è prezioso».
Mordred accorciò le redini e spinse il cavallo al passo, mentre sua sorella, seduta all’amazzone fra le sue braccia, gli si sistemò meglio contro al petto. Al ragazzo sfuggì un mezzo sorriso intenerito – il volto disteso in un’espressione che Lancillotto non lo credeva nemmeno capace di avere – e con le labbra andò a sfiorare lievemente il capo di lei.
Mentre si allontanavano, Odile cercò lo sguardo di Lancillotto, e con le labbra mimò un “grazie” silenzioso ma non per questo meno sincero.
Sir Lancillotto rimase a guardarli mentre si allontanavano di gran carriera verso orizzonti sconosciuti fino a diventare un puntolino presto inghiottito dalle tenebre, e non poté fare a meno di pensare: Grazie a te.

‡‡‡

Più tardi, steso sul suo letto e confortato dal dolce peso della testa di Belle posata sul suo petto, Lancillotto ripensava a quella scena. Stava rimuginando senza sosta su pensieri ormai triti e ritriti, ma stavolta vi si aggiungevano preoccupazioni nuove.
Sentì Belle sospirare e muoversi nel suo abbraccio.
«Riesco a sentirti pensare da qui, lo sai?» fece lei. Non ricevendo risposta, lo strinse di più. «Smettila di tormentarti».
Lui le aveva raccontato tutto. Tenerle nascosto qualcosa era diventato impensabile, non solo perché con la sua sagacia lei sarebbe riuscita comunque a svelare ogni segreto, ma perché era l’altra parte di sé, il suo pezzo mancante, colei che amava più di stesso e che mai avrebbe tenuto all’oscuro di qualcosa. Specialmente qualcosa di così importante.
Belle aveva ascoltato in silenzio e con la massima attenzione, e poi aveva fatto un sorriso comprensivo, con quello sguardo stanco che aveva ultimamente, ma comunque adorabile.
Non l’aveva giudicato, l’aveva confortato e poi l’aveva amato, e per quanto lei fosse stremata in quel periodo, Lancillotto era riuscito ad avvertire chiaramente che la forza indomita di Belle non l’aveva abbandonata, ma era ancora là con lei mentre lo stringeva, e l’avrebbe sostenuto.
«Ho fatto ciò che ritenevo giusto» disse lui finalmente «e non me ne pento. Glielo dovevo, se non ad entrambi, almeno ad Odile…»
«…ma?» chiese Belle, capendo che era sottinteso nel discorso.
«Ma mi chiedo se ciò che io ritengo giusto lo sia davvero. Era così in passato; emettevo una sentenza ed ero pienamente convinto che fosse una sacrosanta verità, e questo mi ha condotto in errore non so nemmeno quante volte. E adesso, pur non credendo di averlo fatto, temo di aver commesso lo stesso sbaglio di sempre».
Belle sorrise intenerita a quella piccola confessione. Nonostante fosse convinta di non riuscire ad amare più di così, ogni volta che Lancillotto lasciava liberi i suoi pensieri a quel modo lei sentiva di amarlo sempre di più.
Sostenendosi sui gomiti si chinò su di lui, i loro volti vicinissimi e i capelli di lei che ricadevano intorno al suo viso come cascate brune.
