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Autore: summers001    09/10/2015    2 recensioni
... una principessa e un cacciatore.
AU fiabesco | Bethyl.
Dal testo:
"Cosa cazzo stai facendo?" urlò lui da terra, massaggiandosi la testa.
"Chi diavolo sei?" chiese lei urlando e agitando ancora l'arma con cui aveva colpito all'inizio. I capelli che sfuggivano dalla lunga treccia le caddero davanti agli occhi e lei li soffiò via.
"Io faccio le domande!" fece rude il cacciatore che si rialzò prontamente da terra.
"Sì, beh, io ho il bastone." disse lei indietreggiando ed agitando l'arma a destra ed a manca.
"Pff." sbuffò lui, afferrò l'arma che lei cominciò a tirarsi dietro per divincolarsi. Il cacciatore la mollò e la principessa cadde al suolo. A lui scappò un sorrisetto, convinto di averla in pugno, dimenticandosi che non doveva catturarla o rapirla, ma solo assicurarsi che stesse bene. Ma non aveva fatto i conti con la principessa solitaria, che al contrario si rialzò in un batti baleno e gli fu di nuovo addosso a colpi di randellate.
"Ti ho chiesto chi diavolo sei!" urlò lei di nuovo continuando a picchiare.
"Va bene, va bene!" fece lui urlandole da sopra e cercando di proteggersi la testa con le braccia. "Daryl."
"Beth." rispose lei.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta, tanto tempo fa, un re ed una regina che guidavano il popolo saggiamente e con rispetto. Dal re e la regina un bel giorno nascque una bambina, il suo nome era Beth.
La bambina era bella, in salute e paffutella. Il re e la regina adoravano guardarla mentre con le manine si afferrava i suoi piedini tondi. Crebbe bene: aveva lunghi ricci biondi, occhi chiari come il cielo ed il mare e amava sgambettare ovunque, rendendo pazze e preoccupate le sue nutrici. Tuttavia il re e la regina non erano felici, perché sulla sua testa della loro piccina pendeva un' incombente tremenda maledizione.
Ogni tre generazioni un'orda di mostri inferociti si svegliava e reclamavano il sangue del regal primogenito. Il bambino, o la bambina come in questo caso, doveva essere portato all'età di tre anni in una terra galleggiante su un mare di lava, circondata da alte mura e collegata con un unico ponte. I mostri là l'avrebbero mangiato. La sorte era tanto crudele quanto inevitabile.
Il re non sapeva che pesci pigliare. Quando suo nonno prima di lui aveva inviato tre maialini al posto del suo preziosissimo figlio, i mostri s'erano svegliati ed avevano superato le mura, avevano attaccato la popolazione ed i morti che si contarono prima che il principino fosse recapitato al suo destino furono migliaia. Il re questo non poteva rischiarlo di nuovo. Quando il nonno di suo nonno, Krut il sanguinario, inviò un altro bambino diverso da suo figlio successe lo stesso. Il re allora aveva deciso di proteggere la bambina. Fece ergere una torre altissima in quella terra che la principessina, che amava correre forte, raggiunse da subito quando venne la sua ora. E visse lì, sola ma protetta, con i mostri che la chiamavano da sotto alla finestra.
Il re e la regina non si dimenticarono mai di lei ed ogni anno, ogni 7 di aprile, l'uccello messaggero più abile del reame veniva inviato alla torre a cogliere il messaggio della princepessa. Quando quella compì diciott'anni però, ormai da due anni, l'uccello non tornava. Furono organizzate spedizioni, ma l'esercito batteva sempre in ritirata impaurito, prima ancora di arrivare alla torre. Ci voleva qualcosa di diverso.
Un giorno, nelle segrete, un ladruncolo da quattro soldi che di nome faceva Merle, ormai al quarto arresto, venendo a sapere della storia della principessa, s'offrì di aiutare le ricerche in cambio della libertà. Anche quest'ultima spedizione fallì e quando tornò Merle fu spedito all'ergastolo. Quando lo portarono via cominciò ad urlare e scalpitare ed allora Merle, che era furbo abbastanza da sfuggire alla galera ma non all'arresto, fece il nome di suo fratello che al contrario era molto più abile di lui. Viveva nei boschi, pensava come i predatori e come le prede, sapeva nascondersi e nascondere e quindi trovare chi si nascondeva. Lui li avrebbe aiutati con la loro questione della principessa ed il re con la sua questione della libertà. Il re accettò ed il 7 aprile del diciannovesimo anno della principessa, il fratello di Merle fu mandato in spedizione.
