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Autore: Lazy_cupcake    02/10/2015    0 recensioni
Era pronto. Ma non troppo.
Le mani picchiettavano nervosamente sui jeans attillati, troppo caldi per quella stagione che stava ormai terminando e la fronte sudava incontrollabilmente nonostante l'aria condizionata accarezzasse la sua pelle abbronzata.
“Quindi vuole che le tinga i capelli di nero?”
Il ragazzo stava davanti allo specchio a guardare il suo riflesso.
Sì, sapeva che ben presto quel dolore sarebbe sparito.
Quindi annuì.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Capitolo 1

Domenica

 

Era pronto. Ma non troppo.

Le mani picchiettavano nervosamente sui jeans attillati, troppo caldi per quella stagione che stava ormai terminando e la fronte sudava incontrollabilmente nonostante l'aria condizionata accarezzasse la sua pelle abbronzata.

“Quindi vuole che le tinga i capelli di nero?”

Il ragazzo stava davanti allo specchio a guardare il suo riflesso.

Sì, sapeva che ben presto quel dolore sarebbe sparito.

Quindi annuì.

 

 

 

Lunedì

 

“Ragazzi, sono lieto di darvi una buona notizia. Un nuovo studente si è trasferito nel nostro istituto. Vi presento Axel Flame entra pure.”

La porta della classe si aprì facendo entrare un ragazzo alto dai capelli scuri raccolti in una coda bassa.

“Buongiorno.” Proferì in una voce debole.

“Axel, siediti sul posto vuoto accanto alla signorina Naminé. Quello là in mezzo.”

Il ragazzo iniziò ad incamminarsi a testa bassa fino al suo banco, con gli occhi di tutti i ragazzi puntati dalla sua parte, come fonte di profonda curiosità.

Si accomodò tirando fuori il materiale necessario per quella ora di storia, o era forse matematica? Sinceramente non era interessato a saperlo.

“Ehi. Flame, piacere, io sono Maeda Naminé.”

Una mano che pareva più bianca del latte si avvicinò a lui intenta a ricevere una stretta.

Il ragazzo la fissò prima in viso, notando i suoi capelli tendenti al platino ed un paio di gocce azzurre al posto degli occhi, dopodiché allungò la sua mano per accontentarla.

“Hai mica delle origini inglesi?” Gli chiese a bassa voce cercando di non farsi sentire dal professore, che aveva intanto ripreso la lezione.

“Sono americano.” Le rispose, imitandola nel tenere un mano al lato della bocca.

La lezione sembrò durare fin troppo per essere composta da solo un paio di ore, e il ragazzo lo passò per la maggior parte a guardare fuori dalla finestra, rispondendo indifferentemente alle domande che i suoi vicini di banco gli ponevano.

La campanella suonò improvvisamente, svegliando nei ragazzi una certa energia che solitamente caratterizzava quei pochi minuti di intervallo con chiacchierate vivaci, o lamentele dei professori.

Axel, nella confusione, si allungò verso la borsa, da dove prese un quaderno e il libro che probabilmente sarebbero stati utili per quell'ora, e, continuando ad ignorare qualsiasi cosa fosse attorno a lui, fissò il cielo azzurro.

Il sole illuminava la giornata senza che alcuna nuvola intralciasse il suo lavoro, ma una brezza fresca di una primavera quasi finita entrò dalla finestra muovendo leggermente i capelli lunghi del ragazzo.

“Scusa, Flame-kun...”

Una voce meno offuscata delle altre entrò nelle sue orecchie facendolo girare verso il mittente.

“Ti va di pranzare con noi dopo?” La ragazza dai capelli castani legati morbidamente in due piccole trecce, si avvicinò seguita da altre ragazze che, con curiosità, squadravano il nuovo arrivato.

Axel le fissò una ad una, annuendo con la testa.

“Bene. Comunque io sono Tsukihiko Olette, piacere di conoscerti. Ti posso chiamare Axel-kun d'ora in poi?”

