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Autore: Pervinca95    24/10/2015    14 recensioni
- Sei pronta adesso?- domanda facendomi dondolare.
- Pronta per cosa?-
Scrolla le spalle e fa vagare lo sguardo per il cielo.- Per cercare le nostre famiglie, per tornare alla realtà di sempre...- Si apre in un sorriso sghembo e riporta i suoi occhi nei miei.- Per costruirti una vita con me.-
- Allora sono pronta- dichiaro sorridendo.- E tu?-
Sorride sghembo e scrolla le spalle.- Sono nato pronto.-
*******************
Li abbiamo lasciati così, Sarah e David.
Dopo la fine dell'inferno che sono stati costretti a vivere, sempre sul filo del rasoio tra sopravvivenza e morte, cosa succederà nelle loro vite? Come proseguirà la loro appena sbocciata storia d'amore nella restaurata pace?
Questi sono Sarah e David in un mondo diverso da quello in cui li abbiamo conosciuti.
Questi sono, in poche parole, Sarah e David.
È necessario aver letto la storia principiale per poter capire.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Una nuova vita 

 



Erano trascorse tre settimane dal giorno in cui gli altoparlanti della squadra militare avevano annunciato la fine di quell'inferno. 
In ogni quartiere erano state adibite delle tendopoli dove poter ospitare gli sfollati o chi aveva perso la famiglia. Per circa una settimana ero stata parte della tendopoli di Riverdale in attesa di ricongiungermi con il mio nucleo familiare, in quel momento disperso.
Avevo profondamente odiato quei sette giorni infernali. Ad ogni ora vedevo arrivare persone nuove e la calca che si formava attorno ai nuovi sopravvissuti era disumana. Tutti che urlavano e spintonavano per vedere che facce avessero, poi pian piano la ressa scemava e sui volti della maggior parte si leggevano delusione e sconforto. 
Io non mi alzavo mai per andare a scoprire chi fossero i nuovi arrivati. Restavo sempre in disparte, nel mio angolo di depressione a trattenermi dal piangere. 
Ogni minuto mi chiedevo dove fossero andati a finire i miei genitori e mio fratello, che cosa impedisse loro di venirmi a prendere, e poi... il presentimento peggiore penetrava come una lama acuminata tra i miei pensieri. 
Non volevo crederci e non volevo nemmeno rassegnarmi a sperare, ma giorno dopo giorno continuare ad avere fiducia diventava sempre più faticoso. 
E ad aggiungere una nota stonata in quella situazione già di per sé negativa, era la lontananza forzata tra me e David. Dopo che eravamo stati divisi per raggiungere le aree allestite dei rispettivi quartieri, non avevo più avuto sue notizie. Ero completamente sola. 
Mi auguravo soltanto che lui stesse bene e che avesse ritrovato sua madre e suo fratello. 
Nel frattempo ero venuta a conoscenza che le squadre dell'esercito, quelle di edificazione ed i volontari avevano ricominciato a ricostruire ciò che era stato distrutto, a spianare e ripulire le strade, a restaurare le facciate degli edifici e a fare chissà quanto altro ancora. 
Tutti agognavamo un ritorno alla normalità. Era tutto ciò che desideravamo. 
Durante il quarto giorno della mia permanenza nella tendopoli avevo assistito ad uno scenario straziante. Un militare era salito su un tavolo e con l'ausilio di un megafono aveva richiamato l'attenzione di tutti i presenti. 
Mi ero sollevata in piedi con i palmi sudati ed il cuore carico di aspettativa, ma quando il suo sguardo si era fatto serio e rammaricato, avevo intuito che quel foglio che teneva in mano non avrebbe portato nessuna buona notizia. 
Ed infatti fu così. Annunciò la lista definitiva di coloro che non erano sopravvissuti e di cui erano stati rinvenuti i corpi. Nome dopo nome si erano levate urla agghiaccianti e pianti disperati capaci di scuotermi profondamente e farmi esplodere in un pianto sofferto. 
Fortunatamente non avevo sentito pronunciare né i nomi dei miei genitori né quello di mio fratello, ma la vista di decine di persone annientate dal dolore e di decine di occhi sgranati e persi nel vuoto era stata più che sufficiente per abbattere la diga che avevo eretto. 
Ogni notte restavo sveglia a guardare il soffitto e a ripensare a quelle precedenti settimane in compagnia di David. Ripercorrevo minuto per minuto i momenti più belli che avevamo condiviso, ma poi, come ogni volta, la mia mente si fossilizzava sui ricordi spiacevoli. Nella mia mente venivano proiettate le immagini di desolazione, sangue e morte a cui i miei occhi avevano assistito quel terribile giorno in cui ero uscita dal rifugio. 
Immediatamente mi sentivo assalire dalla paura e dal panico che tutto quello potesse ritornare da un momento all'altro o che, peggio, non fosse mai finito. 
Solo quando dirottavo i miei pensieri di nuovo su David riuscivo a tranquillizzarmi e a recuperare un briciolo di lucidità che non mi permettesse di fare stupidaggini. 
Il settimo giorno, alle prime luci del giorno, vidi entrare sotto il tendone tre persone. Erano smagrite, spettinate e sporche, ma la luce familiare nei loro occhi guizzanti mi fece arrestare il battito cardiaco. 
Mi ero alzata in piedi con uno scatto ed ero rimasta ad osservarle con le gambe tremanti. Non appena i miei occhi si erano incontrati con quelli di una donna alta e dai lunghi capelli castani, il tempo mi era parso fermarsi. 
Avevo sussurrato un flebile "mamma" tra le lacrime ed ero corsa ad abbracciarla con tutta la forza rimastami. Lei mi aveva stretta a sé come se potessi scivolarle dalle mani e si era lasciata cadere a terra, tenendomi saldamente e piangendo tra i miei capelli. 
Un attimo dopo ci eravamo ritrovate addosso il peso di mio padre, che non aveva fatto altro che pronunciare il mio nome e baciarmi sulla testa. 
Una parte del vuoto che per settimane avevo avuto al posto del cuore si era colmato proprio in quegli istanti. Ma si era riempito definitivamente quando, una volta sciolto l'abbraccio di mia madre, mi ero alzata in piedi ed avevo incontrato lo sguardo lucido di mio fratello. 
Ci eravamo osservati in silenzio per degli istanti, poi mi ero gettata tra le sue braccia e lui mi aveva bloccata contro il suo petto con una stretta disperata. Mi aveva sospirato tra i capelli ed avevo chiuso gli occhi per bearmi del suo calore familiare. 
In quegli attimi mi ero sentita rinascere, riesumare dallo stato d'ansia e paura di quei sei giorni precedenti. 
Nel pomeriggio stesso una pattuglia fu inviata a controllare le condizioni della nostra casa per ritenere se fosse più giusto tenerci alla tendopoli già sovraffollata oppure farci tornare nella nostra dimora. Fortunatamente ci fu riferito che la nostra abitazione non aveva subito nessun danno ingente in quanto la nostra zona non era stata gravemente colpita. 
E così, quella sera stessa, ci venne data la possibilità di recuperare delle briciole delle nostre vite, rientrando nella nostra casa come se nulla fosse mai successo. 
Nel corso delle due settimane successive avevo assistito alla rapida riedificazione della città. C'era un gran fermento ovunque, tutti cooperavano assieme per rigettare le basi della civiltà e ripristinare la quotidianità per come ognuno l'aveva conosciuta prima che tutto fosse spazzato via. 
La mia scuola era già stata ristrutturata e di lì ad una settimana tutti gli studenti avrebbero potuto riprendere posto ai loro banchi. Il sindaco aveva deciso così. I giovani sarebbero stato i primi a riprendere contatto con la loro quotidianità in quanto capisaldi della città. Il passo successivo sarebbe stato quello di restituire gli impieghi a tutti i cittadini che già lo avevano e di offrirne di nuovi a chi non deteneva più nulla. 
