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Autore: Bijouttina    29/09/2015    14 recensioni
*Seguito di “Ti va di rischiare?”*
Serena e Marco sono alle prese con la loro nuova avventura: due gemelli in arrivo, un matrimonio da organizzare, un probabile trasloco. Marco è stressato dalla gestione dell’azienda di famiglia, Serena è in preda agli ormoni, le incomprensioni sono dietro l’angolo. Riusciranno a superare i momenti no? Se ci si mettono pure gli amici e la famiglia a complicare le cose, l’impresa non sarà delle più semplici.
*****
«Cazzate!». Lorenzo scaccia quell’idea con un gesto secco della mano, come se fosse una cosa assurda e non avesse avuto alcun senso. «Tuo padre te la menerebbe a vita per non aver dato alla luce un erede».
«Il nostro non è mica un regno», gli faccio notare allargando le braccia e facendole ricadere pesantemente lungo i fianchi un istante dopo.
«Il regno dei Rossini», commenta portandosi un dito sulle labbra. «Non suona nemmeno male. Secondo me dovreste cambiare la scritta sopra il cancello».
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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Capitolo Ventotré

Grandi festeggiamenti



 
Sei mesi, sei intensi e bellissimi mesi sono già passati da quando Serena ha dato alla luce i nostri due figli. Max e Simone stanno crescendo a vista d’occhio e diventano ogni giorno più belli. Lo so, io sono di parte, sono i miei cuccioli e saranno sempre meravigliosi ai miei occhi. Simone è quello più tranquillo e pacifico dei due, non fa altro che dormire e mangiare. Massimiliano, invece, si sveglia un sacco di volte la notte in cerca della mamma per la sua razione di latte. Entrambi pesavano due chili e duecento grammi alla nascita - grammo più, grammo meno - ora sono dei vitellini: Simone pesa nove chili, Max nove e mezzo.
Ogni mattina, quando mi guardo allo specchio, quasi mi spavento per le perenni occhiaie. Non sono abituato a dormire così poco e mi alzo sempre con mia moglie durante la notte, per darle una mano. Normalmente mentre sfama uno dei due, io mi coccolo l’altro. Devo dire che non mi pesa affatto, ne risento solo la mattina quando devo alzarmi per andare a lavorare. Mentre sono via, c’è sempre qualcuno qui con Serena per aiutarla a fare tutto. Si è ripresa bene dopo il parto, senza alcuna conseguenza e ha già smaltito quasi tutti i chili extra che aveva preso durante la gravidanza, è stata davvero brava.
«Mi dai una mano a cambiare i mostriciattoli?». Serena appare in camera come una furia, tutta spettinata e non ancora vestita, indossa ancora il pigiama.
«Lo sai che non sei ancora pronta?». La osservo divertito e lei arriccia le labbra, rilasciandole con uno schiocco.
«Certo che lo, ma qualcuno deve sfamare le belve e tu non puoi certamente farlo. Il compito ingrato spetta a me e ora devono essere cambiati. Dai, paparino, muovi quel tuo bel culetto sodo e cambia il pannolino a Max». Mi schiaffeggia il sedere, trascinandomi poi per un braccio e portandomi nella stanza dei piccoli, dove mi aspetta questo compito ingrato.
«Perché devo cambiare sempre io quel puzzone?», domando preparandomi ad andare in apnea finché non avrò rimosso il pannolino incriminato. Per fortuna sono allenato a stare in acqua e riesco a non respirare per un tempo prolungato. Okay, ammetto di aver perso un po’ di allenamento, ma non me la cavo proprio così male e normalmente riesco ad uscire indenne da questa tortura. Amo i miei figli, farei qualsiasi cosa per loro, ma il cambio del pannolino lo eviterei volentieri! Non posso sottrarmi però, è mio compito di bravo padre fare anche quello che non mi piace.
«Proprio perché è puzzone. Mi dispiace, ma l’angioletto spetta a me». Prende in braccio Simone, baciandogli la punta del naso. Lui emette dei gridolini entusiasti, sorridendo come un pazzo. È già il cocco della sua mamma, si vede chiaramente.
Max comincia ad agitarsi nel suo lettino, borbottando come un pazzo. Credo che abbia preso il mio caratteraccio.
