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Autore: Faith Grace    25/10/2015    5 recensioni
{Au - malattie terminali, tematiche delicate, uso di droghe, tentato suicidio, prostituzione minorile}
Nella stanza di Roxas, poco sopra la marea di fotografie che sormontano la testata del suo letto, in mezzo al caos di frasi impresse sul muro con pittura nera, risaltano tre paroline bianche. Viva la Vida è un grido al mondo, un inno alla vita, una speranza perseverante. Viva la Vida è l'eco di tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. E mentre Roxas combatte le sue battaglie, Axel cerca di salvarlo.
Act 1 - Knowing Roxas: the kid without fear (1-9)
Act 2 - Reminiscences about Xion: the sad girl with big bue eyes (10-11)
Act 3 - Xemnas' silent scream: shut your eyes and pull the trigger (12-20)
Act 4 - Veridis Quo: No Heroes Allowed (21~)
Genere: Angst, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Axel, Cloud, Roxas, Sephiroth, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Viva la Vida or Death and All His Friends'
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Viva la Vida
Nei capitoli precedenti

"Oggi ti avevo convocato qui per fare quattro chiacchiere sui nostri traffici; i miei vanno davvero a gonfie vele, ho stretto amicizia con qualche società e famiglia influente e ho iniziato a fare investimenti vari... sai ho qualche contatto anche in Cina e in Giappone”
“È per questo che hai suggerito a Loz di rifugiarsi lì, vero?”
“Esatto... è stato davvero doloroso venire a sapere che nonostante i nostri sforzi lo abbiano trovato”
Xemnas strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia, si morse la lingua per non elargire ad alta voce il suo sospetto che in realtà era stato proprio Yazoo a tradirlo per estendere i propri domini.

"Ho avuto il cancro, Moore. Non lo sapevi?"
"No che non lo sapevo... non me l'hai mai detto!" fece alzandosi e andando verso di Larxene "Stai bene?"
"A parte la sterilità sto benissimo adesso... ma non è di me che devi preoccuparti" si voltò verso Roxas.

Xemnas si portò un braccio alla fronte e si asciugò un rivoletto di sudore che gli stava rigando la tempia. Non poteva, non voleva continuare tutto quello. Forse avrebbe dovuto arrendersi e costituirsi.
“Saix, non mi sembra una scelta saggia”
Il ragazzo dai capelli blu, si avvicinò cautamente e lo prese per le spalle, i suoi occhi si specchiarono nelle pozze dorate dell’altro “Xemnas” lo scosse per farlo ritornare in sé “Mostrati il degno successore di Sephiroth. Ricorda che se non fosse per gli Strife, tu adesso avresti una famiglia, saresti felice, e invece che ti sei ritrovato? Niente, sei solo. Questa è solo colpa loro. Quel Roxas è un tipo pericoloso, così ribelle e diabolico, si è sempre frapposto tra noi e per questo dev'essere tolto di mezzo alla svelta”

“Da quando tua madre è morta sono entrato nell’FBI per occuparmi del caso Sephiroth e metter fine a questa storia”

“La verità è che io ho cercato di salvarti, Roxas. Il tuo carattere mi ha sempre fatto andare fuori di testa e ho commesso tanti errori… sono umano dopotutto… non volevo arrivare a questo, però ho tentato in tutti i modi di salvarti"






#22. The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing




Non è vero che ci si rende conto del colpo, non è vero che si piange. Io non mi accorsi di niente.
Non versai una lacrima eppure il dolore era lancinante, sembrava non voler cessare.
Fu improvviso come un fulmine in una giornata di sole,
ma poi la sensazione di benessere che seguì lavò via tutta la sofferenza.
Accolsi a braccia aperte quella beatitudine che mi avvolse e dimenticai tutti i miei rimpianti.
Mai, neanche per un secondo rimasi stupito dal tradimento di Saix.
Ero consapevole che prima o poi mi avrebbe trafitto con la sua lancia di Longino.



Secondo le comuni definizioni, il silenzio è «l'assenza di rumori, di suoni e di voci, come condizione che si verifica in un ambiente o caratterizza una determinata situazione». Niente di più falso, perché, come paradossale possa sembrare, il silenzio non è silenzio. Il silenzio è il regno del frastuono e del caos. È il regno in cui la coscienza non è mai sola, ci lascia in compagnia di noi stessi e di tutto quello che odiamo di più. Si dice che il silenzio uccide, perché è il compagno di Satana, perché non possiamo chiudere le orecchie con la stessa facilità con cui chiudiamo i nostri occhi.
“All'uomo disse: poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato "Non devi mangiarne", maledetto il suolo per causa tua!”
Tutte le luci nel corridoio erano state spente e il cigolio delle scarpe della ronda che battevano ritmicamente contro il pavimento veniva pian piano divorato dal silenzio, assieme a tutte le voci sommesse degli altri presenti sul piano.
La notte era la parte della giornata che più odiava perché era solo assieme al silenzio che sembrava non volerlo mai più abbandonare, per questo si rannicchiava vicino la finestra, dove la luce della luna filtrava di più e cominciava a leggere per non udire le voci della sua coscienza.
“Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra”
Le sue colpe maggiori erano state la lealtà, la fiducia. Tutti i valori che nella sua famiglia erano rispettati come una religione. La famiglia per loro era religione, ma ora che non c'era più la famiglia non c'era neanche più la religione.
Loro erano nel torto, lo sapeva, ma si stavano solo vendicando nello stesso modo citato nelle scritture «Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta all'altro¹». Cosa mai avrebbe potuto fare un figlio a cui hanno portato via la madre? I veri colpevoli non erano loro ma gli altri, quelli che li avevano raggirati e li avevano presi in giro, erano quelli che invece di essere stati puniti ora li stavano punendo.
Aveva peccato di ingenuità, non avrebbe dovuto recarsi in Cina sotto consiglio di Yazoo per nascondersi, avrebbe dovuto rimanere e proteggerli tutti. Ma ora che Yazoo e Xemnas non c'erano più quale utilità poteva avere ancora su questo mondo? Tutto quello che avevano fatto era per la loro famiglia, ma ora che non c'era più una famiglia a che scopo combattere ancora?
I veri colpevoli non pagheranno mai: questo è il mondo.
Suo fratello se la sarebbe cavata senza di lui.
Con la Bibbia ancora tra le mani si eresse in tutta la sua altezza e si avvicinò silenziosamente alla sua brandina, che scrutò con i suoi occhi felini.
“Perché da essa sei stato tratto”
Kadaj lo avrebbe odiato, ma si era stancato. Non era quella la vita che voleva, il suo desiderio era ricongiungersi con la sua famiglia. E poi era sicuro che non avrebbe retto ancora a lungo con gli interrogatori, prima o poi si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa sui piani di Kadaj. Quel tipo, Tseng, era troppo scaltro.
Prese un profondo respiro e alzò gli occhi al soffitto.
“Polvere tu sei e polvere ritornerai²" concluse la sua recita chiudendo il libro.
Chi era lui?
Il detenuto numero 24601.

***

“Nell'ultimo anno di università presi l'abitudine di andare a studiare nella biblioteca di Radcliffe³.
Il campus all'epoca era diviso e Radcliffe era l'universo del gentil sesso."Scelta astuta", mi dicevano i compagni del dormitorio perché a volte sparivo per giornate intere e mi ritiravo dopo il coprifuoco. La verità era che mio padre aveva scoperto la mia carriera tutt'altro che rosea e quindi dovevo rimettermi al passo. A tal proposito, la biblioteca di Radcliffe era un posto tranquillo e i testi di consultazione erano poco richiesti, ma, lo ammetto, lustrarmi gli occhi mi piaceva.
Era il giorno prima di un esame e io non ero ancora riuscito ad aprire libro, niente di inconsueto per uno studente di Harvard. Ad ogni modo al bancone c'erano due ragazze: una alta, con la corporatura di una che gioca a lacrosse e con i capelli legati in una coda alta. L'altra era bassina e aveva i codini, sembrava fresca fresca di scuola.
Mi rivolsi alla matricola inesperta.
“Avete Storia della politica europea?”
Lei mi lanciò un'occhiata disinteressata e chiuse il libro che stava leggendo “Non hai la tua biblioteca?”
“Quelli di Harvard hanno il diritto di consultare la biblioteca di Radcliffe”
"Non è un discorso legale ma etico, mio caro. La vostra è molto più grande, perché venire a importunare noi donne?”
Rimasi basito da quella sua uscita e mi appoggiai al bancone “Stai a sentire, ho davvero bisogno di quel libro e se non mi permetterai di consultarlo domani potresti avere qualcuno sulla coscienza”
“Ne sei sicuro?” lei si sporse verso di me e mi studiò con rinnovato interesse, sorrise divertita “Sono indecisa tra basket e hockey. Quale delle due famiglie frequenti?”
"Basket... ehi no aspetta, come fai ad essere sicura che pratico sport?”
"Perché hai l'aria stupida e ricca. Al college gli stupidi che trascurano lo studio sono gli sportivi... solo che quelli che sono qui con una borsa di studio devono impegnarsi anche con gli esami, tu invece avrai chi provvede per il tuo soggiorno dal momento che sei qui, ora”
Mi guardava negli occhi. I suoi erano castani, leggermente celati dalla frangia bionda. Okay, forse avevo l'aria del ricco – dandy suonava meglio – ma non avrei permesso ad una matricola qualsiasi di darmi del cretino, neanche se aveva un bel paio di occhi.
“A giudicare dal modo in cui parli vorresti farmi sottintendere che tu sei quella povera e intelligente?”
"No, assolutamente. Io sono il binomio ricca e intelligente
Stavo iniziando a spazientirmi, era evidente che quella ragazzina si stava prendendo gioco di me.
“Cosa ti fa pensare di essere più in gamba di me?”
"Il fatto che tengo alla mia reputazione e quindi non mi lascerei abbindolare da un ragazzo come te”
"Guarda che io non ti sto mica chiedendo di uscire”
"Ecco perché ho detto che sei stupido”
Alla fine la invitai sul serio a prendere un caffè, solo per avere il mio libro, e siccome lei non poteva uscire fino alla fine del suo turno, rimasi col capo chino nel manuale polveroso con la speranza di assimilare qualche informazione pregnante per l'esame, e anche per cercare di monopolizzare qualche conversazione futura con lei e non fare ancora la figura del cretino.