L'uomo, il cacciatore, era prestante e veramente bravo come suo fratello diceva: trovò la terra in meno di un giorno; attraversò le mura in meno di un minuto e riuscì a farsi strada tra i mostri in meno di un'ora, fino ad arrivare alla torre. Non c'erano porte, né un comignolo con il fumo, solo due finestre e lui fortunatamente sapeva arrampicarsi sugli alberi come pochi. Così come per i rami, usò i mattoni sporgenti da pioli e raggiunse la finestra più vicina. La torre era buia e c'era solo una scala alta, fredda, a chiocciola e di pietra. Cominciò a correrla tutta. Il cacciatore s'immaginò di trovarsi quasi sopra alle nuvole quando finalmente raggiunse una porta. La porta era di legno e socchiusa. Un solo filo di luce gialla usciva e gli cadeva sull'occhio quando cercò di spiare dentro. Vide solo un letto a baldacchino vuoto. L'uomo si fece coraggio ed aprì la porta.
"C'è nessu..." cominciò a chiedere alla stanza vuota, quando solo all'ultimo secondo sentì qualcosa tagliare l'aria dietro di lui e centrarlo direttamente in testa. Non capì cosa potesse averlo colpito, si guardò dietro e vide una ragazza: la principessa, non poteva sbagliare. Il suo aspetto però non si confaceva a quello di una principessa. Era diversa da come se l'era aspettata. I capelli lunghi e biondi erano legati in una treccia scomposta sulla schiena, ciocche bionde le sfuggivano ovunque e le cadevano sulla faccia. Respirava dentro vestiti troppo piccoli e troppo bianchi che portava: le maniche a sbuffo strappate, un lenzuolo tenuto con un laccio di una tenda legato in vita. Non portava gioielli, ma brandiva una mazza di legno a mezz'aria con cui minacciava ancora di colpirlo.
"Cosa cazzo stai facendo?" urlò lui da terra, massaggiandosi la testa.
"Chi diavolo sei?" chiese lei urlando e agitando ancora l'arma con cui aveva colpito all'inizio. I capelli che sfuggivano dalla lunga treccia le caddero davanti agli occhi e lei li soffiò via.
"Io faccio le domande!" fece rude il cacciatore che si rialzò prontamente da terra.
"Sì, beh, io ho il bastone." disse lei indietreggiando ed agitando l'arma a destra ed a manca.
"Pff." sbuffò lui, afferrò l'arma che lei cominciò a tirarsi dietro per divincolarsi. Il cacciatore la mollò e la principessa cadde al suolo. A lui scappò un sorrisetto, convinto di averla in pugno, dimenticandosi che non doveva catturarla o rapirla, ma solo assicurarsi che stesse bene. Ma non aveva fatto i conti con la principessa solitaria, che al contrario si rialzò in un batti baleno e gli fu di nuovo addosso a colpi di randellate.
"Ti ho chiesto chi diavolo sei!" urlò lei di nuovo continuando a picchiare.
"Va bene, va bene!" fece lui urlandole da sopra e cercando di proteggersi la testa con le braccia. La principessa si fermò, tenendolo però sempre sotto mira con l'asta a mezz'aria. "Daryl." disse solo lui.
"Beth." rispose lei presentandosi.
"Lo so." commentò lui. Non voleva perdersi in molte ciance ed arrivò subito al sodo. Quanto prima avrebbe svolto il suo lavoro, tanto prima sarebbe tornato a casa sua. "Tuo padre mi ha mandato qui per darti questo." Daryl cercò nelle tasche dei pantaloni consunti e tirò fuori un pezzetto di carta ripiegato male.
"Mio padre." commentò lei in trance. Il pensiero del padre la ferì, ma quando vide il foglio, quello le diede come una scossa e lo strappò dalle mani del suo messaggero. Diceva solo "Ti vogliamo bene, papà e mamma.". Non parlava di fughe miracolose o di miracoli. Beth strinse il bigliettino tra le mani, poi lo appollottolò e lo lanciò via. "Puoi dire a mio padre che sono viva e sto bene.". Si girò di spalle e incrociò le braccia al petto. Avrebbe pianto di rabbia se fosse rimasta da sola. Per un minuscolo attimo le mancò la solutidine. Poi si sentì in colpa per averlo pensato.