Il moro si era dimenticato che era una forma di rispetto aggiungere quel suffisso ai nomi, quindi la ringraziò mentalmente mentre stringeva la sua mano e, con decisione, annuì.

Dopotutto glielo doveva.

Un altro professore entrò nell'aula richiedendo alla classe di ricomporsi e fare silenzio severamente.

Probabilmente quello era uno degli insegnati più rigidi, pensò Axel osservandolo silenziosamente scrivere sulla lavagna nera.

I suoi occhi viaggiarono di nuovo fuori, notando un puntino biodo sopra il tetto dell'altra ala della scuola, che stava immobile. Certo, Axel non aveva una vista da aquila, ma non era molto difficile notare quella zazzera diversa dai colori spenti dei muri tristi dell'edificio.

“Ma come?! Anche oggi Tsubasa è assente? Non lo vedo dalla scorsa settimana, qualcuno sa se è malato?”

Tutti guardarono dalla parte di Axel, ma con l'attenzione rivolta ad un'altra persona, nonché Naminè.

“Mi spiace professore, ma per quanto ne sappia io, Tsubasa è malato.” La ragazza si alzò dalla sedia rispondendo educatamente, quasi come se si volesse prendere la responsabilità di questa mancanza.

Il professore, intanto, si girò dall'altra parte liquidandola e iniziando la lezione senza sembrare troppo interessato a quello che la sua alunna gli aveva appena riferito.

Axel prima guardò il professore e poi osservò la reazione della bionda. A quanto pare era abituata: non c'era alcun tipo di emozione nei suoi occhi azzurri.

L'ora del pranzo arrivò vivacizzando l'atmosfera nell'intera scuola.

Molti uscivano con i loro sacchi da pranzo, magari per appostarsi in qualche altro posto, o più semplicemente per incontrare i propri amici e trascorrere quella mezz'ora con loro. Purtroppo Axel non conosceva ancora nessuno, e sinceramente non ambiva nel diventare un social butterfly anche in quella scuola. Non ne aveva bisogno, perché sapeva benissimo che molto presto se ne sarebbe andato via.

“Axel-kun!” Una voce familiare trapanò le sue orecchie in un grido troppo acuto anche per i delfini.

“Ti va di andare in cortile? O dove preferisci di più?” Chiese Olette avvicinandosi a lui.

“Dove volete.”

Non era sicuro di aver fatto un sorriso degno di essere chiamato tale, ed il fatto che Olette avesse spalancato gli occhi e si fosse girata rapidamente verso l'uscita non l'aveva certamente aiutato a estinguere la sua insicurezza.

Nel gruppo vi erano altre persone oltre Olette: Hayner, un ragazzo poco più basso di lui con dei capelli simili al mantello di un riccio biondo e degli occhi verdi scuro nascosti dietro ad un paio di occhiali rettangolari; Demyx, da una corporatura snella e slanciata ed infine Selphie, una ragazza dallo sguardo furbo ed intelligente, non a caso i quesiti del professore venivano risolti da lei.

“Quindi sei Americano?” Domandò Demyx sedendosi sotto l'ombra di un albero.

“Sì.”

“Finalmente qualcuno potrà darci le risposte giuste per le verifiche di inglese, Selphie ci ha fatto prendere 54 l'ultima volta.” Scherzò Hayner ricevendo un gomitata subito dopo dalla persona interessata.

“Mangi solo quello Axel?”

Axel, che teneva un piccolo sandwich avvolto da una pellicola trasparente in una mano e una bottiglietta di succo di frutta in un'alta guardò quello che invece gli altri intendevano per pranzo, notando una indiscutibile diversità tra i due alimenti.

Il ragazzo annuì alla domanda dicendo che non era abituato a mangiare tanto e assicurandoli del fatto che tornato a casa avrebbe messo qualcosa sotto i denti. Cosa che non avrebbe indubbiamente fatto. Così... Perché l'appetito gli era sempre mancato. Insomma, lo faceva per vivere, non per un piacere personale.