Di sicuro con tutto il lavoro di ricostruzione in atto chiunque avrebbe potuto trovare un posto per guadagnarsi da vivere. 
Giorno dopo giorno tutto sembrava vertere nuovamente verso la normalità. 
Nonostante ciò, non riuscivo ancora a chiudere occhio durante la notte. Ero sempre stata terrorizzata dal buio, ma adesso a quella paura se n'era aggiunta un'altra, ovvero quella di rivedere tutti gli orrori che avevano segnato la mia mente. 
Era come se mi si fossero impressi a fuoco dentro la testa e non riuscissi a liberarmene. 
Nemmeno sapere che mio fratello si trovasse nella stanza accanto mi tranquillizzava. No. Sentivo un bisogno sia fisico che mentale di un'altra persona, l'unica che avesse così tanto potere su di me da essere in grado di calmarmi e farmi dimenticare tutto ciò che di brutto esistesse.  
Peccato che dopo ben tre lunghe ed intense settimane non ci fossimo né sentiti né visti. Non sapevo come stesse, se avesse ritrovato la sua famiglia, dove abitasse, cosa facesse giorno per giorno. Insomma, nulla. E questo mi faceva sentire estremamente sola e costantemente in ansia. 
Non avevo ancora un cellulare, avrei dovuto comprarne uno il prima possibile, non appena avessero riaperto i negozi. Ma anche se lo avessi avuto non avrei saputo come mettermi in contatto con lui. Speravo soltanto che il primo giorno di scuola si presentasse a lezione, almeno avrei potuto finalmente abbracciarlo. 
E mentre i miei sospiri si perdevano nell'aria in fermento della città in costruzione, i giorni continuarono a trascorrere inesorabili. 
Dopo tre settimane e mezzo furono riaperti vari negozi, compresi i supermercati. Un buon numero di case furono rese nuovamente accessibili e l'area ovest della tendopoli fu smantellata. 
Il lunedì della quarta settimana, alle 5.30 a.m., la mia sveglia scatenò il suo acuto suono petulante per avvisarmi di che giorno si trattasse. Senza alcun lamento, dal momento che ero già sveglia, la spensi e mi sollevai dal letto con un piccolo sorriso sulle labbra. 
Avrei rivisto David. Finalmente avrei potuto inspirare il suo profumo e sentirmi protetta tra le sue braccia. 
Mi era mancato da morire, come solo l'acqua può mancare ad un pesce. 
Corsi al bagno e mi catapultai sotto il getto caldo della doccia per distendere i nervi tesi e la consueta ansia che mi si stava condensando nello stomaco. 
Non vedevo l'ora di uscire di casa e salire sul pulmino per cercarlo con lo sguardo nell'ultima fila. Chissà come avrebbe reagito dopo avermi vista. Si sarebbe alzato e sarebbe venuto a salutarmi? Oppure avrebbe preferito non dare nell'occhio e sarebbe rimasto a sedere al suo posto? 
Mi morsi un labbro indecisa sulle due ipotesi che avevo formulato. Forse mi stavo facendo tanti problemi per nulla. Magari sarebbe stato tutto molto più naturale di quanto immaginassi. 
Dieci minuti più tardi uscii dalla doccia e mi asciugai i capelli, cercando di conferirgli una forma non astratta. Insoddisfatta del risultato, afferrai una pinzetta e bloccai due ciocche anteriori dietro la testa, lasciando che dei piccoli ciuffetti mi ricadessero in modo naturale sul viso. Ritornai in camera ed aprii l'armadio alla ricerca di qualcosa di carino da indossare. 
Dopo circa mezz'ora di sbuffi e lamenti vari, mi vestii con dei semplici jeans a sigaretta, una maglietta nera a maniche corte ricamata sul davanti ed un golf grigio piuttosto pesante. 
Dopotutto eravamo in pieno inverno, precisamente al 12 di Dicembre. Una data piuttosto inusuale per riaprire le scuole, ma il ritorno alla normalità era ormai diventato l'imperativo mondiale, fondamentale affinché non ci si fossilizzasse sul passato. 
Scesi le scale con un passo baldanzoso e mi recai in cucina. Mia madre mi sorrise raggiante e si distanziò dal fornello per depositare un piatto ricco di pancakes sul tavolo. << Sei emozionata per questo primo giorno? >> mi chiese mentre mi accomodavo. 
Annuii con una smorfia. << Abbastanza, come sempre del resto. >> Sospirai e piantai lo sguardo sui fumanti pancakes di mia mamma. 
<< E quindi non hai fame >> constatò come se fosse la conseguenza logica di un ragionamento. 
Annuii di nuovo e mi voltai a guardarla con gli occhi leggermente spalancati in un disperato tentativo di farle tenerezza. << Posso non mangiare e portarmene qualcuno nella tracolla? >> 
Il suo sguardo si fece più severo e storse la testa, esattamente come faceva quando stava per vietarmi qualcosa. << No, Sarah. >> Infatti. << Mangiane almeno uno, altrimenti non ti faccio uscire di qui >> contrattò dopo aver notato la mia smorfia. 
<< Ok >> acconsentii, facendo la sua felicità e guadagnandomi una carezza sui capelli. 
Me ne misi uno nel piatto, non calcolando la ribellione in atto del mio stomaco, ed iniziai a tagliarlo in grossi pezzi, almeno avrei finito di mangiarlo prima. 
Mia madre mi aveva raccontato che il giorno dello scoppio del pandemonio lei e mio padre si trovavano in auto. Erano appena usciti dall'ospedale e si stavano recando a vedere una partita di basket di mio fratello. 
Quando la terra aveva cominciato a tremare ed il cemento a sfaldarsi, avevano abbandonato l'auto in mezzo alla strada ingorgata dal traffico ed avevano percorso a corsa i pochi chilometri che li dividevano dalla palestra. Una volta entrati ed aver individuato mio fratello che stava aiutando un suo amico a liberarsi da dalle macerie, si erano precipitati da loro ed avevano contributo a salvare la vita del ragazzo ferito. 
Poi non ebbero più modo di allontanarsi da quella palestra. Divenne il loro rifugio condiviso con un'altra famiglia accorsa lì dentro in seguito alla distruzione della loro abitazione. 
Ingoiai l'ultimo pezzetto di pancake e bevvi un lungo sorso di latte. << Fatto >> annunciai sfiancata dallo sforzo. 
<< Che impresa titanica, eh? >> mi prese in giro mio fratello Cameron appena mise piede in cucina. << Hai finito un minuscolo pancake, non so in quanti ce l'avrebbero fatta >> proseguì con un sorriso divertito. << Ciao mamma >> aggiunse poi, mentre si riempiva la tazza di caffè. 
Mi madre si avvicinò per dargli un bacio sulla fronte ed istintivamente sulla mia bocca si proiettò un piccolo sorriso intenerito. 
<< Come hai fatto a convincerla a mangiare? >> le chiese Cam, riducendo gli occhi a due fessure. << Che poteri hai, donna? >> 
Scoppiai a ridere e mia mamma gli tirò uno schiaffetto scherzoso sul braccio. << E non mi chiamare così, stupido >> lo ammonì con un sorriso. 
Mio fratello mantenne un'espressione seria. << Io uomo, tu donna, lei opossum >> sciorinò come un cavernicolo, indicando me per ultima. 
<< Ma dai >> protestai tra le risa, battendo una mano sul tavolo. << Sei sempre il solito scemo. >> Alzai gli occhi al cielo divertita ed in risposta sentii arrivare un nocchino contro la nuca. Ridacchiai e seguii con lo sguardo mio fratello che stava facendo slittare la sedia davanti alla mia. 
<< Allora, mi dice che potere ha usato, signora mamma? >> insistette con un sorrisino mentre prestava attenzione a non far cadere il contenuto della tazza sul tavolo. 