«Sì, ho capito, non serve che ti lamenti in questo modo». Una volta tra le mie braccia mi sorride contento. «Volevi anche tu le attenzioni di qualcuno, vero? La tua mamma ha un debole per quel ruffiano di tuo fratello, ma c’è il tuo papà a farti sentire speciale».
Serena scuote la testa divertita, mentre cambia con mano esperta il pannolino di Simone. Max mi osserva accigliato, forse non crede che io sia bravo quanto lei a fare il cambio di quell’arma di distruzione di massa. Le farò vedere che giochiamo ad armi pari, o quasi. Prendo un bel respiro e parto ben deciso a trionfare. Max, però non è di grande aiuto: una volta tolto il pannolino puzzolente e buttato nell’apposito cestino, ha la brillante idea di farmi la pipì sulla camicia pulita appena indossata, prendendomi pure in giro ridendo soddisfatto.
«Ehi, maialino, non si fanno queste cose al tuo papà». Gli punto un dito contro, minacciandolo bonariamente. «Guarda che ti metto in castigo fino ai vent’anni».
Max, in tutta risposta, protende le manine verso di me, continuando a sorridere felice.
«C’è anche un altro ruffiano qui dentro», commento osservando con la coda dell’occhio Serena che ha già terminato di cambiare e sistemare Simone.
«Ti serve una mano, amore? Ti vedo un po’ in difficoltà». Mi prende in giro mia moglie con un sorrisetto divertito sulle labbra.
«Posso farcela», rispondo estraendo una manciata di salviette deumidificate. «Io e Max abbiamo un discorso in sospeso».
Lui si mette una mano in bocca, guardandoci attentamente. Dopo un attimo in cui sembra concentrato in qualcosa, emette una sonora puzzetta. Serena scoppia a ridere come una pazza.
«Certo che la fama del puzzone non te la toglierà proprio nessuno», dico a mio figlio, scuotendo la testa rassegnato. «Vedi di cambiare atteggiamento quando ti troverai una ragazza, altrimenti non ti vorrà nessuno e dovremmo tenerti in casa. Sai, non vorrei averti tra i piedi tutto il tempo. La tua mamma ed io vorremmo anche fare cose che tu e tuo fratello non dovrete mai sapere».
Max mi osserva con attenzione, sembra fare attenzione a ogni mia singola parola. Infatti mi risponde, borbottando qualche suono simile ad un vero discorso. Mio figlio mi sta rispondendo a tono e non sembra molto felice della mia ramanzina.
«Avete finito di litigare voi due?», domanda Serena divertita.
«Tuo figlio ha un brutto carattere». Le faccio notare con un angolo della bocca sollevato all’insù.
«Mi sto proprio domandando da chi avrà mai preso». Bacia la fronte di Simone che sorride più che mai e poi, rivolgendosi a lui, aggiunge: «Tuo fratello è l’esatta copia in miniatura di tuo papà. Non fare caso a loro, tu hai preso tutto dalla tua mamma e sarai un bambino adorabile. Tuo fratello sarà un brontolone, ma credo che tu lo abbia già capito, vero cucciolino mio?».
«Smettila di traviare nostro figlio». La ammonisco prima di baciarla a tradimento sulle labbra. «Bambini, tappatevi gli occhi, sto per pomiciare con la vostra bellissima mamma».
Lei ridacchia sulla mia bocca, ma non si sottrae all’approfondimento di quel bacio, anzi, è proprio lei a ricominciare quando sto per smettere.
«Peccato che non ci sia il tempo per andare oltre», mormoro ancora con gli occhi chiusi, un sospiro sfugge al mio controllo. «Dobbiamo essere in chiesa tra un’ora ed è esattamente il tempo che ti servirà per renderti presentabile».
«Ehi! Screanzato che non sei altro!», sbotta Serena sculacciandomi ancora una volta.
«Se non la smetti di sculacciarmi, dovrò cominciare a pensare che vuoi provare qualcosa di strano durante la nostra intimità». La prendo in giro con un sorrisetto sghembo sulle labbra.
Lei si finge risentita. «La prossima volta ti prendo a calci».
«Magari qualcuno potrebbe trovare eccitante anche quello», continuo imperterrito per la mia strada.
«Bambini, chiudete gli occhi. Sto per pestare a sangue vostro padre e non vorrei traumatizzarvi», borbotta Serena in direzione dei nostri figli.