 

 

Tra scherzi ed altri sorrisi forzati, la pausa terminò. In poco le classi si riformarono ed in perfetto orario arrivò un altro professore. Questa volta una donna dallo sguardo tagliente ma poco sveglia. Sicuramente non l'avrebbe notato se avesse utilizzato il cellulare davanti a lei.

Mancavano ancora quattro ore alla fine di quella giornata, ed Axel non vedeva l'ora di poter tornare a casa e abbandonare quella brutta sensazione di essere osservati.

Stranamente nessuno degli insegnanti si accorse della sua nuova presenza in classe, ma non gli diede affatto fastidio, perché sapeva che nel caso l'avessero fatto, sarebbe stato costretto a parlare dei fatti suoi davanti a delle persone che non conosceva e con un giapponese che avrebbe fatto ridere anche un analfabeta.

“Non ti avevo mai visto. Tu, quello lì in mezzo.”

Come non detto. Ma non era tarda?

“Sono un nuovo alunno.”

“Perché non ti presenti un po' allora?”

Il ragazzo imprecò mentalmente cominciando a rielaborare qualche parola in testa e, sospirando pesantemente senza però farsi sentire da nessuno, a parte Naminè, si alzò.

“Mi chiamo Axel Flame. Ho 17 anni e spero tanto di trovarmi bene in questa nuova classe.” Detto questo Axel diede un piccolo inchino ed aspettò che la professoressa proferisse qualcosa.

“Vedo che non sei giapponese.” Gli rispose sorridendogli.

“No, sono americano.” Dopo questa dichiarazione, in classe cominciò un sussurro di voci che presto venne zittito dalla botta sulla cattedra dell'insegnante.

“Siediti pure Axel. Spero anche io in una buona permanenza.”

Axel si accomodò ancora sotto lo sguardo pesante dei suoi compagni, e ,cercando di ignorare tutti quegli occhi puntati addosso, finse di seguire la lezione.

Un bigliettino gli arrivò presto sul banco distraendolo positivamente dall'ascolto di quella donna.

Si guardò attorno per sapere chi glielo avesse passato, e, notando solo Naminè voltata dalla sua parte, si indicò il petto per chiederle se era lui il destinatario. La compagna gli sorrise ed annuì controllando che la professoressa non si fosse accorto di quello scambio di fogli.

Non ti preoccupare, questa classe non è male. E nel caso avessi qualche problema con qualcuno dimmelo subito, vedrò di risolverli.

C'era scritto.

Il moro afferrò una penna nelle sue vicinanze e rispose dubitando sul fatto di aver scritto bene un paio di parole. Ma non si preoccupò più di tanto, era quasi sicuro che la ragazza avrebbe capito lo stesso.

Perché li dovresti risolvere tu?

Non appena Axel lo diede alla ragazza, non passarono neanche venti secondi prima che tornasse a lui.

Sono il capoclasse. E' una mia responsabilità diciamo.

Sul foglio finì lo spazio per scrivere, quindi il ragazzo strappò indifferentemente un piccolo pezzo di carta dal suo quaderno.

Ti ringrazio.

Axel guardò il foglio pensando che non sarebbe stato male conoscere meglio la capoclasse, perciò continuò la frase.

Ti va di farmi fare un giro della scuola dopo?

Naminè rise silenziosamente non appena arrivò alla fine della domanda, e rivolgendogli una letizia amichevole, annuì.

Dopo il suono della campana i ragazzi raccolsero dal banco gli ultimi libri e se ne andarono accompagnati da altre persone salutando calorosamente tutti gli altri.

“Mi puoi spiegare perché stavi ridendo prima?”

Axel raggiunse la compagna non appena si mise sulla spalla la borsa poco pesante, aspettandola poi finire di scrivere gli ultimi appunti nel registro della classe.

“Quando?” Incalzò distrattamente mentre controllava gli assenti di quel giorno.

