ͽ Il Rosso e il bianco ͼ
“Aioria,
non puoi…!”
”Posso.”
Shaka si morse le labbra.
Il cavaliere di Leo stava mettendo le mani dove non doveva.
E il
santo più vicino agli dèi diede mostra per la prima volta di un tremore delle mani.
Sospirò, teso. E alle sue orecchie, quella voce, che tentava di essere
rassicurante: “Stai fermo, Shaka.”
A quell’oltraggio, Virgo spalancò gli occhi, sottraendosi:
“Non dirmi quello che devo fare!”
Aioria sospirò, sedendosi con un piccolo tonfo sul marmo bianco.
Un sospiro rassegnato, come se accennasse a rinunciarci, ma Shaka non gli
levava gli occhi di dosso. Era difficile, con quello sguardo azzurrissimo e
glaciale puntato sulla nuca, e Leo si alzò, con uno sbuffo nervoso.
“Dato che la pensi così, me ne vado.”
“Torna qui.”
“Davvero, Shaka, io non ti capisco.” Erano onesti e verdi, gli occhi del
cavaliere. Shaka richiuse i propri, come per non guardarlo in viso, e Aioria si
accigliò. Azzardò ad avvicinarsi, di nuovo: “Te l’ho detto. Penso a tutto io.
Tu non devi preoccuparti di niente…”
“Non mi piace il modo in cui lo fai.” Sibilò il biondo. Non c’era ombra di
veleno nel suo sussurro, ma una verità tanto schietta da ferire. Aioria si
sentì offeso. E si alzò in piedi, dandogli le spalle nel sole.
Shaka non disse nulla, per un po’. Il sole scottava il marmo bianco, e quel
bianco scintillava silenzioso nel caldo.
Lo guardò rivestirsi, i muscoli scattanti sotto la pelle di miele. Le sue mani
si riavviavano scompostamente i riccioli dai riflessi dorati, che catturarono
il suo sguardo distratto, sotto la luce del sole. Eppure, non disse niente.
Aioria
si voltò verso di lui, un ultimo lampo verde di occhi. Shaka rimase
ostinatamente ad occhi chiusi, irremovibile.
“Sai? È colpa del tuo brutto carattere.”
“Fai attenzione a quello che dici, santo di Leo.”
“Dico proprio come la penso!” rincarò il giovane, con un ampio gesto delle
braccia. Descrivevano le curve dei grandi vasi bianchi come il marmo delle
scale, e Shaka socchiuse le ciglia per scorgere il rosso dei fiori. Erano
scarlatti. Aioria, ai movimenti distratti dei suoi occhi, che non lo fissavano
in volto, attirò la sua attenzione a forza:
“Non ci metteremo mai d’accordo su questi dannati vasi, se tu non scendi a
compromessi!” minacciò.
“Se lascio fare a te” si degnò finalmente il cavaliere della Vergine, alzando
il mento con fare orgoglioso “mi ritroverò le scale imbrattate di quegli
orrendi petali rossi.”
“Ma insomma! Credevo che ti piacessero!”
“E
quando mai me l’hai chiesto?”
“Shaka,
sto perdendo la pazienza. Non sei tu
che stai spostando questi benedetti gerani,
sono io!”
Sbottò il santo d’oro, indicandosi con eloquenza. Shaka sollevò signorilmente
un sopracciglio: effettivamente, sì. E allora? Non era fatto per i lavori di
fatica. E poi era il vicino di casa ad essersi offerto. Chi era lui per opporsi
alle entusiastiche voglie di sollevamento pesi altrui?
“Effettivamente, sì” riassunse, mandando Aioria su tutte le furie.
“Shaka!”
“Mh.”
“State ancora litigando, voi due?”
Una risata divertita, assieme ai passi di fretta. Shaka salutò con un neutro
cenno del capo il cavaliere di passaggio per le scale, e Milo ridacchiò
all’espressione infuriata di Leo.
“Non farete scoppiare una nuova guerra dei mille giorni, eh, ragazzi?”
“La scorsa volta stavo per vincere io.”
Shaka roteò gli occhi al cielo, commentando esaustivamente.
“Shaka…” minacciò Aioria.
“Poche storie e prendi in mano quel vaso: ti dico che ad Est c’è più ombra.”
A Chyko, perché se
non l’avessi scritta prima io
l’avrebbe fatto lei, e ci tenevo a batterla sul tempo.
A tutte le fan del crack, per dimostrare loro che voglio beneh.