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Autore: eldarion    23/10/2015    8 recensioni
“...Lei aveva una vita meravigliosa, tutto a posto: niente sbavature, niente dubbi o incertezze, niente cieli oscuri né acque profonde.
Dalla finestra aperta sul cielo entrava solo il sole senza ombre e l’aria che sa di mare e ti fa vivere.”
Sanae è molto felice con Tsubasa, ama lui e i suoi due bambini. Ha una vita meravigliosa, tuttavia...E’ davvero stata una vita meravigliosa la sua? Personalmente mi sono sempre chiesta se Sanae fosse felice e che genere di felicità potesse essere la sua, da qui è nata questa storia che parla di lei, di una strana e improbabile avventura e...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer
I personaggi non sono miei, appartengono a Yoichi Takahashi.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

Note personali: 
un sincero e affettuoso GRAZIE a Sigfrido di Xanten che mi ha ridato fiducia :-)
 
E, come sempre, ringrazio coloro che dedicheranno del tempo alla lettura della mia storia e coloro che avranno la pazienza di recensirla.
Buona lettura!



La finestra aperta



“Fammi vivere ti prego, fammi vivere di nuovo…Ti prego...”

E mentre mormorava la sua supplica le parole che aveva urlato addosso Tsubasa le martellavano la testa:

“HAI DIMENTICATO COSA VOLEVI INSEGNARE A SANTANA!? NON TE LO RICORDI VERO? NON TE LO RICORDI COME SI GIOCA, COME SI GIOCA DAVVERO VOGLIO DIRE! HAI DIMENTICATO COME ERA BELLO IL CALCIO E COME TI DIVERTIVA...NO! TU NON LO RICORDI! NON TE LO RICORDI COME GIOCAVI DA BAMBINO CON I TUOI AMICI! TU ERI IL NOSTRO CAPITANO E LO SARESTI STATO SEMPRE NELLA VITTORIA E NELLA SCONFITTA!!!! TE LO RICORDI ROBERTO, IL TUO MENTORE E MAESTRO? RAMMENTI COSA C’E’ SCRITTO NEL QUADERNO CHE TI AVEVA LASCIATO? LA PAGINA 52, VAI A LEGGERLA.... IL CALCIO E’ IL GIOCO PIU’ BELLO DEL MONDO ... è bello perché puoi fare quello che vuoi...Ma tu...Tu no! NO! NON HAI SAPUTO AFFRONTARE LE DIFFICOLTÀ`A TESTA ALTA E HAI CEDUTO ALLA PAURA! CERTO ERA PIU’ FACILE SCAPPARE IN BRASILE E POI A BARCELLONA E ORA QUI!!!! NON HAI SAPUTO GUARDARE IN FACCIA I TUOI COMPAGNI E TE STESSO E AMMETTERE CHE ANCHE TU SEI UNA PERSONA: HAI PREGI E DIFETTI, DUBBI E INCERTEZZE! SEI DIVORATO DALLA PAURA, SEI SPAVENTATO A MORTE E NON SERVE NASCONDERLO E ARRABBIARSI PERCHE’ PUOI SCAPPARE DAI TUOI AMiCI MA DA TE STESSO NO, TU SARAI SEMPRE LI A RICORDARTI QUELLO CHE SEI! PRENDITI LA RESPONSABILITÀ DELLE TUE SCELTE E COMINCIA A CRESCERE E A VIVERE! E...SAI COSA TI DICO?! NON SERVE LA TECNICA, QUELLA NON BASTA: LE PARTITE SI VINCONO CON IL CORAGGIO!!!!”

Il sole del mattino si faceva sempre più caldo e l’aria la avvolgeva nel suo tepore, ma Sanae continuava a correre in preda all’angoscia senza sentire l'abbraccio del giorno sulla sua pelle.

Ella pensava solo a cosa sarebbe stato di lei e della sua vita. 

Quella vita che aveva denigrato fino a desiderare di non esser mai nata e che ora rivoleva più di ogni altra cosa al mondo. 

D’un tratto la moglie del capitano inciampò e cadde a terra.

“Ahi…”

Non fece troppo caso alla caduta; subito si mise in ginocchio titubante sul da farsi: si trovava di nuovo immersa nel buio e nel profumo salato del mare.

Sentì freddo ed era notte, proprio come quando tutto cominciò: poteva significare solamente che non era più ad Amburgo. 