Le sue dita viaggiarono lungo il foglio liscio mentre ogni nome veniva letto e analizzato. Ad un certo punto allungò l'altra mano con la penna e scrisse assente accanto ad un cognome che la fece sospirare. Axel, intanto, diede un'occhiata al libro notando che Naminè stava ancora fissando la sua scritta perfetta, così femminile; accorgendosi anche che accanto vi era scritto Tsubasa.

“L'ultimo bigliettino.” Le disse distogliendo le loro attenzioni da quell'appunto.

Naminè chiuse delicatamente il registro e lo depositò in uno dei cassetti della cattedra riflettendo su che cosa stava dicendo Axel, e, come un'illuminazione improvvisa, fece un piccolo “Ah!” prima di prendere un fogliettino dalla tasca, che Axel riconobbe come il pezzo di carta strappata via dal quaderno.

“Vedi, qua hai scritto male la parola giro.”

Il ragazzo identificò subito l'errore, e, dandosi un colpetto sulla nuca con la mano, scosse la testa.

“Hai ragione.”

Naminè rise e buttò via il foglio nel cestino quasi vuoto della classe.

“Vogliamo andare?”

“Certo.”

Solo in quella piccola mezz'oretta si accorse che quella scuola era veramente grande.

La prima volta che l'aveva visto non gli sembrò niente a che fare rispetto al suo college, che nel cortile ospitava una piscina, un paio di palestre ed uno stadio dove giocava spesso a football. Rimpiangeva quei momenti coi suoi compagni di squadra, le pacche amichevoli, gli allenamenti che lo facevano stremare...

“Axel-kun?”

La voce lo fece risvegliare dal suo piccolo sogno da sveglio.

“Sì, scusa Naminè.”

La ragazza spalancò gli occhi azzurrini e si voltò dall'altra parte per nascondere il rossore sulle gote fin troppo evidente.

“Scusa, ma non sono abituata a sentire il mio nome. Di solito mi chiamano capoclasse o Maeda-chan.” Si giustificò rigirandosi e ridendo nervosamente.

“Mi spiace Maeda-chan, scusa.”

“Non fa niente, non importa.”

Axel incominciò piano a memorizzare ogni aula che veniva mostrata da Naminè; Quella dei docenti, la segreteria, l'infermeria, la palestra, ovviamente riferendogli tutte le attività che si svolgevano nelle medesime, ed infine, percorrendo la scalinata in una piccola gara per mettere alla prova le qualità atletiche del nuovo arrivato, arrivarono al tetto.

“Sei velocissimo, Axel-kun.” Affermò Naminè con un respiro pesante arrivando agli ultimi scalini dove il ragazzo si reggeva sul pomello della porta.

“Ho giocato un po' a football.” Rise soddisfatto offrendole la mano per aiutarla a superare quegli altri due gradini.

Naminè l'accettò giungendo alla fine grazie ad un piccolo strattone dal più grande.

“Comunque questo è il tetto, di solito non ci viene nessuno perché non è molto conosciuto, ma penso che sia un bel posto nel caso si volesse stare soli.”

Axel si guardò attorno per contemplare il posto. Non sembrava nulla di speciale, solo un immenso balcone.

Appena si allontanò per guardare attraverso il parapetto, vide case, strade affollate e altri edifici che erano leggermente più alti della scuola.

Il vento soffiava forte smuovendogli i capelli e facendoglieli svolazzare per tutta la lunghezza.

Si sentì molto meglio dopo aver assaporato la brezza fresca, ma assieme ad essa un forte odore di fumo che non venne ignorato da nessuno dei due.

“Roxas!?”

Axel guardò dalla parte della compagna di classe, che a suo modo fissava un'altra persona dall'altra parte del balcone.

Un ragazzo appoggiato al muretto si voltò dalla sua parte inspirando un'ultima volta la sigaretta prima di spegnerla sul pavimento.

“Ehi Naminè, chi è quello? Il tuo nuovo fidanzato?” Rise avvicinandosi alla coppia.

“Potresti almeno presentarti un paio di volte in classe già che vieni a scuola.”

Il ragazzo sbuffò e spostò lo sguardo verso il nuovo arrivato squadrandolo.