"Va bene." fece lui. Si girò, aprì la porta e fece per andarsene.
"Aspetta!" urlò lei. Ed eccola che s'era pentita. "Resteresti un po' con me?" implorò lei. Una principessa stava implorando quel rude cacciatore. Daryl si sentì quasi in imbarazzo. Era la cosa più strana che gli fosse mai capitata, a parte vedere dei mostri, ovviamente.
Fece cenno di sì con la testa, Beth allora contenta con una mano lo invitò a sedersi e lui si poggiò sulla sponda di quel letto enorme a baldacchino, unico oggetto principesco nei paraggi. Era nella camera da letto di una principessa. A quella Merle non avrebbe resistito!
Si guardò attorno. Un comodino, una credenza, un paio di candele, un piatto, una bottiglia ed un piccione morto in un angolo. Strano. Ah, l'uccello che non era tornato! Si ricordò.
"Non parlo con qualcuno da almeno sedici anni." disse lei imbarazzata, distraendolo, unendo le mani tra di loro davanti al suo grembo. Poteva anche essere imbarazzata, ma non faceva problemi ad invitare nella sua stanza, parlare e confidarsi col primo messaggero che suo padre le mandava. Aveva gli occhi tristi quando parlava. Ed in quegli occhi Daryl rivide i suoi.
"Anch'io." disse Daryl. Poi si ricordò di Merle e del re. "Quasi." Si corresse.
"Quasi è già abbastanza." fece lei.
"Non sempre."
Anche il cacciatore si stupì di quello che aveva detto. Quando mai andava a confidare queste cose a qualcuno? Tanto meno ad una principessa, tanto meno ad una reale. Chissà, se si fosse fatta male avrebbe potuto uscirle sangue blu. Non ci teneva però a controllare. Beth, solo Beth, era stata gentile con lui.
Solo Beth intanto aveva preso a guardare giù alla sua finestra. "Li sento." disse lei "Ogni notte.". Allora Daryl abbassò gli occhi e si concentrò sul suono e li sentì anche lui. Beth doveva essere cresciuta nella paura dei mostri che realmente erano sotto al suo letto, nella speranza di essere riportata qualche giorno a casa e nella rabbia che quel giorno non pareva più arrivare.
"Cosa sono?" chiese lui.
"Non lo so. Io li chiamo morti." disse lei continuando a guardare giù.
"Camminano." criticò lui.
"Morti che camminano allora." Beth abbandonò la finestra sporcandosi i polpastrelli di quella polvere nera che s'era depositata sul davanzale e s'avvicinò invece al suo compagno di qualche ora. Si sedette accanto a lui, vicina, tanto vicina. Le mancava da morire la carezza che sua madre le faceva con le dita, le mani della sua nutrice che la sollevavano per prenderla in braccio, i pizzicotti di suo padre. Si potrebbe dire che Beth era troppo piccola quando visse quelle piccole esperienze d'amore, eppure giurava di potersele ricordare. Allungò allora una mano sulla spalla Daryl, che, dal canto suo invece, ricordava solo contatti violenti e non immaginava che quella manina piccola e delicata che fino a prima brandiva il bastone che l'aveva colpito peggio di come faceva il suo vecchio, potesse fargli anche tanto bene. Si sciolse qualcosa dentro dal cuore fino alla pelle sfiorata dalla mano di Beth. Lei invece era su di giri per averlo fatto.
"Perché non te ne vai?" chiese lui per cambiare argomento. E voleva spostarsi, ma non voleva farlo e non sapeva come farlo. E rimase lì a borbottare e chissà, si chiese, se s'era fatto capire.
"Non hai sentito le storie?" fece lei sorpresa e convinta che nel resto del mondo il fatto fosse conosciuto. Che cavolo, pensava, mi stanno sacrificando per loro! Lui sembrava non capire e aspettava che lei continuasse a spiegare. Beth offesa cominciò a parlare. "Ogni tre generazioni il primogenito della famiglia reale deve essere spedito come sacrificio per salvare il regno dai morti che camminano." Ricordava a memoria quelle parole, lette per la prima volta su un bigliettino il 7 aprile dei suoi sei anni. Ogni notte le recitava in testa per cercare tra le lettere una scappatoia. Quella frase però non diceva morti che camminano, ma solo mostri. Era contenta della piccola modifica. Quella notte ci avrebbe pensato.