Simone, che si trova ancora tra le sue braccia, nasconde il viso contro il suo collo.
«Ha già capito tutto», commenta lei scoppiando a ridere.
I nostri figli sono molto intelligenti, niente da dire. Max attira nuovamente la mia attenzione, brontolando più che mai. Ha ragione, povero, l’ho lasciato con il sederino al vento.
«Scusami cucciolo, il tuo papà è partito per la tangente, scordandosi di metterti il pannolino pulito». Riparo immediatamente e lo cambio, per la gioia di tutti. Finalmente mio figlio torna a sorridermi felice.
«Scusami ancora piccolino». Lo prendo in braccio, baciandogli la fronte. Lui emette dei suoni entusiasti. Per fortuna mi vuole ancora bene.
«Gli uomini della mia vita», esclama Serena con gli occhi lucidi. «Vi amo tutti così tanto».
«E noi amiamo te, bellissima mammina». Le bacio teneramente le labbra. Amerò questa donna fino alla fine del tempo.
«Ora vatti a preparare che poi devo mettermi una nuova camicia. A Max questa non piaceva e me l’ha dimostrato chiaramente», dico ridacchiando.
«In effetti ne hai di più belle nell’armadio». Infierisce la mia donna con un sorrisetto furbo. Non si stancherà mai di prendermi in giro e io la amo da impazzire anche per questo.
Cinquanta minuti più tardi siamo pronti per salire sulla nostra nuova auto. Va bene, ormai ha già qualche mese, non è più nuovissima. Alla fine sono riuscito a vendere la mia bambina a un single incallito che vive qui in zona. Ogni tanto la vedo sfrecciare lungo la tangenziale e a me vengono le lacrime agli occhi. Non è tanto per la macchina in sé, è più per il valore affettivo: ho conosciuto Serena grazie a lei. Ora abbiamo una station, i nostri figli hanno la priorità assoluta e avevamo bisogno di un’auto spaziosa per caricare tutte le loro cose. La carrozzina doppia è parecchio ingombrante. Lorenzo ha smesso da un po’ di prendermi in giro su questo argomento, probabilmente perché ho minacciato di spifferare a Stella che ogni tanto fuma ancora qualche sigaretta. Non vorrebbe mai che lei lo scoprisse, altrimenti gli taglierebbe i connotati. Sembra tanto dolce e timidina, ma usa il pugno di ferro con il suo uomo e fa decisamente bene, secondo me. Lorenzo aveva davvero bisogno di qualcuno che lo tenesse a bada e lo mettesse in riga. Stella è perfetta a questo scopo e si amano, non poteva andare meglio al mio socio.
Quando arriviamo davanti alla chiesa, gli invitati sono già tutti presenti.
«Dov’è il mio figlioccio?». Luca arriva di corsa, rubandomi Max dalle mani. «Oggi è il gran giorno, amorino mio, sarò il tuo punto di riferimento fino alla fine dei nostri giorni».
In effetti non so se sia un bene o un male, ma dall’espressione felice di mio figlio, direi che è soddisfatto della scelta fatta. Mi ritrovo a sorridere quando Luca gli bacia ripetutamente la guancia e Max lancia degli urletti divertiti.
Anche Lorenzo fa la sua apparizione, rubando Simone dalle braccia di Serena: non vuole di certo essere da meno.
«Tu, invece, diventerai un grande rubacuori come lo zio. Lo capisco da questa facciotta d’angelo. L’importante è che stai alla larga da mia figlia. Dillo anche a tuo fratello, ho già avuto una certa premonizione e non vorrei mai che diventasse realtà. Non voglio usare misure estreme con voi, ma se sarà necessario, non mi tirerò indietro. Nessun maschio, tanto meno voi, può toccare la mia principessa». Osserva Simone attentamente, scoppiando a ridere un istante dopo. «Era così concentrato mentre gli parlavo. Pensate che mi abbia capito?».
«Credo che lo scopriremo fra qualche anno, quando a tua figlia cresceranno le tette». È Luca a rispondere e il mio socio lo fulmina con lo sguardo.
«Non parlare in questo modo della mia bambina», sibila a denti stretti, fulminandolo con lo sguardo.
«Come sei suscettibile», sbuffa Luca concentrandosi nuovamente sul suo figlioccio. «Max, quest’altro tuo zio è parecchio scontroso. Tu vieni da me quando hai bisogno di aiuto, lascia perdere lui, è capace di rifarti i connotati se gli girano le scatole».
