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Autore: emma_swan10    24/10/2015    5 recensioni
“Non ho ancora capito che cosa ci faccio io qui.”
“Mamma è una sorpresa per il compleanno di ma, considerala l’operazione Emma.” Le ridisse Henry con un sorriso che non avrebbe mai avuto una fine.
E Regina non sapeva resistere a quel sorriso, le avrebbe fatto fare di tutto. Anche se ciò avesse voluto dire ‘dover intrattenere la bionda per tutta la giornata’ lasciando che suo figlio, i babbei e la loro mascotte pirata organizzassero tutto il necessario per la sua festa.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perfetta.
[Happy Birthday Emma Swan]

“Allora siamo d’accordo? Emma non deve sapere nulla di tutto questo.” Disse il ragazzo entusiasta.
“Tranquillo Henry, tutto chiaro.” Rispose Mary Margaret facendogli l’occhiolino.

Regina mise le braccia attorno al petto, riluttante. “Non ho ancora capito che cosa ci faccio io qui.”

“Mamma è una sorpresa per il compleanno di ma, considerala l’operazione Emma.” Le ridisse Henry con un sorriso che non avrebbe mai avuto una fine.
E Regina non sapeva resistere a quel sorriso, le avrebbe fatto fare di tutto. Anche se ciò avesse voluto dire ‘dover intrattenere la bionda per tutta la giornata’ lasciando che suo figlio, i babbei e la loro mascotte pirata organizzassero tutto il necessario per la sua festa.

La mora sospirò, “Va bene!” poi ci pensò su, come se si fosse persa qualcosa. “Ma cosa diavolo le faccio fare per un’intera giornata?”
Henry direzionò un occhiolino verso David e Mary Margaret, stando bene attento a non farsi notare dalla madre adottiva. L’ex maestra gli sorrise cosciente, mentre David –come al solito- chiese spiegazioni che la moglie gli promise di dare presto.

“Ho preparato un programma di cose che potreste fare e che sono sicuro possano piacere ad Emma, potresti semplicemente seguirlo.” Le disse estraendo dalla tasca un foglio stropicciato e scarabocchiato.
Lo porse alla madre che, guardandolo di traverso, si apprestò a leggere.

“E tu sei sicuro che queste siano cose che piacciono ad Emma?” chiese interrogativa, mentre ancora guardava le parole di fronte a lei.
“Certo, ne sono più che sicuro” sorrise ancora Henry, consapevole del potere che aveva.
“Detto questo,” iniziò Mary Margaret guardando l’orologio “Regina, dovresti andare a prenderla alla stazione, il suo turno finisce tra poco.”
“Giusto,” sbuffò ancora la mora, prendendo il suo cappotto. “Devo anche farle da autista.”

Salutò tutti e uscì dall’appartamento dei Charmings, lasciando la squadra numero 2 –come Henry li aveva denominati- ad occuparsi della preparazione della festa di quella sera.

Salita in auto maledisse infinitamente suo figlio e quella sua espressione da cane bastonato, l’avrebbe convinta a fare l’impossibile; perfino passare più tempo del dovuto con Emma Swan.

Passò da Granny’s dove prese la colazione per entrambe, dato che era sicura che la bionda non avesse fatto toccato cibo. Come David le aveva precedentemente detto, Emma era andata in centrale presto quella mattina, aveva scambiato il turno con il padre per svolgere delle pratiche in sospeso. E avendo convenuto con il suo vice che sarebbe stata solo qualche ora, come suo regalo di compleanno, avrebbe terminato presto.
Pagata la colazione e quasi fuori il locale, si ricordò che avrebbe dovuto provvedere anche al pranzo, se avessero voluto mangiare qualcosa. E, non sapendo cosa Emma avrebbe deciso di fare, tornò sui suoi passi e ordinò le solite schifezze che la bionda ingurgitava troppo spesso e, per lei, un’insalata molto verde, decisamente più salutare.
 
Arrivata davanti la stazione, prese un grosso respiro e con il sacchetto della tavolacalda tra le mani, scese dalla sua vettura. Il rumore dei suoi tacchi era assordante, sbattevano sul pavimento della centrale di polizia come le lancette di un orologio: puntuali e precise. Come ad indicare il suo arrivo, ad indicare la prontezza che avrebbe dovuto avere chiunque l’avesse incontrata, la sua paura nell'incontrare quella che sì, poteva essere la Ex regina cattiva, ma comunque una donna di grande potere.