Mia madre sventolò lo strofinaccio che teneva in mano e schioccò la lingua al palato in un gesto altezzoso. << Be', le mie doti persuasive possono anche essere considerate dei poteri, ma stavolta non sono servite. Sarah ha semplicemente ascoltato la sua mamma >> concluse annuendo con vigore. 
Sollevai le sopracciglia di fronte a quella bugia bella e buona e la guardai scettica. 
<< Fesserie >> esordì finemente Cam. << Non lo avrebbe mai fatto neanche sotto tortura, oggi è il primo giorno di scuola. >>
Mia mamma gli lanciò un'occhiata raggelante ed incrociò le braccia al petto con stizza. << D'accordo, l'ho minacciata >> confessò con una leggera scrollata di spalle. 
<< Oh, questo comincia ad avere più senso >> dichiarò lui visibilmente compiaciuto. << Che tipo di minaccia? >> Sorseggiò il suo caffè e ridacchiò per il mio sbuffo. 
Era scontato come che il sole è caldo che avrebbe usato quella minaccia contro di me per il resto dei mie giorni. Glielo si leggeva in faccia, specialmente dal suo ghigno. 
<< Nessuna >> m'intromisi con un sorriso forzato da parte a parte. 
<< Ho chiesto alla venerabile mamma, non a te, opossum >> mi zittì con tanto di linguaccia. 
Spalancai la bocca basita e volsi la testa di lato per appoggiarla sulla mia mano stretta a pugno. << Sei un gran maleducato >> gli feci notare indispettita. 
<< Allora? >> incalzò non considerandomi di striscio.
Sentii mia mamma sbuffare dal naso ed appoggiare una mano sullo schienale della mia sedia. << L'ho minacciata di non farla andare a scuola >> confessò in fretta. << Contento ora? Con te non si può avere nemmeno un piccolo segreto. Sei petulante come una suocera ficcanaso. >> 
Scoppiai a ridere e mi girai per darle delle pacche di approvazione sulla mano. Ci scambiammo uno sguardo d'intesa e ridemmo insieme come delle vecchie confabulatrici.
<< E che minaccia sarebbe? >> commentò sconcertato. << Mi avessi intimidito così quando andavo io al liceo a quest'ora non avrei un diploma >> constatò divertito, poi d'un tratto i suoi occhi si assottigliarono e me li puntò addosso con sospetto. << A meno che tu non abbia un motivo preciso per voler andare. >> 
Persi il sorriso e mi ritrovai a deglutire in difficoltà. Perché mia mamma non interveniva e mi salvava dal peso di quello sguardo? E perché io stavo sudando nonostante fosse inverno? 
<< Con chi hai detto di aver trascorso quel periodo? >> Con "quel periodo" si riferiva chiaramente alle settimane dell'inferno, ed io avevo loro confessato di essermi ritrovata a viverle con un compagno di corsi che mi aveva trascinata via prima che diventassi un appetitoso bocconcino.
Mi schiarii la voce e mi mossi irrequieta sulla sedia. << Con un compagno di corsi. >> Mi liberai di quelle parole con un fastidioso pizzicore sul fondo della gola. 
All'improvviso mi sembrava facesse un caldo soffocante, talmente tanto da avermi prosciugato la bocca. 
<< Mm >> asserì Cam pensieroso. Sorseggiò un altro po' del suo caffè e si umettò le labbra prima di tornare a guardarmi. Avrei tanto voluto sapere cosa stesse aspettando mia madre ad intervenire e ad ordinargli qualche commissione. Ma riuscii a darmi una risposta non appena la vidi spostarsi dietro la sedia di mio fratello e rivolgermi un sorrisino malizioso. Nei suoi scuri occhi potevo leggere tutta la curiosità per la piega imbarazzante assunta da quel discorso. 
Cercai di mostrarmi sicura e sostenni lo sguardo di Cameron. 
<< Devo andare, potrei fare tardi e perdere il pulmino >> troncai frettolosamente. Non vedevo l'ora di uscire da quella cucina e correre in camera mia per respirare a pieni polmoni e nascondere il lieve rossore che percepivo propagarsi sulle guance. 
Sfuggii dalle loro occhiate fin troppo attente e salii il primo gradino, ma venni subito bloccata dalla voce di mio fratello. << A che ora esci? >> 
Per un attimo fui tentata di sparare un orario a caso, ma il senso di colpa mi fece desistere ancor prima di aprire bocca. << Alle 5. >> Ruotai la testa e piantai i miei sospettosi occhi su di lui. Speravo solo che non stesse per dire quello che... 
<< Verrò a prenderti. >> Preciso. Perché il mio piano di trascorrere più tempo possibile con David doveva essere annientato dalla sua non richiesta e mai dimostrata gentilezza? Quale altro peccato dovevo espiare? 
<< Perché? >> chiesi infatti con uno sguardo attonito. 
Sollevò un sopracciglio e posò la tazza con studiata lentezza. << C'è forse un motivo per cui non dovrei venire? >> 
<< Certo che no >> replicai in fretta. Ridacchiai nervosamente e battei una mano sulla ringhiera. << Che domande >> aggiunsi scuotendo il capo come se fosse una cosa tanto ovvia. 
Sorrise compiaciuto. << Perfetto, ci vediamo dopo, opossum >> concluse con un piccolo cenno della testa. 
Mi forzai di distendere le labbra in un sorriso falso tanto quanto il fatto che fossi felice di quella notizia e salii le scale. 





                                                                       *  *  *





Dopo venti minuti varcai la soglia di casa e m'incamminai verso la fermata. 
Alcune zone della strada erano transennate per via dei lavori di cementificazione di larghe e profonde crepe. Più procedevo e più notavo quante case fossero già state ricostruite e ristrutturate. Su molte facciate erano ancora montati i ponteggi su cui, anche in quel momento, stavano lavorando dei muratori, ma tutto sommato si poteva ben dire che ogni cosa stesse tornando al suo posto originario. 
Alzai gli occhi al cielo e sospirai di sollievo nel riscontrare la presenza del familiare azzurro. Nei miei incubi quotidiani rivedevo quel vitale colore sfumare verso il rosso e pietrificare l'intera volta celeste. I ricordi di quel periodo ed in particolare del giorno in cui ero uscita dal rifugio, a distanza di un mese, non mi avevano ancora abbandonata. Non riuscivo a non pensarci e non farmi prendere dal panico ogni santa notte.  
Nei fortuiti momenti in cui mi appisolavo, ogni orrore mi si ripresentava davanti agli occhi con spietata brutalità. Immaginavo di rivivere quei giorni da sola in mezzo alle pelli delle vittime che mi avrebbero preceduta. Poi iniziavo a correre senza meta, accecata dal terrore e dal ribrezzo per la vista di infinite pozze putride e laghi di sangue. E nel frattempo urlavo a squarciagola per farmi sentire da qualcuno. 
Ogni volta mi svegliavo scossa dalle mani di mio fratello che accorreva trafelato dopo aver udito le mia grida. I miei genitori erano sempre dietro di lui ad osservarmi preoccupati. 
Mia mamma rimaneva per un po' di tempo seduta sul letto accanto a me e mio padre scendeva in cucina a prepararmi una camomilla. Alla fine li costringevo a ritornarsene a dormire e rimanevo sveglia per il resto della notte, ad ascoltare i rumori e gli scricchiolii della casa. 
Giunsi alla fermata in perfetto orario, come sempre. Sorrisi a me stessa per quella ritrovata abitudine ed esaminai i volti degli altri ragazzi che come me stavano attendendo l'arrivo del pulmino. 
Uno dei due, quello più alto e biondo, aveva una zona di capelli rasata per via di una lunga cicatrice. Distolsi lo sguardo imbarazzata non appena si volse verso di me con un'aria infastidita. Perfetto, avevo appena fatto la figura della stupida che s'imbambola a fissare i difetti altrui. 
Mi schiarii la voce e feci finta di nulla, guardando a destra e a manca con falso interesse. 
