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Autore: Padmini    21/10/2015    2 recensioni
Una mente che non risposa, mille pensieri che si accavallano e che combattono tra di loro per la vittoria. Sacrificare la propria vita per una nobile causa o seguire i propri intimi sogni?
Charles Xavier si era trovato davanti a quel dilemma più di una volta, ma quella notte, avvolto dalle tenebre e dal silenzio, aveva preso la sua decisione. Avrebbe dato tutto se stesso per il suo sogno, lo avrebbe fatto davvero ... ma era ancora troppo presto. Quella notte, Charles scelse di essere egoista e di tornare dall'unico uomo che aveva mai amato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci arrivati all'ultimo capitolo!
Spero che questa storia vi sia piaciuta ^_^
Ringrazio tutti quelli che l'hanno recensita e anche quelli che l'hanno letta in silenzio. 
Un bacio e alla prossima, con un bel verde ...




Speranza


 

Tutto era accaduto in pochi secondi ma Erik, seppur sotto shock, riuscì a reagire e a controllare il metallo della sedia a rotelle per fermare la caduta. Charles ricomparve aggrappato al bracciolo e visibilmente spaventato. Erik, incurante degli sguardi dei presenti, si avvicinò per avere maggiore controllo sul suo potere e lo stesso fece Draw che, controllando il sangue e l'acqua presenti nel corpo del telepate, riuscì a riportarlo nella stanza.

Tutti avevano trattenuto il fiato e quando Charles fu al sicuro esplosero in un applauso rivolto ad Erik e al giovane Draw. Tutti sembravano sollevati, tranne una persona. Charles si allontanò dalla finestra e si diresse verso Therese che nel frattempo era impallidita. Erik lo raggiunse e lo fermò per controllare che tutto fosse a posto.

“Sì, sto bene!” esclamò lui, seccato.

Erik lo gaurdò ferito, così lui addolcì lo sguardo e gli sorrise.

“Vi ringrazio per avermi salvato, sarei morto senza di voi ...” mormorò, rivolto sia al compagno che al giovane Draw che, timidamente, rispose al sorriso.

“Mi vuoi spiegare cosa è successo? Non sembrava un ...”
“Incidente? No, non lo era.”

Il telepate lanciò un'occhiata a Draw che, sebbene intimorito, annuì per dargli il permesso di andare avanti.

Tutti gli sguardi erano concentrati sul telepate che, con nonchalance, aveva eliminato l'illusione delle loro false identità e ora appariva per quello che era. Si avvicinò alla donna che, spaventata, non riusciva a muovere un muscolo. Fu invece proprio Amelie, ormai conscia dell'imbroglio del quale era stata vittima, a parlare.

“Charles Xavier … tu sei Charles Xavier, il famoso professore mutante!” si voltò verso Erik e lo indicò con il dito “ … e tu sei Erik Lensherr! Per questo sei riuscito a salvarlo! Hai manipolato il metallo della sedia a rotelle! Perché siete qui? Cosa sta succedendo?!”

Accanto a lei anche Philippe sembrava deciso a capire cosa stesse succedendo e infatti annuiva, come la maggior parte dei presenti, tra cui anche Erik, che era evidentemente sconvolto. Fu lui ad avvicinarsi al telepate.

“Ascolta, se questo fa parte del tuo piano ...”

“Piano?!” si intromise Philippe, prima che Charles potesse rispondere “Volete ucciderci tutti?!”

Era spaventato, ma non sembrava arrabbiato o disgustato come Erik si sarebbe aspettato una volta che avessero scoperto la loro identità. Quello disgustato e arrabbiato, contrariamente a quanto aveva immaginato, era proprio Charles. Erik stava per difenderlo, ma fu lui a parlare e la sua voce non avrebbe potuto essere più fredda.

“Prima di tutto voglio chiarire una cosa. Non siamo qui per fare del male a nessuno. Come ha detto Erik, avevo un piano, ovvero dimostrare a questo ex terrorista che voi umani non siete delle merde come lui aveva sempre pensato. Volevo fargli capire che si sbagliava, che la convivenza pacifica è possibile ...”

“In effetti non ti sbagliavi.”

La voce di Erik era chiara e forte. I loro sguardi si incrociarono ancora una volta e, come sempre, non fu necessario parlare. Fu Amelie a interrompere quel dialogo silenzioso.

“Ho capito, il vostro era un intento nobile e lo capisco, ma semrba che voglia uccidere Therese! Cosa le ha fatto lei? Ha aiutato quel mutante come lei fa con i suoi studenti, confermando tra l'altro la sua tesi, o sbaglio?”

Charles si avvicinò di più alla donna che, nel frattempo, non si era mossa di un millimetro.