Entrando nella sala principale, vide Emma concentrata a compilare quei documenti di cui suo padre le aveva parlato. Regina non si annunciò immediatamente, semplicemente stette a guardarla: il modo in cui prestava attenzione nello scrivere quelle informazioni.
Come la punta della sua lingua andasse a poggiarsi sul labbro superiore ogni volta che, pensierosa, cercava le parole per esprimersi. E Regina glielo aveva visto fare spesso. Tanto spesso che era come se lo cercasse ogni volta che guardava il suo viso, era come se volesse comunque ricordarlo nonostante lo avesse impresso nella mente.
Nonostante avesse ogni minimo dettaglio di quella donna nella mente.

“Allora lo sai che vuol dire lavorare.”
Emma sorrise sui fogli, senza alzare il volto. “Buongiorno anche a te Regina, io sto bene e tu?”
 
“Ah. Ah. Ah.” Mimò la mora, andandosi ad appoggiare direttamente sulla scrivania davanti la ragazza che, proprio per quello strano comportamento, aveva alzato lo sguardo. Le gambe della mora si legarono, e mostrarono tutta la loro perfezione; i loro occhi si incontrarono, e si incatenarono.
 
“Sempre più simpatica, Miss Swan.”
Poi indicò il sacchetto sul tavolo. “Questa è la sua colazione e in macchina ho il nostro pranzo, a quanto pare saremo costrette a passare la giornata insieme.” Continuò poi scuotendo in aria la mano, come a minimizzare la cosa.
 
Emma alzò un sopracciglio. “Come scusa?”
“Hai capito bene, Swan! Non lo ripeterò nuovamente.”
Stizzita, si era avvicinata alla sedia di fronte la bionda e si era seduta, avvicinando alla ragazza la sua colazione.
 
“E, di grazia, perché?” Chiese Emma accettando l’enorme ciambella zuccherata e la sua cioccolata con l’immancabile cannella; mimando un grazie, l’addentò senza molte storie.
 
“Questo non posso dirtelo.” Rispose la mora guardando la sua ferocia nel mordere quel dolce. Come poteva essere innamorata di un essere del genere? A volte sembrava tutto tranne che una donna, una principessa. Sembrava un camionista uscito da chissà quale storia del ventunesimo secolo.
 
Eppure forse era proprio quello che l’aveva fatta cadere per lei.
 
“Oh no, non dirmi che stanno organizzando una festa a sorpresa.” Emma alzò gli occhi al cielo, portandosi una mano sulla fronte.
“Ovvio che lo stanno facendo! E tu farai finta di non saperne niente, come se fosse normale che io e te passassimo le giornate insieme.”
 
La bionda si passò poi la mano tra i capelli. Sospirò, guardando la donna avanti a lei. “Credo che un paio d’ore con te non possano poi farmi così male.”
 
****
 
Dopo aver terminato la loro colazione, Emma e Regina rimasero in centrale. La prima, ovviamente, a far finta di svolgere il suo lavoro e la seconda, ovviamente, a far finta di controllarla.
 
Poco più di mezz'ora era passata quando Regina si schiarì la voce "Allora, che ti piacerebbe fare?"
La bionda alzò il viso dai documenti che sostavano immacolati davanti a lei e, alzando anche un sopracciglio, guardò la donna difronte a lei.
"Che?"
 
Regina alzò gli occhi al cielo data la gentilezza della ragazza. Che si era detta prima: principessa?
"Ho detto cosa vuoi fare? È il tuo compleanno, vuoi passarlo qui in centrale?"
 
Emma rise di gusto, prendendo in giro la mora. "Pensavo volesse che lavorassi, signor sindaco."
 
"Ovvio che lo voglio! Solo che Henry mi ha dato una lista di cose che ti piacerebbe fare, quindi potresti semplicemente sceglierne una e rendere tutto più facile." Aveva detto Regina ormai stufa di quella situazione, passandole quel foglio stropicciato.
 
Emma sembrò pensarci su, indecisa su cosa dire. Passò una mano sotto il suo mento e un'idea scattò nella sua mente.
 
"Perché non decidi tu? Prometto di non lamentarmi e nient'altro."
"Non pensarci nemmeno." Le rispose fredda. “Non mi prenderò questa responsabilità, mi è stato chiesto di tenerti occupata e questo è quello che farò. Nient’altro.”
 
La bionda tirò fuori il labbro inferiore, piegò la testa di lato e iniziò a sbattere le ciglia. Proprio come suo figlio, sapeva farla capitolare.
 
Sbuffò. “Sei proprio una bambina! Dammi qua.” Le disse prendendo il foglio dalle sue mani e riservandogli un’altra occhiata veloce.
 