Daryl cominciò a pensare. Possibile che nessuno avesse provato a farli fuori? Eppure erano circondati da un mare di lava e in quel posto faceva caldissimo ed era un'isola circondata da mura. Quanto poteva essere difficile? Come poteva un re che combatteva guerre, perdere quella e perdere sua figlia? Quella ragazza che su tutto il mondo era la più forte? Arrossì nel pensarlo. Che fesso.
"Hanno tutti paura." si perse nel dire lei. Beth rientrò nella spirale di tristezza. "Ed io sono qui tutte le notti." Il suo viso si illuminò di un sorriso dolce amaro. Daryl non credeva di poter essere fiero di lei: solo una persona oltre lui era riuscita a sopravvivere a quei cosi e quella persona gli stava davanti. Quella persona gli era pari. Ed era solo una giovane principessa. Solo Beth.
"Voglio vedere il mondo!" ricominciò lei. Il sorriso le rispuntò sul viso, come un bicipite teso e forte. "Voglio provare cose nuove," si stava di nuovo illuminando pian piano e Daryl attribuì quel cambio di sfumature che vedeva alla lava zampillante che stava alla finestra al posto del mare. "vivere una vita emozionante, conoscere le persone. Anche te." gli confidò lei. Beth sapeva che non c'erano altre possibilità, sapeva che quello che sentiva lo doveva dire. Presto se ne sarebbe andato e non l'avrebbe mai più rivisto comunque. Era così incuriosita dall'uomo rude che l'aveva raggiunta. Da piccola aveva immaginato un principe o un cavaliere un giorno, ma mai un cacciatore. Poi ci aveva perso le speranze ed aveva imparato a cavarsela da sola. Ma se ci ripensava, il cacciatore non aveva niente da invidiare ad un principe qualunque.
Daryl la guardò. Come? Le avrebbe voluto chiedere, ma aveva sentito troppo bene. "Che cavolo ti sei messa in testa?" chiese agitato. Aggressivo ed agitato. S'alzò e se ne andò verso la porta convinto che quella potesse proteggerlo, lasciando vuoto il fianco che prima era poggiato al suo.
"Hai mai vissuto, Daryl? Hai mai vissuto davvero?" chiese lei e lo fermò così. "Hai mai avuto qualcosa per cui vivere?" Daryl stava ascoltando e non se ne andava. "Io no e questo è il mio qualcosa.". Le parole di Beth erano familiari. Sembravano uscite dritte dal suo petto. Daryl viveva di niente. Ed il niente era diventato comodo, il niente cancellava il dolore. Eppure il niente aveva fatto di Daryl... beh Daryl. A volte, nascosto dietro una pianta o nell'angolo più buio della stanza, guardava gli altri e li invidiava, perché loro non ci stavano comodi nel niente. Loro piangevano pur di non avere il niente. Daryl voleva essere come loro, ma non voleva cambiare. Daryl voleva essere come Beth. L'ammirava perché aveva lottato per conservarsi il suo niente e stava lottando per buttarlo via. Lei era un passo avanti. Poi lo fece davvero quel passo. "Farò esplodere questo posto ed i morti che camminano." Fu sorpreso lui nel sentirlo da lei, perché ci aveva pensato poco più di... quanti minuti fa? Poi lei disse un'altra cosa e l'animo di lui cambiò di nuovo. "Con o senza di te."
Daryl ci pensò. Sì, era assolutamente possibile. Dannatamente e fottutamente possibile. Avrebbe potuto riportare Beth a casa. Sarebbe tornato più che con un semplice messaggio, avrebbe portato lei. E l'avrebbe protetta e percorso quel viaggio di ritorno con lei. Per qualche strana ragione non gli dava fastidio averla vicino. Per qualche strana ragione lei era meglio del suo niente. "Cosa hai intenzione di usare?"
Beth cambiò subito espressione: Daryl voleva aiutarla! Sarebbe uscita, sarebbe andata fuori, avrebbe camminato su un prato ed assaggiato l'acqua fresca di un fiume, visto il cielo senza il fumo. Non che ne avesse mai dubitato! Scrollò le spalle sorridendo.
"Quanto alcol c'è qui?" chiese lui. Era l'unico combustibile reperibile che riusciva a pensare. Forse perché gli pesava proprio nella tasca della giacca.
"Alcol?" chiese lei. La principessa solitaria poco conosceva il mondo e poca esperienza ne aveva.