«Ma tu non sei più quello di una volta» lo rassicurò guardandolo negli occhi. «Sei un uomo migliore, che conosce il valore, l’onestà, la giustizia, ma anche l’umiltà, che sa riconoscere i suoi sbagli e sa anche porvi rimedio. Se può consolarti, Lancillotto, anche io credo che tu abbia fatto la cosa giusta. E sono orgogliosa di te» disse con commozione, adagiando la sua fronte contro quella del marito.
Lui si godette quel contatto, ma non poté trattenersi dal mugugnare: «Ho disobbedito alla decisione del Consiglio, agli ordini della Regina».
«L’hai fatto per una giusta causa» ribatté lei, guardandolo con decisione. «So che ti senti in colpa per aver trasgredito, ma non devi».
Lui le carezzò il volto, ma non perse la sua espressione crucciata.
«Domani la fuga verrà scoperta, e non ci vorrà molto prima che io appaia come responsabile. Sicuramente subirò un processo, per tradimento. Potrei rischiare la condanna a morte…  Belle, devi promettermi che se succederà, tu non farai niente di stupido o avventato».
Belle si tirò su di scatto e i suoi occhi si ridussero a due fessure. Nulla poteva la stanchezza contro il suo caratterino.
«Di stupido o avventato come
«Come inveire contro i giudici o sfidare la loro autorità o cercare di intervenire in qualunque altra maniera. Non puoi comportarti con loro come facevi con Hansel».
«Vuoi dire come hai fatto tu, salvando Mordred e Odile a rischio della tua stessa vita?» gli rinfacciò.
Lancillotto si mise a sedere, mentre Belle si allontanava e si avvolgeva nel lenzuolo.
«Hai detto che la ritenevi anche tu la cosa giusta» disse lui, con un tono quasi tradito.
«Sì, era la cosa giusta da fare, ma era anche rischiosa, avventata e stupida, se permetti!»
I toni dei due si stavano alzando. Tipico di loro: riuscivano senza difficoltà a passare da un momento di quiete e romanticismo ad una lite furiosa nel giro di pochi secondi.
«Ma non ti avrei impedito di farla, perché non posso toglierti la tua libertà. Non posso impedirti di agire nella maniera che ritieni migliore, come tu non puoi impedirlo a me. Credevi forse che sarei diventata una mogliettina ubbidiente e remissiva, quando mi hai sposata? Beh, mi dispiace, mio caro cavaliere, ma hai preso un granchio!»
«Per carità, sapevo benissimo a cosa stavo andando incontro!» rispose lui, praticamente ringhiando. «Sapevo benissimo che eri una donna indisponente e irritante e cocciuta e… e…» annaspò, cercando le parole.
«Da che pulpito!» ribatté lei. «Tu sei un testardo, un arrogante e un ipocrita! Non puoi fare quello che ti pare mettendo a repentaglio la tua vita e poi impedire a me di fare lo stesso, se si tratta di rischiare per te!» urlò, mettendo fine alla discussione, perché Lancillotto parve rimanere senza parole.
Lui si passò una mano sul volto, stanco e incredulo. Stavano davvero litigando in un momento così critico? Si stavano davvero urlando contro perché erano preoccupati l’uno per l’altra?
Anche Belle parve calmarsi.
«Scusami» le disse lui. «Hai ragione, sono uno stupido e un incosciente».
Belle sospirò e scosse la testa.
«Sei uno stupido, un incosciente e un paladino della giustizia dei miei stivali» aggiunse, per poi buttarsi su di lui e stringerlo forte. «Ma è anche per questo che ti amo».