“Mi chiamo Elena Moore” disse con la massima semplicità e compostezza davanti alla sua fetta di red velvet “Studio scienze politiche”
"Io invece sono Reno Turks”
"Ah” soggiunse e inclinò la testa di lato “Come il politico canadese”
Esultai dentro di me perché lei fu una dei pochi a non fare un'uscita del tipo “Turks come quello della biblioteca?”, la verità dietro questa triste faccenda è che mio padre era stato così generoso da offrire un edificio più grande e nuovo per la biblioteca del college, non so ancora bene se l'abbia fatto per assicurarsi che non mi cacciassero di lì o per ingigantire ancora di più la sua gloriosa reputazione. Esami e biblioteche a parte, fatto sta che sapevo che quella sarebbe stata una gran serata. Alla fine presi 28 all'esame, lo stesso voto che diedi alle gambe di Elena la prima volta che era uscita dal bancone per andare a prendere il mio libro.
Bei tempi gli anni '80, tutto quello che invece ora è rimasto sono ricordi. Oggi non c'è più Radcliffe e neanche Elena”
Il cielo era scuro, tetro, sembrava che la sera fosse arrivata, eppure erano appena le nove del mattino e la colazione era stata servita più di un'ora prima. La giornata cominciava presto al Memorial Hospital ma la consueta relazione padre-figlio sembrava essersi già conclusa.
Axel odiava la pioggia, per lui era come portatrice di sventura e per quanto ne sapeva, era da tre lunghi giorni che pioveva ininterrottamente.
Quel giorno invece era uscito il sole. Che cosa bizzarra.
Dopo la sparatoria tutti erano stati trasferiti d'urgenza in ospedale, anche gli illesi. Axel aveva appreso che anche altri erano rimasti feriti a causa di incidenti sopraggiunti durante la fuga dalla scuola, Kairi era tra questi, le si erano conficcate delle schegge di vetro nella gamba ma non era particolarmente grave, il suo pegno era consistito in una quindicina di punti e una notte in osservazione. Axel non era stato così fortunato: intervento d'urgenza, qualche trasfusione e un paio di giorni in terapia intensiva; anche se ammaccato, tutto sommato se l'era cavata ma per qualche tempo avrebbe dovuto dimenticarsi del basket. Di Roxas invece non aveva notizie. Grazie a un'infermiera pettegola sapeva solo che quando erano in terapia intensiva Cloud aveva fatto in modo che lui e il biondo potessero stare in stanze vicine perché “era quello che avrebbe voluto Roxas”, ma erano tre giorni che ormai si era svegliato e non era riuscito ancora ad avere informazioni sul suo ragazzo. Quel mistero, quei silenzi, tutto quello non gli piaceva, sperava solo che Roxas se la fosse cavata.
"Perché mi hai raccontato tutto questo?" chiese di punto in bianco Axel mantenendo lo sguardo basso sulle sue ginocchia. Ripensandoci quello dei suoi genitori assomigliava tanto al rapporto tra lui e Roxas.
"Perché mi andava"
Reno non staccò gli occhi dal parco che si vedeva dalla finestra della stanza di Axel. Da quando era entrato li, quello era l'unica cosa che guardava, non vedeva nient'altro, neanche suo figlio. Gli ospedali erano legati a delle ferite ancora non del tutto rimarginate, e Axel non gliene faceva una colpa, conosceva suo padre e gli bastava sapere che c'era sempre. Quest'ultimo infatti si limitava a sedersi sulla poltrona tra il letto e la finestra, lo sguardo era perso fuori ma una mano era appoggiata sempre su una gamba dell'altro per mantenere un contatto, seppur minimo.
“Papà?” tentò il più giovane con casualità, celando il suo disagio mentre si torturava una ciocca di capelli tra le dita “Partirai presto?”
"Non lo so”
E scese il silenzio.
Ormai era chiaro, quello era il giorno 'no' di Reno Turks. Già il fatto che avesse interrotto il loro confortevole silenzio con un racconto su sua madre avrebbe dovuto essere un chiaro segnale. Ora tanto valeva farlo parlare.
“Papà?”
"Mh?”
"Tutto quello che è successo ha a che fare con il caso Sephiroth?” altrimenti non poteva spiegarsi il perché di quell'interesse quasi morboso verso quello che era successo. Negli ultimi giorni la polizia aveva interrogato tutti i ragazzi della scuola in cerca di informazioni su Xemnas e sulla dinamica, pure Axel non era stato risparmiato, e suo padre aveva passato quasi la totalità del loro tempo insieme a leggere montagne di carte e sfoggiare un'espressione afflitta.
L'uomo finalmente si voltò verso il ragazzo e lo studiò per qualche istante “A volte sei così sveglio che mi chiedo se tu possa davvero leggermi nel pensiero" mormorò abbozzando un lieve sorriso di scherno "Ancora non riesco ad abituarmi all'idea di vederti crescere, ma eccoti qui: Axel Moore, 17 anni e capitano della squadra di basket, salva un amico durante una sparatoria. La stampa ti adora”
“Smettila di dire queste cose” biascicò Axel lanciando una veloce occhiata alle riviste che aveva accantonato sul comodino, gentile pensiero di Demyx quando era andato a trovarlo il pomeriggio prima. In realtà non li aveva neanche letti.
