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Autore: ThorinOakenshield    13/09/2015    4 recensioni
Fanfiction nonsense scritta con _Riddle.
Dal testo:
Che la Montagna avesse un influsso negativo su chiunque fosse incline alle ricchezze era risaputo, ma nessuno avrebbe mai immaginato che la pazzia avrebbe potuto colpire anche Fili e Kili.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: questa fanfiction l’ho scritta con _Riddle e ci è venuta in mente dopo che la sottoscritta ha preparato la camera di Thorin dentro una scatola delle merendine xD.
Vi avvertiamo che la seguente ff è completamente senza senso e ci siamo prese delle licenze particolari… come per esempio il fatto che il marchio Mulino Bianco esista anche nella Terra di Mezzo, ma sorvoliamo xD.
Speriamo che vi piaccia, specialmente il finale a sorpresa ahah.
Un bacione!
Thorinbilbalucri e Pipina Thranduila
P.s. Ringrazio _Riddle per l’immagine.


Tra scatole, fette biscottate e galline

Che la Montagna avesse un influsso negativo su chiunque fosse incline alle ricchezze era risaputo, ma nessuno avrebbe mai immaginato che la pazzia avrebbe potuto colpire anche Fili e Kili. Ma mentre Thorin restava rintanato nella sala del tesoro a parlare con le monetine come se fosse stato un decerebrato patologico, i due giovani nani si cimentavano nella realizzazione di pittoresche opere d’arte, servendosi unicamente di misere scatole delle merendine del Mulino Bianco.
Ebbene, eccoli lì, i due eredi di Durin, seduti per terra a divertirsi come due bambini dell’asilo. Nella scatola avevano preparato una camera con tanto di letto e armadio; per completare il tutto, avevano aggiunto un Thorin e un Bilbo di carta. Era dall’inizio del viaggio che non avevano fatto altro che osservare quei due: stavano molto bene insieme, a loro avviso.
Balin e Dwalin stavano guardando Fili e Kili sogghignare e scherzare con gli omini di carta. Il nano più anziano scosse la testa. “Tutta colpa di Art Attack,” sentenziò.
“Perché? Cosa c’entra Art Attack?” Una voce tonante e profonda fece sussultare sul posto i due fratelli.
Balin e Dwalin si voltarono, sperando che i loro timori fossero infondati. Ovviamente i due nanetti presero un colpo notando il Re sotto la Montagna dinanzi a loro.
Il nano dalla lunga barba canuta deglutì. “Thorin,” disse, “che ci fai qui? Non mancherai alle tue monete d’oro?”
Thorin Scudodiquercia sospirò. “Hanno detto che sarebbe meglio che ci prendessimo una pausa: sono invidiose dell’Arkengemma, pensano che io la preferisca a loro…” Ci pensò un attimo su. “In effetti è così. In ogni caso, che stanno combinando Fili e Kili?”
Sopraggiunse anche Bilbo.
Balin e Dwalin si guardarono. “Ehm… ecco…”
 
