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Autore: malandrina4ever    11/10/2015    3 recensioni
I think I'm drowning
asphyxiated
I wanna break the spell
that you've created
You're something beautiful
a contradiction
I wanna play the game
I want the friction

[...] Sirius ghigna e il biancore dei denti è quasi abbagliante nel buio, la smorfia ferina di un amore impossibile che ringhia piano nella testa di James da sei anni, in ogni momento, che lo attanaglia e attacca forte nel silenzio, serrando le zanne alla sua gola e togliendogli il respiro.
E James ha voglia di urlare ogni volta che incrocia gli occhi di Sirius.
[...] Our time is running out
and our time is running out
you can't push it underground
we can't stop it screaming out

[...] James sta di nuovo guardando Sirius in quel modo.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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 (Per chi non lo sapesse, la Rowling ha rilasciato su Pottermore giorno e mese di nascita di Sirius: 3 Novembre.)

 

 



CAPITOLO 9.

 



3 Novembre 1959.

Sirius non collabora e una parte di Walburga inizia ad odiarlo già da allora, i denti digrignati per lo sforzo e il sudore che le imperla la pelle di porcellana.

Non c’è un modo magico per farlo e la realtà è che i Medimagi che la circondano potrebbero essere Babbani e non vi sarebbe alcuna differenza: è il limite che tiene i maghi ancorati alla terra, il confine che neppure la magia può oltrepassare, quello tra la vita e la morte. Lo sapeva già, Walburga, ancora prima di entrare in quella sala, che il parto l’avrebbe accomunata alla più sudicia delle Babbane, lei che della superiorità della sua famiglia ne ha sempre fatto il vanto più grande. È perché suo marito non la veda così, sporca ed inerme e umiliata, che ha insistito per essere sola: le dita affusolate e bianchissime si artigliano alla sbarra del lettino e non sentono la mancanza di nulla, il gelo del ferro come quello che le scorre nelle vene.

Orion è a due corridoi di distanza, il caffè scadente del San Mungo a scaldargli la lingua e i titoli in grassetto della Gazzetta del Profeta a scorrergli pigramente sotto gli occhi. E la verità è che Walburga non ha dovuto insistere affatto per essere sola.

Sono passate ore ed i Medimagi iniziano a diventare più insistenti con i loro suggerimenti. Walburga non ha paura del dolore, non ha paura di lasciarsi tagliare la pancia e lasciare che qualcuno ci infili dentro le mani, ma continua a scuotere forte la testa e rifiutare con il poco di voce che le resta, perché non è così che deve essere e non è così che sarà. Ha la vista annebbiata e sente di odiare ogni singola persona in quella stanza, più di tutti la giovane donna che continua a proporsi di andare a chiamare Orion. Sa che ci sono Sanguesporco a poche camere di distanza dalla sua, Medimagi e pazienti come lei, trattati come se fossero sullo stesso livello, e non lo sopporta, il suo stesso corpo si rifiuta all’idea di prolungare la sua permanenza lì, ma continua a scuotere la testa decisa ad ogni proposta, perché quello è il suo dovere e non vi si sottrarrà: darà alla luce un bambino perfetto, un erede maschio dal sangue purissimo da sacrificare sull’altare della famiglia Black, lì dove Druella e Lucretia hanno fallito. Spinge forte e guarda dritta davanti a sé, il sudore salato che le cola negli occhi e non riesce comunque a farla piangere. Spinge e ringhia come una belva feroce, urla e le sue sono grida di rabbia.

Sirius è tra le mani guantate dei Medimagi e piange forte, tutto impiastricciato di quel sangue purissimo che imparerà ad odiare. Walburga non si sporge verso di lui, non lo vuole prendere in braccio e a malapena si accorge del rumore secco del cordone ombelicale che viene reciso, ma lo fissa a lungo con i suoi occhi penetranti e severi prima di lasciar crollare la testa sul cuscino, sfinita.

Perfetto, Sirius è perfetto.

 


3 Novembre 1970.

I calici e le posate d’argento tintinnano riecheggiando all’interno dell’ampia sala da pranzo del numero dodici di Grimmauld Place, appena coperte dalle voci pacate e signorili degli ospiti. Il lungo tavolo di quercia è affollato di pietanze sontuose disposte ordinatamente sulla tovaglia di seta da elfi zelanti, tutti consapevoli che al primo errore finiranno ad ornare le pareti spoglie della villa, e Sirius cerca di respingere la nausea in fondo allo stomaco, trattenendo le smorfie che tanto fanno infuriare sua madre.