 
‡‡‡

Mordred e Odile giacevano distesi e abbracciati nella grotta che era il loro rifugio. Erano ancora svegli, ma così esausti che presto sarebbero scivolati nel sonno.
Era da due giorni che andavano al galoppo serrato, senza fare soste che durassero più di due minuti, per mettere quante più miglia possibile fra loro e i soldati di Camelot.
Tanto loro quanto il cavallo erano stremati, e infine avevano dovuto fermarsi. Avevano trovato un nascondiglio accogliente seppur temporaneo e avevano deciso di trascorrere lì la notte, per fare almeno qualche ora di buon sonno che non fosse all’addiaccio e in groppa al cavallo.
Avevano mangiato e poi si erano distesi insieme. Ormai era diventata un’abitudine quella di dormire abbracciati: nessuno dei due sarebbe riuscito a dormire tranquillo se non avesse sentito il corpo dell’altro contro il proprio.
Quella notte erano così abbarbicati che non si capiva dove finisse il corpo di uno e dove iniziasse quello dell’altra. Era il freddo. Non avrebbero potuto accendere un fuoco nella grotta, e le flebili fiammelle azzurre che crepitavano grazie alla magia di Odile non emettevano calore, servivano solo a fare luce.
Non era un problema per Odile, che dopo aver accolto la magia del ghiaccio e della neve dentro di sé non sentiva più il freddo. Era Mordred che aveva bisogno di calore, e Odile trovava ironico che fosse proprio lei a darglielo, intrufolando le mani sotto i suoi vestiti e cingendogli il corpo tonico ma debilitato dalla prigionia.
Nonostante la fuga, nonostante tutto, stavano bene così. Era perfetto. Solo loro due, isolati dal resto del mondo. Per quella notte potevano crederlo.
Sarebbe stata un’atmosfera romantica, perfetta per baci lunghi e sospirati e carezze, dolci o appassionate, ma erano troppo sfiniti per poter fare altro che starsene accoccolati fino al sopraggiungere del sonno. Non importava, ci sarebbero stati altri giorni, altri momenti, altre occasioni, ora che erano liberi. Liberi da ogni prigione, fisica o emotiva che fosse.
In quel momento, con la mente dolcemente immersa nell’oblio, ormai prossimo al sonno, Mordred parlò.
«Ammetto di dovermi ricredere su quello là. Non è poi così stronzo e bacchettone come lo ricordavo».
Aveva mormorato più che parlato ad alta voce, ma fu un mormorio più che sufficiente per suscitare una spontanea risata in Odile, anche lei a metà fra il sonno e la veglia.
«Quando arriverai a chiamarlo per nome saprò che devo preoccuparmi» rispose, ancora ridendo.
«Mpf. Da quando hai iniziato a fare battute, tu?» mugugnò suo fratello.
«Da quando sono felice» fu la un po’ trasognata risposta.
La sensazione che Mordred ebbe a quelle parole fu che il suo cuore si stesse sciogliendo, sommergendolo di tepore e serenità. 
Rimase ancora un po’ a pensare a tutto quello che avevano passato, e miracolosamente si sentì in grado di sperare.
«Non sarà sempre così, lo sai?» le sussurrò all’orecchio. «Non saremo sempre in fuga, non dovremo sempre nasconderci. Troveremo un bel posto, uno che piaccia a entrambi, e lì nessuno saprà chi siamo. Potremo vivere insieme alla luce del sole, e allora sarai sempre felice».
«Mh» soffiò Odile in risposta, con gli occhi ormai chiusi e la mente alla deriva, cullata dalle parole di Mordred. Un sorriso sognante le si dipinse sul volto.
Lui sorrise a sua volta guardandola, mentre si spostava appena per sfiorarle la fronte con le labbra.
«Sogni d’oro» sussurrò, prima di chiudere anche lui gli occhi.
Impresso sulla retina era rimasto il bagliore di una fiammella azzurra, che ora dietro le palpebre bruciava e danzava come una stella di speranza su di un cielo scuro.



Angolo Autrice: Salve gente, cosa dire... questa è l'ennesima one-shot chilometrica che in origine doveva essere corta ("un breve scorcio dei pensieri di Lancillotto, breve davvero. Non più di 100 parole."...Seh.). Se siete arrivati vivi fino alla fine avete tutta la mia stima. 
Niente, tutto questo è nato perché volevo scrivere qualcos'altro sui miei amati Black Knight, ma diverso rispetto alla mia precedente OS, e all'improvviso mi è nata l'idea: "vediamoli attraverso il punto di vista di Lancillotto!". Che fra l'altro è un personaggio che, ora come ora, mi sta sulle scatole. Chissà in futuro. 
C'è da dire che ho incominciato a scrivere questa cosa a febbraio, quando ancora non stavo così terribilmente fuori allenamento ma ero in una fase un po' pessimistica, poi il blocco dello scrittore mi ha presa completamente e addio tutto, e poi da un paio di giorni ho ritrovato tutta questa voglia di scrivere e quindi ho voluto portare a termine la one-shot, e sono parecchio entusiasta. Ecco perché all'inizio c'è angst da tagliarsi le vene (e l'ho ridimensionato rispetto alla versione originale!) e alla fine fluff da diabete. Però non mi lamento di come è riuscita perché per la situazione in cui sono è già tanto averla finita.
Il titolo e l'introduzione sono state altre due brutte gatte da pelare, siccome alla fine stavo impazzendo ho messo un po' le prime cose che mi venivano in testa e buonanotte, anche perché rischiavo veramente di fare mattina mentre decidevo!
Sinceramente non so come ho gestito i personaggi, se sono riuscita a renderli IC; Andrea, su questo chiedo il tuo responso.
Boh, credo di aver detto tutto. Sono quasi le due di notte e i miei occhi bruciano come l'Inferno e si stanno chiudendo da soli, quindi perdonate la presenza di eventuali castronerie. 
Ringrazio tutti coloro che leggeranno/seguiranno/ricorderanno/preferiranno la storia; spero che vorrete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate. 
Baci!
   
 
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