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Autore: saffyj    27/09/2015    1 recensioni
Bella, una ragazza viziata obbligata a vivere come la gente comune nascondendo la sua vera identità. Edward un ragazzo comune che adora la vita, ma odia i bugiardi!
Come posso due mondi così differenti riuscire ad incontrarsi? ... E come può un ragazzo semplice, senza soldi e molti sogni conquistare il cuore di una ragazza che ha tutto ciò che vuole?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ciao a tutti! Eccomi qui, con una storiella un pò particolare.
Ho letto tantissime FF dove Edward è ricco e Bella è una ragazzina buona. 
Mi sono "innamorata" di ogni Edward che ho letto nelle FF, però poi mi sono posta una domanda: facile innamorarsi di un uomo che ti ricopre di regali e protezione, e se non fosse ricco ma solo innamorato?
Beh! questo racconto è la mia risposta!
 Ho voluto provare a cambiare un pò le carte... non odiatemi! Spero vi piaccia!!!! 




“Devi imparare ad essere indipendente… devi partire dal basso per arrivare in alto … devi lavorare prima di gestire…” … le parole di mio padre continuano a riecheggiarmi nel cervello, mentre mangio nervosamente le pellicine delle unghie appoggiata ad un mobile nell’angolo più nascosto del ristorante New Moon.
 
Io, Isabella Mary Swan, obbligata a servire ai tavoli, come una poveraccia, nel ristorante di mio padre… quindi anche il mio! Inaudito!
 
Dopo l’ennesimo estratto conto stellare della mia carta di credito, mio padre, Charlie Swan, aveva perso completamente le staffe e, secondo me, anche il cervello.
Mi aveva tagliato la carta di credito sotto gli occhi, non erano bastate le mie lacrime e le mie suppliche. Lentamente e con un sorriso sadico sul volto, aveva tagliato in due la mia adorata compagna di shopping. Il mondo mi era crollato addosso nello stesso momento in cui la metà della carta aveva toccato la scrivania in mogano di mio padre.
Ma come aveva potuto fare una cosa del genere alla sua adorata unica figlia? Cosa c’era di tanto sbagliato nello spendere 15.000 dollari in un vestito o 8.000 dollari in scarpe? Quelle scarpe, per di più, erano bellissime e mi stavano divinamente! Padre senza cuore!!!
E così, dopo una lunga strigliata e tantissimi tagliuzzamenti, mi ritrovo in questo squallido ristorante obbligata a lavorare!
Mi ha tagliato le carte, congelato il conto e tolto ogni comodità. “Tranquilla, hai un tetto sulla testa e il cibo assicurato!” ha detto con la voce gentile e accarezzandomi i capelli come faceva quando ero bambina. “Mi ringrazierai!” aveva pure avuto il coraggio di aggiungere! MI RINGRAZIERAI? Mi ringrazierai di cosa?
La divisa è oscena, le scarpe andavano di moda circa dieci anni fa, sono obbligata a legarmi i capelli e devo servire i clienti… ringraziarlo? Era impazzito!
 
“BELLA” l’urlo arrabbiato di Jessica mi fa ridestare da quei pensieri.
“Che diavolo stai facendo? Abbiamo la sala piena e tu stai qui a mangiarti le unghie?” mi sbraita con lo sguardo adirato e le braccia puntate sui fianchi. “Muovi le gambine e vai a fare il tuo lavoro o ti licenzio!”
Ma come si permette? Sono io la titolare, semmai io la licenzio! Come si permette a darmi ordini?
 
Sbuffo girandomi verso il muro e continuo a mordermi le mani. Se lo può scordare! Io in sala non ci metterò mai i piedi, non servirò nessun cliente! Mi ci hanno portata a peso qui dentro, ed è già tanto che non me ne torni a casa… che gli basti la mia presenza! Di sicuro non lavorerò come una servetta!
Lo scatto di un telefono mi fa voltare.
“Nessun problema, chiamo tuo padre” mi minaccia componendo il numero.
Se perdi il lavoro, ti toglierò anche la casa!  Le minacce di mio padre mi riecheggiarono nelle orecchie. Tremo al pensiero di vivere sotto un ponte e, prendendo una grande boccata d’aria, drizzo le spalle e mi dirigo con passo pesante verso la sala, verso la mia maledizione!
“Brava! E mi raccomando, non dimenticare di sorridere!” mi schernisce la malefica Jessica trattenendo una risata.
 
