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Autore: Terre_del_Nord    08/02/2009    25 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Hogwarts - II.003 -  Reazioni

II.003


Alshain Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971

    “L’atteggiamento del Ministero è inaccettabile!”
    “Ormai siamo sottoposti a ogni genere di vessazione! Umiliati dalla feccia”
    “E’ colpa di Dumbledore, solo colpa sua, dovremmo appoggiare Sherton nelle sue battaglie, mettere da parte i nostri screzi…”
    “Sì, è da anni che ha capito quali rischi corrano i nostri figli in quella scuola!”
    “No! Ormai siamo andati troppo oltre! Dobbiamo sostenere Tu-sai-chi… è l’unico che abbia le palle per rimettere al loro posto babbani e sangue sporco!”
    “Vero… è lui che dobbiamo sostenere per la conquista del Ministero!”

Misuravo il salone delle feste di Malfoy Manor con passo nervoso, non perché agitato da quanto ascoltavo e da quanto stava per compiersi, ma perché la mia mente era lontano, molto lontano da lì. Accanto a me c’erano persone che conoscevo da una vita, il fior fiore dei purosangue della Gran Bretagna e non solo, ma non mi curavo affatto di loro, né della magistrale prodigalità di bevande, comodità e pietanze che Malfoy ci aveva messo a disposizione per allietare la serata. Non mi preoccupava lontanamente nemmeno l’idea che qualcuno di noi fosse in realtà una spia del Ministero, nei giorni precedenti era stato questo il pensiero che mi aveva angustiato tutta la notte: essere trovato in compagnia di personaggi compromettenti, rovinando così la mia vita e quella della mia famiglia per sempre. No, il mio pensiero era su, al Nord, nel magico castello di Hogwarts, accanto a mia figlia, che in quel momento affrontava per la prima volta, da sola, la vita, lontano da me, e si trovava di fronte, subito, uno degli eventi più importanti per il suo futuro. Mi ripetevo tra me e me tutte le parole che avrei dovuto usare per dirle che non m’importava se era finita a Corvonero, parole che dovevano riflettere il fatto che l’amavo anche più di prima, che mi scusavo per tutti i turbamenti che le avevo procurato in quegli anni, e che non doveva preoccuparsi, avevo trovato un modo legale e sicuro per liberarla dalle sue più profonde paure. Parole che nascondessero, soprattutto, la mia delusione cocente, laggiù in fondo alla mia anima, dove ormai nascondevo fin troppe cose.
Vidi la mia immagine riflessa in uno dei meravigliosi specchi incorniciati nell’argento, tra decori serpenteschi: avevo scelto uno dei miei più eleganti abiti neri. Ero tutto di nero, quella sera, niente variazioni sui toni del grigio, solo nero, perché quel colore esprimeva come mi sentivo: in lutto, in lutto per la morte della mia integrità. Mi sistemai di nuovo il colletto, odiavo quelle serate proprio perché dovevo rispettare regole e convenzioni, e quel modo di vestire per me era una costrizione. Strinsi di nuovo la cravatta, un vero cappio, controllai che i capelli fossero in ordine: tra un po’ sarebbero stati di nuovo lunghi, l’idea di tagliarli… l’avevo fatto passare per un vezzo, vero, in realtà avevo seguito il gesto simbolico di Mirzam, anch’io avevo sacrificato qualcosa come lui, per qualcosa cui tenevo di più. Mi sentii osservato, allora rimasi davanti allo specchio ancora un po’, per far credere che fossi preso da un momento di vanità, mi misi a giocare con i baffi, e a lisciarmi la barba, mentre in realtà saettavo lo sguardo sugli altri invitati. Non potevo credere di aver accettato, io, Alshain Sherton, la compagnia di quella manica di nullità, feccia ancor peggiore dei babbani stessi, omuncoli che vedevano nel sangue e nelle stragi l’unico modo per sentirsi pienamente se stessi. Finora avevo parlato solo con Orion e Cygnus, com’era normale aspettarsi, e con Emerson: era stato davvero uno shock trovarlo lì. Non so quanto anche lui si fosse sentito a disagio nel vedermi a casa di mio cugino, proprio quella sera. Lui, tra i maghi del Nord, era quello meno vicino alle filosofie di Salazar. Mi chiedevo cosa ne sarebbe stato della Confraternita se lui stesso avesse ceduto… Se mi ero imbarcato in quella follia, era solo perché contavo che gente come Emerson si opponesse con forza. Certo mi aveva confidato di essere lì solo per farsi un’idea della situazione, quindi sarebbe stato di quelli che se ne sarebbero andati prima della fine della serata, prima dell’arrivo, o meglio della comparsa, di Voldemort. Ma vederlo lì non mi aveva fatto piacere. Cercai di riportare la mia espressione a un’aria cordiale, ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo a eliminare quel senso di ostile sufficienza dalla faccia, né a zittire dentro di me quella voce che mi urlava contro tutto il disprezzo che provavo per me stesso. Avrei dovuto bere, oh sì, bere fino ad annebbiarmi la mente, per farla smettere di urlare, così magari avrei cantato, con la mia voce, ben altro e Riddle, o ancora prima Malfoy e Lestrange, avrebbero finalmente messo fine a quello scempio… a modo loro.

    “Nervoso, Alshain?”

Abraxas, magnifico come sempre, si era avvicinato, silenzioso: lo percepii nello specchio, un angelo di luce, accanto a me, una maschera di morte. Non mi resi conto subito che mi stava offrendo un altro firewhisky con faccia sorridente e sguardo cordiale, quasi gongolava per la perfetta riuscita della serata, per quanto sarebbe stato contento di lui il suo padrone, che di certo era già nascosto da qualche parte a spiare tutti noi e le nostre reazioni, e soprattutto per quanto gli avrebbe fruttato in termini di potere e ricchezza la mia presenza e quella di Orion lì, quella sera. Osservai il liquore, la mia ancora di salvezza, la via per la fine dei miei tormenti, quel colore ambrato mi seduceva, ne sentivo in anticipo il sapore sulle labbra e la lingua, lo guardai con occhi smaniosi, ma quando stavo per cedere, declinai cortesemente l’offerta.

    “Sai, Abraxas, apprezzo molte cose, ma cerco di non esagerare mai…”

Gli feci vedere che stavo tenendo in mano un bicchiere ancora in parte pieno.

    “Mi sconvolgi sempre cugino, è incredibile quanto non applichi mai a te stesso l’indulgenza e la generosità che dimostri per il resto del mondo…”
    “Te compreso!”

Rise, anche se sapeva benissimo che la mia osservazione non era dettata esattamente da benevolenza.

    “Allora, che cos’hai? Ripensamenti? Non ti va di far vedere apertamente come la pensi a tutti questi galantuomini? Ho visto che non hai parlato quasi con nessuno…”
    “No, cugino, no… E’ solo la serata sbagliata… ho la mente lontana. A Hogwarts, per l’esattezza…”

Mi portai la mano alla barba, fingendo di essere ancora impegnato a curare il mio aspetto.

    “Capisco... Mi dispiace, non ho pensato proprio alla coincidenza: era prevedibile che saresti stato distratto... Ma come ti ho detto l’altro giorno, davanti alla Gringott, a me non importa del risultato dello smistamento, sarei comunque ben lieto di mantenere fede a quel famoso patto: ho visto tua figlia… è ancora una bambina, naturalmente, ma si capisce già che sarà stupenda come sua madre. Sarà una Malfoy perfetta, a parte per il colore dei capelli, s’intende…”

Aveva una faccia aperta in un candido sorriso, così puro, innocente, così tremendamente falso, strinsi il bicchiere che avevo in mano talmente forte che lo ruppi in mille pezzi, ferendomi la mano e spargendo il whisky, misto al mio sangue, tutto intorno. Tra i presenti, che pure non avevano sentito nulla di quella discussione fatta a fior di labbra, era calato un silenzio sbalordito: Orion aveva subito smesso di parlare con Lestrange e mi aveva rivolto un’occhiata preoccupata, poi aveva squadrato Abraxas, cercando di capire qualcosa dalla sua espressione.