“Sarebbe vero se lei fosse una sapiens.”

Tutti nella stanza trattennero il respiro per la sorpresa. Charles non ebbe pietà e proseguì.

“Lei è una mutante, una telepate come me, per essere precisi, solo molto meno potente di quanto lo sono io. Il giovane Draw, che ha appena sedici anni e il cui vero nome è Jean Luc, è un mutante e ha davvero il potere di manipolare i liquidi, infatti mi ha salvato la vita agendo sul mio sangue … ma non è un artista. La vera artista è Therese. Una pittrice fallita che, stanca di sentirsi dare della manipolatrice dai suoi galleristi e dagli acquirenti, ha deciso di cambiare vita. So cosa si prova quando tutti pensano che stai usando il tuo potere su di loro, perché sono un telepate come lei … per questo si è nascosta, ha finto di essere ciò che non era e ha deciso di sfruttare le capacità di Jean Luc per i suoi scopi, facendosi pagare per fargli fare spettacolini come un fenomeno da baraccone. ”

Restò poi in silenzio, sia per riprendersi dopo quello sfogo, sia per riflettere su quello che stava dicendo. Anche lui si era nascosto, anche lui aveva mentito … ma non aveva mai sfruttato nessuno per questo. Si era chiuso in se stesso … lei stava rovinando la vita ad un giovane.

I presenti guardarono prima Therese, che capirono essere immobilizzata dai poteri di Xavier, poi Jean Luc, che annuì tremando. Fu Amelie, senza esitare, a correre ad abbracciare il giovane mutante, che si lasciò abbracciare e scoppiò in un pianto liberatorio. Tra i presenti si fece largo un poliziotto che, avvicinatosi a Therese, le recitò la frase precedente all'arresto così, dal momento che ancora non esistevano leggi sull'uso improprio dei poteri dei mutanti, l'accusò di sfruttamento del lavoro minorile.

Charles era esausto, ma uscì dalla stanza, seguito da Erik, sicuro che Amelie e Philippe si sarebbero presi cura di Jean Luc.

Una volta fuori guardarono Therese, ammanettata accanto al poliziotto, mentre presumibilmente attendevano una voltante della polizia. Non restarono ad aspettare che l'arresto fosse completato, Charles soprattutto aveva voglia di stare solo o di stare con Erik.

Passeggiarono a lungo, in silenzio, mentre le persone gli passavano accanto senza fare caso a loro. Mutanti e non mutanti, mischiati tra di loro senza esserne consapevoli.

Restarono fuori fino a sera, senza rendersi conto del tempo che passava, del freddo che si faceva più pungente e della fame.

Erano trascorsi due mesi da quando Charles era piombato nella vita di Erik, due mesi durante i quali il professore non si era più interessato della sua scuola, cercando egoisticamente un po' di pace con l'unica persona che davvero gliela potesse dare. Nessuno dei due sembrava voler parlare perché forse non volevano ammettere una sconfitta, che in effetti c'era stata, per entrambi.

Fu la voce di Charles a spezzare il silenzio.

“Avevi ragione tu. Ho perso. Verrò a vivere nella tua confraternita.”

La sua voce era seria, ma sotto l'apparente assenza di emozioni si percepiva la sconfitta, la sofferenza. La reazione di Erik a quella affermazione fu l'unica che Charles non si sarebbe mai aspettato. Scoppiò a ridere.

“Sei incredibile! Sei davvero incredibile!”

Il telepate lo guardò con astio ma non fiatò, aspettando che si spiegasse.

“Vieni qui, mi fai una testa così per accettare una sfida e poi ammetti la sconfitta?!”

Charles annuì, ma dalla sua espressione si vedeva benissimo che era disorientato, confuso.

“Non hai perso. Hai vinto.”

“Ho ...”

“Sì, hai vinto. Però ho vinto anch'io.”

A quel punto Charles era definitivamente perso. Si schiarì la voce per mascherare l'imbarazzo di non comprendere una situazione che per Erik era invece ovvia e lo guardò, chiedendo con lo sguardo di spiegarsi meglio.

“Sei ridicolo. Sei un professore, ti vanti di capire le persone al volo e non capisci questa situazione? Sei solo amareggiato per quello che è successo a Jean Luc e adesso non sei lucido. In queste settimane ho conosciuto molte persone diverse. Prima di questi incontri non avevo mai sentito la necessità di uscire per cena con persone che non fossero miei sottoposti e nemmeno con loro lo avrei mai fatto a dirla tutta. Tu mi hai obbligato a uscire dalla mia realtà e a confrontarmi con gli umani. Vuoi sapere cosa ho scoperto e che è stato confermato da ciò che è successo stasera?”