La sala è piena, i camerieri corrono come dei forsennati e il vociare dei clienti mi fa girare la testa.
“Mi porti questo al tavolo otto?” mi chiede sorridendo un cameriere e, senza attendere risposta, mi mette un piatto nelle mani prima di sparisce in cucina.
Tavolo otto, tavolo otto… e che cavolo ne so dove è il tavolo otto.
Inizio a cercare sui tavoli il segnalino con i numeri… tavolo venti, tavolo diciotto, tavolo quattordici…
“E’ nella saletta!” mi urla nell’orecchio il cameriere mentre si dirige a passo spedito verso la sala grande.
Sbuffo. Imprecando contro mio padre, mi dirigo nella saletta, il peggior posto di tutto il ristorante. Il luogo dove gli operai grezzi e sporchi si siedono per mangiare in pausa pranzo. Bleach!
Trattengo il respiro per non sentire la puzza di sudore e calce che emanano quelle persone e mi metto alla ricerca del famoso tavolo otto.
La saletta è piena, tutti parlano e ridono sguaiatamente. Un ragazzo mi chiama ed io mi stringo nelle spalle spaventata. Cosa vuole un grezzo operaio da me?
“Signorina, signorina. Mi scusi. Può portarmi l’acqua” dice indicando la bottiglia vuota che tiene in mano.
Tiro un sorriso e annuisco per fargli capire che ho sentito e poso il piatto sul tavolo otto.
“Sono le lasagne?” chiede un ragazzo con la salopette sporca di vernice seduto dal lato opposto del tavolo otto.
“Si” rispondo con l’ultima aria che ho in corpo, e torno in apnea.
“Allora sono per me” mi comunica con un sorriso. Ringraziando, non ha i denti sporchi come l’abbigliamento.
“Ok” rispondo dandogli la schiena e fuggendo fuori da quella stanza maleodorante per poter riempire i polmoni, ormai doloranti, di ossigeno.
“Devi posare il piatto davanti alla persona che lo ha ordinato” mi aggredisce Jessica sbarrandomi l’uscita e alza il braccio con fare perentorio indicandomi di tornare indietro a finire il lavoro. Scuoto la testa frustrata e trattengo di nuovo il respiro. Mi avvicino al tavolo per dare il piatto al ragazzo, ma sta già gustandosi le lasagne chiacchierando con i colleghi.
Grugnisco di rabbia e corro fuori dalla saletta schivando Jessica che è rimasta ferma sulla porta per controllare il mio lavoro.
“Signorina” mi chiama altezzosa.
“Isabella” rispondo girandomi infastidita.
“Isabella. O fai il lavoro come si deve o sono obbligata a chiamare tuo padre”
“Ok” rispondo con un ringhio e mi giro velocemente maledicendo sempre più mio padre e il suo sadismo. Jessica è una strega e mio padre un mostro, normale che si capiscano.
 