Daryl sfilò la fiaschetta che aveva appresso e gliela porse. Beth cominciò ad esaminarlo. Aveva tutta l'aria di essere acqua all'interno. Annusò e poi se la portò alle labbra. Ne bevve un sorso. "Pizzica!" fece lei quasi sconvolta "E fa schifo!" disse con la lingua da fuori. Daryl si riprese la sua fiaschetta, ne bevve un sorso e poi se lo riposò in tasca.
"No, qui non c'è," concluse lei "per fortuna!
"Hm-hm" annuì Daryl cominciando a pensare. "Se ti dico che torno, ti fidi?" chiese poi e fu molto attento a come lo disse, perché lui sapeva cosa significava essere abbandonati, sapeva che voleva dire aspettare ed aspettare di essere salvati.
Beth lo fissò negli occhi. Lo guardò dritto dritto e cercò di capire. L'uomo era scontroso, burbero, molto più grande di lei, eppure i suoi vestiti erano sporchi come i suoi, gli occhi velati e nascosti tra i capelli come i suoi. Venivano da contesti simili, ma reagivano in modi differenti. Si rivide letteralmente nei suoi occhi, come in uno specchio un po' più piccolo e un po' più scuro. "Sì." sussurrò.
"Aspettami qui." disse lui avviandosi verso la porta.
"E dove vuoi che vada?" chiese lei sorridendo. Divertente, pensò di sé stessa. Tristemente divertente.
L'uomo s'avviò allora giù per le scale, ma prima che potesse raggiungere di nuovo la finestrella lei lo chiamò. Daryl si voltò e se la trovò addosso ad abbracciarlo. Lo strinse e con le mani gli massaggiò la schiena. Daryl non seppe che fare a principio, seguì l'istinto e l'avvolse dolcemente. Quando la lasciò non gli rimase che arrampicarsi giù per la finestra, mentre la sua principessa sussurrava un "Fa' attenzione." e lo seguì con gli occhi fino a quando non fu troppo lontano.
Durante il suo nuovo viaggio, Daryl cominciò ad odiare il re e la regina. Provò rabbia, ma sapeva che quello era il suo mondo, quello di lei e ce l'avrebbe riportata. Scese tra le radure più basse e più dimenticate, quell'angolo del regno, dove di combustibile ne avrebbe trovato a sufficienza. Per tre giorni vagò di casa in casa a riempire i barili che si sarebbe portato appresso. Poi pensò al trasporto. Si fece prestare un carretto ed un cavallo. Poi gli venne in mente che lei avrebbe avuto bisogno un vestito ed una coperta. Si rimise in marcia e dopo cinque giorni dalla sua partenza era di nuovo là.
Era notte e la notte, senza luce, era più pericolosa. S'addormentò sul carretto, fuori dalle mura, spiando la luce gialla che veniva dalla sua camera nella torre altissima. Guardava la luce gialla e se la immaginava, là forte a strappare un'arma dal letto, provare l'impugnatura e sferzare colpi al vento. La pensava guardare le lenzuola e arrotolarsici attorno per coprirsi le gambe, ascoltare i rumori della notte con orecchio attento e chiedersi perché dovesse essere la sola a sopportarli. Quella notte c'era anche lui ad ascoltare.
La principessa poi si presentò alla finestra e guardò prima giù poi lontano. Era sicuro che lei stesse lo guardando. Sono tornato, sono tornato, si diceva lui e avrebbe quasi voluto che lei avesse sentito. S'alzò a sedere ed osservò la sua sagoma. Avrebbe giurato che gli aveva sorriso. Troppo distante però per poterlo dire davvero.
La mattina dopo, all'alba, notò che i morti che camminano s'erano calmati ed avevano smesso di camminare. Erano rimasti solo morti. Beth allora, in un certo senso, aveva avuto ragione. Quello era il momento giusto, si disse. Non dovette neanche tanto farsi largo tra quelli, ma solo camminare. Camminò tra i mostri e raggiunse la torre. Beth lo stava aspettando. S'arrampicò fin su e poi la invitò a scendere con lui. L'avrebbe guidata e protetta. Lei era sopra di lui, lui sotto di lei ed addosso a lei a mostrarle dove mettere i piedi e piano piano arrivare a terra.
"Non guardare giù!" disse Daryl incoraggiandola.
