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Autore: paneenutella    11/10/2015    11 recensioni
Fedez capisce, probabilmente solo in quel momento, perché lo sguardo del riccio lo abbia sempre messo in soggezione.
Mika lo guarda come se lo vedesse davvero.
« Quando sono nervoso mi sudano le mani » confessa il ragazzo, parlando troppo velocemente. Forse è colpa dell'alcool o forse è solo euforico.
« Non mi disturba » risponde Fedez.
« E mi vengono i crampi allo stomaco » continua l'altro, come se Fedez non lo sapesse.
« È carino ».
« E- E poi inizio a parlareparlareparlare e arroscisco spesso ».
« La trovo una cosa adorabile » ammette Fedez e gli sorride perché è vero. È così dannatamente adorabile.
« Sono un ragazzo » sussurra Mika, come se non fosse già abbastanza ovvio.
« Non mi importa ».
E poi succede tutto velocemente. Oppure a rallentatore.
Fedez non lo sa.
Non capisce più nulla dal momento in cui Mika, alto, elegante, snello, con i capelli sempre incasinati e quegli occhi enormi, si china verso di lui e lo bacia.
MikaXFedez // Urban Strangers
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Avete mai fatto un viaggio importante?
Anche breve, tipo quelli che ti portano dal dottore, a fare una visita medica, o quelli prima di un esame importante, di un'interrogazione.
Passare il tempo con Mika, per Fedez, è il viaggio di ritorno, quando, finalmente, è tutto a posto e puoi tornare a respirare.
È quello che Fedez pensa mentre si trova sull'aereo, cuffietta nell'orecchio destro e la testa di Mika poggiata sulla sua spalla.
Destinazione Londra, ore 11:35 e brividi su tutto il corpo. Lui in Inghilterra non ci è mai stato. Ha passato tutta la vita a Milano, tra la scuola, i professori stronzi, il Muretto, le sfide di free style con gli altri sedicenni della zona, la musica.
Ora Fedez ha diciannove anni, è quasi un adulto ma sogna ancora come un ragazzino. Ama scrivere, comporre, sputare tutto ciò che pensa su un foglio bianco, dare alle frasi un nuovo suono, una nuova ritmica.
La prima volta che ha detto a suo padre che “da grande” sarebbe voluto diventare un rapper erano ad una cena di famiglia, quelle con un mucchio di parenti che quasi non ti salutano per strada ma che, appena varcano la soglia di casa tua, ti baciano e ti abbracciano come se ti avessero cresciuto loro e non ti vedessero da anni.
Comunque, il padre di Fedez si era accigliato e gli aveva detto, sconcertato e serio allo stesso tempo, “Federico Leonardo Lucia”, e il fatto che avesse usato il suo nome per intero, non era assolutamente un buon segno, “da quanto tempo sei tossico dipendente?”.
Il fatto è che Fedez ha fatto la sua scelta anni fa. È sempre stato un ragazzino intelligente, testardo, brillante, il solito alunno stile “ha le capacità ma non si applica” o “potrebbe fare molto di più”. Fedez è uno di quelli che ha coraggio, che mette le palle in gioco e, dopo diciannove anni, dopo le delusioni, i fallimenti, le pugnalate alle spalle e le botte prese, è come se non ne avesse più solo due, di palle, nelle mutande, ma sette.
Guarda fuori dal finestrino. Vede solo il cielo azzurro e le nuvole bianche, l'Italia è ormai solo un piccolo puntino scuro in lontananza, come lo sono anche tutti gli infami e le teste di cazzo che fino a qualche anno fa chiamava amici che si sta lasciando alle spalle.
La verità è che dopo il diploma non ci si sente diversi. Non ci si sente più intelligenti, più grandi, più maturi.
È solo uno stupido pezzo di carta, solo l'inizio, la pagina bianca di un nuovo libro ancora da scrivere. A cosa è servito, poi?
Una serie di voti, bassi e alti, che non servono fisicamente a nulla. Sono solo numeri, non definiscono affatto che persona sei.
Fosse stato per lui, avrebbe mollato la scuola già dalla quarta superiore, ma Mika l'ha convinto a fare un ultimo sforzo e ad uscire, una volta per tutte, da quella merda che è stata per lui il Liceo Artistico.
Già, Mika.
Michael Holbrook Penniman Junior.
Il giorno in cui l'ha conosciuto ha capito che i suoi genitori non erano gli unici ad avere una fissa per i nomi lunghi e improbabili.
In realtà, ora che ci pensa, non aveva mai fatto realmente caso a lui fino a quando non sono finiti entrambi, lo stesso giorno, in presidenza.
Fedez era in seconda superiore e Mika si era appena trasferito nella sua scuola, più precisamente, nella sua classe.
Era un lunedì. Fedez si ricorda bene perché il lunedì è già una schifezza di per sé, ma lo è ancora di più se alla prima ora hai matematica.