Storse le labbra, sotto lo sguardo interrogativo della bionda. “Si,” annuì infine. “Sei proprio una bambina.”
Ed Emma rise, sapendo ormai di aver vinto.
 
****
 
“Dove andiamo?”
 
“Ripetilo un’altra volta e giuro che ti lascio qui, Swan!”
 “Suuu, Regina. Che ti costa dirmelo?” rispose la bionda, bendata sul sedile del passeggero.
 
La mora sembrò metterci un attimo, svoltando verso destra.
Sì, Emma era sicura, aveva girato a destra.
 
“Sii Regina, voglio sia una sorpresa però. E’ pur sempre il mio compleanno.” Disse poi imitando la voce di Emma.
 Che ovviamente mise il broncio, portando le braccia sotto il seno.
“Io non parlo così.”
 
Regina rise, riempiendo le orecchie della bionda di quel magico suono.
“Una bambina viziata.”
 
E anche Emma rise questa volta, non riuscendo più a trattenersi.
 
****
 
La Mercedes nera si arrestò pochi minuti dopo in un ampio parcheggio. Regina scese dall'auto e si diresse ad aprire lo sportello dell’altra, aiutandola a scendere a sua volta.
“Grazie” le disse Emma raggiunto il terreno con i piedi.
 
“Pronta, Swan?”
“Sempre!” rispose questa, provocando un movimento automatico degli occhi di Regina verso il cielo.
Portò le dita verso il nodo che teneva stretta la benda della bionda e lo sciolse, stando bene attenta a non avvicinarsi troppo a lei. A mantenere le distanze.
 
Quello che apparì agli occhi di Emma fu un immenso prato verde, circondato da alberi e… un recinto. I suoi occhi luccicarono alla luce del sole, cosa che non sfuggì per niente a Regina che sorrise compiaciuta per essere riuscita nel suo intento.
La ragazza si voltò verso di lei, un enorme sorriso circondava le sue labbra, non riuscendo a contenere la sua felicità.
L’abbracciò saldamente.
 
E ovviamente il concetto di lontananza che intendeva Regina, andò a quel paese.
Sentì il suo cuore perdere un battito a quel contatto, non era mai successo che Emma l’abbracciasse, non era mai successo che ci fosse un contatto così ravvicinato, volontario.
 
“Grazie grazie grazie” le disse la bionda velocemente.
 
E Regina si abbandono, solo per quell'attimo, a quel sentimento che le attanagliava il cuore. Così rise dell’entusiasmo della ragazza, ed Emma sentì quella splendida melodia per la seconda volta quella giornata.
 
“Allora, Swan, pronta a cavalcare?” le disse una volta staccatasi e, dirigendosi verso l’auto, tirò fuori un grosso borsone.
“Ecco, qui ci sono dei vestiti che mettevo sempre quando andavo a cavallo. Dovrebbero starti bene.” Le disse porgendogliela. “Puoi cambiarti nella stalla, c’è una stanza sulla sinistra.”
 
Emma annuì, voltandosi e allontanandosi da lei.
Era quasi all'entrata di quell'enorme stabile di legno, quando si fermò per guardarla.
 
“Tu non ti cambi?” le chiese.
Regina storse le labbra, “no, io… io ti guarderò da qui.”

Emma sembrò pensarci un attimo, poi tornò sui suoi passi e scomparì dietro quel grande portone.
 
Ricomparse pochi minuti dopo, bloccandosi a fissare la donna che adesso, appoggiata alla staccionata, sembrava incantata a guardare il mondo davanti a lei. 
Si schiarì la gola, non volendo interrompere i suoi pensieri e Regina, destandosi, si voltò verso di lei, rimanendo senza fiato.
I suoi vestiti le stavano, sì. Ma piuttosto stretti.
 
La calzamaglia aderente alle sue gambe, ne disegnava perfettamente i muscoli, lasciando veramente pochissimo all'immaginazione; il corsetto che utilizzava sempre per andare a cavallo, stringeva ora sui seni di Emma mettendoli in bella vista. Pur avendo un petto più piccolo rispetto alla mora, quell'indumento non lo fece per niente notare. I suoi capelli legati in una coda alta e perfetta che incorniciava il suo viso e un enorme sorriso sulle labbra.
Deglutì fredda: sarebbe decisamente stata una lunghissima giornata.
 
Poi scosse la testa, togliendo quei pensieri dalla sua mente e si avvicinò alla bionda.
“Bene, adesso prendiamo un cavallo.”
 
Emma annuì e la segui nuovamente dentro la stalla, dirigendosi questa volta verso gli animali al fondo.
 