    “Vieni di là, sistemiamo questa mano!”

Abraxas cercò di trascinarmi nel suo studio, con fare tranquillo, più che altro per rasserenare gli altri presenti, che chissà cosa s’immaginavano: di sicuro era più nervoso di me, perché in passato aveva già visto di cosa ero capace quando m’inquietavo com’ero inquieto in quel momento. Orion si staccò dal gruppo e cercò di raggiungerci, anche lui sapeva, ma gli feci cenno che andava tutto bene.

    “Allora… a cosa dobbiamo quest’attacco d’ira, cugino?”

Trafficava rapido con la bacchetta tra i pezzi di vetro e la mia carne, senza alzare gli occhi sulla mia faccia, ben lieto di avere qualcosa d’impegnativo da fare, che lo giustificasse della sua codardia.

    “Lo sai bene, voglio che tu e tuo figlio stiate lontani da Meissa… pretendo che a mia figlia siano risparmiati questi discorsi e queste preoccupazioni, è piccola, deve vivere serena e in maniera adeguata all’età che ha. Siamo intesi? Se vengo a sapere che Lucius ha di nuovo fatto qualcosa per spaventarla…”
    “Ma dai, lo sai com’è Lucius… tua figlia si è lasciata impressionare dai racconti di suo fratello e ha sicuramente visto minacce, dove c’era solo un gioco innocente…”

Mi stava fasciando la mano con maestria, come faceva da una vita, da quando, piccoli, si occupava lui, non mio fratello, dei tagli che mi procuravo giocando in giro per quella vecchia casa. La ritrassi come se mi avesse punto con qualcosa di velenoso.

    “Lucius ormai è maggiorenne, Meissa ha appena undici anni, non c’è nulla d’innocente nei suoi stupidi scherzi! Non deve darle più fastidio, altrimenti prima mi occupo di te che non sai educarlo, poi passo a lui…”
    “Merlino! Ma che discorsi fai, Alshain! Ora ci sarei io dietro? Ti pare che stia lì a istigarlo contro di lei? Cosa ci guadagnerei? Sai che voglio solo una cosa da te e da tua figlia…”

Aveva alzato la voce più del dovuto e se ne era già pentito, mi guardava serafico, innocente, ma sapeva bene che con le sue ultime parole mi aveva messo addosso il desiderio atavico di spezzargli il collo. Mi limitai a ringhiare, con voce bassa, perché temevo che Orion o altri fossero accorsi dopo quell’ennesimo alzar di voci e non volevo certo che alcuni discorsi diventassero di pubblico dominio.

    “Vuoi forse negarlo? Guardami negli occhi e negalo, se ne sei capace… E nega anche altre cose, tipo certe visioni o certi sogni… O una strana tempesta su Herrengton, o… la storia dell’incidente di mio fratello…”

Abraxas aveva nel frattempo ripreso la mia mano e ormai aveva finito di fasciarmela: me la lasciò all’istante, il sorriso cortese sparì dalla sua faccia, mi guardò serio, dopo essersi rifugiato di là del suo scrittoio, quasi a prendere le distanze e mettersi in salvo da quanto temeva potesse accadergli.

    “In guerra si devono usare tutti i metodi in nostro possesso, lo sai bene come me: avevi bisogno di riflettere e prendere la giusta decisione, quella che non accettavi solo per orgoglio, mettendo a rischio tutto quello che hai di più caro. Avevi bisogno solo di una spinta… Sì, è vero, te l’ho data io, ma erano illusioni, Alshain, solo illusioni…. Se avessi aspettato, quelle illusioni potevano diventare realtà…”
    “Tu fa ancora una cosa del genere a mia figlia e l’ira di Tom Riddle sarà una carezza rispetto a quello che ti farò io!”
    “Io non ho fatto nulla a Meissa! Ho toccato solo i tuoi sogni… i tuoi sogni… Non so nulla di Meissa, di strane tempeste e quanto a tuo fratello… non sono stato io a beneficiare di certe disgrazie, o sbaglio?”
    “L’hai ammesso due secondi fa e già neghi… vigliacco!”

Misi mano alla bacchetta e lo guardai con odio, chiusi gli occhi provando a scacciare la rabbia eccessiva.

    “Ho ammesso quello che ho fatto a te, perché dovrei negare il resto? Io non toccherei mai la tua famiglia, lo sai, sarei l’unico a farmi quello scrupolo, e tu sai bene anche il motivo…”
    “Tieniti alla larga da tutti noi, Abraxas, lo dico per il tuo bene…”

Abraxas annuì, mi guardò negli occhi.

    “Sta bene…. Sai anche tu che non avrò bisogno di infastidirti ancora se davvero hai compreso cosa devi fare per mantenere la tua famiglia al sicuro…”
    “Sei solo un porco, Malfoy, un bastardo maledetto... mi fai letteralmente ribrezzo, credevo che almeno questo ti fosse rimasto di sacro nella vita, il rispetto per la famiglia e il tuo sangue, ma… a quanto pare mi sbagliavo, sei ottenebrato dalla sete di potere…”
    “Sono solo realista, Alshain, e ti dico un’altra cosa… se insisto tanto per Meissa, è proprio per aiutarti a tenera al sicuro… Se oltre a essere tua figlia, fosse anche la moglie di Lucius, sarebbe praticamente un’intoccabile, e se avessero un figlio… ti rendi conto del potere che avrebbe quel bambino, nostro nipote? Potrebbe spazzare via chiunque…”

Mi alzai e mi voltai per andarmene.

    “Hai capito, ora, perché faccio tutto quello che sto facendo?”

Non riuscivo più a trattenere la mia collera, lo sapevo bene, ero arrivato al mio limite di sopportazione, dovevo uscire da lì il prima possibile, togliermi quella faccia e quella voce di dosso, respirare aria fresca, aria sana, o rischiavo di scatenare l’inferno tra quelle mura e non sarebbe rimasto nessuno lì in quella casa, in vita, a raccontare quello che era davvero successo. E c’era altro a tormentarmi l’anima: Abraxas era sincero e questo significava che io avevo un nemico nell’ombra. Sperai con tutto il cuore che fosse solamente Lestrange, ma l’inquietudine nuova che mi sentivo addosso mi turbava profondamente.

    “Com’è vero che siamo purosangue, Malfoy, ti prometto che ti ucciderò, quali che siano le tue motivazioni, qualsiasi cosa faccia o non faccia Riddle: se mia figlia verserà anche solo un’altra lacrima a causa tua e delle tue macchinazioni… io ti ucciderò. Non tornerò più sull’argomento.”

Mi voltai per tornare dagli altri, ma scorsi uno sguardo strano in Abraxas che mi turbò, lo stesso che avevo percepito nella radura dei thestral: era preoccupato per me, non mi rendevo ancora conto del vero grado di pericolo in cui avevo messo me e la mia famiglia.