“Porta questo al tavolo venti” mi ordina il ragazzo appena sono nuovamente nella sala grande.
Ancora! Ma non se li può portare lui i suoi piatti? Per chi mi ha presa?
Non mi dà il tempo di replicare che è già volato in sala lasciandomi il piatto di carne nelle mani.
Respiro profondamente per non esplodere dalla rabbia e mi drizzo nelle spalle.
Appena mi avvicino al tavolo venti poso il piatto a lato del tavolo e mi giro. Gli occhi diabolici di Jessica mi fulminano ed io mi rigiro con un sorriso teso.
“Per chi è l’anatra all’arancia?” attendo, trattenendo il nervoso, che qualcuno mi consideri.
Un signore, con fare snob, mi fa cenno con la testa. Prendo il piatto e glielo poso di fronte.
“Buon appetito” auguro con il mio miglior sorriso finto, guardo la mia carceriera che mi fa un cenno con il capo e mi mima un muto “Brava” con le labbra.
L’ora di pranzo continua così, non riesco a nascondermi perché quel maledetto cameriere continua a riempirmi le mani con i piatti indicandomi a quale tavolo devo servirli.
Finisco il turno con i piedi gonfi e le gambe stanche, ho anche male alle braccia a forza di portare quei pesantissimi ed enormi piatti. Devo dire a mio padre di sceglierli più leggeri. Mi cambio stringendo i denti per i dolori e cerco di rilassarmi con il silenzio che regna nello spogliatoio.
“Grazie!” la voce del cameriere maledetto mi fa sobbalzare. Mi giro inviperita per capire con chi stia parlando, disturbando il mio relax.
“Grazie!” ripete guardandomi negli occhi e sfoggiando un ampio sorriso.
“E di cosa?” chiedo acida.
“Per l’aiuto di oggi! Non sapevo più cosa fare per prima. Oggi c’è stato il pienone… bla bla bla” e continua a parlarmi, come se mi potesse interessare. Lo guardavo per cortesia, ma nel mio cervello continuo a sperare che smetta. E’ fastidioso.
Non so quando smette di parlare, me ne accorgo solo perché mi saluta uscendo dalla stanza. Finalmente!
Mi infilo le scarpe imprecando e maledicendo mio padre. Lo sfioramento delle calze sulla mia pelle arrossata è dolorosissimo e, lentamente, facendo attenzione a come appoggio i piedi, lascio finalmente il locale.
Uscita dal New Moon, alzo la mano per chiamare un taxi. Si avete campito bene! Un taxi, perché il mio caro paparino non si è limitato a togliermi le carte ed i soldi, mi ha anche vietato di usare le sue auto ed il suo autista. Io, Isabella Mary Swan, abituata a limousine e guardie del corpo, obbligata a salire su un mezzo pubblico da sola!!!!
Salgo mettendo lo scialle sulla seduta, non voglio sporcarmi con quel sudicio sedile! Dò l’indirizzo al taxista e rimango tesa, cercando di toccare il meno possibile, fin quando non arrivo al mio nuovo appartamento.
Dopo la litigata, mio padre mi ha obbligato a venire a vivere, come sistemazione momentanea ovviamente, in questo squallido appartamento nel Greenwich Village, il quartiere degli artisti per alcuni, il quartiere dei poveri per me. E’ piccolo in confronto a Villa Cullen, situato nella splendida Upper East Side, ha solo la zona giorno open space al primo piano e cinque camere e lo studio con annesso bagno personale al piano superiore. La mia vecchia camera da letto era più grande della zona giorno di questo stupido appartamento! “E’ più vicino al ristorante” si era giustificato, ma io sapevo che lo aveva fatto solo per non vedere la mia faccia e per non sentire più le mie suppliche. Maledetto!
Entro mugugnando mentre mi libero delle scarpe e le lancio con rabbia al centro della sala.
“Bentornata Miss” mi saluta la domestica, Carmen, schivando la scarpa destra.
“Mpf” rispondo iniziando a spogliarmi mentre mi dirigo verso la mia adorata vasca idromassaggio… l’unica cosa positiva di tutto l’appartamento!
Mi spoglio e mi immergo con piacere in quel fantastico e rigenerante specchio d’acqua.
Le bollicine mi massaggiavano divinamente ed il calore dell’acqua sembra lenire i dolori che provo in ogni singolo muscolo. Mi lascio cullare dalle note dello stereo e mi rilasso nella vasca.
 “Signorina, la cena è pronta” mi avvisa la domestica da dietro la porta del bagno.
Mugugno irritata. Come si permette di disturbarmi in un momento così paradisiaco?
Maledico nuovamente mio padre uscendo da qual paradiso. Chiamo la domestica per asciugarmi ed acconciarmi i capelli e mi vesto per la cena.
Il profumo che proviene dalla cucina è buonissimo e risveglia la fame che non avevo avvertito fino a quel momento.
“In veranda” specifico alla domestica mentre mi dirigo verso il tavolo esterno.
Mi riprepara la tavola in veranda e mi serve la cena… sarà stato l’effetto del bagno prolungato, ma ogni portata è veramente squisita e divoro ogni piatto.
 
Terminata la cena mi fiondo in camera per telefonare alla mia migliore amica Rosalie. E’ solo un giorno che non la vedo, ma già mi manca, come mi manca la mia vera vita!
Parliamo tantissimo e, sentire la sua voce, mi riporta il buon umore. Mi racconta la sua splendida giornata, passata tra shopping e chiacchiere con gli amici di sempre, ed io ascolto rivivendo nei suoi racconti… speriamo che mio padre rinsavisca in fretta!
 