Beth aveva paura delle altezze. Non se si trovava su una torre certo, ma arrampicarsi sulla suddetta torre, beh, era un pochino diverso. Ingoiò il groppo che si teneva in gola e rialzò la testa a guardare le pietre umide, ignorando il vento che le batteva addosso e le asciugava la saliva in bocca, cercando il calore del corpo di lui.
"D-dove vivi Daryl? Sugli alberi?" chiese lei abbassando un piede sulla sporgenza che lui le aveva liberato.
"Non ti distrarre." fece lui.
"Devo!" urlò quasi. "Sul serio, dove vivi?" chiuse gli occhi e cercava di pensare a qualcos'altro. Si immaginava gli alberi, le foglie, il vento, l'erba alta e Daryl lì in mezzo. Abbassò l'altro piede.
"Ad est, sulle colline." rispose lui finalmente comprensivo. "Sono il primo a vedere il sole che sorge."
"E'- e' arancione?" chiese lei. Si cercò di figurare il sole tra le colline, due colline e il sole in mezzo. E c'era un fiume anche nella sua fantasia, che come una pioggia di brillanti scintillava sotto la luce.
"Quello è il tramonto."
"Giusto."
"Beth!"
"Sì?" chiese lei e si allarmò perché sotto al suo piede non sentiva più un altro mattone, sporgenza, chiodo o cosa.
"Siamo arrivati."
Beth riaprì gli occhi e si trovò ancora appesa alla torre ma a due metri da terra. Daryl saltò giù. Le disse di saltare e lei saltò e lui la prese. Di nuovo quello sembrò un abbraccio e lui la guardò e sperò che lei saltasse e cadesse ancora ed ancora solo per poterla tenere. Cercava scuse per toccarla, anche tra le più futili. Beth gli sorrise ed allora dovette riportarla a terra. Appena i suoi piedi toccarono il suolo però, il rumore ricominciò. Lo stesso identico rumore di passi e vomito che c'era di notte. La puzza era peggio di quello che poteva immaginare da sopra. L'aveva sentita solo un'altra volta da bambina. La maledizione si stava facendo sentire ed i morti stavano camminando di nuovo.
"Corri!" fece lui, tirandola via per un polso. Daryl cacciò dalla cintura dei pantaloni un coltello dalla punta larga e affilata, ne colpì un paio per fare strada a Beth e menò qualche calcio in giro per proteggerla. I mostri si spappolavano sotto i suoi colpi.
La strada era accidentata, irregolare. Beth sarebbe potuta cadere ogni momento. La paura le batteva nel petto più forte del suo cuore, le rimbalzava nel cervello e la ingoiava giù di nuovo tra le budella e bruciava l'adrenalina che le impazzava nello stomaco.
"Daryl!" urlò lei cadendo a terra. Uno dei mostri che erano lì vicino le acchiappò una caviglia e cominciò a trascinarsela vicino. Beth urlava e si divincolava, lasciando solchi nella terra larghi quanto le sue dita. Daryl era scattato avanti e tornò indietro. La principessa fece per afferrare una pietra che era a terra e tirarla dietro, mentre il cacciatore pugnalò il morto. Aiutò lei a rialzarsi che ormai era tutta sporca di terra arida e cenere. Ricominciarono a correre più veloce di prima. Beth si rese conto che era più facile prima, che se continui a correre è facile, che appena ti fermi i muscoli tirano e fanno male e che se anche corri e te ne freghi, quelli fregano te e rallenti. Inesorabilmente rallenti. La porta enorme del muro di cinta sembrava così lontana. La principessa credeva di star vivendo gli ultimi attimi. Eppure era contenta di morire così, correndo fuori, rischiando la vita per vivere.
Daryl la strattonò per il polso e la spinse avanti e finalmente fu fuori. I mostri si stavano avviando fuori anche loro. Beth si guardò intorno. Notò il carretto e ricominciò a corrergli incontro. L'adrenalina cominciava di nuovo a circolare e per qualche secondo la stanchezza scomparve di nuovo. Daryl raccolse la taniche d'alcol e cominciò a lanciarle in giro, mentre Beth, imitandolo, afferrava le bottiglie e le lanciava oltre il muro ed oltre la porta. Era arrabiata, così arrabbiata. Voleva solo vedere quel posto bruciare e saltare per aria.