***

Orion Black
Malfoy Manor, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971

    “Che cosa pensi sia successo, Orion?”
    “Non ne ho idea… Probabilmente i soliti screzi per via dei ragazzi…”
    “Oh, sì… immagino… è stato davvero divertente vedere il piccolo Rigel mettere in difficoltà Lucius l’anno scorso!”
    “Mmm…”

Roland Lestrange continuava a vantarsi con me e mio cugino del fatto che entrambi i suoi figli fossero amici dei giovani Sherton, ma non poteva importarmene di meno: erano rare le volte in cui avevo visto Alshain dare di matto come in quel momento, e quella sera non poteva di certo permetterselo. Nessuno di noi due poteva permetterselo. Ufficialmente non eravamo andati insieme a quell’incontro, ero stato convinto da Cygnus, il mio cugino-cognato a partecipare a quella “riunione”, mi aveva fatto intendere che avremmo incontrato di persona il famigerato Lord Voldemort, avremmo ascoltato dalle sue labbra le sue intenzioni future riguardo al Ministero e i suoi rimedi contro le limitazioni in cui sempre più spesso versavamo noi, esponenti di famiglie che non apprezzavano l’avanzata dei mezzosangue e dei sangue sporco ai vertici dei centri del potere. Il pensiero di trovarmelo davanti in carne e ossa mi aveva turbato nei giorni precedenti in maniera assurda, ma ora mi rendevo conto che la realtà era anche peggiore di quanto mi aspettassi: eravamo in una specie di acquario, esposti tutti quanti al suo esame. Mi guardavo intorno sperando di trovarne una traccia ma era palese che si fosse ben nascosto e maledicevo la mia folle decisione di farmi coinvolgere in quella dannata serata. Quando volevo ero un maestro nel trovare ottime scuse, ma non potevo lasciare Alshain da solo. Era questa la verità. Oramai era chiaro, solo chi fosse rimasto oltre la riunione avrebbe parlato direttamente con lui, avrebbe conosciuto i piani; chi di noi durante quel maledetto incontro si fosse mostrato compiacente, sarebbe stato contattato in un secondo momento, avrebbe avuto un ruolo più o meno esplicito nei suoi giochi; tutti gli altri, prima o poi, sarebbero stati invitati in maniera più o meno amichevole a partecipare. Io non avevo alcuna intenzione di mostrarmi compiacente al momento, né quella di essere forzato a partecipare a qualsiasi cosa avessero per la testa. Avevo detto che avrei gradito sovvenzionare, senza farmi troppa pubblicità, le attività che fossero state necessarie alla causa, ma non potevo concedere molto di più: d’altra parte non erano pochi coloro che dubitavano delle mie reali condizioni di salute. Per una volta mi ritrovavo ad affermare tra me e me che essere deboli poteva essere un vantaggio!
Sapevo che Roland Lestrange, come pure suo figlio, stranamente assente quella sera, era uno dei tramiti, un vero e proprio reclutatore e che io ero uno dei soggetti più analizzati quella sera. Da me forse davvero si aspettavano solo denaro e contatti e soprattutto cercavano qualsiasi informazione utile riguardo Alshain. Ero nervoso, quello che ero chiamato a fare quella sera e nei giorni seguenti, necessitava tutte le mie doti d commediante, sapevo che ci sarei riuscito, ero bravo nei bluff, al contrario di Sherton che non poteva contare sulla stessa abilità. Uomo troppo diretto e poco diplomatico. Lui era stato tirato dentro davvero, a lui non sarebbe stata chiesta solo una partecipazione silenziosa: con quell’incontro estivo a Godric Hollow era ormai coinvolto direttamente e molto più di quanto una persona cauta e accorta come me ritenesse opportuno. Quando uscì dallo studio di Abraxas era a dir poco nero di rabbia, probabilmente se ne sarebbe voluto andare all’istante, ma ora era ancor di più sotto lo sguardo di tutti. Mi avvicinai, offrendogli qualcosa di non troppo alcolico.

    “Che cosa è successo? Cos’erano quelle urla e che significa questo?”

Presi la sua mano e con difficoltà riuscii a riportare la sua attenzione su di me.

    “Abbiamo parlato di Meissa…”
    “Ancora con questa storia? Forse sei proprio tu a prenderla troppo sul serio!”
    “Troppo sul serio? Sei impazzito anche tu?”

Forse sì, forse la tensione accumulata era troppa e parlavo a vanvera, ma Alshain stava perdendo di vista i pericoli veri e immediati, per correre dietro al suo fantasma personale: suo cugino Abraxas. Ormai litigavano ogni volta che s’incontravano, e sempre per lo stesso argomento.

    “Alshain… rifletti… La verità è che sei teso per lo smistamento, ma guarda che ore sono: ormai è tutto finito, inutile agitarsi... La tua curiosità, la nostra curiosità, avrà fine tra poco: ho chiesto a Phineas di informarsi subito e mi sono portato dietro uno di quei famosi specchi… appena Walburga saprà qualcosa, ce lo dirà…”

Gli porsi uno degli specchi magici che c’eravamo costruiti da ragazzi, e che usavamo per tenerci in contatto a distanza, quando non eravamo a Hogwarts.(*NdA: consideriamoli gli antenati degli specchi che Sirius e James usano quando sono lontani!)

    “Specchi… credevo... il mio è sparito!”
    “Questo è il tuo, colgo l’occasione per ridartelo. L’avevi prestato ai ragazzi quando sono stati da me, ricordi?”
    “A dire il vero no… ho la mente azzerata in questo momento”
    “Salazar, sei così teso che rischi di fare un casino stasera, vedi di darti una calmata!”
    “Non ho alcuna intenzione di restare un minuto di più qui, stasera!”
    “Alshain, non fare scherzi, ho sentito molte persone stasera, molti sono venuti per Lui, ma molti, vogliono ascoltare te, lo sanno che hai molto da dire sul futuro dei giovani e della razza magica… qui tutti hanno dei figli che sono esposti a certi rischi… sanno cosa hai loro da dire e sanno quanto ti sei battuto in passato per dirglielo… sarebbe a dir poco strano che dopo tante battaglie tu ti privassi del pubblico che hai cercato per anni…”
    “E se mi ascolteranno, contribuirò a farli associare a Riddle, te ne rendi conto? Io gli darò in pasto tutta questa… persino gente come Emerson… anche se non uccidessi mai… sarei stato io a consegnare le armi di Riddle nelle loro mani… io sarò responsabile…”
    “Ne abbiamo già parlato, nessuno di loro farebbe qualcosa che non ha già intenzione di fare… non avresti nessuna responsabilità, e in cambio avresti la sicurezza per la tua famiglia. Per me è un buon compromesso…”
    “E se ti dicessi che qualcuno mi ha tradito?”
    “Che vuoi dire?”
    "Ho parlato con Abraxas delle strane visioni di Meissa… Non è stato lui…”
    “E da quando credi a quello che ti dice Malfoy?”
    “So riconoscere quando è sincero…”
    “E quindi? Hai scoperto che c’è qualcun altro nell’ombra… che grande novità… Nessuno dei due conosce un certo Roland Lestrange, vero?”
    “Roland non potrebbe, solo chi mi è vicino può farlo… nessun altro potrebbe toccare i miei figli…”
    “Qualcuno vicino… molto vicino… Uno come me?”

Mi guardò, mantenni un’espressione il più possibile tranquilla, sembrò comprendere subito quanto fosse vicino alla pazzia in quel momento.

    “Smettila Orion… ho capito cosa vuoi dire… Dovrai aiutarmi a venire a capo anche di questo… ma cosa?”

Guardai le sue mani, lo specchio vibrava delle ben nota luce verdastra.

    “Ci siamo Alshain…”

Sorrisi, ma quando vidi la faccia di Walburga emergere dallo specchio, contrita, il mio cuore batté un colpo fuori tempo, una strana tensione mi prese allo stomaco, o meglio divampò feroce nonostante, per tutta la giornata, avessi cercato di mantenerla sotto controllo.

    “Fammi parlare con Alshain!”

Tono spiccio e a dir poco funereo, la tensione si fece un’onda di gelo, densa che salì lenta dalle mie estremità a cingermi il cuore. Gli porsi lo specchio, tremante. Avevo una strana, stranissima sensazione, da alcuni giorni prima della partenza quando Sirius era entrato nel mio studio e avevamo finito col parlare per tutto il pomeriggio. Non l’avevamo mai fatto.

    “Phineas dice che…”

In quel momento anche i ritratti presenti nel salone di Malfoy Manor entrarono in agitazione, i verdi occhi di smeraldo dei serpenti di Salazar si misero a luccicare, sapevo cosa significava, era la notizia che tutti noi aspettavamo con ansia, ero così felice da non poterlo credere. Contemporaneamente Abraxas fece il suo ingresso in compagnia di Lord Voldemort in tutta la sua oscura magnificenza: non avevo capito un cavolo di come funzionava quella serata, evidentemente.