«Bambini, smettetela. I nostri figli hanno solo sei mesi. Potete riprendere questo discorso quando avranno quindici anni e gli ormoni a palla». Mi intrometto mettendo fine a questo insulso scambio di battute altamente fuori luogo. Oggi è un giorno importante per i nostri figli, saranno battezzati e siamo pronti a festeggiare in grande con le nostre famiglie e amici. Sono presenti proprio tutti oggi, nessuno ha pensato di darci buca, anche perché ce lo saremmo legati al dito.
È una giornata caldissima. Forse non è stato il massimo scegliere di farlo ad agosto, ma ne abbiamo approfittato visto che i nostri amici sono tutti in ferie in questo periodo e possiamo fare le ore piccole senza l’obbligo di doverci alzare prestissimo domani mattina. Anche le Cantine Rossini sono chiuse per una settimana intera, poi io me ne tornerò a fare qualcosa, mentre la mia squadra farà a rotazione un’altra settimana, meritatissima.
Tiziano sta venendo nella nostra direzione, lo abbraccio felice.
«Grazie dell’invito, Marco», mi dice con una leggera stretta sul braccio.
«Non potevi mancare». Lo rassicuro con un sorriso. Una donna bionda, più o meno della sua età, e due ragazzi ci stanno raggiungendo.
«Questa è la mia famiglia». Me li presenta uno a uno orgoglioso. La moglie mi abbraccia di slancio, sorprendendomi.
«Grazie per aver ridato il lavoro a mio marito». Ha gli occhi lucidi e sta trattenendo le lacrime.
«L’azienda non sarebbe stata la stessa senza Tiziano». Ed è la verità, abbiamo bisogno di lui. Il bamboccio aveva obbligato mio padre a licenziarlo, ma dopo il loro arresto, l’ho ripreso subito con noi. È un elemento importante e non mi sarei mai liberato di lui. Ho risistemato le cose e gli ho anche pagato i suoi giorni di assenza forzata, come se fossero state delle ferie programmate. Lui e la sua famiglia non avrebbero mai dovuto rimetterci a causa di quei bastardi. Un pezzo per volta sto facendo tornare l’azienda di mio nonno al suo vecchio splendore. Il periodo non è dei migliori, ma sono certo che riusciremo a mantenere vivo il buon nome di famiglia, anche nelle generazioni future. Max e Simone potranno avere un ruolo importante in tutto questo, se solo se la sentissero una volta cresciuti. Nemmeno io volevo avere a che fare con tutto questo, ma se non fosse stato per la caparbietà di mio padre, a quest’ora io non sarei qui a raccontare tutto questo. Probabilmente le Cantine Rossini non sarebbero nemmeno più esistite. Mio padre è così orgoglioso di me che ha voluto perfino dedicarmi una partita di spumante in edizione limitata a mia insaputa. Tutte quelle bottiglie numerate sono andate a ruba e io mi sono commosso come non mai. Sono l’orgoglio della mia famiglia, non potrei essere più felice di così.
Osservo mia moglie sorridente, i miei bambini sani e coccolati da tutti, rendendomi conto che non cambierei la mia vita con quella di nessun altro al mondo.  La mia è semplicemente perfetta.
 
°°°
 
I nostri cuccioli sembrano davvero dei principini con quei vestiti da cerimonia che mia madre ha tanto voluto regalarci per l’occasione. Sinceramente non ero molto convinta, ma alla fine ho dovuto ricredermi e sono davvero bellissimi. La cerimonia in chiesa è andata benissimo, Max e Simone sono stati davvero molto bravi, non hanno pianto e sono stati tranquillissimi tutto il tempo. Avevo un po’ paura che Max facesse i capricci, ma a quanto pare le mie raccomandazioni sono servite e il mio piccolino mi ha davvero reso orgogliosa di lui. Sono una mamma molto fortunata, anche se questi primi sei mesi con loro non sono stati di certo una passeggiata. C’è stato davvero il rischio che andassi in depressione post parto, ma avevo l’affetto e la presenza di tutti i miei cari, che non mi hanno mai lasciata sola un solo istante. Sono un aiuto prezioso per me, per Marco e per la nostra famiglia. Mi sento davvero bene, sono felice di come sta andando la mia vita. Non potrei davvero chiedere di meglio.
