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Autore: eugeal    26/09/2015    0 recensioni
Questa storia fa parte della serie "From Ashes" e la trama continua dopo gli eventi delle storie "A World That Will Not Turn to Ash" e "The Nightwatchman". Per evitare spoiler, leggete prima le altre due fanfiction.
Il fuoco può ridurre tutto in cenere, ma a volte si può rinascere dalle proprie ceneri e, se si riesce a passare attraverso le fiamme senza bruciare, spesso se ne esce temprati.
Guy di Gisborne lo ha scoperto nel modo più duro ed è sopravvissuto, ma sarà abbastanza forte per affrontare le nuove sfide che lo aspettano?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Allan avrebbe gridato nel sentirsi afferrare all'improvviso mentre percorreva uno dei corridoi del castello se una mano non gli avesse chiuso la bocca per impedirglielo.
Il suo aggressore lo trascinò in una stanza vuota e chiuse la porta prima di lasciarlo andare e farsi vedere.
- Archer! Sei impazzito? Mi hai quasi fatto prendere un colpo!
- Abbassa la voce.
- Cosa c'è?
Archer lo guardò, preoccupato.
- Come sta Guy?
- Ancora privo di sensi. Ha perso molto sangue, ma la ferita sembra pulita. Se non si infetterà non dovrebbe correre rischi. Il guaritore gli ha dato qualcosa per il dolore, per questo non si è ancora svegliato. Ma avresti potuto chiedermelo anche senza spaventarmi a morte.
- Allan, non ho molto tempo e devi ascoltarmi, è importante. Secondo il guaritore può essere trasportato?
- Non lo so, ma credo di sì. La ferita è stata ricucita, non dovrebbero esserci problemi. Perché lo chiedi?
- Allora fate in modo di portarlo via dal castello il prima possibile.
- Possiamo riportarlo a casa, ma perché tanta fretta?
- No, non a Locksley e nemmeno a Knighton. Ero nella sala delle riunioni dei Cavalieri Neri e ho sentito Thornton che stava dando istruzioni a uno dei suoi servitori: hanno intenzione di uccidere Guy.
Allan impallidì.
- Cosa?! E non lo hai arrestato?!
- Non avrei dovuto essere lì. Se lo sceriffo scoprisse che ero entrato in quella sala di nascosto, potrebbe accusarmi di tradimento. E se Thornton vi ha libero accesso, significa che deve essere diventato uno dei Cavalieri Neri.
- Perché eri lì? E comunque se Thornton è in combutta con lo sceriffo, Vaisey dovrebbe averlo avvisato: se Giz muore in modo sospetto, la sua confessione verrà consegnata al re e per i Cavalieri Neri sarà la fine.
- Guy è ferito, e hanno visto tutti come è successo. Se dovesse morire per una febbre improvvisa non ci sarebbe nulla di sospetto, non sarebbe il primo cavaliere a morire di infezione o per aver perso troppo sangue. - Archer guardò Allan, incerto se rispondere all'altra domanda del giovane, poi decise di essere sincero. - Ero lì per scoprire le intenzioni dello sceriffo per riferirle a Guy e Robin.
- Te lo ha chiesto Giz?
- No, ma volevo aiutarlo lo stesso. Corro meno rischi io che non lui ad aggirarsi per il castello vestito da Guardiano Notturno.
- Pensavo che non volessi comprometterti.
- No, se posso farne a meno. Ma quel Thornton è pericoloso, è una minaccia per i miei fratelli e anche per Nottingham se ha intenzione di allearsi con lo sceriffo. Meglio scoprire le sue intenzioni. Ma ci penseremo in seguito, per ora portate Guy in un posto sicuro, almeno finché non si sarà ripreso. Ora devo andare, aspetta per qualche minuto prima di uscire da qui.

“Guy, ho fame!”
Gisborne vagava per le strade di quella città con gli occhi asciutti, ma con una gran voglia di piangere.
Il lamento sofferente di sua sorella continuava a risuonargli nella mente e lo spingeva ad andare avanti, anche se aveva camminato talmente tanto da sentire un forte dolore a una gamba.
Aveva freddo e anche lui era affamato, ma gli sarebbe bastato riuscire a trovare abbastanza cibo per Isabella. Lui poteva aspettare e comunque sentiva di meritare i morsi della fame. Isabella era innocente, lei non aveva fatto nulla di male e non avrebbe dovuto trovarsi in quella situazione.
Era colpa di Guy. Era stato lui ad appiccare l'incendio che aveva ucciso i loro genitori.
- Madre… - Sussurrò. - Perdonami...