“Scegli quello con cui ti sentiresti a tuo agio” le disse Regina passando davanti le diverse scuderie.
“Come faccio a sapere se sono a mio agio su un cavallo se non ci sono ancora salita?” chiese poi Emma, bloccata.
 
Regina agitò la mano in aria “Scegli quello che ti fa più simpatia allora.”
 
La bionda li osservò tutti, prima di fermarsi davanti un bellissimo cavallo bianco.
“Lui, scelgo lui.”
 
Regina sorrise, come non poteva scegliere un cavallo bianco colei che possedeva la magia più pura di tutte?
“Bene,” disse avvicinandosi all'animale ed accarezzandolo. “Swan, ti presento Arizona.”
 
“Oh… Arizona. Io sono Emma.” Le disse raggiungendo la mora e portando la mano vicino la sua. “Oggi è il mio compleanno e tu sei il mio regalo.”
 
L’espressione di Regina si addolcì alle parole della ragazza, e un leggero sorriso si fece spazio sul suo volto. Spostò il suo sguardo verso la bionda, notando quanto bella fosse in quel momento: così concentrata a sussurrare belle parole a quell'animale che l’avrebbe portata sul dorso di lì a poco.
 
La mora scosse la testa, ancora, e tossì.
 
“Andiamo?” 
"Certo" disse Emma seguendola. 
Poi si bloccò, di nuovo.
 
"Ehm Regina…"
"Mmm?" Rispose la mora, continuando a camminare di fianco ad Arizona.
"Io… io non so cavalcare" disse la ragazza imbarazzata.
 
Regina si bloccò e si voltò verso di lei, notando quanto frastornata fosse la ragazza riguardo questa sua nuova rivelazione.

"No?" Chiese leggera, cercando di non gravare maggiormente sulla cosa.
"No." Rispose stringendo le spalle e posando il suo sguardo al suolo.
 
La mora sospirò forse un po' troppo rumorosamente ed Emma se ne accorse, alzando velocemente gli occhi verso di lei.
"Ma tranquilla non è un problema, imparo in fretta... Cioè credo. Posso farcela, io-"

"Cavalcherò con te." Disse alzando una mano per fermare il suo fiume di parole.
"C - cosa? Pensavo che avessi detto che non volevi farlo."

Regina portò gli occhi al cielo.
"L'ho detto. Ma non posso permettere che l'altra madre di mio figlio si uccida il giorno del suo compleanno."
 
Emma sorrise.
Regina continuò, per mettere in chiaro -forse più a sé stessa che la bionda- il motivo per cui lo stava facendo.
"Henry non me lo perdonerebbe."
 
Emma annuì, davvero grata, e la raggiunse.
"Grazie, Regina."

La mora sospirò ancora, tutti gli sforzi fatti fino a quel momento per starle lontana, adesso erano fottutamente vani.
Come diavolo avrebbe fatto?
 
Legando bene Arizona alla staccionata, Regina agitò le mani entrando nella sua -più che comune- nuvola viola.
"Wooow" fu il commento di Emma, notando come la donna si fosse vestita.
"Ti piace ciò che vedi, Swan?" La provocò la mora, facendole un occhiolino e ritornando ad accarezzare il bellissimo cavallo bianco vicino a lei.
 
Emma era ipnotizzata, il corpo della mora era perfetto. Totalmente perfetto.
Regina e i pantaloni aderenti: qualcosa nella sua testa si mise ad ululare in chissà quale lingua.
"Eccome!" 

Poi si avvicinò lentamente a lei. 
"Non capisco perché tu insista ad indossare i tuoi tailleur quando hai un sedere che parla. Non si riesce a staccargli gli occhi di dosso, Regina."
 
La donna sussultò a quelle parole, il suo giochino si era rivoltato contro di lei. E, lentamente, le sue guance si colorarono di rosa.
E chi l'avrebbe mai detto? La regina cattiva arrossire per un complimento -non poi così sofisticato- fatto dalla ragazza per cui aveva perso la testa... dall'altra madre di suo figlio, si corresse.
 
Poi tossì.
"Swan! Hai intenzione di continuare a guardare il mio di dietro oppure vuoi portare il tuo sopra questo maledetto cavallo?"
 
Emma alzò le braccia in segno di arresa.
"Sta calma, stavo solo cercando di essere gentile." Disse veloce. "Che devo fare?"
“Guarda attentamente ciò che faccio e poi vedi di ripeterlo anche tu.”
“Ricevuto.”
 