    “Sono felice di essere qui con tutti voi, a festeggiare la serata in cui tutti i figli degli Sherton rientrano finalmente nella casa del grande Salazar Slytherin…”

Il brusio si sollevò subito alto, molte facce si avvicinarono per complimentarsi, io che stavo già attaccato al suo collo fui allontanato senza tante cerimonie, ritrovandomi accanto a Abraxas che brindava alla sua famiglia. Voldemort si avvicinò col suo fare spettrale, mi diede la mano sorridendo strano con quella sua bocca senza labbra, chinai subito lo sguardo, in un gesto automatico, di devozione che non provavo affatto, passò subito oltre, mentre tutti gli si aprivano dinanzi, permettendogli di avvicinarsi rapido all’unico che sembrava attirare la sua attenzione. A pochi passi da Alshain alzò il suo calice.

    “Questo è un segno anche per noi, il maestro e il discepolo sono di nuovo uniti davanti a voi tutti, nella pienezza della gloria di Salazar… la grande famiglia purosangue deve riunirsi come abbiamo fatto noi, le vecchie dispute siano risolte…”

Non potevo crederci, stava parlando come se volesse far passare per opera sua il risultato di quello smistamento, come se fosse per la devozione di Alshain nei suoi confronti che la maledizione era finalmente distrutta. Lanciai uno sguardo a Alshain, ormai si tratteneva a stento. Mentre riflettevo su quei pensieri, mi resi conto che Walburga mi stava sibilando, forte del fatto che tutti erano concentrati altrove, una serie di epiteti che da anni ben conoscevo.

    “Si può sapere che diavolo vuoi? Non vedi che sono impegnato? Milord è qui d fronte a me…. ”
    “E immagino che si stia complimentando con te per quello che ha fatto quell’idiota di tuo figlio…”

Guardai di nuovo Walburga, questa volta con un’attenzione che da anni non avevo più nei suoi confronti… la felicità momentanea lasciò subito spazio all’onda di ghiaccio che ormai mi stringeva alla gola, lottavo per non perdere coscienza.

    “Che cosa vuoi dire? Che cosa ha fatto Sirius stavolta?”
    “Sirius è entrato a Grifondoro…”
    “Che cosa? NO! Non è possibile… a Grifondoro, no! Non può…”

No, stavolta era troppo pure per me, mi aggrappai alla spalla di Alshain, che nel frattempo doveva aver intuito qualcosa e si era sottratto all’assalto generale, per assicurarsi che andasse tutto bene: lo vidi farsi pallido esattamente come me, tutto avevamo immaginato, tutto avevamo calcolato, ma non quell’epilogo… Cosa diavolo era successo? Dove avevamo sbagliato?

    “Orion!”

Mi sentii mancare la terra sotto i piedi, mentre la bionda figura di Abraxas Malfoy e mio cugino aiutavano Sherton a sostenermi. E tutto intorno i brusii si levavano concitati, ancora presi dal discorso di Voldemort e dalla scena del mio quasi svenimento, speravo che nessuno di loro avesse ancora scoperto il motivo del mio mancamento. Com’era stato possibile? E che significato occorreva dare a quella notizia? Non poteva essere... Sirius non poteva esserci riuscito davvero...

    “Ti riaccompagno a casa, Orion…”
    “Non è nulla… non è nulla…”

In realtà vedevo delle macchie rosso-oro che vagavano, annebbiandomi la vista, oscurando tutto quello che era la realtà attorno a me. Fiato corto, sudore freddo e cuore a mille… Quel piccolo bastardo! Non sapevo se stavolta mi stesse ammazzando sul serio o avesse trovato il modo di salvarci da una serata che poteva metterci tutti quanti nei guai.

    “Ti accompagno… questa serata è iniziata male e sta finendo peggio!”

Sherton era a dir poco furioso, anche se non capivo se per i risultati dello smistamento o per tutto il resto. Mi aiutò a rindossare il mantello, mentre fulminava con occhi carichi d’odio coloro che si stavano complimentando per Meissa e in particolare Malfoy e Lestrange, che cercavano in tutti i modi di trattenerlo… L’ultima cosa che notai fu lo sguardo carico di curiosità che Lord Voldemort ci rivolgeva mentre ci smaterializzavamo da Malfoy Manor… E la serata era appena all’inizio.


***

Alshain Sherton
Amesbury, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971

Ci materializzammo non molto lontano, a pochi istanti uno dall’altro, il bosco era rischiarato dalla luce della luna, ormai prossima alla sua completa pienezza. Avanzammo nella faggeta gomito a gomito, due ombre oscure tra tante altre, in silenzio: da Malfoy ci era bastato uno sguardo, quello a noi tanto noto da non aver bisogno di parole, quello che nessun altro sapeva cogliere e percepire. Arrivati al punto d’ingresso, sfiorai appena la pietra verde del mio anello, svelando ai nostri occhi ciò che la magia, che avevo intessuto negli anni, celava a tutti gli altri. Aprii con un incantesimo la porta di quello che sembrava un semplice capanno da cacciatore ed entrai, Orion mi seguì immediatamente, mentre il bosco si era già richiuso alle nostre spalle, celando qualsiasi traccia del nostro passaggio. Buttai il mantello sul divano, e andai al caminetto per accendere il fuoco, Orion rimase in piedi alla porta, di sicuro era ancora sconvolto. Mi voltai, il suo viso illuminato dal fuoco non tradiva emozioni, ma le sue mani tremavano abbastanza da svelarmi il suo stato d’animo. Andò a sedersi al suo solito posto, versando da bere per entrambi, sempre senza dire una parola, quasi muovendosi in maniera meccanica. Mi avvicinai, andando a sedermi di fronte a lui, dovevamo parlare e farlo in fretta, nemmeno le nostre famiglie dovevano avere dei sospetti. A quel punto, era troppo importante stabilire gli ultimi dettagli tra noi, per comprendere al meglio la situazione, prima di affrontare e parlare con chiunque altro.

    “Orion, ti senti bene?”

La straordinaria notizia di Meissa a Serpeverde era praticamente bruciata e archiviata, sarebbe stato l’argomento delle mie future conversazioni in società, certo, ma non era quello il momento. Non era quella la notizia più importante della giornata. Ci stavamo giocando tutto: per questo la sorte di Sirius andava analizzata e puntualizzata al più presto.

    “Sì, sì, sto bene… Te l’ho detto che sarei stato molto convincente…”
    “Convincente? Ho temuto che ti fossi sentito male davvero!”

Orion sospirò, affondando nella poltrona, con le mani sulla faccia, io strapazzavo con movimenti ripetitivi e nervosi il bastone da passeggio che mi ero portato dietro come facevo sempre, quando avevo dinanzi una di quelle dannate serate. Lo guardai, lottava con se stesso per fingere tranquillità, ma di certo aveva l’inferno nell’anima.

    “Te l’ho detto, quando voglio, so recitare meglio di chiunque altro… D’altra parte, mi hai reso tutto… Non è stato poi così difficile… Era normale per un Serpeverde fare quella faccia e sentirsi male davanti a una notizia del genere… Grifondoro? Un Grifondoro, Alshain? Di questo non mi avevi parlato!”
    “Beh… le cose… o si fanno per bene, o non si fanno affatto…”

Buttai giù in un solo sorso il whisky e guardai verso di lui con la coda dell’occhio. Mi rivolse uno sguardo inquieto e spietato, dal suo punto di vista avevo giocato sporco, lo sapevo… ma… Sorrisi nervoso… La verità… Giocavo con il bicchiere tra le mani e seguivo con lo sguardo le fiamme che danzavano nel caminetto… La verità era che le cose erano sfuggite al mio controllo e non avevo idea di cosa fosse successo… Intercettai di nuovo lo sguardo ancora sconvolto del mio amico: sapevamo entrambi, a parte lo shock del momento, che era andato tutto secondo i piani, addirittura di là delle nostre più rosee aspettative. La cosa sconvolgente era che nessuno dei due sembrava avere idea di cosa fosse davvero successo.