Mi sveglio ancora dolorante. La notte non ha portato nessun beneficio. Le braccia sono pesanti e i miei poveri piedi, appena li appoggio sul pavimento, ricominciano a farmi male. Cammino lentamente, appoggiandomi al muro e mugugnando verso la cucina dove il profumo mi avvisa che la colazione è pronta. 
“Posso aiutarla Miss?” mi chiede la domestica accorgendosi del mio passo dolorante.
“NO” le urlo frustrata. Può aiutarmi solo imprestandomi i suoi piedi, ma ovviamente non può farlo, quindi la sua proposta è superflua! … Però…
“Chiama in ristorante e avvisa che non vado a lavorare perché sono malata.” Le ordino mentre mi serve le frittelle. “FALLO” le urlo vedendo che non si muove, ma mi guarda imbarazzata.
“Non posso Miss” sussurra abbassando il capo.
“COSA?”
“Non posso telefonare al ristorante. Deve andare al lavoro. Così mi ha ordinato suo padre” continua sussurrando.
“PARLA PIU’ FORTE”
“Non posso. Suo padre non me lo permette.” Ripete con voce più alta, ma continuando a non guardarmi.
“Non mi interessa cosa vuole mio padre. Ho male ai piedi, non posso andare! CHIAMA O SEI LICENZIATA” le ordino minacciandola con la forchetta.
“Suo padre mi licenzia se telefono. Ma se mi permette, ho la soluzione per il suo problema” si osa rispondermi.
“Cosa aspetti? Risolvimi il problema o chiama in ristorante!” le dico gettando frustrata la forchetta nel piatto.
Scompare nella lavanderia e ritorna con una bacinella piena di acqua fumante e dei sali. Mi fa accomodare sul divano e immerge i miei piedi in quell’intruglio.
“Wow” esclamo per la fantastica sensazione di benessere che risalendo dai piedi mi invade tutto il corpo. Mi rilasso con gli occhi chiusi e appoggiando estasiata la testa sullo schienale del divano. In paradiso, sì, sono in paradiso!
Termino colazione lasciando i piedi in ammollo e mi rilasso sul divano guardando il soffitto. Fantastico. Io da qui non mi muovo… no, no, non mi muovo!
“Miss, deve prepararsi!” mi disturba la domestica entrando in sala con la mia odiata divisa tra le mani e, raccapriccio, con le scarpe maledette.
“No” dico incrociando le braccia al petto e imbronciandomi.
“Miss. Per favore” chiede gentilmente mentre posa i vestiti vicino a me.
“No, ho male ai piedi” e lancio l’abbigliamento lontano da me.
Non rispose, raccoglie la divisa e mi toglie i piedi dall’acqua asciugandoli delicatamente.
“Come ti permetti?” le ringhio.
“Devo metterle la crema e si ricordi che tenere troppo i piedi in ammollo le rovina la pelle” non sia mai che la mia delicata pelle venga sciupata!
Mi massaggia i piedi con la pomata e mi infila delicatamente le calze. Provo ad infilare le scarpe, mi fanno ancora male, ma il dolore è accettabile. “Potevi cercare un rimedio migliore” la rimprovero mentre esco di casa sbattendo la porta. Una misera domestica che mi costringe a lavorare… la vorrei licenziare, ma è mio padre che comanda, e Carmen è la sua domestica preferita, quindi è una battaglia persa!
 
Arrivo in ristorante e con mia grande gioia lo trovo completamente vuoto! Fantastico! Oggi non devo correre ed i miei piedi sono salvi.
“Ciao! Potresti preparare i tavoli 6 e 7? Grazie” mi accoglie il cameriere sfruttatore del giorno prima, mentre mi passa davanti diretto alla sala grande.
“E perché?” gli chiedo stranita, mentre mi accomodo sullo sgabello del bar e ordino un caffè.
Mi guarda confuso e poi scoppia a ridere scuotendo la testa prima di correre verso la sala grande.
“Cosa diavolo stai facendo?” mmmmh, di nuovo la strega. “Perché non stai preparando i tavoli?” mi chiede con le fastidiose braccia puntate sui fianchi.
“Perché non è compito mio” rispondo tranquilla continuando a sorseggiare il caffè. Quando quel sadico di mio padre mi ha mandato a lavorare nel ristorante mi aveva detto che dovevo servire ai tavoli. Punto! Mica prepararli o fare altro!
La strega scoppia a ridere isterica.
“Signorina! E’ uno dei tuoi compiti! Alza il culetto e vai a preparare la sala che tra venti minuti apriamo!”
La guardo spaesata. Forse si è drogata o ha bevuto. Io, Isabella Mary Swan, non mi sarei mai abbassata a ripreparare i tavoli o scopare per terra come Cenerentola! Assolutamente!
La strega, con un ghigno malefico prende il cellulare.
No, no, no, non ti permettere! Mi alzo come una furia e glielo strappo di mano!
“Ma… cosa!” balbetta sorpresa, ma in un niente si riprende e si fionda sul telefono fisso. Mi sfida con lo sguardo e digita, premendo con forza i tasti, il numero di mio padre.
“Mr Swan…” dice con voce mielosa e guardandomi vittoriosa.
Cavolo, noooo! Le restituisco immediatamente il cellulare e mi dirigo verso la saletta maledicendola.
“… mi scusi, tutto risolto. Buona giornata!” Le sento dire mentre varco la porta della saletta.
 