Il professor Testa, o prof Testa di Cazzo per Fedez e tutti i poveri sfortunati della 2D del tempo, era un uomo grasso, poco curato fisicamente e decisamente una carogna.
Non per niente, infatti, ormai era entrato nella normalità dire cose tipo “quanto sei stronzo da uno a professor Testa?”.
Ogni volta che l'uomo entrava in classe non volava una mosca e un'aria gelida avvolgeva inspiegabilmente la stanza.
Probabilmente era la scia di arroganza e morte che si portava dietro il docente, quasi fosse la sua ombra.
Per Fedez era stato odio a prima vista. L'aveva capito già al primo anno di liceo, quando il professore se l'era presa senza motivo con il più timido della classe, che gli aveva solo chiesto, sussurrando, se, per favore, poteva rispiegare un esercizio.
Insomma, non era difficile immaginare che tipo di persona fosse prof Testa. Uno di quelli che odia la sua vita, il suo lavoro, divorziato e uno stronzo di prima categoria a cui piace prendersela con gli alunni psicologicamente più vulnerabili.
Una sorta di bullo grasso e vecchio e con i capelli perennemente unti.
Seriamente, una doccia ogni tanto non corroderebbe il suo piccolo e flaccido corpo da marshmallow, avrebbe voluto dirgli il ragazzo.
Fedez, allora quindicenne e con un unico, piccolo, nuovissimo tatuaggio (fatto poche settimane prima, accompagnato dal tatuatore dalla mamma Tatiana) aveva cercato di mordersi la lingua fino a quel momento solo per non finire in presidenza e non dare un dispiacere – un altro – a sua madre.
« Valentina, visto che sembri prestare particolare attenzione alla lezione di oggi, perché non ci ripeti come si svolge un prodotto notevole? ».
Giulia Valentina, dopo essersi ripresa da un apparente stato di trance, aveva strabuzzato gli occhi e il colorito della sua faccia aveva assunto tre diverse gradazioni di rosso, fino ad arrivare ad un bordeaux preoccupante.
« Io… hum… credo….».
In quel momento, Dio, gli dei, il Fato o, secondo Fedez, signor Tore, il bidello del loro piano, mandò qualcuno a bussare alla porta della 2D.
« Avanti » borbottò il prof, con la sua odiosa voce strascicata.
La prima cosa che Fedez notò appena la porta si aprì fu una massa di capelli ricci scuri e disordinati e un sorriso timido tutto denti.
Mika aveva, al tempo, una grande passione per i pantaloni stretti con il risvoltino, per le bretelle e per i colori sgargianti.
Un po' come ora, insomma.
« Buooongiorno Mister Testa » aveva detto, con una vocina acuta ed evidentemente nervosa. Il suo accento marcato era indubbiamente inglese e le sue fossette erano indubbiamente adorabili.
Fedez scosse la testa.
« Tu sei il nuovo alunno? ».
« Sì, segnore. Io mi chiamo Michael, scusi per il ritardo. Posso entrare? » gli disse, gesticolando in maniera imbarazzante.
Nella classe regnava un silenzio tombale.
Fedez lanciò un'occhiata veloce a Giulia. Aveva le mani intrecciate e lo sguardo terrorizzato.
Forse non stava respirando o forse stava pregando. Fedez non avrebbe saputo spiegarlo.
Come un segugio fiuta la paura, professor Testa fiutò il terrore della ragazzina e, non soddisfatto della pessima figura che le aveva fatto fare precedentemente, si rivolse nuovamente a lei, lasciando il nuovo arrivato sulla soglia della porta.
« Ebbene, Valentina, sei arrivata ad una conclusione? ».
Fedez pensò che al posto suo avrebbe aperto il libro di matematica o si sarebbe fatto suggerire la risposta da qualcuno.
Ma probabilmente il cervello di Giulia si era scollegato completamente e i suoi neuroni imprecavano impazziti senza riuscire a trovare una soluzione sensata per sfuggire a quell'umiliazione.
Giulia si impegnava, ma non era un asso in matematica e il prof lo sapeva.
Neanche il tempo di farle aprir bocca che Testa disse: « Lasciamo stare, ormai la tua inettitudine non mi stupisce più ».