Compie undici anni quel giorno Sirius ed è il motivo per cui tutte quelle persone sono lì. I compleanni nella famiglia Black non sono mai stati una ricorrenza particolarmente felice per lui o qualunque altro bambino purosangue, più un’occasione sociale per mettere in mostra i propri averi, figli e ricchezze e mostrarsi all’altezza delle aspettative dei parenti che un modo per celebrare effettivamente il festeggiato – come dimostra la presenza nel piatto di Sirius di quel disgustoso dolce al rabarbaro che odia tanto, ma che è disgraziatamente anche il preferito di Cygnus.  Ma quel particolare compleanno Sirius lo aspetta da tanto, perché insieme alle cerimonie noiose e infinite arriverà anche la sua lettera per Hogwarts: è un’occasione speciale per lui, perché significa che quello sarà l’ultimo inverno passato tra le mura tetre di Grimmauld Place, ma se avesse saputo che compiere undici anni avrebbe significato anche trovarsi allo stesso tavolo con la famiglia Black al completo, probabilmente avrebbe fatto a meno di compierli.

Orion e Cygnus parlano di come rappresenterà degnamente la famiglia Black ad Hogwarts, coi colori sfavillanti di Serpeverde sulla divisa; Walburga e Druella stanno già decidendo con i figli di chi dovrà fare amicizia e da chi dovrà stare alla larga; tutti gli adulti al tavolo parlano di lui e l’unico che lo sta effettivamente guardando è suo fratello Regulus.

Sirius sente la nausea aumentare e non è il rabarbaro.

Nessuno gli chiede di esprimere un desiderio e lui si costringe a smettere di immaginare come sarebbe avere una persona a quel tavolo, una soltanto, che sia lì per lui. 



3 Novembre 1971.

 - Guarda, basta grattare la pera e...

Sirius ha dodici anni e le cucine di Hogwarts sono il primo vero regalo che qualcuno gli abbia mai fatto. James lo precede entusiasta nell’enorme stanzone affollato di vivande ed elfi domestici, la luce calda delle fiaccole ad accendergli riflessi chiari sulle lenti rettangolari degli occhiali e un sorriso entusiasta a piegargli le labbra, mentre si volta verso Sirius per controllare la sua reazione. Le ha scoperte qualche notte prima, James, mentre gironzolava per il castello sotto quel suo mantello dell’invisibilità e Sirius se ne rende conto perfettamente, anche se è solo un bambino, che la maggior parte dell’entusiasmo dell’altro non è per le cucine ma per la possibilità che esse gli offrono di impressionare il suo nuovo amico.

Il fuoco sfrigola nel camino accanto al loro divanetto e gli elfi continuano a portare cioccolata calda e torta di mele a non finire, mentre una crostata al rabarbaro giace abbandonata e intonsa a qualche tavolo di distanza, avanzo della colazione del mattino. James continua a far vagare impaziente gli occhi nocciola lungo i tavoli, entusiasta di poter indicare a Sirius qualche nuovo dolce da assaggiare –o, questo lo scoprirà solo un’oretta più tardi, da spiaccicargli in fronte. Compie dodici anni quel giorno Sirius e non lo ha detto a nessuno, ma qualcosa di sconosciuto gli solletica lo stomaco quando si rende conto che non fa differenza, che non importa se non sa che giorno è, James è lì per lui.

La verità è che a volte Sirius ha l’impressione che tutto quello che fa James, dalle giravolte sul campo da Quidditch alle corse notturne per i corridoi fino ai battibecchi coi Serpeverde e gli scherzi durante le lezioni, ogni singola cosa, sia – in un modo intangibile e che non riesce a spiegarsi - per lui.

 


3 Novembre 1975.

James lo bacia senza preavviso, come fa tutto, esplosivo e travolgente, le mani che gli inchiodano le spalle alla pietra gelida della Torre di Astronomia e le labbra ancora umide di Firewhiskey premute forte contro le sue, quasi con rabbia, e Sirius ne ha la certezza ora – è sempre stato per lui. Ogni gesto, parola o pensiero di James da quando si sono conosciuti, cinque anni prima, è sempre stato in relazione a Sirius e a Sirius gira la testa, perché una parte di lui è ancora l’undicenne a cui nessuno rivolge lo sguardo il giorno del suo compleanno e non sa come reagire a quegli occhi nocciola che lo vedono, lo vedono davvero.  