Regina posizionò il piede nella staffa della sella e con un movimento veloce fu sopra l’animale.
“Facile no?” le disse, sistemandosi meglio su di esso.
“Facilissimo” commentò la bionda, posizionandosi dove poco prima si trovava l’altra donna. Poi la guardò interrogativa, come se non capisse il modo in cui tutto si sarebbe svolto.
 
“Starai davanti, in modo che io possa insegnarti a tenerne le redini.” Le spiegò lentamente.
Emma annuì, compiendo il suo stesso movimento e riuscendo, con poca fatica, a trovarsi in sella davanti a lei.
 
“Bene.”
La mora si sporse in avanti, per afferrare le corde che l’avrebbero aiutata a guidare Arizona e si posizionò meglio sulla sella. Fosse stata da sola non ne avrebbe avuto il bisogno, ma dovendo insegnare alla ragazza, preferì adoperarla in modo da essere più sicura.
Con quel movimento, però, si sporse anche verso la bionda, legando il proprio corpo al suo.
 
Sussultò, maledicendosi mentalmente per la sua scelta.
 
Il profumo di Emma raggiunse le sue narici, il suo cervello, il suo cuore, la sua anima.
Lo aveva sentito spesso, ma mai in modo così netto, così fermo… così vicino.
 
“Adesso?” chiese poi la bionda risvegliandola.
“Adesso andiamo,” le disse Regina, tentando di mantenere la sua attenzione sul punto centrale della situazione: insegnare ad Emma come cavalcare.
 
Strattonò lentamente le corde, mentre Arizona piano iniziava a muoversi.
Inutile dirlo, Regina dovette stringersi maggiormente alla bionda per poterla controllare, provocando l’immediata accelerazione dei battiti del suo cuore.
Troppo vicina, troppo stretta, troppo.

Il meraviglioso cavallo bianco si muoveva a velocità sempre maggiore, sotto i colpi dell’abile cavallerizza quale era Regina Mills.
Si complimentò con sé stessa, sul fatto che nonostante fossero passati molti anni, non aveva perso la stoffa.

Ed Emma si stava godendo tutto. Il paesaggio, il trovarsi sopra un cavallo per la prima volta, il senso del vento sulla pelle, la felicità del momento. Perché Emma era davvero felice. Le dava un senso di libertà,  tranquillità e normalità. Come se fosse ritornata al passato, a quando tutto ciò che sapeva era di essere stata abbandonata senza tutte le incombenze che aveva dovuto affrontare e portare sulle sue spalle una volta oltrepassato quel confine. 
Libera.

Avevano cavalcato per quelle praterie per un bel po’ ormai, trovandosi adesso vicino una radura, completamente ricoperta di fiori. Una cascata poco lontana, un fiume sotto di essa, alti e folti alberi a creare l’ombra con le loro foglie.

“Regina, è bellissimo” le disse non potendo fare a meno di sorridere.
Il cuore della mora si riempì di un forte sentimento, che forse non volle nuovamente spiegare a sé stessa. Il sentimento di averla resa felice, di nuovo.
“Lo so, Emma.” Le disse dolcemente, mentre lentamente fermava Arizona.

“Cosa?” chiese la bionda confusa da quello stop improvviso.
“Pranziamo.” Le rispose Regina, scendendo da cavallo.

“Qui?”
La mora questa volta annuì, porgendole la mano per aiutarla. Emma la prese immediatamente e lentamente tentò di scendere anche lei. Peccato, o per fortuna, però che avesse messo male il piede, non incastrandolo bene nella staffa. 

Il risultato fu la sua caduta. 
Su Regina ovviamente.
Si trovavano per terra adesso, una sull'altra.

“Swan!” urlò la mora, sovrastata dalla salvatrice.
“Sc-scusa Regina” le disse, alzando il viso per guardarla negli occhi.

Rimasero ferme, a guardarsi, per degli istanti che sembrarono eterni.
Emma non sembrò spostarsi, così Regina scostò lo sguardo.

"Emma…"
"Si" disse questa, poggiando le mani accanto la testa della mora ed alzandosi in piedi. Subito dopo le porse la mano, Regina la prese esitante e la ringrazio poi per averla aiutata.

La bionda tossì.
"Allora, cosa si mangia?"
La donna schioccò le dita e, immediatamente, davanti a loro si materializzano il sacchetto con il pranzo preso da Granny's, una grande tovaglia a quadri rossa e bianca e una bottiglia di vino.

