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Autore: eugeal    29/09/2015    0 recensioni
Questa storia fa parte della serie "From Ashes" e la trama continua dopo gli eventi delle storie "A World That Will Not Turn to Ash" e "The Nightwatchman". Per evitare spoiler, leggete prima le altre due fanfiction.
Il fuoco può ridurre tutto in cenere, ma a volte si può rinascere dalle proprie ceneri e, se si riesce a passare attraverso le fiamme senza bruciare, spesso se ne esce temprati.
Guy di Gisborne lo ha scoperto nel modo più duro ed è sopravvissuto, ma sarà abbastanza forte per affrontare le nuove sfide che lo aspettano?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Marian guardò Seth e sorrise, divertita e intenerita allo stesso tempo: il bambino si era aggrappato a una gamba di Guy con aria ostinata e sembrava deciso a non lasciare la presa nonostante i tentativi di Adeline.
In quegli ultimi giorni Seth non aveva fatto altro che seguire il padre come un cagnolino ostinato, abbandonandosi a pianti e capricci ogni volta che lei o Adeline provavano a staccarlo da Gisborne.
Le due donne erano preoccupate più che altro per la salute di Guy, ritenendo che avesse bisogno di riposo dopo essere stato ferito e sapendo quanto potesse essere impegnativo occuparsi di Seth, ma Gisborne non sembrava affatto dispiaciuto di essere l'oggetto principale delle attenzioni del figlio.
Marian era sorpresa di vedere con quanta pazienza Guy si prestasse ad ascoltare le chiacchiere del bambino o a giocare con lui e ancora più stupita nel vedere una luce insolita e calda nel suo sguardo quando lo guardava. Era un lato di Guy che non era abituata a vedere, un aspetto di lui più tenero e gioioso che le faceva immaginare come sarebbe stato portare in grembo e dare alla luce i suoi figli.
Se chiudeva gli occhi, a Marian sembrava di poterlo vedere, di conoscere esattamente il gesto protettivo con cui le avrebbe sfiorato la pancia, il modo in cui avrebbe tenuto tra le braccia un loro figlio per la prima volta e la gioia e l'orgoglio con cui si sarebbe preso cura della loro famiglia.
In quei momenti Marian si sentiva scaldare il cuore e ogni preoccupazione svaniva dalla sua mente: non esistevano più lo sceriffo e i suoi complotti, la povertà e le ingiustizie che affliggevano la gente di Nottingham, non c'erano pericoli o minacce oppure sospetti di bugie e tradimenti. C'erano solo lei, Guy e la famiglia che avrebbero formato, il resto non contava.
Un ululato di Seth la distolse da quel sogno a occhi aperti e Marian vide che Adeline era riuscita a prendere in braccio il bambino e a staccarlo da Gisborne. Gli occhi di Seth erano pieni di lacrime mentre chiamava il padre e Guy lo guardava, dispiaciuto e preoccupato per quel pianto disperato.
Adeline gli sorrise.
- Ora vai e stai tranquillo, una volta che sarete partiti si consolerà in fretta.
Guy la guardò, incerto e la donna rise e lo attirò a sé con il braccio libero per baciarlo sulla guancia.
- Non preoccuparti, piccolo mio, lo sai che mi prenderò cura di lui. Tu pensa a guarire del tutto e stai attento, ricordati che noi saremo qui ad aspettarti.
Gisborne ricambiò l'abbraccio per qualche secondo.
- Lo so. - Disse a bassa voce, sorridendole, poi si separò da lei e da Seth e montò a cavallo.
Marian e Allan lo imitarono e tutti e tre si allontanarono dalla casa, seguendo la strada.
Cavalcarono in silenzio per qualche minuto, poi Marian guardò Guy.
- Sei sicuro di poter cavalcare fino a Locksley? La tua ferita…
- Fa ancora male, ma è sopportabile. Posso cavalcare senza troppi problemi, non preoccuparti.
- Giz, potevo occuparmi io delle tue terre, tu potevi restare da Adeline ancora per un po'.
- No, Allan. Manco da Knighton da troppo tempo. E a questo proposito… - Guy lanciò uno sguardo esitante a Marian, timoroso della sua reazione. La ragazza lo guardò, perplessa e Guy continuò, distogliendo lo sguardo. - Non tornerò a Locksley. Non sarebbe opportuno. Prima non avevo molta scelta, ma ora ho una casa, è tempo che io inizi a vivere a Knighton Hall.