Si alzò asciugandosi le lacrime e cercando di capire dove fosse.

“Warashi? Dove sei?… E dove sono io...”

Sanae scrutò nell’oscurità senza trovarvi alcuna risposta, né consolazione: il piccolo Angelo che l’aveva esaudita nella sua sciocca richiesta vegliandola in quella strana avventura non era più accanto a lei.

La ragazza strinse le braccia intorno a sé mentre la brezza che spirava dal mare la accarezzava  volando via rapida e silenziosa.

Non sentiva più la voce del vuoto che la chiamava, non desiderava più buttarsi nell’abbraccio delle onde che si frantumavano disperate sulle rocce.

L’impeto del vento era cessato e il mare poteva riposare placido sotto la tenue luce lunare. 

La moglie del capitano era stata ad un passo dal vuoto ma ora non le importava più: quella voce le era indifferente.

Lei era Sanae e la luna non le sembrava più così stupida e bugiarda; nemmeno le ombre erano inutili, le ombre semplicemente accompagnavano la luce. 

Luce ed ombra convivevano in una danza d’amore infinita così come il sole e la luna si alternavano per darsi riposo e sostegno. 

Lei era Sanae, lo era sempre stata e adesso ne era conscia. 

Non era un’ombra, non era l’ombra di Tsubasa, ora non più, ma a chi poteva interessare adesso?

Il viaggio era ormai concluso e il piccolo Angelo l’aveva abbandonata a se stessa.

La giovane si sentiva proprio come una bambina smarrita e, d'altro canto, era come se lo fosse: lei non esisteva, non aveva un passato, né conoscenti o amici, doveva ricominciare tutto da capo costruendosi tutta una vita.

Sospirò, non era cosa da nulla ma forse un punto di partenza l’aveva: qualcosa poteva ancora fare per rimediare a ciò che aveva visto.

Per i suoi genitori e per Atsushi era troppo tardi però per Jun e Aoba no. La ragazza era ben decisa a tentare di ricongiungerli e anche con Tsubasa non tutto era perduto: doveva costringerlo ad affrontare la realtà senza paura.

A quest'ultimo aveva scagliato contro delle parole feroci, parole che lei aveva ben compreso e ora doveva fare in modo che anche lui le facesse sue, era il solo modo per farlo risorgere. 

Aveva lasciato il suo capitano muto e impietrito ma l’espressione di Genzo lei se la ricordava bene: c'era speranza negli occhi del portiere e approvazione nel modo in cui annuì. 

Fu solo un attimo ma non aveva frainteso, Sanae ne era certa: alle sue parole taglienti Genzo si era come risvegliato. Lei aveva solo dato voce alla verità, una verità scomoda e amara che anche Wakabayashi conosceva bene.

Quello sarebbe stato il suo punto di partenza.

Sì.

Era la strada giusta: poteva andare in Germania, Genzo era stato molto gentile, e con il suo aiuto…

Un rumore improvviso la spaventò distraendola dai suoi piani per il futuro.

“Chi c’è là!”

Urlò alla figura che emerse dal buio.

“Sono io Sanae, sono solo io.”

Poi, piano piano, l’ombra che le si era fermata dinanzi prese le sembianze di Tsubasa.

La ragazza sussultò facendo un passo indietro: era il “suo" Tsubasa?

Il calciatore fece per avvicinarsi e abbracciarla ma Il tono fortemente turbato di Sanae lo bloccò.

“Stai lontano! Non mi toccare!”

Il capitano replicò ma non si mosse oltre.

“Sanae sono io, ti stavo cercando per tornare a casa ma tu… “

Sanae lo interruppe e con il cuore in gola chiese perentoria ciò che voleva sapere.

“Mi riconosci?! Tsubasa mi riconosci? Siamo a Barcellona? Rispondimi!”

Il giovane calciatore sapeva bene, dalle parole del piccolo Daibu, che quella non era stata una notte qualsiasi della loro vita. 

Era stata la notte decisiva e Warashi gli aveva riportato Sanae: come promesso l’aveva lasciata nel vento, vicino al mare.

“Amore… Certo che ti riconosco. Ma tu sei ferita Sanae: sanguini.”

La moglie del capitano si guardò: aveva il vestito logoro e bagnato, e la gamba che si era ferita cercando di raggiungere quell’Angelo spericolato sanguinava di nuovo e tutto le parve magnifico!