"Wow di nuovo." Le disse, poi rivolse l'attenzione verso il contenitore contenente del liquido rosso. 
Glielo mostrò.
"Non ti fai mancare nulla, eh?"
Regina alzò le spalle, "è il tuo compleanno. E credo che tu ne abbia bisogno per affrontare quella che sarà la serata."
La bionda annuì veloce, "hai ragione."

****

"Ma come fai a dirlo se non l'hai mai neanche provato?" La issò Emma.
"Non ho intenzione di introdurre quelle schifezze all'interno del mio organismo." Rispose categorica a ex Evil Queen.

La bionda sbuffò, "solo un morso, dai solo uno." Le disse avvicinandole il gustoso hamburger che aveva tra le mani. "Accontentami, è il mio compleanno."
La mora alzò un sopracciglio, "così usi la carta del compleanno, eh?"

L’unica risposta furono degli occhi a cerbiatto sbattere le palpebre ripetutamente.
E questa volta fu lei a sbuffare. “Uno."
Emma alzò la mano libera verso il cielo, emettendo un sonoro “Siiii”. Poi si rivolse a lei e sorridendo vittoriosa si allungò maggiormente verso di lei con il suo panino.

Regina guardò scettica il pasto davanti a lei, ma poi prendendo coraggio, lo addentò.
Un senso di piacere investì le sue pupille gustative, era davvero davvero buono. Ma non l'avrebbe ammesso mai alla bionda davanti a lei che aspettava una risposta esitante.

"È passabile" disse invece, fiera della sua bugia.
"Non ci credo, Regina. 'Passabile'? Cosa c'è in te che non va?" La prese in giro Emma, portando l'avambraccio sulla testa e mimando una caduta all'indietro.

Regina non riuscì a non ridere al gesto infantile della ragazza.
"Tante cose" Rispose.
"Lo credo poco" disse veloce la bionda.
"Cosa?" Chiese Regina interrogativa.

"Che ci sono tante cose che non vanno in te.'"
"Credimi, molte più di quante tu possa pensare."
"Io trovo che tu sia perfetta." Disse invece Emma.

La mora si voltò immediatamente verso di lei, gli occhi sgranati dalla paura o dalla incredulità.
"Cos-cos'hai detto?"

La Salvatrice fece spallucce, "che ti trovo perfetta."
Ci fu poi un attimo di silenzio, dove nessuna delle due osò parlare, così Emma decise di continuare.

“Si, insomma… Come potrebbe esserci qualcosa che non va in te? Sei come una fenice araba. Hai un passato brutto e tormentato, ma chi è che non ce l’ha? Hai fatto cose terribili, ma quella non era la vera te. Tu sei questa Regina, tu sei la donna meravigliosa che ha cresciuto mio figlio, sei la donna che ha saputo cambiare per lui e che ha abbandonato tutto per lui. Beh, se Robin non l’ha capito… Non sa quello che si perde. Perché tu sei splendida, Regina.”
La mora era scioccata. Gli occhi spalancati, la bocca secca e il cervello in tilt. Non era in grado di esprimere nemmeno uno dei suoi pensieri.
 
Emma lo notò, notò anche il suo conflitto interiore, così decise di riportare l’atmosfera ad un livello meno delicato.
“… E poi tu sai cucinare! Sei capace di fare le migliori lasagne della città. Battono pure quelle di Granny’s –e credimi quelle sono una delle cose più buone che io abbia mai mangiato. Ma le tue, lei tue hanno qualcosa di speciale. Sono puro orgasmo per la bocca.” Rise.
“E se proprio devo dirla tutta: sei una donna così fottutamente sexy che se solo potessi non ti lascerei andare un secondo pur di starti attaccata.”
 
Silenzio.
 
"Emma-" iniziò Regina, scossa, sorpresa, allibita.
"Vino?" La interruppe subito la bionda. La mora annuì, guardandola sporgersi verso la bottiglia e riempire i due bicchieri materializzatisi insieme al resto.
Gliene porse uno.

"Allora, a cosa brindiamo?" Chiese Emma.
La mora tossì, "Al tuo compleanno?" Suggerì poi.
“A questo compleanno.”
 
Regina annuì leggera, mentre i bicchieri andavano a scontrarsi emettendo il chiaro rumore del brindisi. Subito guardò verso il basso, non riuscendo a sostenere lo sguardo di quella bionda capace di farle tali dichiarazioni.

Emma, terminato il suo vino, si distese sulla tovaglia, lo sguardo rivolto verso il cielo: le nuvole si intravedevano muoversi tra le foglie degli alberi, librarsi in quell'immensa distesa azzurra.
Poi chiuse gli occhi, immaginando ciò che sarebbe potuto essere quel giorno, se solo fosse stato anni prima.
E rimase così: persa nei suoi ricordi e nelle sue memorie.
 