    “Tu avevi in mente tutto questo dall’inizio e non me l’hai detto, Alshain?…”

Aveva gli occhi quasi febbricitanti, mentre mi arpionava il braccio con una certa violenza. Sospirai e lo guardai negli occhi, senza più indugi, mentre gli rispondevo: era giusto essere onesti, almeno adesso.

    “D’accordo, Orion… lo ammetto… io non ho idea di cosa sia successo stasera… ero convinto che sarebbe finito a Corvonero, va bene? Era naturale che finisse lì… Non sarebbe stato nemmeno troppo sconvolgente, in fondo… Voglio dire, per voi Black certamente sì, ma per me, per noi due che ci stavamo preparando da tempo… anche perché come previsto durante l’estate ha sviluppato una notevole curiosità… Ed è incredibilmente dotato: anche Deidra, dalla prima volta, ha notato che come mago è straordinariamente abile… L’anello che gli ho dato intensifica semplicemente alcuni elementi, li doveva solo esaltare, ma non poteva cambiarlo in niente di diverso da quello che è. Poteva anche non funzionare e, in effetti, secondo me, l’anello non ha funzionato. C’è qualcos’altro in ballo. C’è qualcosa che non ho valutato… qualcosa che non abbiamo considerato, nessuno dei due… è successo qualcosa Orion?”
    “A me lo chiedi? Credevo stessimo seguendo alla lettera gli stramaledettissimi piani che hai fatto su mio figlio! Ho fatto tutto e solo quello che mi hai chiesto di fare, da quando il marchio di Salazar è ritornato nelle nostre vite: ho ritrovato la pietra, ho rubato l’anello di Lestrange, ti ho mandato i miei figli a Herrengton… ti ho difeso di fronte a Walburga… e quello che ho ottenuto è un figlio a GRIFONDORO!”

Urlò, non l'aveva mai fatto con me, e dall'espressione capii che se ne pentì subito. Ma come dargli torto?

    “Lo so, Orion… ma quello che ti chiedo ora è se… è successo qualcosa di strano negli ultimi giorni? Perché il risultato di questa sera non era nei piani… Sirius è andato molto oltre quanto avrei voluto… Senza dubbio ha fatto meglio di quanto avessi previsto: basta dire che ci ha appena tolto senza sospetti da una situazione spiacevole, e per il futuro… Nessuno dei Custodi è stato mai scelto tra i Grifondoro…. La sua condizione ora è talmente assurda e problematica, che nessuno potrebbe mai immaginare che sia lui il prescelto... "

Mi andai a guardare la punta delle scarpe: per fortuna dovevo nominarlo io ed io soltanto, se fosse stata una scelta della Confraternita, mai e poi mai avrebbero accettato un mago uscito dalla casa di Godric. Avevo messo in una condizione difficile quel ragazzo, lo sapevo bene, ma sapevo anche che non sarei stato l’unico a trovarne beneficio.

    “Ammesso che, lasciato tra quella manica di disgraziati, mantenga il desiderio che ha manifestato con te durante l’estate… e se diventasse un filo babbano? Se facesse la fine di mia nipote Andromeda?”
    “Beh se avesse quell’attitudine, non si salverebbe nemmeno se stesse a Serpeverde, l’esempio di Meda è lampante, non credi? Sappiamo entrambi che non ci credi davvero: se lo temessi, non l’avresti mai mandato a Herrengton…”
    “Beh a dire il vero… ora inizio a pentirmene…”

Si alzò, iniziò a camminare avanti e indietro pensieroso, andandosi a lisciare la barba come se fosse di fronte a un intrigo di cui non riusciva a venire a capo. Scese un silenzio comprensibile: immaginavo che cosa sarebbe successo una volta che la cosa si fosse compiuta, sapevo che era il dolore a farlo parlare, avevamo riaperto antiche ferite e i vantaggi non sarebbero stati davanti ai nostri occhi ancora per molto tempo. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo, vederlo così confuso e dispiaciuto per colpa mia mi rendeva insicuro e colpevole, mi faceva dubitare della bontà delle mie scelte… poi si fermò di colpo e mi squadrò. Conoscevo benissimo anche quello sguardo, quello di un uomo infinitamente più fragile e al tempo stesso più forte di me. A volte mi sentivo incredibilmente fortunato, se avessi dovuto prendere io le sue decisioni, avrei fallito dopo pochi istanti; quell’uomo, invece, per i suoi figli stava vivendo all’inferno da sempre.

    “No, hai ragione… tu sarai anche un pazzo, ma come padrino sei perfetto, non gli faresti mai … scusami… ho esagerato… eravamo d’accordo, sapevo… la mia reazione è ingiusta…”
    “Non gli ho detto niente, Orion… te l’ho promesso, da Fear…”

Si voltò e ci guardammo… il discorso di Fear … non lo citavo mai, se lo stavo facendo, voleva dire che parlavo seriamente. Fece un gesto di stizza.

    “Ok… basta così… non voglio sentir parlare anche di Fear stasera… quello che conta è solo fare in modo che ne sia valsa la pena… perché sappiamo entrambi che soffrirà a lungo per questa storia… Ora dimmi solo questo: il fatto che non sia dove avevi previsto, gli fa correre il rischio che non dia retta più nemmeno a te?”

Capivo ed era quello che stava preoccupando anche me. Se un uomo come Dumbledore si fosse messo tra me e lui, non ero certo che avrebbe dato retta a me… d’altra parte se fosse finito a serpeverde, avrebbe potuto finire in ani anche peggiori… La mia schiena fu percorsa dai brividi… No, se fosse stato necessario, avrei gettato tutte le maschere con Sirius, dopo quello che mi aveva appena dato, non gli avrei celato la verità, avrebbe sempre potuto fidarsi di me. Glielo dovevo. A costo di far prendere un infarto a Orion sul serio.

    “Beh… Non dovrei correre molti rischi: io sono l’adulto buono, tu e sua madre le arpie che gli stanno rovinando la vita. Hai scelto tu questo ruolo, ricordi? Da chi pensi potrebbe andare a lamentarsi? Conterà molto la vostra pessima reazione, Orion… e sappiamo bene che da Walburga non avremo sorprese…”

Quando mai quella donna aveva fatto un gesto gentile e comprensivo verso quei due poveri ragazzini? Come se fosse stata colpa loro se…

    “Potrebbe trovare qualcuno che si metta tra te e lui in quella dannata casa!”
    “Saprò affrontare anche questa, Orion, non sprecherò la tua fiducia o la sua…”

No, con Sirius e Regulus non c’erano problemi, io sarei stato il loro punto di riferimento ancora per anni, ottenendo in cambio esattamente quello che desideravo. Quello che li avrebbe tenuti lontano dai guai e fatti vivere sereni nonostante il trauma di dover portare un cognome tanto pesante.

    “Non c’è altro da fare o da dire… Anche se so che sarebbe il caso di non tornare a casa, stasera, credo sia il momento di tornare a Grimmauld Place: devo convincere Walburga, anche se non credo sia necessario, che sia solo colpa mia…”
    “Non ricominciare Orion…”
    “Conosci Walburga… sappiamo benissimo, entrambi, cosa succederà adesso!”
    “Beh credo che stavolta dovresti ricorrere a un bell’Oblivion e farla finita con lei… non voglio farmi gli affari vostri, ma mi pare che per quella storia ormai hai pagato a sufficienza…”
    “Tu sai che sono … innamorato di Walburga… a volte stento a crederlo persino io, ma è così…”
    “E’ senso di colpa, non amore… non è possibile che tu sia ancora innamorato di una donna che ti ha … Scusami… non sono affari miei…”

Orion mi sorrideva, la prima faccia serena che faceva quella sera: era davvero incredibile, ma era sincero, non so cosa diavolo ci trovasse in quel mostro di sua moglie, donna bellissima per carità, ma con un animo infernale che faceva impallidire persino quello di Lestrange…

    “Prima che tu vada a farti cruciare…”

Lo guardai con una smorfia e Orion si mise a ridere. Che fosse davvero pazzo o masochista? Cancellai quelle immagini dalla mente e cercai di mantenermi lucido, dovevamo comunque arrivare alla verità.