Marian lo fissò, stupita e ferita dalle sue parole.
- Non vuoi tornare a Locksley? Credevo che ti trovassi bene… Che la considerassi la tua casa...
- È così infatti, ma non lo è. Non lo è mai stata.
La ragazza scosse la testa e distolse lo sguardo per non fargli vedere che aveva gli occhi lucidi.
- Capisco. Pensavo di essere riuscita a farti sentire parte della nostra famiglia, ma forse non è così... Forse preferisci stare da solo... - Disse freddamente e Guy la guardò, ansioso e preoccupato.
- No, no, non è quello che intendevo! - Avvicinò il cavallo a quello di Marian e le prese una mano.
Marian lo guardò, cercando di mostrarsi indifferente senza riuscirci del tutto.
- Cosa intendevi allora?
Allan li guardò e roteò gli occhi con un sospiro: non aveva alcuna voglia di trovarsi in mezzo alle discussioni di due innamorati.
- Ehi, Giz, io vado avanti a cercare una taverna decente dove pranzare, vi aspetto lì. - Disse, poi spronò il cavallo e proseguì senza aspettare una risposta. Sia Guy che Marian lo ignorarono.
La ragazza restò a guardare Guy, in attesa. Gisborne cercò i suoi occhi e parlò senza distogliere lo sguardo.
- Marian, non c'è nulla che ami di più del vivere al tuo fianco. Non hai idea di quanto ami svegliarmi e sapere che tu sei vicina, solo a pochi metri di distanza, dall'altra parte di una parete, oppure sentire il profumo che viene dalla cucina e sapere che stai preparando qualcosa per me. Quando sono a Locksley so che mi basterebbe chiamare il tuo nome per vederti, attraversare una porta per poterti abbracciare… Solo pensarci mi fa sentire bene. Averti accanto mi rende felice e sarà sempre così. Locksley è la mia casa, in effetti. Ma lo è perché ci sei tu.
- E allora perché vuoi andartene?
Guy le accarezzò una guancia col dorso della mano e Marian rabbrividì.
- Perché è sempre più difficile. Ogni giorno che passo vicino a te è sempre più difficile… - Disse Guy in un sussurro.
- Cosa è difficile?
Guy tirò indietro la mano di scatto.
- Aspettare. Ricordarmi che ancora non sei mia moglie.
Marian gli prese la mano e se la appoggiò di nuovo sulla guancia.
- E se io non volessi aspettare? Se mi andasse bene così?
Si sporse verso di lui e lo attirò a sé per baciarlo, fremendo nel sentire la passione con cui Guy rispondeva al suo tocco.
I loro cavalli si agitarono, stanchi di stare fermi e Guy e Marian furono costretti a separarsi. Si guardarono ridendo, ansimanti.
- Vedi? È questo ciò che intendevo. - Disse Guy, sorridendole.
- E cosa ci sarebbe di male? Tanto la gente già lo pensa.
- Ho già così tanti peccati sulla coscienza... Non voglio che la nostra vita insieme inizi con un'altra macchia. Non sarebbe giusto, quello che provo per te è talmente importante che non voglio rischiare di rovinarlo in nessun modo.
- Sposiamoci allora. Adesso. Cerchiamo una chiesa e rendiamolo giusto.
Guy la guardò, sorpreso, poi sorrise un po' maliziosamente.
- Lady Marian, un tempo ero io quello che supplicava pur di portarti all'altare e mi hai sempre detto di no. Credo che adesso sia il mio turno.
La ragazza spalancò gli occhi.
- Non vuoi più sposarmi?
- Non così, non in fretta solo per non dover aspettare ancora un po'. Il giorno in cui diventerai mia moglie sarà un giorno speciale, il giorno in cui si realizzerà un sogno e voglio che sia perfetto. Voglio che insieme a noi ci siano anche tutte le persone che ci sono care e per questo non posso farlo ora.
- Perché mancherebbe Isabella? - Indovinò Marian.
- Già. Forse non vorrà venire e forse non smetterà mai di odiarmi, ma comunque non posso sposarmi finché lei sarà nelle mani di Thornton. Come potrei pensare di essere felice mentre lei sta soffrendo per colpa mia? Devo liberare mia sorella da quel mostro e poi ci sposeremo. Puoi aspettare fino ad allora, Marian?
La ragazza annuì.