E Sirius si rende improvvisamente conto che è vero anche il contrario.
Che è per James, ogni suo respiro.  

 


3 Novembre 1977.

È il suo ultimo anno ad Hogwarts e deve stare attaccato a James perché i loro piedi non spuntino dal mantello, a rendere ancora più sospetti i bisbigli invisibili ed eccitati che riempiono i corridoi di Hogwarts quella notte. Quando il pesante portone di quercia cigola piano mentre si chiude alle loro spalle e James inizia a correre veloce,  Sirius scatta a sua volta per non restare fuori dal mantello e gli afferra un braccio per farlo rallentare, ricordandogli che non sono ancora abbastanza lontani da poter gettare al vento ogni precauzione. Ma gettare al vento ogni precauzione è esattamente quello che James fa la maggior parte del tempo, perché il rischio è sempre stato il pepe per lui, e dopo avergli strappato il mantello di dosso inizia a correre ancora più veloce, gridandogli di stare al passo. Ha quasi diciassette anni James, ma ride come un bambino e Sirius lo osserva per qualche secondo prima di farsi contagiare dalla risata spericolata dell’altro e partire al suo inseguimento. Probabilmente è l’istinto del suo alterego canino a spingerlo a gettarsi alle calcagna della preda con tanta foga, o è l’istinto di Sirius e basta, che lo ha sempre indotto a inseguire James con dedizione disperata.

Quando sente finalmente il corpo dell’altro premuto contro il terreno duro e il proprio petto, il fiato e la risata che gli si mozzano in gola all’improvviso, Sirius è vagamente consapevole della possibilità di avergli potenzialmente rotto qualche costola lanciandosi contro di lui e interrompendo la sua corsa schiacciandolo a terra, ma è anche totalmente consapevole di come questo non sia neanche un po’ tra le priorità del momento. L’erba fresca e bagnata gli solletica le tempie mentre si china su James e lo rigira verso di lui con un gesto deciso. Affonda le dita nel terriccio, a pochi centimetri da dove sono finiti gli occhiali rettangolari dell’altro, e non appena sente di nuovo quella risata spensierata si abbassa fulmineo e gli ruba un bacio.

Ma James ride come se non ci fosse la guerra e quando Sirius si stacca le sue labbra sono ancora piegate verso l’alto in quel modo che rende tutto possibile e così facile, come se non fosse sbagliato, come se non fossero alle soglie di una guerra che li inghiottirà tutti, come se Silente non gli avesse parlato dell’Ordine della Fenice appena il mese prima. James ride come se avessero tutto il tempo del mondo e Sirius lo bacia di nuovo, perché lui invece lo sa che quella è solo la prima delle loro ultime notti ad Hogwarts, sa che non ci sarà mai un altro compleanno così – la verità è che non sa neppure se ci sarà un altro compleanno, una volta usciti di lì. Lo bacia lì sull’erba bagnata del parco di Hogwarts, perché il mondo è ancora nelle loro mani e James è ancora suo.

*

La mattina dopo Sirius apre gli occhi nel sole mattutino, le dita intirizzite dal freddo perse tra i capelli di James e lo sguardo fisso al cielo perlaceo sopra di lui. E lo sa che è una sfida provocatoria alla sorte e agli dei, quella felicità sfrenata ed eccessiva, irraggiungibile per chiunque. Lo sa che a nessun uomo è concesso essere così felice in mezzo ad una guerra e che pagherà il prezzo di ogni singolo bacio, lo sa ma non gli importa, perché i capelli di James tra le dita e l’odore della sua pelle sono più concreti e infinitamente più importanti della sorte e degli dei.

Sirius ha solo diciassette anni, James è tra le sue braccia, suo per una notte e per la vita, e l’universo può aspettare.


 

3 Novembre 1980. 

È il giorno del suo ventunesimo compleanno e sembrano passati molto più di tre anni.

La guerra non assomiglia a nulla di quello che si erano immaginati e li ha travolti dal primo all’ultimo, ciascuno in modo diverso. Ad Hogwarts insegnano che Grifondoro è la Casa del coraggio, ma da quando anche il suono di un telefono che squilla è in grado di far gelare a tutti loro il sangue nelle vene, quella parola ha smesso di avere un significato definito. C’è una spia nell’Ordine, Silente ormai ne è sicuro: è per questo che continuano a morire come mosche, uno dopo l’altro, colti di sorpresa al rientro a casa dopo una missione, come Gideon e Fabian, accerchiati e sopraffatti in pochi minuti di lotta furiosa nella loro cucina, o presi in mezzo alla folla, in strada, costretti da un Imperius sussurrato ad allontanarsi ed entrare volontariamente nella propria sala delle torture, fatti a pezzi poco a poco, come Benji, appena uscito dall’Accademia Auror. Si inizia a perdere il senso di festeggiare un compleanno, quando i tuoi compagni smettono di respirare a distanza di settimane l’uno dall’altro. Quando si contano i giorni e non gli anni.