“Mi dirai la verità e solo la verità?” riprese Reno guardandolo intensamente, finalmente sembrava essersi deciso ad uscire dal suo stato di torpore.
"Ti dirò solo quello che so ma non ti assicuro niente. La dinamica ormai la sapete”
"Tu conoscevi Xemnas, no? Dimmi quello che sai”
Axel boccheggiò “La verità è che non so nulla. Tutto quello che credevo è andato a puttane. Xemnas era un tipo refrattario, stava sempre per gli affari suoi, ci lasciava divertire a scuola. Quando è arrivato si è preso Saix tutto per sé e per questo non l'ho mai visto di buon occhio ma la realtà è che non mi è mai importato nulla di lui, finché non mi dava fastidio stava bene dove stava. Però non lo so... quel giorno a scuola... sembrava così vulnerabile... così umano... Non sembrava sul punto di poter uccidere qualcuno, eppure l'ha fatto”
“Cosa diceva?”
"Delirava per lo più, ma non so altro”
Era la verità. Axel aveva riferito tutta la verità come aveva promesso, ma non aveva rivelato il dettaglio che era a conoscenza del fatto che Xemnas era legato ai Silver Haired Man, così come non aveva rivelato che Roxas sembrasse conoscerli. Ora che aveva scoperto il passato suo e di Xion, sapeva che il biondo non avrebbe mai più riaperto quel libro ma aveva ancora alcuni dubbi al riguardo come ad esempio il mistero dietro la morte della ragazza.
Reno, dal canto suo, era rimasto ad ascoltarlo per tutto il tempo senza batter ciglio ma c'era del disinteresse nei suoi modi di fare. Avevano ascoltato le testimonianze di tutti con la speranza di trovare qualche parola differente da quelle che sapessero già ma nessuno era stato di loro aiuto, Axel compreso... l'unica persona rimasta che poteva aiutarli soffriva di amnesia selettiva.
Mugugnò un assenso e si alzò dalla poltrona, pronto per fuggire da quella realtà e immergersi totalmente nel suo lavoro, ma Axel lo afferrò prontamente per un braccio.
"Aspetta” esclamò di scatto e contrasse l'espressione a causa di una fitta all'addome che lo costrinse ad appoggiarsi al cuscino “Aspetta” sussurrò ancora, questa volta a voce più bassa mentre con una mano si reggeva la parte dolente “Adesso vorrei chiederti io una cosa, ne parlammo già un paio di settimane fa e ti ho sentito che ne hai parlato con il signor Strife, però per piacere, rispondimi almeno adesso... cos'è davvero il geostigma?"
Axel non aveva guardato suo padre mentre poneva la domanda, il suo sguardo era fisso sulla mano che gli aveva afferrato e che ora stringeva, ma era sicuro che aveva sgranato i suoi occhi blu e che magari ora erano intrisi di orrore. Sapeva che era una domanda che non avrebbe dovuto fare, ma doveva sapere, doveva essere preparato. Si era stancato di essere sempre lasciato all'oscuro di tutto.
Ci fu un pesante silenzio tra i due, interminabili istanti in cui Axel si stava arrendendo all'idea che non sarebbe mai arrivata una risposta, che suo padre l'avrebbe piantato su due piedi in una stanza d'ospedale, ma poi alla fine udì la sua voce. Fu un flebile sussurro ma arrivò alle orecchie del destinatario.
"Non vorresti saperlo, fidati"
"Non è vero, papà! Ti prego, dimmelo, io voglio aiutare Roxas ma non so come fare... ogni giorno che passa lo vedo sempre più spento, sempre più vuoto, non ce la faccio a sapere che soffre. Il signor Strife ha detto che io posso riuscirci, e lo dicono anche Sora e Riku... tutti la pensano così, ma io davvero mi sento impotente accanto a lui" il rosso trasse un profondo respiro nel tentativo di regolarizzare il battito del cuore che sembrava essere impazzato nel suo petto. Quell'ansia lo stava uccidendo, se lo sentiva. Suo padre però non sembrò tanto misericordioso, c'era un tremore nella sua voce e quando Axel alzò lo sguardo intravide anche delle lacrime agli angoli degli occhi. Non avrebbe dovuto parlare, si rimproverò mentalmente per aver dato aria a certi pensieri e ripensò alle parole che gli disse il biondo vari mesi prima.
Come mi accorgo che il turbamento è contagioso. Perché i miei occhi, al vedere le perle di dolore che brillano nei tuoi, prendono ad inumidirsi”
Che strana cosa l'empatia, un sentimento che non aveva mai compreso fino all'arrivo di Roxas nella sua vita.
Reno strinse un ultima volta la mano del figlio prima di liberarsi dalla sua presa e gli rivolse una fugace occhiata "L'unica cosa che puoi fare è stargli vicino e sperare nel meglio"
Questa volta Axel non protestò quando suo padre andò via, ma rimase a fissare la porta a lungo, con quella sgradevole sensazione di pesantezza che gli gravava sullo stomaco. Dal momento in cui aveva aperto gli occhi, qualche giorno fa, il suo pensiero era stato solo Roxas. Come stava? Era tutto okay? Come aveva preso la notizia del suicidio di Xemnas?