Siamo tutti a festeggiare nella villa dei Rossini. I miei suoceri hanno insistito per far festa da loro, lo spazio di certo non manca. In estate è comunque tutto più semplice, è stato un po’ più complicato per il nostro matrimonio in dicembre, anche se è andato tutto alla perfezione. Ora non sono più ingombrante, mi sento più leggera senza questi due nanerottoli dentro di me, ma sono anche molto più felice. Simone è sulle mie ginocchia, lo faccio saltellare piano e lui ridacchia contento; ha sempre il sorriso sulle labbra e guardarlo ti dà davvero una sensazione di pace. Max, invece, è un po’ più musone e dico sempre che ha preso tutto da suo padre, è Marco in miniatura, per questo è semplicemente perfetto. Entrambi i miei figli lo sono.
«Posso coccolare un po’ mio nipote?». Mio fratello Ale si siede accanto a me e ha già le braccia protese verso Simone.
«Solo se farai il bravo», gli dico dandogli una leggera spallata.
«Io sono sempre bravissimo», borbotta chiudendo e aprendo ripetutamente i palmi delle mani, impaziente di rubare uno dei miei figli.
«No, non è vero, non mi hai ancora fatto diventare zia». Gli metto il broncio, cedendo poi e consegnandogli il mio bambino.
«Ci stiamo lavorando, Sere». Ale mi sorride e io gli passo un braccio intorno al collo, baciandogli la guancia.
«Perché non me lo hai mai detto?», chiedo raggiante.
«Diciamo che non volevo che nostra madre si facesse troppe illusioni. Magari non ci riusciamo, che ne sappiamo», risponde sistemando Simone sulle sue ginocchia e riprendendo a farlo saltellare come stavo facendo io qualche istante fa. Mio figlio ride felice, emettendo dei gridolini.
«Anche noi ci abbiamo messo un po’ e poi sono arrivati loro. Vedrai che andrà tutto bene, fratellino. L’importante è non perdere mai la speranza». Poso la testa sulla sua spalla e lui sospira.
«Continueremo a provarci, magari avremo anche noi la fortuna di diventare genitori».
Non tutti sono fortunati o sfortunati come Stella e Lorenzo. Loro non avevano di certo previsto l’arrivo di Eleonora, ma ora sono una delle coppie più belle che abbia mai conosciuto. Sono come il giorno e la notte, forse è per questo che insieme fanno scintille. La mia figlioccia sta crescendo a vista d’occhio, ha solo otto mesi in più rispetto ai miei due bambini, fra poco saranno anche in grado di giocare insieme. Ho come l’impressione che Lorenzo stia spingendo Stella a provare per il secondo figlio, anche lui vorrebbe un maschietto e non lo nasconde. Stella è stata vaga l’ultima volta che l’ho chiesto, secondo me mi sta nascondendo qualcosa. Un giorno o l’altro lo scoprirò. Si parla del diavolo…
«Sere, hai tempo un secondo? Marica ha bisogno di un consulto». Stella si guarda intorno preoccupata, mordendosi nervosamente le unghie.
«Un consulto? Le hai detto che non siamo dei medici?». La butto sul ridere, ma la mia migliore amica non coglie la mia sottile ironia e così decido di alzarmi.
«Mi raccomando, se comincia a infilarsi la mano in bocca e a guardarti con gli occhietti da cucciolo, vuol dire che la sta facendo e dovrai cambiarlo. Troverai tutto il necessario nella borsa appesa qui alla sedia». Istruisco mio fratello prima di andare. Non ha fatto in tempo ad obiettare, mi ero già allontanata. Se vuole diventare padre, è meglio che cominci a fare pratica.
Lungo il percorso, afferro il braccio di Luca e lo trascino con me. Borbotta qualcosa di indecifrabile, ma quando si accorge quel è la nostra destinazione ammutolisce. Marica sta camminando su e giù in un angolo ombroso della tenuta. Ci saranno cinquanta gradi al sole oggi, all’ombra quarantacinque, sto soffrendo fisicamente.
Non ho la più pallida idea di che cosa voglia dirci la nostra amica, ma dalla sua espressione non deve essere qualcosa di bello, sembra sull’orlo di una crisi di pianto. Quando siamo ad un passo da lei, ci raggiunge di corsa, desiderosa di un abbraccio di gruppo che non facciamo da un po’.