Qualche minuto più tardi intravidi il familiare pulmino giallo svoltare nella nostra direzione. Il cuore cominciò a battermi a ritmo sostenuto per l'emozione. Pochi istanti e, dopo ben quattro settimane, avrei finalmente rivisto David. 
Quando le porte del mezzo si spalancarono accelerai il passo ed entrai per prima, tagliando la strada al tizio con la cicatrice. Già mi odiava, perciò non mi curai molto del fatto che potessi infastidirlo. 
Salii di corsa i tre gradini, salutai l'autista e feci scivolare le mie suole sullo stretto e scivoloso corridoio. I miei occhi saettarono come calamite verso l'ultima fila. 
Ebbi un tuffo al cuore quando la mia mente registrò il familiare profilo del volto del mio ragazzo. Mossi un piccolo passo in avanti e persistetti ad osservarlo mentre tirava un pugno scherzoso sul braccio di un suo amico con un sorrisetto beffardo. 
<< Tanta fretta per mettere qui le radici? >> mi sbeffeggiò il ragazzo dietro di me. Mi volsi con uno sguardo tutt'altro che amichevole verso il biondino con la cicatrice. Cos'aveva da scocciare tanto? Poteva sempre chiedere "permesso" e superarmi, invece di starmi incollato come una cozza. 
Sollevai un sopracciglio. << Problemi? >> 
<< Tu che dici? >> ribatté spalancando le braccia. << Sei ferma nel mezzo del corridoio. >>
<< Allora fatti più stretto e superami >> contrattaccai con un'occhiata acida quanto il mio tono.
Già c'era mio fratello che doveva per forza venire a prendermi fuori da scuola, in più ci si metteva pure quell'armadio a due ante ad impedirmi di godere della vista di David dopo un mese di lontananza. 
Prima che il tizio aprisse bocca per ricoprirmi d'insulti, ne ero certa, una presa ferrea si chiuse attorno al mio braccio e mi sentii strattonare contro un petto caldo. << Che problemi hai? >> Quella voce, quel tono duro e quel calore che solo la vicinanza di una persona poteva donarmi furono più che sufficienti per far impazzire il mio battito cardiaco. 
Alzai la testa con un colpo secco ed osservai i suoi lineamenti tesi, la sua mascella contratta, i suoi penetranti occhi ambrati ed i suoi capelli scompigliati. Come faceva ad essere tanto perfetto anche di prima mattina? 
Troppo tardi mi accorsi che all'interno del pulmino era piombato il silenzio e che il motivo di quell'improvvisa quiete era la tensione tra David ed il ragazzo con la cicatrice. 
Spostai lo sguardo da uno all'altro, ripetendo lo stesso movimento per un paio di volte. 
David avanzò di un passo e rivolse un cenno di sfida al biondino. << Hai perso la parola, per caso? >> Oh mio Dio. Perché prevedevo una rissa? 
Lanciai degli sguardi agli studenti seduti e mi schiarii la voce prima di spostare l'attenzione sul mio ragazzo. << David... >> 
<< Credo che sia lei l'unica ad avere qualche problema >> m'interruppe il simpatico giovanotto alle mie spalle, riferendosi ovviamente a me. 
Se esisteva una cosa che mi mandava in bestia nel giro di pochi secondi era l'essere interrotta durante un discorso. Quel frangente non faceva differenza. 
Con un diavolo per capello mi girai verso il ragazzo e lo fulminai con un'occhiata. Feci per aprire la bocca ed impartirgli una lezione di buona educazione che si sarebbe ricordato fino alla fine dei suoi giorni, ma venni prontamente spostata di lato con uno scatto quasi felino. 
Appena dopo sentii un "ehi ehi" di ammonimento di alcuni ragazzi seduti; quando rialzai gli occhi vidi le mani di David strette attorno al colletto della maglietta del tizio. << Dillo un'altra volta se ne hai il coraggio >> sibilò intimidatorio sul suo viso. 
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa ed arcuò le sopracciglia. << D'accordo, amico. Pace, ok? Non voglio rogne. >> 
<< Saggia decisione >> lo sfotté David, mollando la presa ed esortandolo a togliersi dai piedi con un cenno del capo. 
Sospirai di sollievo per il pericolo di rissa appena scampato ed osservai il mio ragazzo venire nella mia direzione con lo stomaco in subbuglio per l'emozione. 
I suoi occhi mi travolsero come solo un'onda può fare con uno scoglio, accrescendo il ritmo già frenetico del mio cuore. Arrestò il passo una volta essermi giunto davanti e fui costretta ad alzare il viso per poter mantenere il nostro contatto visivo. 
<< Ciao >> pronunciai con un flebile tono di voce e la felicità dipinta negli occhi. 
La sua bocca si distese in un sorriso. << Ciao >> mi salutò a sua volta, portandosi le mani nelle tasche dei pantaloni bassi sui fianchi. << La tua amica ti sta aspettando >> mi avvisò in seguito, indicando Clarice col mento. 
Mi ritrovai a sbattere le palpebre rapidamente, sorpresa dalle sue parole. Mi ero immaginata tanti possibili modi in cui ci saremmo salutati, numerose alternative riguardo ciò che ci saremmo detti, ma... be', di sicuro non quello. Mi sembrava quasi di vedere della freddezza nei suoi modi, come se si stesse trattenendo. 
<< Ah >> riuscii a dire dopo poco. << Ok. >> 
Annuì inespressivo e si umettò le labbra. << Ok >> ripeté distogliendo gli occhi per puntarli sull'ultima fila del pulmino. << A dopo allora. >> 
Non ebbi il tempo di aggiungere altro, mi superò e si recò al suo posto. 
Ottimo, come inizio non era andato male. Era stato semplicemente un disastro. 
Sospirai e mi morsi il labbro inferiore mentre mi dirigevo verso il sedile tenuto libero dalla mia amica. Spostai la sua borsa zeppa di libri e sorrisi intenerita nel vederla riversa sul finestrino con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. 
Appoggiai la testa sulla sua spalla e lasciai che i pensieri mi occupassero la mente. 
Sinceramente, dopo quel saluto freddo e secco, non sapevo più come avrei dovuto comportarmi con David. Un conto era essere una coppia isolata dal resto del mondo e costretta a vivere insieme per cause di forza maggiore, un conto era vivere una relazione durante la quotidianità, alla luce del giorno, senza avere la possibilità di vedersi ventiquattr'ore su ventiquattro. 
Inizialmente non credevo che ci sarebbero state differenze, insomma avremmo continuato a comportarci come avevamo sempre fatto da che eravamo diventati ufficialmente una coppia, ma dopo quel saluto ed il suo modo di troncare in fretta il discorso le mie certezze stavano cominciando a vacillare. 
Come avrei dovuto comportarmi? Forse ero stata troppo zuccherosa? Magari lo avevo messo in imbarazzo con quel mio sguardo da maniaca innamorata... Davvero avevo avuto uno sguardo da maniaca innamorata? 
Sbuffai stufa di quei pensieri e mi concentrai sugli schiamazzi che mi circondavano. 
I discorsi frivoli che riuscivo a captare ad intervalli dalle due ragazze dietro di me mi tennero compagnia sino all'arrivo del pulmino davanti a scuola. 
A quel punto scossi delicatamente Clarice ed aspettai che si svegliasse. Nulla, si rifiutava di collaborare. 
<< D'accordo, Clar. L'hai voluto tu >> dichiarai rimboccandomi le maniche. Avrebbe assaggiato le maniere forti. 
Le afferrai un braccio e la scotolai con vigore come se fosse stata una bomboletta spray, senza però accorgermi che ad ogni scossone le facevo picchiare la testa contro il finestrino. 
<< Ehi, Anderson, stai forse cercando di ammazzarmi la ragazza? >> mi canzonò la voce di Kevin Torn, che intravidi con la coda dell'occhio in piedi accanto al mio sedile. << Tra un po' le fai sfondare il finestrino >> notò allungandosi sopra di me come se nemmeno esistessi. 