Da quando si era svegliato c'era una parte della sua coscienza che gli ripeteva costantemente che le cose erano cambiate per tutti, non erano più gli stessi di quando avevano iniziato l'anno con quella festa clandestina nella palestra della scuola; in cui lui aveva ballato ubriaco attorno al fuoco e si era guadagnato il soprannome di flurry of the dancing flames; di cui Roxas aveva poi fatto la spia e aveva fatto sospendere tutti dalle attività. Non erano più gli stessi di quando andava a letto con Larxene e Saix, o di quando Marluxia aveva preso a pugni Roxas perché a causa sua era stato sospeso dalla squadra di pallanuoto e non poteva più ammirare i fisici dei compagni; non erano più gli stessi neanche di quando Roxas aveva fatto incazzare Xemnas e avevano dato il via a una vera e propria guerra nella mensa della scuola, o di quando passava le giornate a spiare Roxas che chiacchierava con Zexion e Vaan.
Vaan e Xemnas. Xemnas e Vaan.
Nessuno era più lo stesso, c'erano delle verità nascoste che avrebbero potuto rimanere latenti ma che alla fine avevano lasciato dietro di sé solo macerie.
Ci sono delle storie, degli eventi che non hanno spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti, eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono quelle storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo.
Roxas aveva già previsto tutto, aveva sempre fatto il possibile pur di tenerlo lontano e aveva cercato di dirglielo in un modo ma Axel non era riuscito a comprendere. Chissà se le cose ora sarebbero state diverse se l'avesse capito in tempo, ma questo non avrebbe comunque impedito alla realtà di cambiare radicalmente ogni cosa.
E all'improvviso si rese conto di essere ancora vivo.
Vivo.
Lui era vivo.
Aveva riso e scherzato con Demyx e Zexion quando erano andati a trovarlo ma non si era reso conto di quanto fosse stato fortunato in realtà. Era una sensazione strana, credeva che sarebbe morto in quel corridoio, proprio come era successo con Vaan, eppure ora era lì: vivo e vegeto in un letto d'ospedale e quella ferita sull'addome che ancora non gli permetteva di camminare bene divenne un regalo. Ora comprese quello che doveva provare ogni volta Roxas quando riprendeva conoscenza dopo qualcuno dei suoi attacchi, Axel non era così forte come lui ma fu grato alla vita di avergli dato un'altra possibilità.
Sentì un pizzicore ai lati degli occhi e si portò le gambe al petto per nascondere il viso e dare aria al suo sfogo.
Era ancora vivo.
Axel aveva fatto un sogno qualche giorno addietro, c'era sua madre con lui, gli era stata vicino e gli aveva ripetuto infinite volte di quanto fosse fiera del suo bambino. Per tutto il tempo aveva l'impressione di essere morto ma non era così perché era consapevole del suo cuore che batteva, dei medici che si affrettavano a stabilizzarlo e della ferita che pulsava dolorosamente. La presenza di sua madre però era stata così vicina che gli era sembrata quasi reale... così reale che quando si era svegliato non sapeva a cosa credere, non distingueva più la realtà dalla finzione. Era tutto indefinito.
Da quando aveva ripreso coscienza aveva in mente una frase che gli aveva detto Roxas in uno di quei suoi momenti di stranezze.
Ti è mai capitato di pensare che tutto quello che credi sia reale non è altro che una menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre creduto di essere?
A volte la vita può essere strana, serafica come un sogno o pericolosa come un incubo, e l'unico modo per svegliarsi è quello di affrontare tutte le bugie che ti si sono edificate attorno, anche se a fin di bene.

Due piani più sopra, Roxas fissava il soffitto in stato ancora leggermente confusionale. I rumori delle varie attrezzature arrivavano alle sue orecchie come suoni smorzati e le luci sembravano accecanti. Il suo corpo era paralizzato nel letto, come sempre, ma nella sua mente c'erano immagini che si alternavano in maniera sconnessa. Aveva l'impressione di aver sognato qualcosa di bello, non ricordava cosa ma aveva questo un vago retrogusto di serenità di quando si è in pace con il mondo. Di una cosa però era certo, doveva avere tanta di quella morfina in corpo che si sentiva leggero come lo zucchero filato e la cosa stranamente lo metteva di buon umore.
Chissà come se la passava Axel.
“Buongiorno Rox”
La sua attenzione fu catturata da una voce alla sua destra che riconobbe appartenere ad Aqua, l'infermiera che si occupava sempre di lui quando era ricoverato. La donna era in piedi vicino al suo letto, intenta a cambiare una flebo e indossava quell'espressione di dolcezza che riusciva sempre a rincuorarlo.
 “Sono felice di vederti di nuovo qui tra noi”
Il biondo ci mise qualche istante più del necessario a registrare quello che gli aveva appena detto. Riconobbe la stanza della terapia intensiva perché lì i genitori non erano ammessi e si chiese perché fosse di nuovo lì “Ti offendi se dico che io non lo sono?” mormorò con voce bassa e roca, complice anche la gola secca per il non aver bevuto per chissà quanto tempo.
“Data la situazione no, non mi offendo” Aqua gli rivolse un ampio sorriso ma notando l'espressione disorientata del biondo, gli passò una mano tra i capelli e gli sistemò i ciuffi ribelli “Tranquillo, non hai avuto un infarto mentre eri in bagno” scherzò gentile per alleggerire l'atmosfera e l'altro ridacchiò.