Non si mosse neanche quando Regina, fatti sparire i resti del proprio pranzo, si distese accanto a lei.
Ci furono attimi di immenso silenzio, dove si sentiva il solo rumore degli uccelli cinguettare e dell’acqua scorrere lì vicino.
 
“Emma-“ tentò nuovamente la mora, cercando di capire se la bionda stesse dormendo o meno.
Non vi furono segni di risposta da quel corpo fermo e rilassato accanto a lei, così si voltò a guardarla.
Era talmente bella che nessun tipo di parola avrebbe potuto descriverla.
 
“Tu sei perfetta” le sussurrò.
“Tu sei dannatamente perfetta, Emma. Perché non riesci a capirlo? Perché non riesci a vedere quanto sei maturata.” Sospirò leggera, avvicinando le dita alla sua guancia dove lasciò una leggera carezza.
“E sei così bella, che mi lasci senza fiato ogni volta che posso fermarmi a guardarti.”
Una lacrima scese dai suoi occhi.
E la lasciò andare, perché non c’era motivo di trattenerla.
“Sei diventata una bravissima madre per Henry, e sei uno dei migliori esempi che potessi mai desiderare avesse. Anche con le tue stupide battutine e le tute cattive abitudini alimentari.” Rise leggera. 
“E… E io mi sono innamorata di te, Emma Swan.” Sorrise.
“Sono così fottutamente innamorata di te che fa male, fa male guardarti e vederti con lui.” Deglutì. “Fa così male che non riesco a fare a meno di soffrire, ma al contempo sono felice, perché ti vedo felice. E tutto quello che io desidero è la tua felicità.”
 
Altre calde lacrime rigarono il suo viso, quando posizionandosi nuovamente ad un’adeguata distanza, si stese anche lei sulla tovaglia e chiuse gli occhi.
Adesso lasciando totalmente il via a quelle emozioni di distruggerla.
 
Circa un’ora dopo Emma si era 'svegliata' e Regina aveva fatto sparire le ultime cose, pronte a tornare verso l’auto.
 
“Credo che mi metterò dietro di te.” Annunciò la bionda, sistemandosi accanto la staffa.
Regina la guardò interrogativa dalla groppa del cavallo. “Perché?”
Emma fece spallucce. Si sentiva così tremendamente in colpa. “Vorrei che tu ti godessi questo giorno proprio come ho fatto io fino ad ora. Quindi volevo darti la possibilità di cavalcare come facevi quando eri ragazza. Sempre se vuoi. Non devi sentirti co-”
“Grazie, Emma.” Sorrise riconoscente la mora. “Grazie.”
 
La ragazza, con un veloce movimento, si sistemò dietro di lei. E la avvolse, come non aveva potuto fare quando poco prima la mora stava piangendo per lei. La avvolse come a volerle dire che lei c’era. La avvolse come a dirle che le dispiaceva.
 
E Regina sentì il suo cuore rompersi a quel contatto, mentre fermava altre lacrime che si stavano facendo strada sui suoi occhi.
 
Prese le redini e fece partire immediatamente Arizona.
La fece andare veloce, la fece andare come se dovesse scappare da qualcosa o da qualcuno. Che però rimaneva sempre e comunque legato a lei.
Come se volesse scappare da Emma.
Non riuscendoci.
 
Circa un’ora più tardi erano nuovamente davanti la stalla e, dopo aver chiuso Arizona, Emma rimase un attimo ad accarezzarla, sussurrandole altre parole che la mora, essendosi allontanata, non riuscì a percepire.
 
Aspettò poi che si cambiasse attendendola in auto, con lo sguardo perso nel vuoto e le mani tremanti.
 
Quando Emma fu di ritorno, accese la radio, in modo che nessuna delle due dovesse parlare. E forse fu d’aiuto, per non ricominciare nuovamente quell'ondata di pianto davanti alla persona che glielo avrebbe provocato.
Guidò veloce fino al loft dei Charmings, evitando in tutti i modi di avere qualsiasi tipo di contatto con la ragazza.
 
Una volta ferma, Emma si voltò verso di lei.
“Regina… grazie per questa giornata.”
 
Lei le sorrise triste, e la bionda sembrò volersi strappare il cuore dal petto per non dover vedere quella scena.
Poi le annuì e scese dall’auto, dirigendosi verso casa senza mai voltarsi indietro.
 