«Che succede, tesorino nostro?». È Luca a rompere il ghiaccio, tenendola stretta fra le proprie braccia, dopo essersi staccata da tutti noi.
«Ho preso una decisione difficile, ma dovevo farlo, per me stessa», comincia Marica in un sospiro. Riemerge dal petto di Luca, guardando me e Stella a turno.
«Mi trasferisco in Francia».
Lancia la bomba senza preavviso, stupendoci del tutto. Non avrei mai creduto che avrebbe fatto una cosa tanto assurda e, soprattutto, non ne aveva mai parlato con noi.
«Perché te ne vai?», chiede il mio migliore amico con gli occhi lucidi.
Penso di aver bisogno di sedermi. Trovo un ceppo di legno poco più in là e mi lascio cadere senza pensarci due volte. Mi faccio aria con la mano, ma con questo caldo tropicale non funziona molto.
«Devo capire che cosa voglio davvero fare della mia vita e per farlo devo cambiare aria. In Costa Azzurra vivono degli zii, mi ospiteranno loro. Mi hanno anche già offerto un lavoro nel loro negozio. Starò bene, ragazzi, e non sarà per sempre. Diciamo che ho bisogno di prendermi un anno sabbatico». Ci spiega con le lacrime agli occhi. «La cosa più difficile sarà separarmi da tutti voi. Siete tutto per me e mi mancherete da morire. Ci sentiremo ogni giorno, ve lo prometto, ma vi prego, lasciatemi partire. Ho bisogno del vostro appoggio, ho bisogno che voi mi capiate».
Stella la abbraccia di slancio, facendola barcollare vistosamente. Luca si unisce subito a loro. Manco solo io, che in questo momento sono in un mare di lacrime. Marica non può andarsene, non può lasciarci così! Non deve essere stata una decisione facile per lei, sono la sua migliore amica, devo appoggiarla in ogni sua scelta, glielo devo. Mi alzo a fatica e mi aggrego a loro, ora siamo in quattro a piangere come dei cretini.
Dal giorno del mio matrimonio, Marica e Michele hanno provato a stare insieme, ci hanno provato davvero, ma ormai Marica era cambiata, entrambi lo erano e il loro rapporto non poteva più essere ricucito. Michele si è comportato da vero uomo e l’ha lasciata libera, ha capito che la Marica di cui lui era innamorato ormai non esisteva più. Forse questa pausa da tutto e tutti può solo farle bene, ma è comunque difficile lasciarla andare. Non eravamo mai stati separati tanto a lungo.
«Ora, però, andiamo a festeggiare. Questi due angioletti si meritano tutta l’allegria e l’amore possibile». Marica ci lascia andare, sorridendo a tutti noi. «Grazie di tutto».
Non deve ringraziarci, siamo qui per lei, come lo siamo sempre stati e come lo saremo in futuro. Potremo sempre contare l’uno sull’altro, questo non cambierà mai.
Torniamo da tutti gli altri e vengo subito intercettata da Marco, deve aver notato la mia espressione sconvolta. Mi attira contro il suo petto, carezzandomi amorevolmente la schiena.
«Che succede, amore mio?», domanda posandomi un bacio tra i capelli.
«Marica si trasferisce, ma ti racconterò tutto con calma. Non ora, adesso dobbiamo solo pensare ai nostri figli», rispondo in un sospiro.
«Va bene, volevo solo essere certo che stessi bene». Mi prende il viso tra le mani, sfiorando le mie labbra con le sue.
«Starò bene». Lo rassicuro con un sorriso mesto.
Comincio a sentirmi un po’ meglio dopo un paio di bicchieri di vino e dopo aver constatato che Marica, dopo la sua confessione, sembra davvero rilassata e felice. Un cambiamento potrebbe farle davvero bene, io me lo auguro con tutto il cuore. I miei figli sono entusiasti di essere al centro dell’attenzione, non che gli altri giorni non lo siano. Max è in braccio a mio padre e gli sta tirando la barba, lasciata crescere a dismisura in questi ultimi tempi per l’immensa gioia di mia madre. Per poco non la sento gridare fino a casa nostra. Sarà la crisi di mezza età di mio padre, non ho molte spiegazioni.