Axel, a modo suo sostenne lo sguardo del biondo.

Lo zaffiro si scontrò con lo smeraldo.

“Lo sai che non mi interessa più.” Le disse poi continuando scrutare la figura alta e snella che si era avvicinata.

Roxas sorrise maliziosamente e s'incamminò verso la porta.

“Presto mi trasferirò in un'altra scuola dato che sicuramente mi espelleranno.” Disse alzando una mano per salutarli prima di scendere le scale.

“Roxas! Ascoltami... Non verrai espulso se continuerai a proseguire gli studi. Ne parlerò coi professori..”

“Non importa Naminè. Hai già fatto abbastanza per me, non combattere una battaglia già persa in partenza.” Il biondo si girò verso di lei e le sorrise dolcemente per poi continuare a la sua camminata.”Bye-Bye”

Naminè era scesa un paio di scalini per seguire il compagno prima di risalire ricordandosi che insieme a lei vi era un'altra persona.

“Mi spiace, hai dovuto vedere un brutto momento...”

“Lui era mica Tsubasa?” Axel continuò a guardare lo stesso punto in cui il ragazzo sparì.

“Sì.”

Naminè mantenne lo sguardo basso per un altro paio di minuti prima di rialzare la testa e continuare a comportarsi come aveva fatto finora con lui.

“Questo è l'ultimo posto che dovevo farti vedere. Penso che ora andrò a fare le cariche da capoclasse.”

“Va bene, allora io torno a casa.”

 

 

Quella stessa notte il moro non era riuscito a dormire per le immagini che gli riempivano la testa ogni volta che abbassava le palpebre. Quegli occhi della stessa tonalità del cielo gli tormentavano i sogni.

Si rigirava ancora ed ancora nel letto.

Accorgendosi che quella stessa notte il cielo stellato non cessava di piangere.

 

 

 

“Mom, why is it raining?”

“What? I don't understand your question, dear.”

“Mmmh... I mean why the sky is pouring water?”

“It's because God is staring at us and when there are too much sins in this world he cries.”

“Cry for sins mom?”

“Yes, He cries and tries to change people's mood with sunny days.”

“So if I don't want to make him cry do I have to be good?”

“You're smart.”

“Yes! I'll be smarter than you, mommy, and I'll work hard like you're doing now!”

“Fine, but let me take off your t-shirt, it's wet.”

“No! I'm mature enough to change it by myself.”

“Hunky-dory, then.”



TRADUZIONE:

 “Mamma, perché sta piovendo?”

Cosa? Non capisco la tua domanda, caro.”

Mmmh... Voglio dire, perché dal cielo cola l'acqua?”

Perché Dio ci sta osservando e quando ci sono troppi peccati piange.”

Piangere per peccati, Ma?”

Sì, piange e prova a cambiare l'umore con giorni di sole.

Quindi se non voglio farlo piangere devo fare il bravo?”

Sei intelligente.”

Sì! Sarò più intelligente di te, mamma, e lavorerò intensamente come stai facendo adesso!”

Bene, ma lascia che ti tolga la maglietta, è bagnata.”

No! Sono grande abbastanza da poterlo cambiare da solo!”

Ottimo, allora.”

NdA: Buonsalve a tutti a coloro che con mia pura sorpresa sono arrivati in fondo a questa storia :D *autostima al top*
Che dire... vi ringrazio! Se volete lasciatemi una recenzione, se no... Non importa *lacrima*
Questo spero possa diventare nel tempo un long-fic, di cui non ho ancora deciso una vera e propria fine. Quindi potrebbero anche apparire alieni e roba del genere se solo volessi.
Maaa non sono brava con i Sci-fi eheh
Non voglio fissare dei tempi di aggiornamento perché so benissimo di non poterli rispettare, mi spiace ahah 
Spero che la storia vi abbia acceso un piccolo fiammmifero di curiosità(?) e con una tazza di caffè in mano, vi saluto.
Arrrivedershi! :3



 

 

 

  
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