“Sanguino! E la rosa? Ce l’ho ancora, ho ancora la rosa di Daibu…Non posso crederci… Io sono viva!” 

Disse toccando il braccialetto al quale aveva legato il regalo del figlio. 

Sanae si prese il viso tra le mani, era felice e rideva.

“Sono viva, io esisto, sono di nuovo io!" 

Tutta sola e avvolta nella notte era stata così presa dalla disperazione, dalla paura e dai suoi pensieri su cosa avrebbe fatto che non si era accorta di avere di nuovo il vestito strappato, la ferita sanguinante e tutto quanto il resto! 

Si precipitò verso Tsubasa e lo abbracciò.

“Oh Tsubasa non sai che mi è successo: è stato terribile, ero con Warashi! Warashi diceva di essere un Angelo e mi ha accompagnata in un viaggio orribile. Ho avuto così tanta paura! Io non esistevo, Rivaul non sapeva chi fossi e persino Yukari, Genzo e mia madre! Nessuno mi riconosceva anzi io… Io ero nessuno per tutti quanti! Non sapevo più se avrei vissuto di nuovo, né se ti avrei rivisto … Warashi ora se n’è andato, mi ha lasciata qui sola! Diceva di essere un Angelo, un Angelo! Capisci?!”

Il ragazzo ascoltò con calma la spiegazione concitata della moglie e prese ad accarezzarle la nuca.

“Lo so, so tutto e lo sanno anche Daibu e Hayate.”

Sanae, completamente stranita, si staccò dal corpo di Tsubasa.

“Cosa?! Tu mi credi? Tu credi che io abbia incontrato un Angelo?! Anche se...Sí, ti confesso che per certi versi mi pareva un demone… Sapevi che ero con quel Warashi?”

Tsubasa sorrise calmo.

“Daibu mi ha raccontato che eri in pericolo, stavi per fare qualcosa di irrimediabile, ma dovevo stare tranquillo perché eri con Warashi. Anche tu mia cara avresti dovuto avere fiducia e credere che fosse un Angelo! Sanae è bastato così poco tempo trascorso in Europa perché tu dimenticassi la tradizione giapponese? Un Angelo, un Angelo bambino è proprio quello che è un Warashi. Il piccolo Angelo che sceglie di vivere insieme a una famiglia e la protegge. Lo ricordi ora?”

La giovane era stata così cieca e ripiegata sui pensieri bui del suo cuore e sui propositi oscuri della mente che non aveva riconosciuto l’Angelo. 

Lo aveva addirittura preso in giro perché non aveva le ali, aveva desiderato ferirlo perché la lasciasse sprofondare in pace nelle acque del mare; tuttavia lui non si era scoraggiato e l’aveva accompagnata nel suo viaggio verso la consapevolezza e la conoscenza di sé.

“Warashi! Certo. Oh Tsubasa, ho desiderato morire, mi sono sentita inutile e stupida. Invisibile tanto da non avere un nome, ho pensato di essere come una Luna che riflette solo la tua immensa luce. Ti ho quasi odiato Tsubasa: sì, perché tu eri un sole così luminoso da annientare tutto nella sua aura, un sole tanto potente da scacciare e cancellare le ombre inglobandole nella sua luce. Io ero l’ombra che non aveva nome, ero nessuno e ho desiderato di non esser mai nata e poi ho visto la vita senza la mia esistenza e non mi è piaciuta. Le vite sono tutte legate tra loro. La mia vita è legata a quella di molte altre persone… Ora lo so. Tsubasa, voglio tornare a casa, riportami a casa, ti prego.”

Tsubasa la prese per mano.

“Perdonami Sanae. È stata anche colpa mia se ti sei sentita così. Ti ho lasciata sognare il mio sogno. Sono felice che tu lo condivida con me e non vorrei fosse diversamente ma ero così preso a rincorrerlo che non ti ho mai chiesto se tu ne avevi uno tuo. Sono stato ingombrante e indifferente, preso solo da me stesso non ho fatto altro che trascinarti con me dietro ciò che volevo io pensando che bastasse.”

La ragazza si impensierì.

“Tsubasa! Io non lo so, non so quale sia il mio sogno: non ci ho mai pensato.”

E il capitano replicò nuovamente.