"Continua." le intimò Daryl mentre lui cominciò ad occuparsi dei mostri che stavano scappando. Ne prese uno alla volta e li rispinse dentro o li pugnalò di nuovo. Lanciò a Beth un paio di pietre. Lei ne acchiappò uno e si lasciò sfuggire l'altra. Corse a recuperarla, tenendo sempre d'occhio il suo compagno che ormai era circondato da più di quattro mostri per volta e quasi non si riusciva più a muovere. Si strappò un lembo della gonna-lenzuolo, lo ficcò in una bottiglia con l'alcol, completamente imbevuto e con le pietre gli diede fuoco e poi lo lanciò via.
Si sentì un botto esplodere, poi rumore di terra crollare e poi vide una fiammata salire in alto, quasi alla finestra della torre e dare fuoco a tutto. Daryl si liberò finalmente, chiuse le porte e la raggiunse. Insieme guardarono le fiamme divampare ed ascoltarono il rumore della morte scomparire.
Beth era libera.
Annusò l'odore di fumo e polvere. Promise di non dimenticare mai quel profumo e tutti quelli che sarebbero venuti dopo, come quello del mare, dei fiori, delle persone. Sorrise ad occhi chiusi. L'aveva sognato. Aveva letto libri, così tanti, ed aspettava solo il suo momento. C'era Cenerentola che diventava una principessa; la Bella addormentata che si svegliava dal sonno; Raperonzolo chiusa su una torre; ed una costante: il principe. Ma Beth, la principessa Beth della casata dei Greene ce l'aveva fatta da sola. Sorrise di nuovo e guardò Daryl.
Daryl non ci riusciva invece a sorridere, ma avrebbe tanto voluto. Per una volta aveva fatto una cosa buona. La guardò tanto però godersi quel momento, il primo di tanti. "Hai del.." notò lui indicandosi la guancia distrattaemente.
"Cosa?" chiese lei sfregandosi una mano addosso sulla guancia.
Daryl si leccò un dito e le pulì via la striscia di polvere che aveva tra una guancia e l'occhio. Beth trattenne una risatina per il solletico. Riaprì gli occhi poi e lo vide. "Grazie." disse solo.
Entrambi si guardarono indietro ed osservarono il sole arancione tramontare ad ovest.


In soli due giorni raggiunsero di nuovo il castello.
Rallentarono spesso lungo il cammino. Beth si godeva ogni sensazione nuova: dal pane appena sfornato in paese al prato di fiori di campo, dalla gente al mercato al pesce appena pescato dal ruscello. Daryl la guardava apprezzare le piccole cose. Fu un viaggio rilassante e faticoso. Come una vacanza, s'immaginò. Quando raggiunsero il castello però Beth era nervosa. Che cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe dovuto dire? Chi l'avrebbe accolta?
"Vai." le intimò Daryl davanti al portone enorme. Questo si aprì, lui le diede una spintarella mentre lei ingoiava saliva.
Esitante Beth fece due passi ed il portone si richiuse dietro di lei. Daryl era fuori. Beth si guardò indietro, ma vide solo lo spesso legno. Fu condotta da suo padre e sua madre nella stanza del trono. Erano imponenti. Erano sui loro troni enormi. Regali ed inamovibili. Beth non sapeva come comportarsi. S'inginocchiò davanti a loro perché non sapeva che altro fare. Loro la guardavano e sembravano non sapere chi fosse. Forse lei s'aspettava d'esser riconosciuta. Strinse i pugni arrabbiata e cominciò a parlare. "Vostre maestà, sono..." cominciò a presentarsi.
"Beth!" fece sua madre e scese e le corse incontro e la raggiunse e la abbracciò. La strinse ed allora Beth si sciolse e strinse sua madre ed era un abbraccio vero e quell'abbraccio era amore vaporoso, che come un odore passava da sua madre a lei cancellando la puzza della rabbia. Le raggiunse suo padre e quella nuvola di odore dorato avvolte entrambi.
Il primo giorno da principessa cominciò così.
Presto fu riempita d'abiti, gioielli, profumi e persone. C'era una persona per ogni cosa: una per aiutarla a lavarsi i denti, una per aiutarla a legarsi i capelli, una per intrecciarli, un'altra per arricciarli, l'altra ancora per aiutarla a vestirsi ed addirittura una per aiutarla a svestirsi di notte. La sua stanza era su una torre. Un'altra. Il re e la regina organizzarono una festa per presentare al regno la loro principessa. Beth era alla finestra e guardava di sotto la gente vivere e godersi la festa. Era di nuovo in trappola.