Simone, invece, si trova tra le braccia di mio suocero e sta dialogando amabilmente con lui attraverso dei gridolini e borbottii che sembrano davvero delle parole. È davvero meraviglioso vedere quanto i miei figli siano circondati da persone che li amano a dismisura. Non saranno mai soli, qualunque cosa accada.
Mia madre e mia suocera stanno chiacchierando tra loro davanti a un bicchiere di bollicine, le mie cognate, Vera compresa, si sono unite alla conversazione. Più in là i loro mariti stanno parlando di calcio con Giorgio, mio fratello e Alex. È divertente vedere questa separazione tra uomini e donne, gossip contro calcio. Seduti in un angolo ci sono Paolo e Sara, stanno tubando come dei perfetti piccioncini. Sono ufficialmente una coppia ormai da qualche mese e sono davvero belli insieme. Sono felice che Sara abbia fatto breccia nel cuore di Paolo. In qualche modo mi sentivo in colpa quando aveva una cotta per me. So benissimo che non era colpa mia, ma mi dispiaceva vederlo triste a causa mia. Ora lo vedo sempre sorridente, Sara gli ha dato tutto quello di cui aveva bisogno. È bello vederli così affiatati e innamorati. Secondo me quei due hanno intenzioni serie e vedrò presto la mia Saretta con un anello al dito. Do al massimo sei mesi a Paolo per fare questo grande passo. Avevo scommesso su di loro come coppia, adesso lo rifaccio sulla durata del loro amore, io ci credo.
Sono tutti contenti oggi, questa giornata tra amici è stata davvero un successo. Se non fosse stato per la notizia della partenza di Marica, sarebbe stata addirittura perfetta.
«Sai una cosa, amore?». Mi volto verso Marco che è seduto al mio fianco, lui mi rivolge un sorriso dolce, mentre aspetta che io continui a parlare. Afferro la sua mano e mi metto a giocare con le sue dita, rigirando la fede che tiene al suo anulare.
«Se tornassi indietro nel tempo, rifarei tutto da capo. Non cambierei una sola virgola».
«Righeresti ancora la mia macchina?», chiede lui stuzzicandomi.
«Probabilmente non la righerei soltanto, la bozzerei perfino, pur di conoscere te», rispondo ridacchiando. La smorfia che si è formata sul suo viso al solo pensiero di bozzare la sua auto è troppo divertente.
«Potresti perfino prendermi direttamente sotto, poi avresti tutta la mia attenzione», esclama divertito.
«In effetti a questo non ci avevo pensato. Se tornassi indietro, ti prenderei sotto in retro e poi ti farei la respirazione bocca a bocca per farti riprendere». Lo prendo in giro io cercando di rimanere seria.
«Non lo faresti, avresti infierito, prendendomi sotto anche con la marcia inserita. Vorrei ricordarti che, tue testuali parole, ti stavo sulle palle. Dubito fortemente che mi avresti fatto la respirazione bocca a bocca». Inarca un sopracciglio e mi fissa con le labbra arricciate.
Mi stringo nelle spalle. «Sì, forse hai ragione. Tu e quella tua macchina da sborone».
Mio marito mi mostra la lingua. «Per fortuna che sono riuscito a conquistarti, altrimenti non saremmo mai arrivati fino a qui. Siamo felicemente sposati e abbiamo due bambini meravigliosi. Lo avresti mai immaginato?».
«Sinceramente no. Non lo avrei mai lontanamente immaginato, ma sono contenta che sia successo perché non sono mai stata più felice di così in tutta la mia vita». Poso le labbra sulle sue, baciandolo dolcemente.
«Sa, signora Rossini, sono talmente felice con lei, talmente appagato e soddisfatto, che avrei una richiesta da farle. So che è presto, so che non è facile, so che potrà sembrarle parecchio ardito, ma».
Gli dico di tagliare corto con un gesto della mano, la sta tirando un po’ troppo per le lunghe e io sto morendo dalla voglia di sapere che cosa ha in mente.
«Com’è impaziente, signora Rossini».
«La pazienza non è mai stato il mio forte», commento schioccando la lingua.
«Come se non lo sapessi», dice lui sbuffando con fare annoiato.
«Dai, taglia corto, Shark», sbotto con impazienza. «Sputa il rospo».
«L’hai voluto tu, Flounder! Vorrei tanto provare a fare una femminuccia».
