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Autore: Severia85    28/09/2015    5 recensioni
31 Dicembre 1981. Silente si domanda come alleviare le sofferenze del suo nuovo Professore di Pozioni e gli torna alla mente un antico cimelio nascosto nel castello.
Terza classificata al “Fan Art Contest” indetto da _kimmy_ sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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UN’ULTIMA OCCASIONE

 
Silente camminava avanti e indietro, nel proprio studio, inquieto. Fuori, la neve cadeva lenta, quasi a voler scandire le ultime ore di quell’anno. Un anno agrodolce: la guerra era finita, ma tante vite innocenti erano state distrutte. Molti maghi e streghe avevano festeggiato la sconfitta di Voldemort, eppure il cuore di Silente era in subbuglio: non solo perché sapeva che quel trionfo era effimero e temporaneo, ma anche perché pensava al sacrificio che quella vittoria era costato. In quei mesi, il suo pensiero correva spesso al piccolo Harry, orfano e ospite in una famiglia in cui – ne era certo – non era stato accolto con gioia: al momento, non poteva fare nulla per lui. La vita andava avanti, comunque. I festeggiamenti per quell’ultima notte dell’anno sarebbero stati grandiosi: il Ministero si era impegnato in prima persona, perché quelle feste fossero ricordate a lungo. La gente aveva bisogno di divertirsi, dopo quegli anni bui, eppure il Preside sapeva che non tutti avrebbero festeggiato. Chi aveva perso una persona cara in quella guerra avrebbe avuto bisogno di più tempo per leccarsi le ferite. Uno di questi era senza ombra di dubbio il suo nuovo e giovane professore di Pozioni che, da quando la scuola era terminata e gli studenti avevano fatto ritorno alle loro case, languiva nei propri sotterranei, facendosi consumare dal dolore. Se solo avesse potuto aiutarlo. Si sentiva in colpa: gli aveva fatto una promessa, ma non l’aveva mantenuta. Si erano fidati tutti della persona sbagliata. Quel tradimento pesava sull’anima del vecchio come un macigno.
Sapeva di aver salvato Severus dal suo destino, attirandolo dalla propria parte e poi affidandogli il compito di proteggere Harry, ma sentiva anche di non potergli impedire di soffrire, di piangere la morte della donna amata, di sentirsi responsabile di quanto accaduto.
Rimuginare non serviva a molto, così decise di scendere a controllare in quale stato si trovasse il giovane e cercare, per quanto possibile, di dargli conforto.
 
Bussò alla grande porta di legno scuro, senza ottenere risposta. Riprovò e attese. Al terzo tentativo, decise che sarebbe entrato comunque.
Severus sedeva di spalle, su una grande poltrona foderata di stoffa verde scuro. Guardava la danza delle fiamme rosse nel camino, sorseggiando quello che sembrava essere Whisky Incendiario. Era immobile e i capelli lunghi gli nascondevano il volto.
“Ho bussato, ma non mi hai risposto.” Esordì il vecchio mago, avvicinandosi.
“Evidentemente, non volevo visite.” Rispose acido l’altro.
“Volevo sapere come stavi: è da un po’ che non ti si vede al piano di sopra.”
“Sto bene, sono in perfetta salute.”
“Non ho dubbi sulla salute del tuo corpo, ma mi preoccupa quella della tua anima.”
“La mia anima?” domandò sarcastico Piton, girandosi finalmente a guardare il suo interlocutore. “Non ho più un’anima da molto tempo, ormai.”
“Se fosse così, non soffriresti in questo modo. Il pentimento e i sacrifici che hai compiuto ti hanno restituito ciò che avevi perduto.”
“Mi hanno restituito ciò che avevo perduto?” ripeté Piton, urlando e alzandosi in piedi, mentre il bicchiere finiva a terra, rompendosi e spargendo a terra il suo liquido ambrato. “Nessuno potrà ridarmi ciò che ho perso e tu lo sai bene! Se sei venuto qui per consolarmi, puoi ritornatene di sopra: non ho bisogno delle tue parole.”
Silente sospirò, sconfitto. Si era espresso male, aveva scelto le parole sbagliate per far capire al suo insegnante che c’era ancora qualcosa di buono dentro di lui. Ora, lo aveva fatto infuriare e insistere sarebbe stato vano, nonché dannoso.
“Mi spiace, Severus.” Mormorò, voltandosi per uscire.
Aveva già un piede oltre la soglia dell’ufficio, quando si voltò per domandare:
“Non c’è davvero nulla che io possa fare per alleviare la tua sofferenza?”
“Avresti dovuto fare qualcosa prima.” Rispose il pozionista, sapendo che questo lo avrebbe ferito.
Silente se ne andò mestamente, lasciando il giovane in preda alle proprie emozioni.
 