"Menomale”
"Sono stati giorni intensi ma adesso va tutto bene. Pensa a riposare, tra non molto ti porteremo in una vera stanza”
Roxas non ebbe bisogno di farselo ripetere, socchiuse gli occhi ancora con un leggero sorriso a increspargli labbra, non ne capiva molto ma era sollevato di lasciare già la terapia intensiva, chissà dov'era Axel “Per quanto sono stato qui?”
Aqua si girò verso di lui per rispondere ma non fece in tempo che si era già riaddormentato.

***

“Marluxia Torn. Il ragazzo che ha dato l'allarme e, per una fortuita coincidenza, anche il figlio dello sceriffo. Tuo padre ti ha insegnato proprio bene”
“Più che altro direi che la mia è stata solo astuzia e molta fortuna”
“E anche modesto direi”
Il ticchettio dell'orologio da parete e la fitta pioggia che batteva incessante contro le finestre erano gli unici suoni percepiti nei momenti in cui la conversazione veniva sospesa. Rude Garcia accavallò le gambe, comodo sul divano sul quale era seduto, e si sfilò per un momento i suoi onnipresenti occhiali da sole per studiare più approfonditamente il ragazzo accomodato sul divano di fronte. Tra di loro vi era un piccolo tavolino sul quale erano poggiate due tazze di caffè.
Marluxia sedeva compostamente: le mani intrecciate in grembo, schiena dritta, espressione rilassata e sguardo privo di qualsiasi emozione. Contrariamente a tutti gli altri ragazzi che avevano interrogato fino a quel momento, lui non dava alcun cenno di ansia o preoccupazione. Anche se Rude cercava di rendere tutto il più informale possibile, nella stanza con loro c'era anche un ufficiale di polizia a fare da guardia e testimone, il suo compito era starsene fermo vicino alla porta con le mani dietro la schiena ma la maggior parte degli altri adolescenti davano di matto alla sola vista; e il fatto che il ragazzo dai capelli rosa fosse così pacato lo colpì non poco.
"Allora” riprese “Che ne dici di ripercorrere insieme gli avvenimenti in modo da ricostruire per bene la dinamica?”
“Come ho già detto, io ero tenuto in ostaggio assieme agli altri nella classe di scienze quindi non so proprio tutto” rispose con praticità Marluxia, chinandosi in avanti per prendere la sua tazza.
“Certo, ma sappi che ogni dettaglio per noi è fondamentale” Rude aprì un quadernetto sul quale aveva scribacchiato delle note e ricapitolò la situazione “Allora, nella dinamica Xemnas era agli armadietti quando ha sparato accidentalmente a un ragazzo, turbato da tale gesto si è dato alla fuga ed è finito nella classe un cui vi eravate rifugiati tu, Riku, Kairi, Zexion e Xaldin, prendendovi così in ostaggio. Il tutto non è durato molto perché poi si è accorto dell'arrivo della polizia, e, preso dall'ansia, è uscito in cerca di un'altra via di fuga" alzò lo guado dal suo taccuino e chiese conferma a Marluxia, che annuì mesto "Bene, a questo punto so che tu conoscevi Xemnas quindi potresti aiutarci a fare chiarezza su questa storia. Era tuo amico?”
“Non direi "amico". Eravamo conoscenti più che altro, facevamo parte dello stesso gruppo di amici ma il nostro rapporto era ridotto al semplice saluto e nulla di più”
“E cosa facevate in questo gruppo?”
Il ragazzo scrollò le spalle e si specchiò nel liquido nero nella sua tazza “Mantenevamo l'ordine nella scuola. Quando nessuno si fa rispettare ognuno fa quello che vuole... Xemnas invece era considerato una sottospecie di re, tutti lo temevano, probabilmente a causa del suo sguardo glaciale, fatto sta che nessuno osava contraddirlo, e per estensione rispettavano anche noi”
“Quindi per questo era tenuto di mira dai professori e dal preside?”
"Esatto”
Rude rimase un momento in silenzio e poi si piegò, poggiò gli avambracci sulle ginocchia, e scrutò Marluxia mentre si mordicchiava il labbro inferiore “Ed era violento?” chiese alla fine.
“Di certo non era pacifico ma non l'ho mai visto 'entrare in azione', solitamente stava per gli affari suoi ad assicurarsi che fosse tutto ok”
“E se non era tutto ok?”
“Diceva a noi di sistemare tutto a modo nostro”
“A modo vostro?” l'uomo inarcò un sopracciglio ma Marluxia sottolineò quanto appena detto.
“A modo nostro”
“Quindi non gli hai mai visto fare qualcosa di strano?”
“Non mi pare”
Dopo quella risposta Rude si ammutolì per qualche altro minuto con espressione meditativa, ogni tanto lanciava qualche occhiata al suo quadernetto e annotava o cancellava qualcosa. Marluxia lo guardava con disinvoltura, accortosi che era cambiato qualcosa nel comportamento dell'uomo. 
“E dimmi un po'” riprese l'adulto fissando di nuovo il suo sguardo sull'altro “Lui aveva nemici oppure qualcuno che non sopportava?”
“Non saprei”
“E riguardo i tre ragazzi - Axel Moore, Roxas Strife e Vaan Ratsbane - sai dirmi qualcosa?”