Fece una breve pausa per permettergli di rispondere e per creare un po' di suspance. Quando lo vide annuire a bocca aperta per lo stupore, continuò, non senza nascondere una certa soddisfazione.

“Ho scoperto che i pregiudizi e l'odio esistono, ovunque. Il primo giorno siamo usciti e abbiamo visto due giovani omossessuali osservati dai passanti come se fossero due appestati. Durante le cene ho sentito parlare male degli immigrati e dei disoccupati e oggi ho visto un mutante sfruttare un altro mutante per i suoi scopi. L'odio esiste e tu non puoi negarlo, ma io sbaglio a fare di tutta l'erba un fascio. Ho vissuto la mia vita pensando che i mutanti fossero le vittime di una guerra contro i sapiens, ma mi sbagliavo. Nessuno può essere immune all'odio, ma tu hai ragione quando dici che c'è speranza per tutti e Amelie e Philippe me ne hanno dato prova oggi, decidendo di prendersi cura di Jean Luc. Voglio dire, è un mutante e loro due esseri umani … eppure lo hanno aiutato, lo hanno accolto a braccia aperte e anche quando hanno scoperto la nostra identità non ci hanno discriminati. Esistono mutanti buoni e mutanti cattivi, così come esistono uomini buoni e uomini cattivi.

Io sbaglio ad avere una confraternita per difendere i mutanti in difficoltà? Tu sbagli a nascondere i mutanti nella tua scuola? Non credo che nessuno di noi sbagli e non credo che nessuno di noi sia nel giusto. Durante la mia prigionia al Pentagono ho avuto modo di leggere molto. Una frase, tra tutte quelle che ho letto nei libri, mi è rimasta impressa: In medio virtus stat, La verità sta nel mezzo'. Credo che sia giusto difendersi, sia attivamente, come faccio io,che passivamente, come fai tu.”

Restarono in silenzio per qualche minuto. Erik sembrava in pace con se stesso, Charles invece non faceva altro che tormentare i braccioli della sedia a rotelle, impaziente e indeciso. Ancora una volta ruppe il silenzio, con un mormorio appena percettibile.

“Nessuno di noi ha torto … e abbiamo entrambi ragione … allora … che ne sarà della scomemssa? Chi dovrà rinunciare alla sua vita?”

Erik si voltò lentamente e lo fissò dolcemente.

“Nessuno di noi due.”

Charles aprì la bocca, ma fu Erik a parlare di nuovo.

“In questi due mesi ho capito anche un'altra cosa, ovvero che non posso vivere senza di te. Non voglio rinunciare a te e tu non vuoi rinunciare a me. Ti ho osservato, sai? Anche se non te ne sei accorto ho visto come eri felice qui, con me.”

La verità si insinuò nella mente di Charles come un raggio di sole tra le nubi di una tempesta appena passata e gli illuminò il viso. Si voltò verso Erik e, rilassato finalmente, lo baciò.

“Tu e i mutanti della tua confraternita verrete a Westchester. So che avete una base, ma non sarà mai all'altezza della mia scuola. Lì io potrò istruire i mutanti più giovani e tu addestrare quelli più grandi … non per combattere ma per difendersi, per imparare come vivere tutti insieme tra gli umani. Non frequenteranno una vera e propria scuola con noi, ciò che impareranno sarà gestire i loro poteri, mentre frequenteranno le scuole con gli umani, come i ragazzi della loro età!”

Mentre Charles parlava, sempre più eccitato, Erik annuiva ad ogni parola e alla fine non poté fare altro che rispondere al bacio del telepate, che lo colse totalmente di sorpresa.

Erano soli, mentre il sole tramontava e dipingeva d'oro le acque della senna e il mondo non avrebbe potuto essere più perfetto.

 

 

 

Tre mesi dopo

La scuola Xavier Lensherr per giovani dotati era ormai conosciuta in tutto il mondo. Le richieste di iscrizione da parte dei giovani mutanti erano in aumento, tanto che facevano fatica a gestirle. Charles ed Erik si spartivano l'insegnamento rispettivamente dei più giovani e dei più anziani e questi ultimi, se non avevano un posto dove andare dopo il diploma, restavano per diventare a loro volta insegnanti o venivano aiutati per inserirsi in altre strutture in tutto il mondo. I mutanti andavano lì esclusivamente per imparare a gestire i loro poteri e frequentavano le scuole insieme ai non mutanti. Non mancavano segnalazioni di abusi sui mutanti da parte di umani ma anche di maltrattamenti da parte di mutanti a danno degli umani. Come aveva detto Erik, l'odio c'era ovunque … ma anche la speranza, quel sentimento che aveva portato due uomini non a dividersi tra le rispettive differenze ma a unirsi, nell'amore e in un sogno comune.

   
 
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