Alzai gli occhi al cielo e sbattei i palmi sulle gambe. << Tranquillo, fa' pure come se non ci fossi >> borbottai sarcastica. Si piegò ancora di più su di me ed avvicinò il viso a quello della mia amica appena svegliatasi. 
<< 'Giorno, eh >> la prese in giro con un sorriso dolce. Le diede un bacio sulla guancia e scorsi un sorriso sul volto di Clarice. 
Erano troppo carini insieme. Mi facevano sciogliere solo a guardarli. 
Mettendo a confronto il saluto tra me ed il mio ragazzo e quello tra loro due... sembrava quasi che io e David non stessimo nemmeno insieme. O forse ero io ad esigere troppo da lui. 
Sospirai abbattuta ed abbassai la testa per osservarmi le dita che stavo intrecciando compulsivamente. 
<< Anderson non ti deprimere >> mi riprese il ragazzo della mia amica con un tono ironico. << Se vuoi un bacio anche tu basta chiedere. >> 
Alzai il capo e lo guardai con un sopracciglio sollevato. << Piuttosto preferirei riceverlo da un topo in fin di vita. >> Della serie acidità portami via. 
<< Muoviti, cretino. >> E qualcuno mi aveva appena battuta. Sia io che Kevin ci voltammo in contemporanea, neanche fossimo stati sincronizzati, per osservare il proprietario di quella voce severa ed infastidita. Non mi meravigliai affatto nel ritrovarmi davanti agli occhi David, lo sguardo fermo su Kevin ed un atteggiamento di provocatoria superiorità. 
Perché nemmeno mi guardava? Cosa cavolo gli prendeva tutt'ad un tratto? Un mese di lontananza gli era stato sufficiente per dimenticarmi? A quell'ipotesi sentii una pressione sullo stomaco e l'impulso di vomitare. No, non volevo crederci. Non era possibile. 
Kevin si voltò verso Clarice con un'espressione seccata per quell'interruzione. << Ci vediamo dentro >> le disse prima di scendere dal pulmino. 
David avanzò dietro di lui. Stupidamente mi ero aspettata almeno un'occhiata e lo avevo seguito con gli occhi fino a quando non era uscito dal mezzo con un piccolo saltello. Non un sorriso, non una parola, non uno sguardo. 
La rabbia stava cominciando a ribollirmi nelle vene. Avrei voluto prenderlo per un orecchio ed urlargli contro fino a farlo diventare sordo. 
Afferrai la mia borsa a tracolla e mi alzai di scatto dal sedile. 
<< Sarah. >> Sentire il mio nome pronunciato da Clarice mi distrasse dalla mia furia cieca. Mi girai a guardarla e sorrisi nel vedere le sue iridi accese di felicità ed uno splendido sorriso illuminarle il pallido incarnato. 
Si avvicinò e mi strinse in un abbraccio. << Mi sei mancata da morire >> affermò con la voce rotta. 
Le circondai la schiena e sospirai tra i suoi capelli. << Anche tu, Clar. >> Sciolsi l'abbraccio e strizzai un occhio. << Ma da adesso in poi potremo recuperare tutto il tempo che abbiamo perso. >> 
Ridacchiò e mise la sua tracolla su una spalla. << Mi sembra un'ottima idea. >>
Iniziammo a raccontarci tutto ciò che avevamo fatto in quel mese trascorso prima dell'inizio della scuola, senza mai spendere una parola sul periodo antecedente. Nessuna delle due aveva intenzione di ricordare cosa fossimo state costrette a vivere. Quel primo giorno di scuola doveva segnare l'inizio di una nuova vita, non il proseguimento della vecchia. 
I miei occhi si posarono sulla schiena di quello stupido del mio ragazzo. Camminava a qualche metro di distanza da noi con le mani nelle tasche dei pantaloni, i suoi amici attorno, eccetto Kevin, ed alcune ragazze troppo sorridenti tra i piedi che sembravano non infastidirlo. Anzi. 
Sarei voluta andare lì, fermarlo e fargli un applauso davanti al naso. A quelle tipe, amiche o non amiche poco m'importava, sorrideva e parlava, a me nulla. Si era forse rincretinito? 
Scalciai un sassolino con forza e sbuffai per distendere i nervi. 
<< Sarah? >> mi richiamò la mia amica con un tono quasi preoccupato. 
Mi voltai di scatto verso di lei. << Dimmi. >> L'espressione tranquilla che le mostrai risultò falsa persino a me che non mi potevo guardare. 
Infatti lei corrugò la fronte e mi rivolse un'occhiata di rimprovero. << Sei tu quella che ha da dirmi qualcosa, no? >> Sollevò un sopracciglio ed inclinò la testa. << È da quando abbiamo iniziato a parlare che non fai altro che fissare la schiena di qualcuno e sbuffare. Cos'è successo tra voi? >> 
Mi limitai a scrollare le spalle. << Nulla. >> Ed era vero accidenti! Non era successo un bel niente, eppure quello stupido mi evitava come la peste. 
La vidi alzare gli occhi al cielo ed arricciare le labbra in una smorfia. << Ti conosco, Sarah. Un tuo "nulla" nasconde una valanga di cose che in realtà non vanno. >> Scosse il capo e tornò a guardarmi. << Hai voglia di rendermi partecipe o preferisci tenerti tutto dentro e farti venire i brufoli per lo stress? >> 
Scoppiai a ridere e le diedi una piccola spinta scherzosa. << Ok, d'accordo >> acconsentii alla fine, annuendo ed espirando pesantemente per farmi passare la ridarella. << Quell'idiota troglodita mi sta evitando da stamani >> buttai fuori tutto d'un fiato. << Quando sono salita sul pulmino non si è neanche girato a guardarmi, poi c'è stata una piccola discussione con un ragazzo coi nervi a fior di pelle e lui è venuto a difendermi >> spiegai gesticolando ossessivamente. << Mi ha salutato con un semplice "ciao" e poi mi ha indicato te dicendo che mi stavi aspettando. Non ho avuto il tempo di aggiungere altro perché se n'è subito ritornato fra i suoi amici >> ammisi infastidita mentre salivamo gli affollati scalini dell'ingresso. 
<< E ti sta ancora evitando >> concluse al mio posto Clarice. 
Annuii con uno sbuffo da facocero incavolato. Mi stava evitando eccome. Avrei tanto voluto poter entrare nella sua testolina contorta e capire cosa gli stesse frullando dentro. 
Ci fermammo in un angolo dell'atrio in attesa che il fiume di gente si disperdesse. Vedere quella calca di ragazzi urlanti e spintonati in avanti dalla furia di quelli dietro mi ricordò una scena del Re Leone: quella in cui gli gnu avanzano senza freni e travolgono tutto ciò che risiede sul loro cammino. Ecco, se io e Clarice ci fossimo lanciate nella ressa molto probabilmente avremmo fatto la triste fine di Mufasa. 
<< Ho inquadrato la situazione >> affermò Clar. 
Riportai lo sguardo sul suo viso pensieroso e nel frattempo iniziai a giocare nervosamente con le mie dita. << Tu credi... che possa essere cambiato qualcosa? >> domandai con un filo di voce. Non volevo nemmeno prendere in considerazione l'ipotesi, ma quella freddezza...
<< Stai scherzando? >> esclamò scettica, ritraendosi e sgranando gli occhi. << Non esiste proprio. Ho visto il modo in cui si è comportato ed il calore con cui ti ha guardata quando eravamo tutti insieme in quella casa. >> 
<< Clar >> la interruppi con un sospiro. << È passato più di un mese. Per quattro intere settimane non ci siamo né sentiti né visti. Non vorrei che questa lontananza avesse... >> Mi umettai le labbra ed abbassai la testa. << Cambiato i suoi sentimenti per me. >> 
Nell'esatto momento in cui terminai la frase sentii una fitta di dolore allo stomaco. Già dirlo faceva un male assurdo, se solo le miei ipotesi fossero state vere ne sarei rimasta distrutta. 