    “… è fondamentale capire cosa diavolo ci sia di Grifondoro in tuo figlio… Non vogliamo altre sorprese, giusto?”

In fondo il problema era tutto lì: scoprire cosa quel dannato cappello avesse visto che a noi era sfuggito.

    “Ok, parlando seriamente, lasciando da parte epiteti e insulti, cosa si dice dei Grifondoro? Che sono coraggiosi, sicuri, sinceri, impulsivi, giusti, temerari… ”
    “Tuo figlio è impulsivo e coraggioso, Orion… ma sulla sincerità e la giustizia ho qualche ragionevole dubbio… inoltre è furbo, ho visto le sue macchinazioni ai danni del fratello e altre abilità decisamente Slytherin…”

Orion riprese a camminare, l’espressione concentrata a rivivere tutte le occasioni, per la verità rare, in cui era stato abbastanza a lungo con suo figlio da riuscire a mettere da parte il ruolo odioso che si era imposto. Alla fine si fermò di fronte a me, il volto di un illuminato.

    “Meissa!”
    “Meissa? Che c’entra mia figlia?”
    “Avrebbe un senso… è assurdo certo, ma…”
    “Che cosa stai borbottando, Orion? Cosa diavolo avrebbe fatto Meissa?”
    “Sirius mi ha fatto un discorso stranissimo poco prima di partire… credevo fosse una sciocca curiosità dovuta a una chiacchierata con tua figlia. Ha voluto che gli spiegassi la storia della maledizione…”
    “E…?”
    “Mi ha chiesto se fosse possibile fare una specie di un patto col Cappello…”
    “Un patto? Un patto sarebbe un semplice “Do ut des”, un gesto astuto, degna espressione di un animo Serpeverde…”

Sì, me ne aveva già parlato Rigel qualche anno prima ed io gli avevo fatto l’esempio di almeno tre nostri antenati che ci avevano provato senza ottenere nulla di quanto previsto.

    “Non se lo volessi e ci credessi davvero, Alshain… e soprattutto se per te stesso non ottenessi nulla in cambio… a parte un mucchio di problemi…”
    “Ha undici anni, Orion! per quanto possa voler bene a Meissa, per quanto possa essere preoccupato per lei…. Di certo è più forte la paura che prova per quello che potreste fargli voi due…”
    “Gliel’ho detto, esplicitamente… qualsiasi cosa faccia allontanare un Black dalla sua famiglia, farebbe di lui solo un rinnegato… tu hai ragione, Alshain, ma per quanto guardi a fondo, non c’è nient’altro che abbia senso… tu sai bene che in tutti questi anni non ha mai bussato alla mia porta… ho fatto in modo che avesse un sacro terrore di me, ma da quando è tornato da Herrengton, ha avuto il coraggio di farlo, parlandomi solo di due cose: delle rune e di Meissa… Aveva lo stesso ardore, tutte e due le volte… ci tiene davvero…”

Rimanemmo in silenzio, guardandoci distrattamente, entrambi avevamo difficoltà a rimettere ordine nei nostri pensieri fumosi: certo quell’idea, per quanto bizzarra, poteva avere un senso, Sirius si era già dimostrato capace di gesti simili e per Meissa si era già preoccupato altre volte… Ripercorsi i due mesi che mi era stato accanto, alcune cose ora rilucevano di maggiore chiarezza: era animato da giustizia quando aveva difeso Regulus dalle mie accuse; era stato sincero e coraggioso quando mi aveva affrontato per spiegarmi che aveva fatto piangere Meissa; impulsivo quando aveva provato ad attaccare il figlio d Eileen… Incredibilmente ingenuo e fiducioso quando aveva affidato la sua vita a un uomo come me, capace di piegare e modellare la sua curiosità e la sua solitudine a interessi più grandi di lui…

    “Se è come credi tu… Se è solo per quello che è finito a Grifondoro… non ci saranno problemi… non cambia nulla, anzi, la sua fedeltà non solo sarebbe certa, ma avrebbe ancora più forza… Abbiamo sempre contato sulla sua lealtà nei miei confronti, ma quello di cui stiamo parlando ora è molto più… intenso…”
    “Come hai detto anche tu… sono solo dei bambini, bambini che potrebbero prendere strade diverse, se li lasciassimo liberi di fare quello che vogliono… Potresti trovarti con niente in mano per uno stupido capriccio da ragazzini… te ne rendi conto?”
    “Mi aiuterai tu a mettere le tessere a posto, Orion… tieni… te ne avrei parlato nei prossimi giorni, come gesto di pace…”

Gli porsi la pergamena che avevo con me dal mattino: subito dopo aver lasciato i ragazzi a King’s Cross, mi ero allontanato da Deidra e Mirzam con la scusa di dover ritirare la mia bacchetta da Olivander.

    “La mia copia sta già nella mia cassetta di sicurezza alla Gringott, in attesa del giorno in cui ci servirà davvero, la tua aspetta di essere controfirmata da te nell'ufficio di Kerboliach, l’ho visto stamani: la pergamena che hai in mano non ha valore legale, sarebbe meglio se la bruciassi appena avrai letto tutto… Come vedi, è come l’avresti voluta tu, pressoché in tutto: l’originale potrebbe saltar fuori diciamo… durante le feste di Natale 1975, ti sta bene?”

Orion diede una rapida scorsa al documento, la sua faccia esprimeva sconcerto e meraviglia. Arrivato all’ultima riga, dove c’era lo spazio per la sua firma, mi guardò, incredulo e pieno di domande.

    “Ne sei davvero convinto? E se…”
    “L’importante è che credano di farlo volontariamente, Orion… questa sera Malfoy mi ha messo i brividi addosso… c’è qualcuno che lavora nell’ombra, ed io posso fidarmi solo di te… Tieni buona Walburga per i prossimi quattro anni e aiutami ad attuare quello che c’è scritto su questo foglio, Orion… credo che la ricompensa per il tuo aiuto vada ben oltre i desideri tuoi e della tua famiglia…”
    “Sì ma… tu lo sai vero che te ne ho parlato solo per lei, Alshain? Perché io le voglio bene… perché credo davvero che con noi possa … non m’interessa tutto il resto... io non sono come gli altri… Lo sai vero?”
    “Se non lo sapessi, non avrei firmato mai, Orion… so bene che se mi dovesse capitare qualcosa, tu saresti per lei, per Dei e per gli altri miei figli… tu sei più di un fratello per me…”

Lo abbracciai, avrei messo la mano sul fuoco per Orion Black. Sapevo benissimo che mi stavo mettendo nei guai e avevo bisogno di una persona come lui cui affidare la mia famiglia se fossi finito ad Azkaban o addirittura sottoterra. Si staccò e si rimise a leggere quel contratto, soffocando quel momento di emozione con la stessa aria professionale che aveva ogni volta che gli sottoponevo qualcosa d’importante. Lo leggeva compito, ma i riflessi del fuoco mi mostravano benissimo i suoi occhi ancora lievemente commossi. Si riprese subito, lesse con attenzione il documento, non alla ricerca di inganni ai suoi danni, ma per assicurarsi che i miei interessi e quelli di Meissa fossero garantiti.

    “Questo contratto è fatto bene, non si capisce subito che può essere invalidato… e qui manca una cosa, importante direi…”
    “Quel particolare non spetta a noi scriverlo…”

Sorrise, avevo messo in atto tutte le sue raccomandazioni. Si compiaceva quando gli davo retta come in quel caso.