“Penso sia normale Sanae. Io ho sempre saputo cosa volevo fare da grande e poi ho trovato te e altri con cui condividere e realizzare il mio sogno. Forse ti ho distratta, forse tu hai dimenticato cosa desideravi prima di incontrarmi o invece…È anche possibile che io ti abbia incontrata proprio perché  devo aiutarti a trovare il tuo sogno e  devo imparare a non essere più così egoista. Ora torniamo casa Amore."

Mano nella mano si lasciarono l'oscurità alle spalle; inanzi  a loro il manto della notte si ritraeva lentamente: era l'ora che precede l'alba.

L'auto era al suo posto e Sanae, non senza timore, cercò le chiavi nella sua borsa: questa volta le trovò! 

Non aveva più dubbi, poteva finalmente tornare a casa.

La strada volava via leggera e, una volta giunti, la moglie del capitano si guardò intorno molto attentamente: il cancello, il giardino, la casa, tutto era come lo aveva lasciato.

Salirono le scale e aprirono la porta, intorno li accolse il silenzio assonnato delle prime luci dell’alba, nella casa dormivano ancora tutti.

Sanae e Tsubasa sorrisero: Daibu e Hayate, nel tentativo di aspettarli svegli, si erano addormentati disordinatamente sul divano. 

Daibu stringeva nelle mani il telefono. Tsubasa glielo tolse piano e poi si accostò a Sanae. 

La ragazza aprí la finestra e guardò il cielo che via via schiariva sempre più.

"Mamma... Papà... Siete tornati!”

“Finalmente!…Mamma! Io ho fame!”

La voce allegra di Daibu e Hayate li chiamava. 

Si voltarono: i gemelli, svegli e pimpanti, corsero loro incontro e li abbracciarono riempiendoli di baci.

“Ehi…Se avete fame coraggio, prepariamo qualcosa!”

Disse allegramente il capitano.

“Si dai papà facciamo una sorpresa a zia Yukari!…Ma devi ricordarti il nostro amico, Warashi… Saki…Lei ogni tanto lo dimentica ma noi no non possiamo!”

Tsubasa e i piccoli si avviarono allegramente verso la cucina.

Sanae chiuse gli occhi e offrì il viso all’aria del mattino che entrava dalla finestra aperta.

“Già…Warashi, dove sarai ora?…Grazie!”

La ragazza parlò al vento con una punta di rammarico: l’Angelo l’aveva salvata restituendola alla vita e lei non lo aveva neppure ringraziato.

“Sono qui Sanae!”

Lei aprì gli occhi e incontrò quelli del piccolo che la fissava sorridente dal terrazzo.

“Sanae… Hai avuto una bella vita Sanae e sarebbe stato un peccato buttarla via. Ora lo sai chi sei?”

Lei annuì.

“Io sono tutto ciò che è stato prima di me, sono tutto ciò che ho fatto e sono tutto ciò che farò e che non ci sarebbe stato se io non fossi venuta al mondo. Io sono tutte le persone che ho incontrato e che incontrerò, qualcosa di me è in loro e loro hanno lasciato qualcosa in me…Io sono Sanae e non ho più paura di dire il mio nome.”

L’Angelo sorrise e scomparve.

Sanae rimase dov’era e richiuse gli occhi…

Dalla finestra aperta sul cielo entrava di nuovo la luce! 

Questa volta non c’era alcuna remora in lei.

Poteva sentire la luce vera, quella pura del giorno, quella che la faceva vivere; e poteva sentire l'aria che sa di mare e ti fa respirare e stare bene perché ora sapeva chi era, lei era Sanae e non temeva di vivere!

Fine

N.B. Il cerchio si è chiuso, La Sanae dubbiosa che non diceva il suo nome ed era rimasta come la bambina che guardava il suo capitano dalla finestra è cambiata. Anche Tsubasa è cambiato e ora possono vedere e vedersi in maniera diversa e più consapevole. 

Mi dispiace averci messo così tanto tempo a concludere questa storia e anche di essere stata incostante negli aggiornamenti, spero di non aver abusato troppo della vostra pazienza. 
Se ci incontreremo in altre storie che scriverò mi auguro di poter essere più puntuale e meno lenta!
Grazie mille a tutti coloro che hanno seguito questo mio racconto un po’ strano <3
A presto!
Eldarion
  
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