- Sempre meglio che aspettare il ritorno del re. - Scherzò, poi tornò seria. - Sarà pericoloso, Guy? Thornton voleva ucciderti, come farai a salvarla?
- Ancora non lo so. Ci sto pensando. Ma è anche per questo che devo prendere pienamente possesso di Knighton.
- Perché?
- Lei e Thornton sono legittimamente sposati, per la legge lui ha ogni diritto su mia sorella e come se non bastasse lui ora gode dei favori dello sceriffo. Chiederò a Tuck se sia possibile far annullare in qualche modo quel matrimonio, ma in ogni caso, se mi troverò a contrastare Thornton, avrò bisogno di ottenere più potere e l'appoggio di più persone possibili. Se lui è influente dovrò diventarlo anche io: come Guy di Gisborne la gente ancora mi odia, ma forse potranno rispettare Lord Knighton.
Marian lo guardò, seria.
- Cosa le ha fatto suo marito? Ho visto lo sguardo di tua sorella durante il torneo e mi ha fatto preoccupare, sembrava intrappolata, pietrificata dal terrore.
- Quell'uomo prova gioia nell'infliggere sofferenza e dolore agli altri… - Guy si passò una mano sul viso. - E Isabella era poco più di una bambina quando l'ho consegnata nelle mani di quel mostro. Capisci perché mi odia e perché devo aiutarla a ogni costo?
- Non ti odia. Non tanto come credi, almeno.
Guy sospirò.
- Come puoi dirlo? Io mi odierei se fossi al suo posto.
- Non mi sorprende, tu non sei mai stato molto bravo a volerti bene. - Disse Marian, ironica, poi gli toccò il viso appoggiandogli una mano alla guancia. - Quando sei svenuto dopo il combattimento, Isabella si è inginocchiata accanto a te e ha fatto questo stesso gesto.
- Davvero?
- Sì. Ha sussurrato qualche parola, ma ho capito solo “fratello”, poi si è alzata ed è corsa via.
- E non l'hai più vista?
- No, eravamo preoccupati per te e poi Archer ha detto ad Allan che Thornton voleva farti uccidere e allora ti abbiamo portato da Adeline per evitare che potesse trovarti. Ma quello di Isabella non mi è sembrato il comportamento di una persona che ti odia davvero.
- Lo spero. Ma ciò che pensa di me non è importante. Quello che conta è solo riuscire a salvarla.
Marian lo accarezzò di nuovo, con un gesto di conforto.
- Importa a te e per questo motivo spero che possa perdonarti. Guy? Mi prometti una cosa?
Gisborne la guardò.
- Cosa?
- Se potrò aiutarti in qualche modo, mi chiederai di farlo?
- Marian, non voglio che tu corra dei rischi per colpa mia.
- E io non voglio che i rischi li corra tu. Non da solo almeno. Posso aiutarti, posso guardarti le spalle e qualunque cosa succeda io voglio essere al tuo fianco.
- Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?
- No. E se proverai a lasciarmi indietro, io ti seguirò.
Guy le sorrise, rassegnato.
- È questo ciò che mi aspetterà quando saremo sposati?
- Per scoprirlo devi arrivare vivo al matrimonio e, credimi, sono intenzionata a fare di tutto perché ciò avvenga.
Guy ridacchiò, non del tutto sicuro se quella fosse una dichiarazione d'amore o una minaccia.
- Mi arrendo, mia lady. Prometto di chiedere il tuo aiuto quando ne avrò bisogno, ma solo se anche tu prometterai di non fare nulla di avventato.
Marian fece cenno di sì.
- Prometto.
Guy le sfiorò le labbra con un bacio.
- Allora prometto anche io.
Marian sorrise.
- Ora ci conviene andare prima che Allan inizi a pensare male.
Gisborne la guardò, fingendo di essere stupito.
- Ma come, non eri tu quella a cui non importavano i pettegolezzi?
La ragazza lo fissò, sfrontata.
- Non mi importa che la gente parli, ma deve valerne la pena, quindi o fai qualcosa per renderli fondati, oppure raggiungiamo Allan.
Scoppiò a ridere, soddisfatta per essere riuscita a fare arrossire Guy, poi colpì i fianchi del cavallo coi talloni per farlo muovere e partì al galoppo.
Gisborne la osservò per qualche secondo, poi rise a sua volta e si affrettò a seguirla.
   
 
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