***
 
Erano le 21.
Erano le 21 e lei era ancora in pigiama.
Erano le 21, lei era ancora in pigiama e non sarebbe andata alla festa.
 
Quella sera, tornata a casa, era corsa in stanza e si era buttata a letto indossando uno di quei pigiamoni che metti quando hai intenzione di stare a letto tutto il giorno e non vedere nessuno.
 
Perché lei non sarebbe andata alla festa, non avrebbe sopportato la vista di quello stupido di un guyliner mettere le mani sulla donna che amava. Non avrebbe permesso a sé stessa di soffrire ancora per quelle immagini.
 
Avrebbe sofferto da lontano, da casa.
Dal suo letto.
Nel suo pigiamone.
 
Con un bicchiere di vino in una mano e dei fazzoletti nell’altra, si chiuse in sé. Avvicinò le gambe al petto e vi posò il viso, iniziando a piangere tutte le lacrime che aveva contenuto durante quelle ore.
 
****
 
Erano le 22.30 quando sentì qualcuno bussare insistentemente alla sua porta.
Ed erano le 22.50 quando, dopo altri ripetuti colpi alla sua porta, decise di alzarsi per controllare chi fosse dalla finestra della stanza di suo figlio.
 
Sentì una voce urlare.
“Regina Mills, so che ci sei! Apri questa fottuta porta o giuro che te la butto giù.”
 
Emma.
Si ricompose: una spiegazione veloce sulla non presenza alla sua festa e poi di nuovo a letto.
Forza Regina, si disse.
 
Quando aprì, l’unica cosa che percepì furono delle forti braccia a spingerla verso il muro più vicino; dei biondi capelli scombinati davanti gli occhi e delle morbide labbra a cingere le sue.
 
A differenza della foga di quel gesto, il bacio fu leggero e puro, dolce e casto, come se Emma avesse avuto paura di romperla con la sola forza delle sue labbra. La mora era scioccata, incapace di qualsivoglia movimento, intrappolata in quel sogno dal quale credeva si sarebbe svegliata di lì a poco.
 
Però, quando si staccò e poggiò la fronte contro la propria, Regina potè vedere la forza del suo sguardo e potè capitolare alla verità delle sue parole.
 
“Anch'io sono fottutamente innamorata di te. Lo sono praticamente da sempre.”
Il suo cuore sembrò esplodere.
Chiuse gli occhi, mentre delle leggere lacrime tornavano a scendere sul suo viso.
 
Poi si fece forza. “E…lui?”
 
Emma si allontanò lentamente, mentre la mora tornava a guardarla. Le sue dita andarono a raccogliere il pianto di Regina, accarezzandola con dolcezza.
 
“Ero lì, pronta a spegnere quella dannata candelina azzurra sulla torta. E c’erano tutti intorno a me, la mia famiglia, Hook, i miei amici. Sembrava dover essere perfetto… ma l’unica cosa perfetta che avrebbe dovuto esserci, non c’era. Tu non c’eri.” Si fermò respirando profondamente. “Che senso aveva esprimere uno stupido desiderio quando bastava prendere le redini della mia vita e dirigere il mio destriero verso l’unica persona al mondo capace di rendermi felice?”
 
Regina sussultò a quelle parole, stava mica…
“Così ho praticamente piantato Killian davanti a tutti e, dopo essermi scusata, sono corsa qui. Da te… Perché sei tu il mio regalo. E io voglio te.”
 
La mora non aveva risposte, non aveva nessun tipo di parola. L’unica cosa che riuscì a fare fu alzarsi in punta di piedi e raggiungere le labbra dell’altra. Andando a chiudere i respiri di entrambe il quel piccolo gesto.
Rimasero a baciarsi per secondi che sembrarono infiniti, fino a che la bionda non si staccò nuovamente guardandola ancora dritta negli occhi.
 
“E, per quello che vale, sei bellissima vestita così.”
Regina rise, ed Emma con lei.
 
Le loro labbra si chiusero lentamente le une sulle altre, facendo esplorare ad entrambe quel sentimento che finalmente avevano condiviso; mentre, altrettanto lentamente, anche la porta di casa Mills si chiudeva alle loro spalle, lasciando ad Emma il regalo più bello che avesse mai avuto e lasciando a Regina la persona che più al mondo aveva desiderato.

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Bene, eccoci.
I know che il compleanno di Emma è stato ieri, ma se non fossi in ritardo non si tratterebbe di me. Quindi anche un giorno dopo, sono qui a farle gli auguri a modo mio.
Spero che questa storia vi sia piaciuta e fatemi sapere che ne pensate nelle recensioni. Alla prossima
  
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