Marluxia poggiò un braccio sul bracciolo del divano e affondò la guancia sinistro nel palmo della mano, si concesse giusto un momento per rimuginare “Axel faceva parte del gruppo ma è un tipo che preferisce farsi gli affari suoi, Vaan non so chi sia e Roxas... lui ha cominciato a frequentare Axel da qualche mese. Poco dopo che i due hanno cominciato a studiare insieme Xemnas è scomparso dalla circolazione... per poi apparire l'altro giorno” aggiunse quest'ultima parte con tono grave.
"Mh” Rude annuì e si grattò la nuca mentre leggeva qualche altro appunto “In precedenza hai detto che quella mattina non avevi attività extracurricolari”
“Proprio così. Ero andato a scuola di prima mattina perché volevo iniziare a fare i preparativi per la lezione di botanica” Marluxia accennò un leggero sorriso ma l'uomo non sembrava sulla stessa linea d'onda.
“Come mai allora quando è scattato l'allarme non eri nella serra ma nella classe di scienze, ben lontana dal luogo di svolgimento della lezione?”
“Ero entrato per prendere i libri dall'armadietto e perché volevo salutare un'amica”
Rude annuì ancora alle sue parole, non sembrava particolarmente convinto ma decise di sorvolare per il momento “Ti faccio un'ultima domanda e poi ti lascio libero. Sapevi che Xemnas sarebbe tornato a scuola?”
Questa volta fu Marluxia a lasciar cadere il silenzio tra loro, fu breve ma intenso, durante il quale mantenne il contatto visivo a lungo prima di rispondere con un secco e velatamente istigante “No”
A quel punto, con un leggero sospiro, Rude fece cenno all'agente di poter andare e si alzò anch'egli per congedarsi ma Marluxia lo fermò repentinamente mentre era intento a raccogliere la sua giacca.
“Posso farle io una domanda?”
Rude si girò verso il ragazzo ancora seduto e rispose con accondiscendenza. Marluxia lo guardò negli occhi ed esitò appena prima di parlare ma poi indossò un sorrisetto di circostanza.
"Quello che è successo nella nostra scuola è stata una cosa gravissima, ma non crede che il fatto che sia addirittura coinvolta l'FBI in un semplice caso di omicidio-suicidio potrebbe dare da pensare? Ovviamente, signor Rude Garcia, attualmente proprietario della NY Real Estate, con la precedente domanda non sto facendo insinuazioni su un suo possibile coinvolgimento con il settore di controspionaggio della polizia federale, ma solo che la situazione potrebbe destare dei sospetti come il poter supporre che Xemnas avrebbe potuto essere collegato con altri ricercati come, che ne so... i Silver Haired Man?”
Rude sentì il sangue raggelarsi nelle vene e si bloccò dalla sua attività. Quel ragazzo... come faceva quel ragazzo ad essere in possesso di tutte quelle informazioni? Stava per caso facendo il doppio gioco oppure lo stava solo prendendo in giro?
“Signor Marluxia Torn” disse cauto, sfilandosi gli occhiali e infilandoli nel taschino della giacca “Lei chi è veramente?”
Ma il ragazzo dai capelli rosa sorrise gentilmente e fece una scrollata di spalle “Oh, io sono un semplice studente dell'ultimo anno di liceo affascinato dalla botanica”
Rude però non si lasciò convincere e lo osservò attentamente. Il ragazzo era scaltro al punto da mandargli un segnale che diceva chiaramente “Io so tutto di quello che state facendo”... oppure, ipotesi forse più probabile, Axel doveva avergli spifferato tutto dopo che quell'idiota di Reno gli aveva detto la verità su di loro. Comunque non poteva abbassare le difese “Non so cosa sa e a che gioco sta giocando ma mi auguro per lei che mi abbia fornito tutte le notizie a sua disposizione affinché possano favorire il corretto svolgimento delle indagini”
Marluxia si alzò a sua volta dal divano e si sistemò il pantalone e la camicia con una disinvoltura tale che qualcuno non avrebbe mai immaginato la serietà dell'argomento in atto “Se la verità è davvero quella, mi auguro che abbiate sotto controllo questo Loz...in tv non si parla altro che di Xemnas” e detto questo afferrò la sua borsa e fece un cenno di saluto mentre guardava Rude uscire dalla stanza visibilmente pensieroso. Si appoggiò allo stipite della porta e sorrise malizioso.
“Lei ha il cuore troppo tenero, signor Garcia. Non dovrebbe essere così indulgente, neanche con i ragazzi” mormorò tra sé e sé. Era da tempo che non si divertiva così tanto e ora che si era trovato coinvolto personalmente in questo caso aveva deciso di giocare. Chissà chi avrebbe scoperto prima la verità, lui o l'FBI?
A tal riguardo si appuntò mentalmente che non aveva ancora avuto modo di ingraziarsi per bene Roxas.
“Ehi Marly!”
Il ragazzo, ancora appoggiato al muro, notò con sommo stupore un Demyx oltremodo raggiante accompagnato dalla sua imperturbabile dolce metà: Zexion, il topo di biblioteca probabilmente emo. Rivolse loro un cenno col capo e andò loro incontro.
“Che ci fai qui?” continuò il biondo con la sua solita esuberanza.
