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Autore: eugeal    04/10/2015    1 recensioni
Regina aveva creduto di aver trovato il suo lieto fine con Robin Hood, ma lo ha visto dissolversi quando Emma ha salvato Marian, riunendola al marito.
Guy di Gisborne è tormentato dai sensi di colpa dopo aver ucciso Marian, l'unico amore della sua vita.
Cosa avranno in comune questi cuori oscuri?
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lady Marian, Regina Mills, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Regina guardò la nebbia oscura che iniziava ad addensarsi e tutta la sua rabbia si sgonfiò all'improvviso. Il viso di Henry le era apparso nella mente all'improvviso e Regina riuscì a immaginare lo sguardo addolorato e ferito del figlio se l'avesse vista in quel momento.
Era cambiata per lui, per riconquistare il suo affetto e ormai non sarebbe riuscita a tornare quella di un tempo.
Non poteva uccidere Marian.
Quella donna le avrebbe portato via l'uomo che amava e lei avrebbe dovuto accettarlo, altrimenti avrebbe davvero perso tutto, anche l'amore di Henry.
Forse è lui l'unico lieto fine che posso sperare di avere. Dovrò imparare a farmelo bastare.
Alzò una mano per interrompere l'incantesimo, ma quando la nebbia nera si disperse, c'era già un uomo rannicchiato sul pavimento davanti a lei.
Era troppo tardi: aveva evocato l'assassino!
Regina decise di rimandarlo indietro, di farlo sparire da dove era venuto, ma prima di farlo si fermò a guardarlo, incuriosita. L'uomo era alto e forte, ma sembrava in qualche modo spezzato, come se gli mancassero le forze e la volontà di rialzarsi da terra. I capelli scuri, lunghi e arruffati, gli coprivano il viso, ma Regina sentiva che quello sconosciuto la stava guardando, poteva sentire il suo sguardo penetrante su di lei.
Si avvicinò di un passo a lui, arricciando il naso. Di certo, pensò, avrebbe avuto bisogno di un bagno. La larga camicia nera che indossava era bagnata di sudore ed era talmente stropicciata da dare l'impressione che il suo proprietario ci avesse dormito dentro per chissà quanto tempo e le ciocche spettinate che gli coprivano il volto sembravano essere state curate ancora meno degli abiti di quell'uomo.
Fece un altro passo verso di lui e l'uomo sussultò, decidendosi finalmente a rialzarsi da terra: balzò in piedi e sguainò una spada, arretrando fino a trovarsi col muro alle spalle.
- Cosa è successo?! - Gridò, e Regina notò che la sua voce, pur spezzata e tremante per il panico, aveva un timbro caldo e profondo. - Dov'è Robin Hood?! Chi siete voi? Cosa mi avete fatto?!
Regina lo fissò, sorpresa di sentire il nome di Robin sulle sue labbra e fece un altro passo verso di lui, muovendo contemporaneamente una mano per disarmarlo con la magia.
- No, sono io che faccio le domande. Tu chi sei?
Guy guardò la sua spada, allibito: l'arma gli era stata strappata di mano da una forza invisibile ed era volata a terra.
- Questa è magia! Siete una strega?! - Disse, sempre più agitato e gridò quando un potere misterioso lo tenne bloccato contro il muro, impedendogli di scappare.
- Rispondi. So già che sei un assassino, ma voglio sapere il tuo nome.
Qualcosa sembrò spezzarsi in lui a quelle parole e Guy si afflosciò contro il muro, smettendo di lottare. Se Regina non lo avesse tenuto fermo con il suo potere, probabilmente si sarebbe lasciato cadere a terra.
- È questo, allora? È questo l'inferno? Sono morto e questa è la mia punizione?
Regina lo fissò, colpita dalla disperazione della sua voce e, quando tornò a rivolgersi a lui, le venne naturale farlo in tono più gentile.
- Dimmi il tuo nome.
L'altro la guardò alzando la testa. I capelli gli scivolarono indietro dal viso e per la prima volta Regina riuscì a vederlo in faccia: era un uomo adulto, ma ancora giovane, con un viso attraente, ma segnato dal dolore e forse dalla follia. Nei suoi occhi, di un azzurro intenso, si rincorrevano mille emozioni contrastanti, in un turbinio tempestoso.
- Guy di Gisborne. - Disse, sconfitto, e chiuse gli occhi come se pronunciando il suo nome si fosse arreso a un destino troppo terribile da sopportare.
- Tu conosci Robin Hood?
Guy sussultò nel sentire quel nome e si lasciò sfuggire una risata amara.
- Se sono all'inferno è anche colpa sua. Mi lascerà mai in pace? Almeno tra le fiamme eterne speravo di non sentire più quel nome.
- Ti ho fatto una domanda, rispondi! Cosa hai a che fare tu con Robin Hood?!
Gisborne aprì gli occhi per guardarla e Regina vi scorse una rabbia fin troppo simile a quella che provava lei.
- Robin Hood, - disse Guy, pronunciando le due parole del suo nome con disprezzo – ha sempre avuto tutto quello che avrebbe dovuto essere mio. Le mie terre, il rispetto della gente, Marian. Lei avrebbe dovuto amare me, non lui! Il suo amore mi avrebbe salvato, avrebbe purificato la mia anima e non sarei finito all'inferno… Se mi avesse amato non l'avrei uccisa… - Si interruppe con un singhiozzo e Regina si ritrovò a pensare che poteva capirlo fin troppo bene.