Le finestre sono aperte, fantastico, nessun cattivo odore. Mi dirigo verso i tavoli ed inizio a guardarmi intorno. Nessun tavolo è preparato… non c’è nulla a vista… che diavolo devo fare? Da dove comincio?
“Hai bisogno di una mano?” chiede sorridente il cameriere sfruttatore entrando nella saletta.
Annuisco con la testa mentre lo seguo con lo sguardo verso un mobile bianco addossato ad una parete vicino alla finestra.
Prende le tovaglie e inizia canticchiando a ripreparare la sala. Rimango ferma sperando che si dimentichi di me, in modo da fargli ripreparare a lui i maledetti tavoli, ma purtroppo se ne accorge e con un sorriso mi invita ad aiutarlo.
Io mi domando: che cavolo ha da sorridere? E’ un umile cameriere che deve servire le persone per una paga misera. E non solo sorride, ma pure canta. Sarà anche lui un drogato o un alcolizzato… boh!
“Le tovaglie sono nel mobile” dice gentilmente facendomi ritornare al presente.
Non rispondo e battendo i piedi mi dirigo verso il mobile a prendere le tovaglie. Le stendo sui tavoli, ma sono piccole, troppo piccole.
“Ma come diavolo!” ringhio mentre maltratto la stoffa gialla.
Scoppia a ridere e, con una tovaglia più grande, si avvicina e la sistema sul tavolo.
“Quelle piccole sono per i carrelli, quelle grandi per i tavoli”
Annuisco e, copiando i suoi movimenti, preparo il resto dei tavoli. Ovviamente senza dimenticare di maledire mio padre e il suo sadismo.
“Perfetto!” esclama compiaciuto lo sfruttatore rimirando la sala. Seguo il suo sguardo e non capisco a cosa si riferisca. La sala ovviamente è perfetta, è stata arredata da mia zia, arredatrice di fama mondiale, ed il suo gusto è sublime, ma non capisco cos’abbia quel misero cameriere da sentirsi soddisfatto, mica l’ha arredato lui quel locale!
“Mi chiamo Jacob Black” si presenta il ragazzo allungandomi una mano.
“Isabella Mary…” gli rispondo, omettendo volutamente il cognome, e guardo con disgusto la sua mano alzata. Non penserà mica che gliela stringa? Sicuramente sarà ruvida e mi potrebbe rovinare la pelle.
Sfoggio la mia miglior faccia indignata ed esco dalla saletta per dirigermi verso la sala grande dove Rosalie sta impartendo gli ultimi ordini e assegnando i tavoli ai camerieri.
“Tu oggi servirai nella saletta” dice guardando nella mia direzione. Mi volto verso il ragazzo, ma lui scuote la testa negando e mi indica con l’indice.
“IO?” chiedo incredula.
“Sì, tu. Isabella!” mi conferma la strega con un sorriso compiaciuto.
“E perché?”
“Tu lo sai” risponde semplicemente ed il che significa “tuo padre vuole così” perfetto… e lui spera ancora che io un giorno lo ringrazierò. Già tanto che non mi fiondo da lui per ucciderlo. E’ lui che deve ringraziare me perché mi trattengo dal strozzarlo!
Vedo gli altri camerieri dirigersi verso le loro postazioni ed io, digrignando i denti, vado nella maledetta e puzzolente saletta …. Maledetto mio padre!!! Maledetta Jessica!!!
   
 
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