    “Walburga farà carte false per completarlo a modo suo, lo sai… non credere che si lascerà fregare così…”
    “Walburga non deve impicciarsi, Orion, né lei né la sua famiglia…”
    “La sua famiglia è la mia, ricordi?”
    “Sai cosa voglio dire… Io non voglio Pollux o Cygnus in questa storia, Orion… se uno dei due mette becco nelle nostre faccende, mando a monte tutto… e per il suo bene, ti consiglio di tenere anche Regulus lontano da loro”
    “Da suo nonno e suo zio? Cosa diavolo hai per la testa?”
    “E’ ora che tu torni a fare il padre Orion… e questo è il terzo regalo che ti fa Sirius, stasera: ti dà una scusa perfetta per tornare sui tuoi passi, è evidente che star lontano da loro non sta dando i frutti che ti aspettavi…”

Sospirò di nuovo, poteva farlo, con Regulus non aveva lo stesso grado di coinvolgimento che aveva con Sirius, chissà perché poi… ai miei occhi i suoi figli erano entrambi straordinariamente promettenti, Regulus opportunamente aiutato sarebbe potuto diventare nel giro di pochi anni addirittura più bravo di me nel Quidditch.

    “Ti manderò Regulus come avevamo deciso, stando ai tuoi figli, quel marmocchio ha stoffa… mi sembra che come scusa sia più che ragionevole… ma quando tra un anno, finirà a serpeverde, non aspettarti che Walburga te lo lascerà ancora, puoi scommettere tutto quello che hai, da stasera mia moglie sarà madre di un solo figlio… Ora è meglio che vada…”
    “Lo so… ed è anche per questo che dovresti riflettere su quanto ti ho appena detto… e fai buon uso di quella carta, Orion…"
    “Ci sentiremo domani… Ora devo mettere in scena il secondo atto…”

Mi sorrise con l’aria discola di quando eravamo ragazzini e sparì con un bop. Lo guardai smaterializzarsi di fronte a me… per lo meno gli avevo dato qualcosa di cui rallegrarsi, qualcosa che ci avrebbe uniti per sempre e che risolveva tanti problemi, con un po’ di fortuna e tanta diplomazia. Spensi il fuoco con un incantesimo, rimisi indosso il mantello, entrai nel camino e gettai la polvere volante, pronunciando l’indirizzo di casa… avevo sul viso il sorriso radioso con cui avrei annunciato a Dei e Mir che Meissa era finita a Serpeverde. Nel cuore, però, albergava la profonda preoccupazione per quello che avevamo appena fatto. Avevamo appena impegnato il futuro dei nostri figli più amati in una storia dannatamente più grande di loro.

***

Regulus Black
12, Grimmauld Place, Londra - mer. 1 settembre 1971

Tutto era iniziato con uno spaventoso urlo. L’urlo di Phineas Nigellus Black, grande preside di Hogwarts, al quale si sommarono le urla di tutti gli altri ritratti di Grimmauld Place come un’onda traboccante odio che trasudava da tutte le pareti di casa. Se fosse stato più tardi, forse, sarei stato colto da tutto questo quando ero già al sicuro nella mia stanza, ma la notizia ci giunse quando ancora ero nella sala dell’arazzo con la mamma, che mi faceva recitare in piedi davanti a lei le formule dei principali incantesimi su cui mi aveva istruito il precettore. L’urlo mi ghiacciò il sangue nelle vene, avrei voluto che Sirius fosse stato lì con me, perché se succedeva qualcosa, di solito, se la prendevano con lui: lo sapevo che era crudele e vigliacco un pensiero del genere, ma forse era il mio modo strano di dire che mio fratello mi mancava già. Ora non c’era più nessuno che mi difendesse, volente o nolente, nessuno che subisse al mio posto le ire della mamma. Nessuno da cui scappare alla notte quando gli incubi mi straziavano il sonno. Lei si alzò come una furia per capire cosa fosse successo, io rimasi in piedi in mezzo alla stanza, con il cuore in gola e una brutta sensazione che mi faceva rizzare tutti i peli della schiena, non potevo muovermi, nessuno mi aveva dato il permesso di farlo, e in quel momento mi sentivo estremamente esposto e in pericolo. Quando ritornò indietro, mia madre era più pallida di un cencio, aveva chiaramente problemi a parlare, e i suoi occhi saettavano tutto intorno come se non fosse in sé. Sapevo di essere esposto, al centro della stanza, iniziai a pregare tra me e me… poi sembrò tornare a respirare, il suo viso rapidamente da bianco cadaverico diventò rosso rubino, urlò il nome della nuova elfa che aveva acquistato da poco, da quando, durante la nostra assenza estiva, quella precedente aveva avuto un brutto scontro con la sua bacchetta: la povera Domizia si presentò con i grandi occhi a palla e le orecchie cadenti, mia madre estrasse rapida la bacchetta dalla veste, gliela puntò contro e all’istante emise la sua sentenza… Non avevo mai assistito a quell’evento, non so come non mi si piegarono le ginocchia facendomi crollare a terra, come fossi riuscito a non vomitare tutta la cena… Kreacher arrivò di corsa, e trascinò via il corpo di Domizia, poi gli altri due vennero a pulire il pavimento e la parete dagli schizzi di sangue. Mia madre affondò le unghie nella testiera del divano, si martoriava il labbro inferiore, evidentemente il tributo di sangue non era ancora sufficiente a placare la sua ira. Si era pericolosamente avvicinata a me: vidi con la coda dell’occhio che mi osservava, deglutii a stento, un leggero sentore di sudore m’imperlava la fronte. Cercavo invano di non tremare, quando mia madre si mosse rapida e mi prese per un polso, trascinandomi dietro di sè, la sua pelle era bollente, contro la mia, gelida e umida. M’imposi di non urlare, m’imposi di non piangere. Non avevo fatto nulla, e non ero un elfo, doveva rendersene conto.

    O no?

Arrivammo nella stanza in cui era esposto il ritratto di Phineas, mia madre mi schiaffò senza tanti riguardi davanti all’orrido ghigno del vecchio.

    “Diglielo, diglielo subito! Voglio lo sappia da te…”

Sgranai gli occhi, senza capire. Phineas Nigellus, con l’aria altezzosa tipica dei Black, mi squadrò come per valutarmi e avendo, evidentemente, concluso che fossi degno della sua attenzione, mi parlò senza tanti peli sulla lingua.

    “Quell’idiota di tuo fratello si è fatto smistare a Grifondoro!”
    “NO!”

Lo guardai allucinato, poi guardai mia madre: stava piangendo, in silenzio, dietro di me, abbandonata sulla poltrona di fronte al quadro foriero di sventure.

    “Madre!”

Mi lanciai ai suoi piedi, in ginocchio, di colpo la paura era svanita, provavo un’infinita angoscia per lei, più che per mio fratello: quell’idiota stavolta l’aveva fatta grossa come un castello.

    “Madre ti prego, non piangere…”

Le presi le mani e le strinsi tra le mie, era la prima volta che non guardavo con paura quelle mani, di solito così gelide e prive di sentimento… ma ora mia madre era così… così… non avevo parole adatte, avrei detto indifesa e ferita, ma era impossibile immaginare mia madre e la parola indifesa nella stessa frase.

    “Ti prego non piangere, farò tutto quello che vuoi, ma smetti di piangere…”

Le poggiai il capo sulle gambe… non me l’aveva permesso mai… se pensavo a un gesto caloroso di mia madre, al massimo ricordavo quando mi prendeva per mano a Diagon Alleyper non perdermi o mi abbracciava per le spalle, quando doveva smaterializzarmi… e comunque mi preferiva evidentemente a Sirius, perchè a lui non concedeva nemmeno quello. Quando sentii la sua mano tra i miei capelli, rimasi per un attimo senza respiro, il cuore mi martellava in testa e in gola, un senso di paura atavica mi prese senza più lasciarmi: mi avrebbe tirato la testa all’indietro esponendo la mia gola alla sua follia assassina? Ma non andò così, anche l’altra mano si perse tra i miei capelli. Trovai la forza di alzare il viso: mia madre, il suo viso, erano a pochi centimetri da me, non avevo mai visto i suoi occhi così da vicino, mai avevo visto quella nota di dolore in fondo al blu dei suoi occhi bellissimi. Mia madre aveva un’anima, era la prima volta che me ne rendevo conto, e quello che vedevo mi strinse il cuore profondamente. Mia madre aveva un’anima e stava soffrendo terribilmente.