***
 
Il banchetto per festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo si consumò in Sala Grande alla presenza del Preside, dei docenti e di alcuni studenti che non erano ritornati a casa. Tutti quanti mangiarono a sazietà e, allo scoccare della mezzanotte, assistettero allo spettacolo dei fuochi d’artificio che brillavano sul soffitto incantato della sala. Severus Piton non si fece vedere per tutta la serata.
“Dovresti essere più intransigente con lui,” disse Minerva McGranit al Preside, durante la cena. “È un insegnante e deve rispettare certe regole. Non può fare sempre come crede.”
“Mia cara, sono certa che Severus ha un ottimo motivo per non essere qui con noi questa sera.”
“Sei troppo indulgente. Ancora non capisco perché tu lo abbia chiamato a scuola ad insegnare. Ti fidi davvero del suo cambiamento?”
“Ciecamente.” Rispose Silente. Sorrideva, ma il tono era fermo, per far capire che non intendeva discutere ancora la propria decisione.
Se solo avesse potuto raccontare a tutti la parte migliore di Severus, tuttavia non sarebbe venuto meno alla parola data. Voleva accontentarlo almeno in quello. Desiderava ardentemente la serenità di quel ragazzo, già così duramente provato dalla vita.
Quel pensiero accese in lui un’idea, un regalo che poteva fargli quella notte.
 
***
 
“Le tue attenzioni cominciano ad essere seccanti, Albus. Che bisogno c’era di convocarmi qui a quest’ora della notte?”
Severus Piton si trovava nell’aula di Pozioni: un elfo si era presentato nel suo studio alle tre di mattina, per comunicargli che il Preside lo attendeva. Avrebbe voluto rifiutare, tuttavia era certo che il vecchio non si sarebbe accontentato di una scusa.
“Non stavi dormendo, vero?”
“No.”
“Quando è stata l’ultima volta che hai dormito per l’intera notte?”
“Mi hai chiamato per farmi un interrogatorio?” sbuffò il pozionista, ergendo subito una barriera, per evitare la domanda scomoda.
“No, ti ho fatto venire qui per farti un regalo.”
Piton fece una smorfia di scetticismo.
“Ho recuperato un oggetto antico, uno di quei cimeli che si trovano nel castello. Sarà tuo fino a domani mattina, ma devi promettermi che in futuro non lo cercherai, né mi chiederai di mostrartelo di nuovo.”
Il giovane mago non comprendeva il perché di tutte quelle precauzioni, ma cercava di capire cosa si nascondesse dietro al telo che copriva un oggetto piuttosto grande, alto fino al soffitto, seminascosto alle spalle di Silente.
“Ho la tua parola, Severus?”
Un cenno del capo diede conferma al Preside.
“Ti lascio solo, tanto sono certo che non impiegherai molto a capire come funziona. Ricorda: solo fino a domani mattina.”
 
Severus si avvicinò cauto e tirò il telo, fino a scoprire un grande specchio, circondato da una cornice dorata, riccamente ornata, che si reggeva su zampe di leone. In cima, era incisa un’iscrizione: Erouc li amotlov li ottelfirnon. Il mago corrugò la fronte: aveva capito il testo della frase, ma non il suo significato profondo. Si avvicinò di qualche passo e restò senza fiato. Il cuore smise di battere e un tremito lo percorse da capo a piedi. Aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Nello specchio, era comparsa la donna che aveva amato sin da quando era bambino e che lui stesso aveva condannato a morte. I capelli rossi come il fuoco le circondavano il viso pallido, i suoi occhi verdi lo fissavano. Indossava un vestito bianco, lungo fino ai piedi, che le dava le sembianze di un angelo. Il mago si voltò, aspettandosi di vedere la giovane, tuttavia nella stanza non c’era nessun’altro oltre a lui.
“Lily.” Riuscì finalmente a mormorare, tornando a guardare lo specchio e improvvisamente conscio del potere di quell’oggetto.
C’erano tante cose da dire, tante questioni da spiegare, eppure Severus restava immobile a guardarla, senza essere in grado di dire nulla.
Con un gesto lento e insicuro, allungò la mano verso lo specchio, mentre Lily faceva la stessa cosa. Quando le loro mani si sfiorarono, non sentì il calore della sua pelle, ma solo il freddo del vetro: non poteva averla di nuovo. Lei era là, oltre quella superficie impenetrabile. Lo guardava e non c’era rimprovero nei suoi occhi. Un piccolo sorriso si disegnò sulle sue labbra. Severus si gettò sullo specchio, nel vano tentativo di abbracciare la ragazza, ma finì a terra, dove restò accasciato a piangere.
“Mi dispiace, mi dispiace.” Continuava a ripetere tra un singhiozzo e l’altro. “Non volevo. Io non pensavo... Non sapevo...”
Le parole non erano sufficienti a esprimere tutto il suo dolore.
“Ho cercato di proteggerti, ho tentato... È solo colpa mia!”
Quando alzò gli occhi velati di lacrime, Lily era ancora lì: sembrava comprendere la sua angoscia e, nel suo sguardo, pareva esserci comprensione.
Ci volle ancora un po’, prima che Severus riprendesse il controllo di sé. Quando ebbe smesso di piangere, si sedette a terra, appoggiando il fianco contro lo specchio e sfiorando la mano di Lily con la propria. Cercò di rievocare i ricordi felici della loro infanzia e gli parve quasi che la ragazza gli accarezzasse la testa.
 
La mattina arrivò troppo in fretta e a Severus Piton occorse uno sforzo di volontà immenso per staccarsi da quella figura. Le disse addio, appoggiando un bacio casto e leggero sulla superficie dello specchio dove si rifletteva la sua guancia. Poi uscì dall’aula, consapevole che non avrebbe mai più rivisto quell’oggetto: Silente lo aveva avvertito e lui aveva dato la propria parola.
Salì in Sala Grande per fare colazione.

__________

N.d.A.
Questa storia partecipa al contest "Fan art contest" indetto da Kimmy.

 
  
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