Quell'uomo sembrava essere convinto di aver ucciso Marian e forse proveniva da una realtà in cui ciò era avvenuto davvero, ma, a parte quel dettaglio, anche lui, come lei, sembrava soffrire per il suo stesso identico motivo: Robin Hood amava Marian e per loro due non c'erano più speranze.
- Non sei all'inferno. - Disse in tono piatto e l'uomo la guardò, scettico.
- No? Allora devo essere diventato pazzo, infine.
- Se tu sia pazzo non posso saperlo, ma quello che vedi è la realtà, non un'allucinazione. E non sei nemmeno morto se ci tieni a saperlo. Forse nel tuo mondo non esiste la magia, ma credimi, ti ci abituerai presto.
- Nel mio mondo? Dove mi avete portato? Cosa volete da me?
Regina smise di bloccarlo con il potere e Guy vacillò e dovette appoggiarsi al muro per non cadere a terra.
- Quello che volevo era una follia, ora lo vedo. Questo luogo si chiama Storybrooke, ma non importa, ora ti rimanderò indietro da dove sei venuto.
Guy la guardò, terrorizzato.
- No!
- No?
- Questo non è l'inferno? Me lo giurate?
- Certo che non è l'inferno, che assurdità!
- Allora non rimandatemi indietro! Non voglio tornare a Nottingham! Non voglio tornare alla mia vita! Quella è l'inferno.
Regina lo guardò, perplessa. Quell'uomo la stava supplicando e lei si ritrovò a provare pietà per lui.
La sofferenza che provava l'aveva accecata per un po', spingendola a effettuare quell'incantesimo e, invece di trovare un assassino spietato disposto a uccidere la sua rivale, aveva evocato una persona che soffriva più di lei proprio perché in qualche diversa realtà lo aveva già fatto.
Regina alzò un dito in un gesto di ammonizione.
- Se ti permetto di restare ci saranno delle condizioni.
- Non vi venderò la mia anima, se è questo che intendete. Sono già destinato all'inferno, comunque.
Regina gli lanciò uno sguardo ironico.
- Siete tutti così drammatici nel luogo da cui provieni? Non me ne faccio nulla della tua anima, non sono un diavolo. Al massimo potrei prendermi il tuo cuore, ma non mi interessa. Le mie condizioni sono più semplici: non dovrai mai provare a danneggiarmi in alcun modo, non dovrai dire a nessuno che sono stata io a portarti qui e non dovrai creare problemi in città. E mi aspetto che tu mi obbedisca. Se non lo farai, ti ritroverai in un attimo in quella vita da cui vuoi fuggire così disperatamente. Credi di poterle rispettare?
Guy la guardò negli occhi e Regina scoprì nel suo sguardo un certo orgoglio che prima era stato nascosto dal terrore.
- Vi obbedirò, ma solo se quello che mi chiederete non andrà contro la mia coscienza. Ho già servito un demonio e non voglio farlo ancora.
- Oh, un assassino con una coscienza… Molto bene, è accettabile. Ora dammi una mano.
Guy la fissò, diffidente, lanciando uno sguardo alla propria spada sul pavimento.
Regina schioccò le dita con un sospiro e l'arma sparì e riapparve nel fodero legato alla vita di Guy.
- Se così credi di essere più sicuro, tieniti pure il tuo giocattolo. Ora dammi la mano.
Gisborne mise le proprie dita su quelle di Regina e il mondo svanì in uno sbuffo di fumo. Un attimo dopo si ritrovò al centro di un salone elegante, tutto bianco e nero e arredato con mobili di cui non conosceva lo stile. Dal soffitto e sulle pareti, i lampadari non ospitavano candele, ma globi di vetro che emettevano una luce brillante.
- Anche questa è magia?
Regina lo guardò, alzando gli occhi al cielo.
- Sono lampadine.
L'altro la guardò senza capire.
- Questo mondo è molto diverso dal tuo, ma ti ci abituerai. Lo abbiamo fatto tutti. Ora vieni.
- Dove?
- Se vuoi restare qui, non è la tua anima che ha bisogno di essere purificata.
- Cosa intendete?
- Un bagno, hai decisamente bisogno di un bagno. O anche questo va contro la tua coscienza?
Guy si passò una mano tra i capelli arruffati e lanciò uno sguardo al proprio riflesso in uno specchio appeso al muro, poi fissò Regina con un mezzo sorriso.
- No, non va contro la mia coscienza, anzi ammetto che non è affatto una cattiva idea. Chiedete pure ai vostri servitori di scaldare l'acqua per il bagno.
Stavolta fu Regina a sorridere.
- Non serve. Vieni al piano di sopra e ti mostrerò i miracoli dell'idraulica moderna. Credo che questo aspetto di Storybrooke ti piacerà. Lo apprezzano tutti.
Regina gli indicò le scale e Guy esitò per un attimo prima di seguirla, poi scrollò le spalle e mise da parte i suoi timori.
Del resto, cosa aveva da perdere?
   
 
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