    “Farò tutto per te, lo giuro… non piangere ti prego."

Alzai una mano fino al suo viso, com’era liscia e perfetta la sua pelle, e così stranamente calda… com’era simile alla madre di Meissa in quel momento, i suoi occhi mi dicevano più di quanto fossi mai riuscito a leggerci…

    “Tu sei la mia unica speranza, Regulus… tu sei l’unica speranza rimasta ai Black, piccolo mio…”

Le sue labbra scesero fino alla mia fronte. Il primo bacio vero di mia madre.

*

Rimanemmo così, per non so quante ore: io accoccolato ai suoi piedi, con il capo sul suo ventre, una sua mano tra le mie, l’altra tra i miei capelli. Non mi aveva detto altro, ma i suoi occhi e le sue incredibili carezze dicevano l’incredibile: perché aveva aspettato così tanto? Perché non aveva detto le stesse cose a Sirius? Magari ora sarebbe a serpeverde, dove doveva stare… Mi scese una lacrima sulla guancia: che cosa ne sarebbe stato di lui? L’avrebbero buttato fuori come Meda? Sarei rimasto completamente solo? No, non era possibile, non era… Sentimmo il bop della smaterializzazione al piano di sotto, poi il passo pesante di mio padre su per le scale, lo squittio di Kreacher che gli diceva dove eravamo, la voce cupa in risposta che gli diceva di sparire. Non bussò, ma aprì con cautela, mia madre aveva gli occhi aperti e fissavano la porta, quando lo vide, non si mosse e non disse nulla, anche Phineas fingeva di dormicchiare.

    “Vai in camera tua Regulus!”

Feci per alzarmi, ma la mano di mia madre m trattenne. La guardai di nuovo, era odio profondo quello che le leggevo nello sguardo, ma mi colpì capire che quell’odio era rivolto verso mio padre. Che cosa stava succedendo? Cos’era quella pazzia nuova che permeava le pareti di Grimmauld Place? Chi aveva gettato degli incantesimi oscuri contro di noi, mandando in fumo la mia famiglia?

    “Non hai il coraggio di dire quello che devi davanti a tuo figlio?”

Mio padre rimaneva sulla porta, guardava lei con inquietudine e me con … paura?

    “Quello che devo dirti è molto importante Walburga e devo dirlo solo a te… Regulus vai in camera tua!”

Mia madre non mi lasciava andare, li guardavo entrambi implorante, mi prese la paura vera e legittima che mia madre potesse fargli le stesse cose che aveva fatto a Domizia…

    “Tuo padre non ha il coraggio di ammettere davanti a te che è solo colpa sua se tuo fratello è finito nella casa dei rinnegati…”
    “Walburga!”

Mio padre si mosse verso di noi, mia madre si alzò rapida e imperiosa, mollando la presa su di me: io ne approfittai per fuggire dietro la poltrona accanto.

    “Regulus vattene subito!”

Mia madre aveva già tirato fuori la bacchetta ed io ero preso come un topo in trappola, a metà strada tra mio padre e la porta.

    “Digli perché è colpa tua…”

Mi sbiancai e pregai che fosse solo un brutto sogno.

    “Walburga…. Calmati, per favore… non è come pensi tu… ho una cosa per te… che ti spiegherà tutto… per favore… lascialo andare…”
    “Digli perchè te l’ho detto da sempre che Sirius era solo tuo… digli perchè stasera ne ho avuto la dimostrazione… e digli soprattutto, che cosa sei…”

Non capivo cosa stavano dicendo, ma intanto, lentamente, mio padre si era mosso fino a mettersi tra me e mia madre, ora mi stava facendo scudo. Davvero pensava che ce ne sarebbe stato bisogno? Davvero quella donna, che pochi minuti prima, per la volta nella mia vita, mi aveva guardato con occhi carichi di sentimento sarebbe stata capace di farmi del male? Davvero mio padre credeva questo?

    “Vattene Regulus…”

Presi coraggio e sfilai via dalla porta, cercando di mettere più distanza possibile tra quei due e me… in fondo al corridoio mi voltai appena in tempo per vedere un paio di lampi rossastri venire dalla porta socchiusa e le urla di dolore di mio padre. Le cose erano anche peggiori di quanto avessi mai immaginato. Quell’inverno sarebbe stato dannatamente lungo, invidiavo quel fratello rinnegato che se ne stava al sicuro nella torre dei Grifondoro. E soprattutto mi arpionava la curiosità di capire che senso avevano quelle accuse. Feci rumore per far capire che ero salito nella mia stanza, poi mi chiusi la porta alle spalle e con cautela e totale silenzio tornai sui miei passi: Sirius mi aveva mostrato tante volte come faceva a scendere in cucina in piena notte senza che gli altri se ne accorgessero. Ritornai indietro e mi nascosi nelle pieghe d'ombra che riuscivo a trovare lungo il corridoio: stavano litigando ancora, ma o per il dolore, o per la necessità di non farsi sentire da me, la voce di mio padre era appena un sussurro flebile, mentre mia madre… beh, i suoi più che altro, erano ringhi e ordini secchi.

    “Non è come pensi, Walburga…”
    “Non dovevi mandarceli, te l’ho detto… quell’uomo è impazzito… io te l’ho detto, quando l’ho trovato che minacciava mio padre… ti ho detto che uomo è veramente… ma tu… mai che credi a me… mai…”
    “Walburga… Alshain non c’entra nulla, e quella storia… sappiamo entrambi che tuo padre se l’è cercata…”
    “Sempre a difenderlo… per cosa?”
    “Walburga… per favore… ora c’è qualcosa di più importante… ha parlato con Abraxas… l’ha messo alle strette e quell’idiota gli ha detto tutta la verità… ora sa che Malfoy non c’entra niente…”
    “E allora?”
    “E allora vedi di smetterla con certi giochetti! Hai già ottenuto quello che volevi, ora cerca di controllarti, per l’amor di Merlino!”
    “Cos’ho ottenuto? Suo figlio ha sputato su Bellatrix come fosse… E per chi? Per quell’insignificante mocciosa irlandese? Parli, parli, ma per la tua famiglia da lui non hai mai ottenuto nulla…”

Ci fu un momento di silenzio, poi sentii la voce di mio padre abbassarsi ancora.

    “Ora ti imploro… leggi e cerca di controllarti… vedi di fingere di non saperne nulla… e poi dimmi che non faccio mai nulla per te…”

Ancora silenzio, poi un verso stranissimo, mi avvicinai ancora, perché ormai i bisbigli erano quasi impercettibili.

    “Non posso crederci!”

La voce squillante di mia madre ruppe quel silenzio carico di attese, mio padre gli intimò con un verso di fare silenzio… Continuavo a non capire.

    “Credici, Walburga… è qui, davanti a te, nero su bianco…”

Era una risata quella che stavo sentendo? Che diavolo stava accadendo in quella stanza? Le parole che seguirono furono fuoco nelle mie orecchie e nel mio cervello. Mi avvicinai ancora per assicurarmi di aver sentito bene, ma all’ultimo il legno del pavimento cigolò sotto il mio lieve peso, per paura mi ritrassi rapidamente, il tempo di vedere l’ombra di mio padre stagliarsi sull’arco della porta e già ero per le scale. Non si erano accorti di me, forse avrebbero sospettato di Sirius, se fosse stato in casa, ma di me non avrebbero sospettato mai. Non ero il tipo da fare certe cose. Avevo il cuore in gola, per la paura certo, ma soprattutto per le ultime parole che avevo sentito pronunciare, tra le risate isteriche, da mia madre.

    “Finalmente... I figli di Meissa Sherton saranno dei Black…”

Non sapevo dare un senso a quella serata.


*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP
(maggio 2010). L'immagine scelta per questo capitolo mi è stata suggerita da AryYuna.
Valeria


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