La mia amica incrociò le braccia sul petto. << C'è solo un modo per scoprirlo. Va' da lui a parlagli. >> 
Annuii mesta ed attorcigliai quasi dolorosamente le dita. Dopotutto non avevo altra scelta se non quella di chiedere spiegazioni al diretto interessato.
Avvertii il peso della mano di Clar sulla mia spalla. << Sono sicura che sia ancora tutto come prima >> mi rassicurò con un tono dolce. 
Alzai la testa e le sorrisi. << Me lo auguro. >> 
Dopo qualche altro suo incoraggiamento ci salutammo con un bacio sulla guancia e mi diressi al mio armadietto. 
Immisi il codice soprappensiero e spalancai la stretta anta di latta. Ebbi un tuffo al cuore quando lo ritrovai colmo di tracce di farina risalenti al giorno in cui tutto aveva avuto inizio. 
Sfiorai la morbida polvere bianca con i polpastrelli mentre con la mente rivangavo tutti gli istanti che avevano preceduto la scesa dal cielo di quei mostri.
<< Ehi. >> 
Sobbalzai impaurita e mi gettai un fiotto di farina addosso. << Accidenti >> borbottai tra i denti, osservando il mio golf ed i miei pantaloni sporchi. 
Una familiare risata mi giunse alle orecchie con l'effetto di farmi battere il cuore e surriscaldare. Dirottai lo sguardo sul viso che per tutto quel tempo mi era mancato come l'aria e sorrisi inebetita. 
<< È rimasto tutto come quel giorno >> considerò osservando l'interno del mio armadietto. 
Mi risvegliai dal mio torpore ed annuii. << Già, è quello che stavo notando prima che tu mi facessi saltare in aria dalla paura. >> 
Sorrise sghembo e puntò i suoi ambrati occhi nei miei. << È sempre stato divertente vederti schizzare come una molla >> confessò, riferendosi a tutti gli scherzi che aveva ordito contro di me nei quattro anni precedenti. 
<< Un giorno potrei restituirti il servizio >> buttai là con un tono di sfida ed un sorrisetto provocatorio. 
Si avvicinò con un passo lento e cadenzato fino a giungere davanti a me e far incontrare le punte delle nostre scarpe. Alzai la testa per non interrompere il nostro contatto visivo e lui abbassò la sua, osservandomi tra i ciuffi chiari che gli ricadevano sulla fronte. << Mancano dieci minuti prima che inizino le lezioni >> asserì socchiudendo gli occhi ed inclinando il capo. << Puoi venire con me? >> 
Quel suo ultimo sussurro fu sufficiente per ridurre in poltiglia il mio cuore ed il mio cervello. Annuii quasi senza rendermene conto ed un attimo dopo mi ritrovai a seguirlo per i corridoi. Avevo un disperato bisogno di stare sola con lui, di abbracciarlo, di respirare il suo odore, di sapere come avesse trascorso quel mese e di chiedergli un mucchio di cose. 
Svoltammo in un corridoio a me molto familiare ed arrestammo i nostri passi in un posto altrettanto noto ad entrambi. 
David si chiuse la porta dello sgabuzzino alle spalle ed accese la luce. 
<< Ricordi? >> mi domandò con un sorriso divertito dipinto in faccia. 
<< Eccome >> esclamai guardandomi intorno. << Il tugurio in cui mi hai rinchiusa per un'intera giornata >> rammentai con un sorriso. << Certe cose non si scordano >> conclusi riportando gli occhi su di lui. 
Per qualche istante ci studiammo senza proferire parola, come se entrambi avessimo la necessità d'imprimere i reciproci volti nella propria memoria. 
Appena lo vidi compiere un passo avanti, feci altrettanto, fino a ritrovarmi stretta tra le sue braccia. Immersi il viso nel suo petto ed inspirai profondamente mentre la sua bocca si muoveva sui miei capelli e le sue mani mi stringevano a sé. 
<< Mi sei mancato da impazzire >> bisbigliai strusciando la guancia sulla sua camicia. 
Rilasciò un tremulo sospiro sulla mia testa. << Avrei voluto venire a trovarti, ma... le cose si sono complicate. >> 
Spalancai gli occhi preoccupata e ritrassi il capo per guardarlo in faccia. Aveva un'espressione stanca, ma ciò che maggiormente mi colpì fu la luce più adulta presente nei suoi occhi. << Cos'è successo? >> chiesi allarmata. << Stai male? O si tratta della tua famiglia? Non li hai trovati? >> 
Sorrise e mi avvicinò a sé. << Fai sempre un sacco di domande tutte insieme >> notò divertito. Appena un attimo dopo il suo sorriso svanì ed il suo sguardo si fece più profondo. << Li ho trovati. E non si tratta di me, ma di mio fratello >> ammise con un tono serio. << A sei anni ha visto cose che nessun bambino dovrebbe vedere. Ne è rimasto scioccato. >> 
Deglutii intimorita da ciò che avrebbe potuto rispondermi. << Sta male? >> 
Scrollò le spalle. << Difficile saperlo visto che ha smesso di parlare. >> 
<< Oh mio Dio >> sussurrai impensierita. << Durante questo mese non ha mai aperto bocca? >> 
<< No, mai >> rispose sospirando. << Non l'ho nemmeno più visto sorridere >> aggiunse con una smorfia. 
Abbassai gli occhi con palese preoccupazione ed osservai distrattamente il pavimento. 
Non era giusto che un bambino di soli sei anni dovesse vivere assillato dagli incubi e tormentato dai ricordi spiacevoli. Avrebbe dovuto godersi la spensieratezza e la gioia di quell'età, giocare con gli altri bambini e ridere felice. 
Percepii il calore di una mano di David solleticarmi la guancia. << Anche tu non hai una bella cera >> constatò scrutando il mio viso.
<< No no >> mi affettai a dire, guardando i suoi attenti occhi. << Io sto bene. >>
Sollevò un sopracciglio dubbioso. << Sei pallida come un cadavere, hai delle occhiaie che assomigliano a due fossati, sei per giunta dimagrita e mi vorresti far credere di essere il ritratto della salute? >> 
<< Mi hai descritta come un mostro >> gli feci presente con una punta di stizza. 
Mi circondò il viso con le mani ed approssimò le distanze tra i nostri volti. Le sue iridi si fecero più scure e l'intensità del suo sguardo mi attirò come una calamita. << Cosa c'è che non va? >> mi domandò con estrema serietà. 
<< Nulla >> replicai in fretta. 
<< Smettila di dire cavolate e rispondi >> ribatté perentorio. 
Perché il mio "nulla" non veniva mai preso sul serio? Alla fine mi toccava sempre sputare il rospo. 
Intrecciai le dita e me le torturai ansiosa. << Ehm... diciamo che per ora non dormo molto. La notte non riesco a chiudere occhio e quelle poche volte che succede... >> Sospirai e spostai lo sguardo sul muro. << Urlo in preda agli incubi. Ho paura di addormentarmi e di rimanere al buio da sola, ma prima o poi mi passerà >> conclusi con un'alzata di spalle. 
Tornai a guardarlo e notai che mi stava osservando cupo. << Hai ritrovato tutta la tua famiglia? >> 
Annuii. << Sì. >> 
Continuò ad esaminarmi minuziosamente, dopodiché distese i muscoli contratti del viso e si abbassò per baciarmi la punta del naso. Solo per quel piccolo gesto il mio cuore impazzì. 
Allungai il collo, mi appoggiai ai suoi avambracci e catturai le sue labbra in un delicato, ma sentito bacio. Morivo dalla voglia di farlo dal primo momento in cui lo avevo visto quella mattina. 
La sua risposta fu istantanea. Mi circondò la vita con un braccio e mi attirò a sé facendo cozzare i nostri corpi. Mosse dei piccoli passi in avanti e mi trovai costretta ad indietreggiare fino a giungere con le spalle al muro. 