La folla era in festa e si agitava. Sembravano divertirsi. Tutti tranne uno, seduto in un angolo all'ombra sotto alle porte. Beth credette solo per un attimo di aver visto Daryl. Lo chiamò dalla finestra, urlò, ma nessuno la sentì. Era sola. E quello non era Daryl. Sapeva che lui se n'era andato. Sapeva che lui non parlava con nessuno. O quasi. Sapeva che sarebbe tornato sulle sue montagne ad est ed avrebbe guardato il sole sorgere, mentre la brezza cristallina della mattina gli pizzicava le guance e dentro la naso, come fiero girasole.
Più tardi le portarono il suo nuovo vestito azzurrino, che sua madre aveva scelto per lei, per la sua festa. La aiutarono ad indossarlo insieme a tanti gioielli, orecchini, una collana, dei bracciali ed un paio di anelli. Alla sera raggiunse sua madre e suo padre nella stanza del trono. La stanza dava su un salone, dove s'erano raccolti tutti gli ospiti ed occasionalmente parte anche della popolazione rurale. Le porte erano chiuse, si sarebbero aperte solo quando il re avrebbe annunciato il nome della principessa sola ritrovata. Intanto la principessa stava là nascosta.
"Figliola," fece suo padre raggiungendola a braccia tese. Le prese le guance e la accarezzò. "sei bella come tua madre!"
Beth sorrise. Sua madre era davvero bella.
Il re Hershel la accompagnò vicino alla porta chiusa. La accostò delicatamente e le fece spiare oltre. "Guarda questa gente, è venuta qui per te. Ti amano tutti, ti sono devoti ed un giorno tutto questo sarà tuo."
Beth sorrise. C'era veramente tanta gente, ma lei cercava solo uno. Il sorriso le morì sul viso. Lei non voleva vivere in una torre, nonostante in questa torre c'erano gioielli, abiti sfarzosi, feste e musica. Non voleva essere inamovibile. Lei voleva vivere libera.
"Padre," cominciò lei sincera. "li amo," poi si corresse "vi amo e vi sono devota anch'io, ma non è questa la mia strada. "
"E qual'è, bambina?"


All'alba del giorno dopo Beth era ad est, sulle colline più alte. Quella più alta per essere precisi. Aveva un cavallo, un vestito bianco ed azzurrino, un mantello celeste e nient'altro. Portava i capelli sciolti ed il venticello glieli muoveva e glieli agitava davanti alla faccia. Frusciavano seguendo il disegno delle foglie e del vento. Camminava a piedi scalzi con l'erba che le bagnava le dita.
"Daryl!" urlò lei.
Un uomo solo, seduto addosso ad un albero credette di aver sentito chiamare il suo nome. L'aveva sentito più volte in quegli ultimi giorni. Anche quella volta non credeva potesse essere reale, ma si girò lo stesso come tutte le altre volte. La curva della collina mostrava solo erba. Erba, erba, erba e nient'altro.
"Daryl!" sentì di nuovo e Daryl si girò di nuovo. Ed allora la vide. Bella, bellissima, una principessa, la principessa dei venti. Bionda, illuminata dalla luce, luminosa, eterea, sorridente, allegra. Era un raggio di felicità appena sorto che camminava. La vide allungare le mani ed invitarlo tra le sue braccia. Il cuore di Daryl partì all'impazzata e per una volta non pensò a niente. Le corse incontro e la abbraccio.
Beth rise e sorrise e lo strinse anche lei e si strinsero. Gli abbracci coi minuti si trasformarono. I baci volarono come le foglie nell'aria. Guardarono il sole sorgere e tramontare, circondati dai mille colori della mattina rosa ed azzurrina e della sera arancione e poi delle stelle bianche.

E vissero per sempre felici e contenti. 



 




Angolo dell'autrice
... Per il ciclo fantastica avventura. Qualcuno mi dica "Italia uno!" nei commenti sennò non sto contenta :P
Va beh, comunque. Cos'è questa "cosa"? Boh, ma che ne so, mi è uscita così xD non mi giudicate!! Lo scopo era allietare per qualche minuto voi e me e spero di essere riuscita nel mio intento. Spero di avervi trasmesso almeno un po' di dolcezza e niente di più. 
Fatemi sapere che ne pensate e grazie a tutti per la lettura, un bacio ed a presto!

  
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