Si strinse addosso il mantello che un tempo era stato degno di un giovane nobile e che adesso era poco più di uno straccio usurato e si grattò il collo, irritato dalla stoffa rozza degli abiti che indossava. I suoi, di qualità molto migliore, non gli entravano più da tempo e li aveva scambiati per quei vestiti da contadino e un po' di cibo.
In quegli anni di miseria era cresciuto ancora di statura ed era stato costretto ad adattarsi a qualsiasi tipo di lavoro per riuscire a mantenere Isabella, ma in quel momento il suo unico desiderio era quello di poter tornare agli anni della sua infanzia e sentire la voce rassicurante di sua madre che gli diceva di non preoccuparsi più di nulla perché avrebbe pensato lei a tutto.
Si avvicinò a una casa e bussò alla porta, chiedendo se ci fosse del lavoro per lui, ma la donna che aveva aperto lo guardò minacciosamente e lo cacciò in malo modo.
Guy si lasciò scivolare a terra, sconfitto e appoggiò la testa sulle ginocchia. Non poteva tornare da Isabella e dirle che non aveva trovato nulla, non ce la faceva a sopportare il suo sguardo deluso.
A volte Guy aveva la sensazione che sua sorella lo odiasse, che lo ritenesse responsabile per la loro sofferenza. Dentro di sé sapeva che quella era la verità, ma pensare di essere odiato dall'unica persona che gli fosse rimasta era troppo terribile da sopportare.
Rimase seduto all'angolo di quella strada a lungo, circondato da voci straniere che parlavano in una lingua che non era la sua e desiderò solo di poter tornare a casa, che ci fosse una casa ad aspettarlo.
Poi un uomo vestito con eleganza si era fermato di fronte a lui e gli aveva parlato in tono suadente. Gli aveva offerto del cibo e Guy lo aveva preso senza farsi domande, anche se quell'uomo misterioso non aveva un volto. Era corso da Isabella e le aveva dato tutto, felice nel vederla mangiare con gusto, poi la sorella si era portata le mani alla gola e aveva iniziato a tossire come se non riuscisse a respirare.
Era crollata a terra con gli occhi spalancati dal terrore.
- Cosa mi ha dato, Guy? - Aveva rantolato, puntandogli contro un dito accusatore. - Mi hai uccisa, ed è solo colpa tua…
Poi era morta e i suoi occhi vitrei avevano continuato ad accusarlo.

Guy si svegliò gridando e cercò di alzarsi di scatto, ma una forte fitta di dolore alla gamba gli mozzò il fiato, e qualcuno lo trattenne, costringendolo a restare sdraiato.
- No, Isabella! No! - Gridò Guy, cercando di liberarsi, ma non aveva la forza di lottare.
Una mano delicata gli accarezzò la fronte, scostandogli i capelli dal viso e una voce dolce si rivolse a lui.
- Va tutto bene, stai calmo, era solo un incubo.
Guy riuscì a mettere a fuoco il viso della donna che gli aveva parlato e finalmente la riconobbe.
- Adeline?
La donna gli passò un tovagliolo bagnato sul viso per rinfrescarlo e continuò ad accarezzargli i capelli in modo rassicurante.
- Stai tranquillo, Guy. Sei stato ferito, ma guarirai presto. Devi solo avere pazienza e riposare.
Gisborne la guardò.
- Isabella! Lei… Lei era morta… Per colpa mia…
- Era solo un sogno, non era reale. Ora bevi questo, allevierà il dolore e ti permetterà di riposare.
Guy scosse la testa, quasi in lacrime.
- Non voglio dormire. Non voglio tornare in quell'incubo...
Adeline lo baciò sulla fronte e gli appoggiò una mano sul petto, come se il suo tocco potesse placare il battito accelerato del suo cuore e il suo respiro affannoso.
- Ci sono io. Canterò per te e i brutti sogni non ti potranno toccare. Come una volta. Te lo ricordi, piccolo mio?
Guy annuì debolmente e lasciò che Adeline gli accostasse una ciotola alle labbra.
- Dov'è Isabella? - Chiese debolmente dopo aver bevuto. - Devo parlarle… Devo chiederle perdono…
Adeline gli accarezzò una guancia.
- Dopo, caro. Adesso riposa. Chiudi gli occhi e dormi.
Guy cercò di resistere al sonno. Doveva vedere sua sorella e dirle quanto fosse addolorato per averla lasciata nelle mani di Thornton per così tanto tempo, ma si sentiva troppo debole e la medicina che aveva appena bevuto iniziava a fare effetto.