A quel punto sentii qualcosa cambiare nel nostro bacio. Le sue labbra si fecero più urgenti e fameliche mentre si muovevano in fretta sulle mie, quasi senza darmi il tempo di rispondere. Era come se con quel contatto mi stesse parlando, come se mi stesse trasmettendo tutto ciò che aveva sopportato in quelle quattro settimane: disperazione, gioia, furia, impotenza. 
Gli circondai il collo e mi distanziai appena, permettendo alle nostre fronti di sorreggersi vicendevolmente. 
<< Perché prima mi evitavi? >> chiesi col fiato corto ed il battito accelerato. 
Il suo respiro agitato si scontrò contro la mia bocca, facendomi rabbrividire di piacere. Ancorò le mani sui miei fianchi ed osservai il suo pomo d'Adamo abbassarsi. << Non sapevo come comportarmi >> confessò con un tono estremamente rauco. Fece una smorfia con la bocca ed arricciò il naso. << Non sono il tipo da effusioni in pubblico. Mi riesce difficile anche solo pensare di prenderti per mano e camminare lungo il vialetto della scuola. >> 
Sorrisi rincuorata e divertita dalla sua espressione nauseata. << Mi avevi fatto prendere un colpo >> ammisi tirandogli uno schiaffetto sul petto. Mi umettai le labbra ed allontanai la testa per guardarlo dritto negli occhi. << Pensavo che mi avessi dimenticata. >> Il tono con cui lo dissi fu talmente basso da risultare impercettibile persino alle mie orecchie. 
Ma appena scorsi un sorrisetto sghembo e quasi intenerito spuntare sulle sue labbra mi resi conto che aveva udito le mie parole. << Ah sì? >> domandò ironico, sollevando un sopracciglio. << In effetti durante questo mese ho conosciuto un'altra ragazza con cui mi sono dato un po' da fare, ma... Ehi, mi fai male >> si lamentò ridendo sotto i colpi dei miei pugni contro il suo petto. 
<< Razza di stupido >> sbottai accigliata. << Io ti dico che mi sei mancato da morire, che ti ho pensato continuamente, che avevo paura che tu mi avessi dimenticata e tu cosa rispondi? >> 
Mi afferrò i polsi e con un rapido scatto mi attirò contro di sé. Avrei potuto incenerirlo solo col mio sguardo tant'ero furiosa, se solo avesse osato sparare un'altra delle sue scemenze non sarebbe più uscito da quella porta. Un nuovo sorriso compiaciuto si affacciò sulla sua bocca. << Mi hai pensato continuamente? Questa non me l'avevi detta. >> 
Alzai gli occhi al cielo e soffiai dal naso. << Dio, sei incorreggibile. >> Peccato che proprio mentre lo dissi mi scappò un sorriso che mi fece risultare molto poco cedibile. 
Le sue mani scivolarono sulla mia schiena ed un attimo dopo mi trovai stretta in un saldo abbraccio. Sospirò tra i miei capelli e mosse la testa fino a sfiorarmi il collo con la punta del naso. Il suo freddo respiro contro la pelle mi fece fremere come una fogliolina sospinta dal vento. Socchiusi gli occhi assuefatta ed appoggiai una guancia sul suo petto. 
Fu in quel preciso istante di pace che prestai attenzione al battito leggermente più accelerato del suo cuore. Mentre quel dolce suono mi riempiva le orecchie la mia mente scattò a ritroso. 
"Lo senti questo?" Mi aveva preso la mano e se l'era posta sul cuore. "Questo batte per te. Non farlo smettere mai."
Sorrisi caldamente dinanzi a quel ricordo e depositai un piccolo bacio su un suo pettorale. 
La campanella fece scoppiare la bolla di perfezione e pace di quel momento. Maledissi mentalmente la scuola e chiunque avesse a che fare con quell'orario poco consono ai miei bisogni personali, in seguito sospirai e sciolsi il nostro abbraccio.
<< Dobbiamo andare >> dichiarai sconsolata. 
Le sue pozze ambrate scrutarono minuziosamente ogni tratto del mio volto. << Devi dormire di più >> affermò aprendosi poi in un sorrisetto sfrontato. << Pensa a me, vedrai che saranno dei bei sogni movimentati. >> 
Scoppiai a ridere e gli diedi un leggero pugno sul petto. << Dai, stupido >> borbottai a dir poco imbarazzata. Come faceva a dire certe cose con una tale tranquillità? Era disarmante. 
<< Dico sul serio >> si difese divertito, alzandomi il mento con una mano. Si chinò su di me ed i suoi occhi si socchiusero mentre mi osservava le labbra. << Magari poi potremmo farli diventare realtà >> aggiunse con un tono basso e rauco accompagnato da un sorrisetto ad illuminargli le iridi. 
Mio Dio, sarei potuta morire seduta stante per combustione interna. Una parte dentro di me avrebbe voluto saltare quelle inutili lezioni e chiudere a chiave la porta dello sgabuzzino, l'altra, la più giudiziosa, mi esortava a scappare prima che mettessi in pratica le intenzioni sopracitate. 
Mi morsi un labbro e calai lo sguardo sulla sua bocca a pochi centimetri dalla mia. Avrei desiderato mordicchiargliela e tracciarne il contorno con la punta della lingua, passare le mani tra i suoi capelli e sentire il suo respiro corto scontrarsi contro la mia pelle sudata. << Magari >> sussurrai con un filo di voce. Sobbalzai e sgranai gli occhi non appena mi resi conto che non mi ero soltanto limitata a pensarlo, ma che le mie stupide corde vocali si erano mosse per dare adito a quell'affermazione. 
Il mio autocontrollo era così flaccido e deboluccio da essere annientato da una semplice provocazione? Ero messa così male? 
Le sue dita si strinsero attorno ai miei fianchi ed il sorriso che prima era pennellato sulle sue labbra scomparì nel giro di un secondo. << Sta' attenta, rischi di non uscire più di qui come l'ultima volta >> mormorò calandosi sul mio collo per sfiorarlo con la bocca. << Solo che stavolta ti farei compagnia. >> Dischiuse le labbra e mi baciò un tratto di pelle per poi cominciare a stuzzicarlo lentamente con la lingua. 
Addio lezione, addio scuola, addio neuroni. Dopo quel tocco il mio cervello era partito per la tangenziale e forse non sarebbe mai più tornato in carreggiata. 
Strinsi la sua camicia tra le dita e mi lasciai sfuggire un ansito di piacere. Bastò quello per farlo distaccare da me di scatto, come se si fosse bruciato. 
E pensai che si fosse davvero scottato non appena vidi i suoi occhi bruciare di pura passione mentre mi guardavano. 
Si passò una mano tra i capelli e spostò lo sguardo sul muro di fianco. << Ti conviene uscire di qui il prima possibile >> mi avvisò deglutendo. 
Per un attimo rimasi immobile ad osservare rapita il suo profilo teso e perfetto, successivamente mi riscossi dal mio torpore ed annuii. << Sì, ehm, la lezione... faremo tardi >> ricordai senza realizzare ciò che stessi dicendo. Mi ci vollero altri secondi prima di riprendere pieno controllo delle mie facoltà mentali. << Oh mio Dio, la lezione! >> esclamai sgranando gli occhi. Ero di sicuro in ritardo e come minimo sarei dovuta entrare in una classe in cui il professore non era affatto flessibile in fatto di ritardi. Dio, qual era la mia prima lezione? Possibile che mi fossi così tanto rincretinita? 
David mi agguantò un polso e mi trascinò frettolosamente fuori dallo sgabuzzino. 
I corridoi erano già vuoti, cattivissimo segno che contribuì ad agitarmi. 
Spostai lo sguardo da una parte all'altra in ansia, alla fine lo riposai sul mio ragazzo che mi stava osservando con sommo divertimento. << Che lezione hai? >> mi domandò prima che potessi afferrarlo per le spalle e scuoterlo in preda alla disperazione. 