“Oh Thorin, così mi fai impazzire!” squittì Kili imitando la voce stridula del signor Baggins.
Fili accostò il Thorin di carta al finto Bilbo. “Dove credi di andare, mastro scassinatore? Posso fare di meglio” disse facendo un vocione baritonale, analogo a quello dello zio.
Il fratello minore ridacchiò. “Prendimi, mio Re!” esclamò.
Il biondo sorrise malizioso; anche lui, come il fratello, stava compiendo uno sforzo madornale per non scoppiare a ridere. Si morse le labbra, dopodiché fece piombare l’omino di carta su quello che stava reggendo Kili. “Adesso ti sbrano come se fossi un leone!” ringhiò emettendo un verso abbastanza simile a quello del re della savana.
L’altro non riuscì a trattenersi e proruppe in una fragorosa risata. Si rotolò sulla schiena e applaudì, dimostrando con risolutezza che quel teatrino era di suo gradimento.
“Che cosa faresti, tu?”
Come se fossero stati appena colpiti da un fulmine, i due giovani eredi di Durin smisero di ridere e si voltarono spaventati. Diventarono bianchi come cenci non appena si ritrovarono davanti un Thorin rosso dalla rabbia, con le mani sui fianchi e lo sguardo imbufalito.
Bilbo Baggins si trovava dietro al Re sotto la Montagna e, al contrario di quest’ultimo, non aveva l’aria di essere arrabbiato, era più imbarazzato.
Fili e Kili boccheggiarono dinanzi alla scena di loro zio imbestialito, che li squadrava con il suo noto cipiglio tedesco.
Il nano biondo, da bravo fratello maggiore, decise di prendere in mano la situazione e provò a giustificare il comportamento indecente che aveva tenuto con il compare. Però le scuse erano del tutto sprecate con l’algido Thorin Scudodiquercia, il quale era rimasto con la mente alla scena dei suoi nipoti che facevano limonare due figure raffiguranti lui stesso e lo hobbit.
Fili non demorse, quindi non si fece intimidire dalla presenza onnipotente e minacciosa dello zio. Continuò imperterrito a cercare di salvare la sua pelle e anche quella del fratello.
Il Re sotto la Montagna interruppe ogni tentativo di salvezza del nipote più grande con un perentorio gesto della mano.
Il biondo si zittì all’istante: quando Scudodiquercia alzava la mano all’altezza del busto, bisognava cucirsi la bocca.
Thorin afferrò le figure di carta e le scrutò inorridito, alzando un sopracciglio, com’era solito fare quando qualcosa aveva destato il suo disgusto o richiamato il vomito nei recessi della sua regale bocca*. Alla fine, tutto ciò che disse fu: “Io non ho un naso così grande, e il signor Baggins è molto più tondo.” Gettò i personaggi a terra, offeso.
Bilbo aveva alzato lo sguardo, indignato: lui, tondo?! Stava scherzando!
Thorin si chinò per raccogliere la scatola e osservò con attenzione l’interno, come se avesse voluto accertarsi che i suoi nipoti avessero riprodotto egregiamente la sua sontuosissima stanza. Dopo aver preso atto del quasi eccellente lavoro che avevano svolto i due principi, al re nanico sorse un amletico dubbio. “Ditemi, figli di mia sorella… dove avete trovato questa scatola?”
Questa volta fu Kili a parlare: “Ce l’ha data un signore strano dalla pelle olivastra, dentro c’erano delle merendine squisitissime chiamate trancini.”
A quelle parole, Thorin Scudodiquercia sgranò gli occhi. Presto lo sbigottimento si trasformò in ira repressa: l’aveva già detto una volta a quell’ometto fastidioso di levarsi dalle palle.
 