Spalanco poco elegantemente la bocca, sconvolta da questo suo pensiero. Non mi sarei mai aspettata una tale richiesta da parte sua dopo così poco tempo dalla nascita dei nostri cuccioli.
«Non ti bastano i due diavoletti?», chiedo ancora parecchio sorpresa.
«Certo che mi bastano, ma se arrivasse anche una bambina, ne sarei soltanto felice. Dicono sempre che le bimbe sono le cocche di papà e, sinceramente, vorrei tanto essere il preferito di qualcuno». Mi mette perfino il broncio per impietosirmi maggiormente.
«Non fare la commedia con me, sei già il preferito di qualcuno. Sei il mio preferito, non basta?». Mi fingo infastidita dalla sua insinuazione e lui, in tutta risposta, accentua il broncio, aggiungendoci pure uno sguardo da cagnolino bastonato.
«Sai che cosa intendo». Provo ancora una volta.
Io alzo gli occhi al cielo limpido, non c’è nemmeno una nuvola.
«Ci penserò», rispondo alla fine, incrociando le braccia al petto.
«Grazie amore». Mi bacia ripetutamente le labbra, felice.
Di una cosa sono certa: amerò quest’uomo fino alla fine dei miei giorni. I nostri genitori ci riportano i nostri figli, che accogliamo con dei sorrisi sinceri. Sono i bambini più belli al mondo. Max afferra una ciocca dei miei capelli, tirandoli con forza. Simone cerca di parlare con il suo papà. Li riempiamo di baci, di attenzioni e loro ci dimostrano tutto il loro amore. Siamo dei genitori molto fortunati e io sono orgogliosa dei miei piccoli. Ogni giorno fanno dei nuovi progressi e sarà tutto ancora più magico quando sentirò la parola mamma uscire dalle loro labbra, sarà un’emozione indescrivibile, ne sono certa. Osservo i miei bimbi sorridenti e quasi mi commuovo, loro due sono il nostro miracolo, la nostra vita. Mio marito ha ragione, non sarà per niente semplice, ma si vive una volta sola.
Marco mi rivolge uno sguardo implorante e a me non resta altro che annuire nella sua direzione. Con lui sono pronta a rischiare ancora una volta e altre mille ancora, la cosa essenziale è farlo insieme.
 
 
 
 
*Note dell'autrice*
Ed eccoci arrivati alla fine di questa avventura. Spero di non aver tralasciato nulla, anche se probabilmente qualcosa mi sarà sfuggito ugualmente. Mi auguro che il finale sia stato di vostro gradimento e soprattutto degno di questa storia che ho tanto amato. So che tanti di voi sono già disperati, ma questo non è un addio per Marco e Serena. Ho altri progetti in mente, anche se loro non saranno i protagonisti, non mancheranno certamente. Ho intenzione di aggiungere dei nuovi capitoli a “Un amore di avvocato”, facendolo diventare il terzo romanzo de “La serie del rischio”. Il passo successivo sarà “Rischiamo insieme”, tutto incentrato su Luca che tanto amo. Ho in programma anche un quinto e ultimo romanzo, non ha ancora un titolo, ma la trama è tutta nella mia mente e sarà ambientato vent’anni dopo. I protagonisti saranno i loro figli e vedremo come saranno cambiate le vite dei nostri Marco, Serena e compagnia bella. Detto questo, il mio è soltanto un arrivederci, non un addio. Finché non avrò pronto qualche capitolo su Lollo, continuerò ad aggiornare “Una semplice coincidenza”, è una storia a cui tengo davvero molto e sarei davvero felice se le darete una possibilità come alcune di voi stanno già facendo.
Alcune di voi mi hanno chiesto se avrei fatto il cartaceo de “Il mio rischio più bello”, certamente è nei miei progetti. Mi ci vorrà un po’ per revisionare la storia, ma vorrei tanto pubblicarlo per febbraio. Vi terrò comunque aggiornati.
Vi ringrazio davvero immensamente per avermi seguito fin qui con affetto e spero di ritrovarci presto con Lollo. Se volete sempre essere aggiornati sui progressi, potete entrare nel mio gruppo su facebook, mettere un like sulla mia pagina ufficiale oppure seguirmi su wattpad cliccando su follow. Grazie davvero di cuore per le belle parole che ogni giorno mi regalate.
A presto,
Ire. 


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