Abbassò le palpebre con un sospiro mentre Adeline iniziava a cantare una delle canzoni della sua infanzia tenendogli una mano tra le sue.
Era stanco, terribilmente stanco, ma doveva svegliarsi e parlare con Isabella, pensò, poi sprofondò in un sonno senza sogni.

Marian sorrise nell'accorgersi che Seth, accoccolato sul suo grembo, si era addormentato.
Accarezzò i capelli scuri del bambino e pensò che doveva essere stanco dopo aver costretto Allan a giocare con lui per tutto il pomeriggio. Il giovane di sicuro sembrava esausto, stravaccato su una poltrona accanto al camino con un boccale di vino in mano.
- Credi che starà bene? - Gli chiese a bassa voce per non svegliare Seth.
- Giz è forte e la ferita sta guarendo bene. Dagli qualche giorno e starà meglio di prima.
- Non è la ferita che mi preoccupa. Continua a chiamare Isabella nel sonno, come la prenderà quando scoprirà che è ripartita insieme al marito?
Allan scosse la testa.
- Non bene, temo. Ma non era possibile impedirlo: è sposata con quell'uomo, è costretta a obbedirgli. Meglio che Giz non lo sappia, per il momento.
Marian mosse un braccio per fare in modo che Seth potesse dormire più comodamente e sospirò.
- Secondo te cosa intendeva Guy quando le ha detto che non lo sapeva? Cosa non sapeva?
- Non ne ho idea. Quel Thornton deve avergli detto qualcosa mentre combattevano, qualcosa che lo ha sconvolto. Non lo avevo mai visto reagire così, con tanta ferocia. Mi ha fatto paura, credevo che si sarebbe fatto ammazzare o che lo avrebbe fatto a pezzi.
Marian annuì con un brivido.
- Pensi che Archer abbia ragione? Che Thornton tenterebbe davvero di uccidere Guy?
- Non lo so, ma è meglio non rischiare. Lo sceriffo non sa nulla di questo posto, qui non lo troveranno mai e comunque Adeline si sta prendendo cura di lui nel migliore dei modi. Non so come faccia, davvero. Riesce a occuparsi di Giz e della sua copia in miniatura e già questo potrebbe far perdere la pazienza a chiunque. Poi gestisce la casa e le terre che la circondano, si occupa di educare sia Thomas che Cedric, che ha accolto nella sua casa come un figlio, tiene compagnia a suo padre e oltre a tutto questo prepara anche i pasti per tutti.
Marian sorrise.
- Sembra quasi che anche tu sia pronto per trasferirti qui.
Allan sogghignò.
- Potrebbe valerne la pena anche solo per come cucina.
La ragazza arrossì e fissò le fiamme del camino.
- Oltre a tutto quello che hai detto, è riuscita a trovare un po' di tempo per insegnarmi a cucinare un po' meglio.
- Beh, con te parte da un buon punto.
- Ovvero?
- Di sicuro non puoi peggiorare. Qualsiasi cosa riesca a insegnarti sarà comunque un miglioramento.
Marian lo guardò, offesa, poi sia lei che Allan si voltarono ansiosamente quando Adeline entrò nella stanza.
- Come sta? - Chiese Marian e Adeline le sorrise, poi si avvicinò per prendere in braccio Seth.
- Vai da lui. Ora dorme, ma era molto agitato, gli farà bene sentire la tua presenza.
- Aveva di nuovo gli incubi?
- Già. Restagli vicino, in questo momento ha bisogno di te.
Marian non perse altro tempo e corse via. Raggiunse in un attimo la stanza di Guy ed entrò senza fare rumore per non disturbare il suo riposo.
Gisborne era profondamente addormentato e la ragazza si avvicinò al letto.
- Andrà tutto bene. - Sussurrò. - Ti amo, Guy. Ti amo così tanto...
Si stese accanto a lui, girandosi su un fianco per guardarlo dormire, poi gli prese una mano e la tenne tra le sue, accarezzandola piano. Le sue dita sfiorarono qualcosa di morbido legato intorno al polso di Guy e si trovò con gli occhi pieni di lacrime nel riconoscere il nastro di velluto che gli aveva dato prima del torneo.
Forse era stata Adeline a staccarlo dalla cotta di maglia macchiata di sangue, oppure Allan, o forse era stato lo stesso Gisborne in un momento in cui era cosciente, ma non aveva importanza. Quel pegno d'amore era sempre rimasto vicino a Guy.
- Io sono sempre con te. Sempre. Non dimenticartelo mai. - Disse Marian, piano, poi rimase in silenzio a vegliare sul suo riposo.
   
 
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