Tra le zampillanti cascate dorate, il cui destino era quello d’annegarsi nei più reconditi antri della sfavillante sala, fece capolino un ometto dall’altezza piuttosto esigua. La sua carnagione, olivastra, metteva in risalto le piccole iridi che sprizzavano gioia, mentre un sorriso invitante gli contorceva i tratti somatici. I capelli arruffati parevano pettinati alla bell’e meglio, quasi fossero in simbiosi con le incolte sopracciglia che giganteggiavano sulla fronte.
Una sinfonia si levò nell’aria, vibrando note che sovvenivano la campagna, i prati immensi, la Contea, e si mischiava placidamente col marasma provocato dall’ira di Thorin.
Senza alcun preavviso, e priva d’ogni assenso, la figura misteriosa si sedette goffamente per terra e, da un cumulo attiguo di gemme, liberò un grembiule che si legò in vita.
Dalla tasca del camice sgusciarono fuori intere, con l’ausilio del tocco saggio e della mano ferma dello spagnolo - sì facevano arguire i suoi lineamenti - tre fette biscottate perfettamente integre chissà grazie a quale stregoneria.
Le poggiò delicatamente sull’oro, disponendole in fila con sguardo avveduto, accorto a non provocare nessun sfaldamento della pasta.
Appellò ergo un nome, una certa Rosita, che pervenne crocchiando animatamente, quasi fosse stata ad una zampata dal lasciar le penne.
L’animale, giunto da chissà dove, si accoccolò comodamente dinanzi alle tre fette, con tutta l’intenzione di svolgere un quesito importantissimo.
“Rosita, guardami negli occhi” proruppe l’uomo, portando due dita accanto alle palpebre e ripetendo il gesto alla gallina.
L’inflessione morbida della voce accarezzava la gallina in modo paterno, nonostante il gesto minaccioso.
Peccato che tutto il frangente possedesse un pizzico, se non uno scroscio, di insanità mentale, pari a quello del notissimo e famosissimo 'S.Mungo' nella saga della porta accanto, o meglio, del magazzino accanto.
“Ora, stai attenta: queste sono le fette biscottate” disse ostentando i prodotti tramite un gesto teatrale, che implicava il movimento circolare delle due mani rivolte verso il basso, in un’affermazione più che lapalissiana, ma che, forse, un volatile non poteva esserne al corrente. “Questa la ho fatta io” e indicò la fetta a destra  “e queste no.” In un gesto repentino, degno d’un prestigiatore di carte, le miscelò in maniera del tutto casuale, mentre l’animale agitava convulsamente il collo tentando di seguire la scia di quella giusta. “Ora dimmi: qual è la mia?”
Rosita, dal canto suo, posò un lungo sguardo su ognuna di esse, soffermandosi non poco su quella centrale. Indugiò tremolante sulla mezzana, per poi decretarla l’originale con uno scatto in avanti del collo.
“Oh Rosita, mi hai beccato!” rise l’uomo, pronunciando una pessima celia. “Il mio grano, il mio forno, il mio cuore. Non puoi non riconoscerle” disse in modo sicuro e autoritario, con una nuance di orgoglio e alterigia appena percettibile, rivolto a degli telespettatori immaginari; il che metteva in chiaro dubbio le facoltà mentali dello stesso spagnolo - se già il dialogare amabilmente con un pennuto, come si fa solo con amici stretti, non fosse significativo -.
“L’armonia del mulino bianco: un mond…”
“DI MERDA! Un mondo di merda! Dove diamine è finita l’Arkengemma?! Per la barba di Durin...” Fu un Thorin decisamente alterato a interrompere l’allegro teatrino allestitosi nella sala del tesoro - a sua completa insaputa -.
“Cerca qualcosa per caso?” domandò allora il signore al Re, che si accorse solo in quell’istante della presenza esoterica.
“E.tu.che.ci.fai.qui.ladro?!” Thorin sputò le parole come se fossero state veleno letale, scandendole con acredine crescente.
“Sono Antonio Banderas, e sono qui con la mia Rosita. Vuole favorire nella consumazione delle mie fette biscottate?” biascicò come se stesse discorrendo con il più adorabile degli esseri.
A quel punto, la rabbia dilagò nelle iridi iraconde del nano, lambendo le varie sfumature iridee che sbiadivano dal blu lapislazzuli all’azzurro apatite. “COME OSI?! Sparisci immediatamente dalla mia vista prima che spacchi le tue povere membra in due colpi di sciabola! E vedremo se avrai ancora tanta sardonia per canzonarmi! Tu e la tua gallina andate via dal mio palazzo! Le tirerò il collo fino a staccarlo dal corpo! SCIÒ!” abbaiò in preda all’isteria; al che, Antonio, deluso dalla reazione del nano, sussurrò speranzoso a Rosita, ammiccando: “Non prenderla sul personale, Rosita, non conosce ancora le nostre focacelle.”

Riddle’s Corner:

Innanzitutto ringrazio la mia ThorinBilbaLucri(?) perché senza le sue idee troppo no-sense non avrei scritto un accidenti XD.
È la prima volta che pubblico una storia scritta a quattro mani su questo fandom, e spero vivamente che vi piaccia -altrimentivimandoBanderaschevistupralanotte(?)
Lavorare con la mia compare è stato fantastico, e...boh, avete già assaggiato i nascondini del Mulino Bianco? /viva la pubblicità occulta(?).
Finisco col dirvi : lasciate ogni speranza, voi che c'incontrate uwu
_Riddle
*Citazione di Dark Shadows.
 
 

   
 
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