E poi successe tutto abbastanza velocemente. Fedez si alzò in piedi, strisciando la sedia sul pavimento.
« Oh, Federico Lucia », lo chiamò il docente, con tono irrisorio. « Vuoi anche tu far parte di questa illuminante conversazione? ».
Fedez avrebbe potuto dire tante cose in quel momento. Ad esempio, qualcosa tipo “non credo che si stia comportando correttamente” o “non condivido il suo metodo di insegnamento” o, ancora, “lei è un incompetente e una Testa di Cazzo e non ha alcun diritto di umiliare un alunno in quel modo”.
Invece, disse solamente: « Nulla di così illuminante, prof. Stavo solo pensando che essere presente alle sue lezioni è come ascoltare una pubblicità per l'allungamento del pene. Fondamentalmente, nessuno crede alle stronzate e alle cattiverie che dice, ma lei spera sempre che qualcuno la assecondi e le dia retta ».
Risatine di sottofondo.
Fedez gonfiò il petto, l'adrenalina che gli scorreva nelle vene.
Testa rimase impietrito, poi, dopo qualche secondo, disse soltanto: « Fila in presidenza. Subito » e scribacchiò qualcosa sul registro.
Fedez ghignò e, mentre sistemava astuccio e quaderno dentro lo zaino, il docente rivolse, finalmente, la sua attenzione a Mika, che non aveva mosso un muscolo.
Il sorriso era sparito dal volto del ragazzino che aveva assunto un'espressione indecifrabile.
« Michael, perché saresti arrivato in ritardo? Sentiamo ».
Uhuh. Umiliazione tra tre, due, uno…
Mika prese un respiro e disse, senza battere ciglio: « Qualcuno mi ha detto di andarre all'Inferno. All'inizio io non lo trovavo, ma ora sono qui ».
La pronuncia era imprecisa ma il suo tono fermo e privo di emozione. Il suo sguardo era determinato, quasi come se stesse mettendo alla prova il professore, o se stesso.
Fedez scoppiò a ridere, come anche il resto della classe.
Dieci minuti e due note sul registro dopo erano entrambi seduti davanti all'ufficio del preside.
« Nel presidenza dal primi giorno. Che fortuna » borbottò Mika.
« Ehi, è il prezzo del successo » rispose l'altro ragazzo, con un sorriso.
Mika si girò verso di lui, gli occhi grandi lo squadrarono da capo a piedi.
Fedez si sentì come se gli stesse guardando dentro l'anima e arrossì imbarazzato.
« Mi chiamo Michael, ma preferisco Mika » si presentò, porgendogli la mano.
Fedez la strinse. « Cos'è, tipo, il tuo nome d'arte? » gli chiese, scherzando.
Si accorse solo dopo di essere sembrato maleducato, forse.
Mika non sembrava infastidito, comunque. « Sì, tipo. Tu sei… Federicò Luchia? ».
Fedez ridacchiò. « Sì, ma preferisco Fedez ».
« Cos'è? Il tua nome di arte? » lo prese in giro l'altro ragazzo, cercando di imitarlo.
Questa volta Fedez rise sul serio. « Sì, una specie », deglutì, poi aggiunse, « Sappi che ti ammiro molto per quello che hai fatto. Nessuno ha mai il coraggio di dirgli nulla, a quello ».
« Tu avere avuto. Il coraggio, dico », disse Mika, posandogli una mano sul ginocchio.
Fedez si irrigidì visibilmente. Non era mica abituato a persone così… espansive, lui, ecco.
Mika intuì il suo disagio e allontanò la mano. « E poi, quello è uno… una… come si dice in italiano? Io non riesce a trovare la giusta parola... ».
« Stronzo. Si dice “stronzo” » disse Fedez, facendolo ridacchiare.







Angolo dell'autrice.

Eccomi qua.
Dopo anni passati ad essere solo una "lettrice" di efp, finalmente mi sono decisa a pubblicare qualcosa di mio su questo sito.
Inutile stare qui a dirvi quanto io sia felice/emozionata/su di giri.
Ho scoperto i Midez relativamente da poco ma è stato amore a prima vista.
Com'è che si dice? Quando la ship chiama, bisogna rispondere ahah.
Spero davvero che questa storia venga apprezzata o, almeno, che non venga ignorata.
Per questo, mi sento di dirvi che qualsiasi recensione, anche negativa, è ben accetta.
(Basta che non siano insulti, però, andateci piano ahahaha).

Alla prossima xx

 
  
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