Marlene McKinnon, che ventun anni li aveva compiuti il mese prima, è stata uccisa insieme alla sua intera famiglia quella settimana stessa e Sirius passerebbe quella sera chiuso in casa a fare finta di nulla, se non fosse per James e la sua convinzione che rinunciare anche alla più piccola occasione per festeggiare sarebbe come dichiararsi sconfitti in partenza, arrendersi alla guerra. Sirius non è convinto che cambi qualcosa, che non abbiano comunque già perso, anche se decidono di ricordarsi che è il suo compleanno e si riuniscono a casa Potter per una cena appartata – James e Lily sono costretti a casa da mesi ormai - , ma accetta comunque, perché gli unici momenti in cui, contro ogni logica, si permette di sperare che la vinceranno loro questa guerra e si ricorda anche perché dovrebbero vincerla sono quando è con James.

Non ci sono baci quell’anno, James non ride più come se non sapesse cos’è la guerra e Lily e Remus hanno gli occhi più stanchi che mai. Peter trema senza motivo a volte.

Sirius ha ventun anni, ha visto troppa gente morire ed è convinto di star già pagando il prezzo di tutte le risate e dei baci rubati sotto le stelle, ma quello che ancora non sa è che la guerra non ha neppure cominciato con lui. 



3 Novembre 1981.

Sono passati tre giorni.

Sirius ha le nocche sporche di sangue e sta fissando la stessa macchia sul muro della sua cella ad Azkaban da quando lo hanno spinto dentro piegato in due dalle risate e lui ha continuato fino alle lacrime, prima di gridare e prendere a pugni la pietra gelida così forte da ricoprirsi nuovamente di sangue appiccicoso, come quando Walburga lo ha spinto al mondo tra grida di rabbia ventidue anni prima. 

James è morto e sono passati solo tre giorni, ma Sirius non lo sa, perché il tempo ha smesso di esistere la notte in cui la guerra gli ha presentato il conto negli occhi senza vita del suo migliore amico. Sirius fissa il muro ora e resta in silenzio, cercando la risata spensierata di James nelle urla straziate degli altri prigionieri. La cerca per dodici anni e la trova nella foto in bianco e nero di un topo mutilato che lo fissa dalla pagina di un quotidiano. Guarda gli occhi neri di Peter e sente la risata spensierata di James.

Il giorno dopo il suo viso allucinato è in prima pagina su tutti i giornali del mondo magico e non.


 

 

 

 

È una moto? Mi hai davvero appena comprato una moto per il mio compleanno?

Così pare.

James Potter, questo è il più bel regalo di sempre.

Lo dici tutti gli anni.

Sta’ zitto, mi hai comprato una moto. Una moto!

È quello che ho fatto, sì. Se ti schianterai al suolo e morirai ti avrò sulla coscienza. E se la farai vedere a mamma e papà avrai me sulla coscienza, non credo che sia legale guidarle prima di una certa età. O qualcosa del genere.

Una moto. Una dannata moto. Ed è mia?

È così che funzionano di solito i regali, Padfoot.

E come sei passato dal considerarle ‘inutili trabiccoli babbani che non volano nemmeno’ al regalarmene una?

Chi ha detto che la tua moto non vola?

Che cosa hai appena detto?

Chi è la tua persona preferita al mondo, Sirius?

Il rombo della nuova moto di Sirius che decolla alle sue spalle intontisce James quasi più del bacio a stampo che il suo migliore amico quattordicenne gli ha schioccato con forza sulle labbra prima di superarlo entusiasta e saltare in sella. James fissa il vuoto per diversi secondi e la punizione che si beccherà quando i suoi genitori gli faranno notare che il mantello dell’invisibilità non è sufficientemente largo da coprire lo strano aggeggio apparso nel loro giardino non gli farà passare il buon umore. Sirius è felice e ne sarà valsa pena. Tutto quanto ne varrà la pena, fino all’ultimo abbagliante lampo di luce verde.


 

 


   
 
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