<< Non so... io... il foglietto, accidenti. >> Misi una mano dentro la tasca esterna della tracolla ed estrassi il familiare e sgualcito foglio su cui erano segnati i miei orari. Lo spiegai con urgenza e focalizzai l'attenzione sulla prima casella in alto sinistra che in passato avevo cerchiato di rosso. 
Rosso. Fin dalle medie ero solita fare un cerchio di quel colore sulle lezioni coi professori più ostili. Se la fortuna era bendata, la sfortuna aveva certamente l'occhio lungo. 
Sbuffai col ritmo cardiaco accelerato a causa dell'angoscia e rificcai con stizza il foglio nella tasca. << Calcolo >> dichiarai riportando lo sguardo su David. 
Il sorrisino malizioso che si pennellò sulle sue labbra mi fece ricordare che quella era anche la sua prima lezione del lunedì. 
<< Oddio, è vero. Siamo insieme >> rammentai con orrore. Mi sbattei un palmo della mano sulla fronte e sgranai gli occhi. << Signore santissimo, appena entreremo in classe tutti crederanno che ci siamo imbucati da qualche parte e... >> 
<< E che ci abbiamo dato dentro >> proseguì al posto mio con una luce fin troppo divertita nello sguardo.  
Spalancai la bocca e mi schiacciai le guance tra le mani. << Ma è terribile. >> 
Scrollò le spalle e si aprì in un sorriso sghembo colmo di sottintesi maliziosi. << Non sarebbe così terribile se solo fosse vero >> affermò avanzando verso di me. 
Arrestai la sua avanzata posando le mani sul suo petto e guardandolo accigliata. << Scordatelo, dobbiamo andare a lezione. Adesso >> aggiunsi con un tono perentorio. 
Ero fiera di me, finalmente la Sarah giudiziosa stava riprendendo il controllo. Un applauso a me stessa.
<< Ok >> accordò con un'altra scrollata di spalle. << Andiamo, se proprio non ne possiamo fare a meno. >>
<< Esatto, non possiamo farne a meno. >> Annuii convinta ed insieme ci avviammo verso l'aula A5. Durante tutto il percorso fui vittima dell'ansia e dell'agitazione, mi torturai le dita e morsi più volte il labbro, ma nulla di tutto questo riuscii a farmi smaltire la trepidazione. 
David mi lanciava occhiate divertite ed ogni tanto mi punzecchiava scherzosamente con il gomito. Ogni volta lo fulminavo con lo sguardo e lui sghignazzava.
Quando giungemmo davanti alla porta chiusa mi soffermai ad ammirare il pannello di plastica con riluttanza. << Che figura pietosa >> borbottai con una smorfia. 
Inspirai profondamente e mi voltai a guardare David che mi stava già osservando con un sorrisetto ironico. << Prima le signore >> osò dire indicando la porta con un gesto teatrale del braccio. 
Ridussi gli occhi a due fessure ed arricciai le labbra. << Ricordati che questa me la paghi. >> Sventolai un dito davanti alla sua faccia con aria minacciosa ed infine posai la mano sulla maniglia. 
Sospirai pesantemente ed aprii la porta, facendola cigolare. L'ideale per passare inosservati.
Il professore si voltò nella mia direzione con una rapida rotazione dei tacchetti delle sue scarpe. Fui fulminata con un'occhiata severa ed intransigente nel giro di un nano secondo. 
A quel punto sarei voluta entrare, spalancare le braccia con un enorme sorriso stampato in faccia ed urlare un "ma che caldo benvenuto, professor Judge". 
Insomma si stava impegnando davvero tanto se quell'espressione rigida era il meglio che potesse fare per accogliermi calorosamente. 
Il mio ragazzo si accostò al mio fianco e distese le labbra in un sorriso beffardo. << Lieto di rivederla, prof. >> Detto ciò si diresse ad un banco libero e vi si accomodò. 
Come cavolo faceva ad essere così a suo agio nonostante la situazione disperata? Si vedeva lontano un miglio che al professore stava per partire un embolo tant'era rosso dalla rabbia. 
David mi lanciò un'occhiata di sprono e così mi affrettai ad occupare un altro banco libero sotto lo sguardo dell'intera classe e nel silenzio generale.
Sospirai di sollievo nel momento in cui il professore ricominciò a parlare come se nulla fosse successo. 
Come primo giorno scolastico rientrava nella lista nera, ma per una volta l'unica nota positiva era costituita dall'unica persona che aveva rovinato tutti i miei primi giorni di scuola degli ultimi quattro anni. E quella persona sedeva disinvolta ad alcuni banchi di distanza da me. Sorrisi nell'osservare il suo sguardo seccato rivolto al professore e la sua postura sfacciatamente provocatoria. 
Chissà perché, ma prevedevo che quell'ultimo anno sarebbe stato decisamente diverso da qualsiasi altro. In una parola: memorabile.






Angolo autrice:

Buonaseraaaaaa!!
Oddio, sono super emozionata *_* 
Vi spiego perché: innanzitutto perché non avevo premeditato di postare il primo capitolo proprio oggi. Anzi, ero certissima che lo avrei fatto a Novembre! Invece è da oggi pomeriggio che mi è preso il folle sghiribizzo di pubblicare l'inizio del seguito di "Keep Your Eyes Open". All'inizio mi sono detta "no dai, Fede, aspetta, ancora non hai finito il secondo capitolo. Cosa pubblichi la settimana dopo se no?" Non c'è stato niente da fare. Quando mi metto in testa una cosa divento un mulo ahahahah XD Perciò mi sono detta "d'accordo, facciamo 'sta pazzia!" 
E ta-dannnnn!!! 
E sono anche sicura di una cosa. Come ho detto non ho ancora finito di scrivere il secondo capitolo, ma ho come l'impressione che i capitoli successivi riuscirò a scriverli in fretta grazie a voi. Mi succede sempre così. Quando leggo le vostre recensioni o vedo il numero delle letture salire mi sento dieci volte più spinta e motivata a scrivere per farvi leggere il più in fretta possibile. Perciò sono sicura che stavolta il mio folle istinto stia facendo la cosa giusta ahahahah ;) 
Il secondo motivo per il quale sono super emozionata è che finalmente questo momento è arrivatooooo!! D'ora in poi Sarah e David torneranno a tenerci compagnia *_* 
Se penso che un anno fa, in questo periodo, succedeva la stessa cosa mi emoziono come una scema ahahahah! 
Sono troppo sentimentale *si asciuga una lacrima*. 
Ahahah, ok, ma bando alle ciance! Spero che questo ritorno in piazza di David e Sarah vi sia piaciuto e che vi abbia fatto piacere! E spero soprattutto di non avervi deluso >< 
Qua sotto vi lascio un collage stupendo, e che io personalmente amo, che ha fatto Roberta (dreamer_rob245) *_* una ragazza meravigliosa! Al prossimo capitolo lo metterò come banner, così alterno ;) GRAZIE ANCORA, Roberta! E ringrazio di cuore anche Matilde *_* (Stella_Potter394) una ragazza altrettanto stupenda che ha ama questa storia tanto da averla fatta conoscere anche a Roberta!! 
Inutile dire che che io vi A M M O entrambe ahahahah!
Detto ciò concludo! Dovete perdonarmi, ma sono talmente rintronata dall'emozione che non mi viene in mente nient'altro da dire ahahahah. 
GRAZIE PER TUTTO IL VOSTRO SUPPORTO! <3 Non smetterò mai di dirlo, per me siete fondamentali! 
Vi voglio davvero bene <3 
E se tutto va bene ci vediamo domenica della settimana prossima ;) 
Un bacione gigantesco a tutte!!!!!!! <3

Ps: il titolo è provvisorio, non so proprio come chiamare questo seguito >< se avete dei suggerimenti dite pure!!! ;)


Federica~






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