“Ero passato a salutare Larxene, voi?” rispose invitandoli a seguirlo finché non arrivarono agli ascensori e pigiò i bottoni di prenotazione. Demyx sorrise smagliante.
“Axel”
Giusto, lui aveva paura di Larxene. Era troppo rigida per i suoi gusti.
“Salutatemelo, e ditegli che appena si riprenderà andremo a farci una birra da soli” disse entrando di fretta nell'ascensore una volta arrivato.
“Non ti unisci a noi?”
 “Purtroppo oggi vado di fretta. Alla prossima!” 
Demix e Zexion si scambiarono un'occhiata spaesata appena il loro amico sparì dietro le porte dell'ascensore. Marluxia era un tipo fin troppo strano ma oggi lo era stato ancora di più e Zexion si chiese a cosa fosse dovuta tutta quell'impellenza, ma il biondo non mostrò un particoolare interesse o stupore a riguardo, e lo afferrò per un braccio per trascinarlo nella stanza di Axel. Aprì la porta di malagrazia e si fece largo all'interno come se quella fosse casa sua.
“Axeeeeeeel! Indovina chi ti è venuto a trovare? Ma sì, il tuo grandissimo migliore amico Demyx, e il suo bellissimo e supersexy principe azzurro Zexion!” esclamò con il suo tono caotico facendo una gran corsa fino al letto, dove si buttò sopra come un sacco di patate. Axel da parte sua non aveva registrato in tempo l'arrivo del suo amico pazzo e si lasciò scappare un grido di terrore tutt'altro che mascolino.
“Cazzo Dem per poco non mi hai fatto venire un infarto. Siamo in un ospedale, porca miseria, vuoi stare zitto?” sbraitò una volta riacquistato fiato, portandosi una mano al petto mentre col piede cercava di farlo cadere giù. A Zexion invece riservò un saluto più sobrio.
“Tanto meglio" rispose il biondo con una fragorosa risata e si girò sulla schiena. Demyx si era steso sulla parte terminale del letto, in modo che i piedi penzolassero fuori, e allargò comodamente le braccia "Se l'avessi avuto non avresti dovuto scomodarti di venire fin qui”
Axel sospirò, non valeva la pena avere applicarsi con quel caso perso “Se continui così molto presto avrai un'ordinanza di restrizione da appendere in camera come mio ultimo ricordo”
“Sei sempre così dispotico con me” mormorò lamentoso Demyx girandosi di nuovo sullo stomaco per guardare il rosso con faccia afflitta.
“Secondo me invece ti ha trattato con i guanti...” intervenne per la prima volta Zexion, rivolgeva al suo ragazzo lo stesso sguardo di afflizione che si usa con i bambini quando fanno i capricci.
“Non importa” borbottò Demyx e afferrò il telecomando per spegnere la tv che Axel probabilmente stava vedendo prima del loro arrivo “Basta guardare sempre il telegiornale, non voglio sentire altro su quello che è successo!”
Axel roteò gli occhi e lanciò uno sguardo di compassione al povero Zexion che nel frattempo si era andato a sedere sulla poltrona occupata prima da suo padre “Dem, cosa sei venuto a fare anche oggi? Non ti è bastato il casino che hai fatto ieri?”
Mullet-man si mise a sedere, faccia a faccia con il rosso e incrociò le gambe come lui “Sono venuto a reclamare le cure che ultimamente non mi hai rivolto”
“Ancora a elemosinare attenzioni?" Axel rimase interdetto e spostò lo sguardo da Demyx a Zexion e poi di nuovo a Demyx "Qui il malato sarei io, non tu... e comunque hai Zexion”
“Zexion provvede già ampiamente”
Axel fece una faccia schifata e preferì non indagare ulteriormente sul come Zexion provvedesse e cercò di cambiare argomento rivolgendosi proprio a quest'ultimo, dato che Dem era così ottuso che non riusciva a reggere una conversazione seria per più di 10 secondi “Avete notizie di Roxas?” chiese speranzoso ma l'altro chinò il capo e fece un cenno di diniego.
“Ancora prognosi riservata, mi dispiace”
Il rosso sbuffò e incrociò le braccia al petto “Che cavolo, lo stronzetto ha pure il cellulare spento”
“Dai Ax non ti agitare altrimenti ti verranno le rughe in fronte" intervenne di nuovo Demyx. Ormai lo aveva cronometrato, 10 secondi di silenzio e doveva ripartire con la sua raffica di stronzate "Comunque ti saluta Marly e ti invita per una birretta tête-à-tête... e se ve ne andate in qualche locale a Chelsea⁴ voglio venire anche io!"
Ad Axel per poco non venne un altro colpo.
***

Rude camminava a passo spedito tra i corridoi dell'ospedale, le sue scarpe lucide cozzavano pesantemente sul pavimento azzurro e il suo sguardo era fisso davanti a sé per non percepire la tristezza e il dolore dei bambini e i ragazzi in pigiama e vestaglia che camminavano nel reparto. Aveva sempre avuto un debole per queste cose e sapeva che quello non era un momento per mettersi a fare i sentimentali. Quando arrivò davanti alla sala delle conferenze si fermò e rimase a fissare la superficie della porta in legno, aveva uno strano presentimento e aveva a che fare con quello che aveva detto quel ragazzo che aveva appena interrogato.
"Mi auguro che abbiate sotto controllo questo Loz"
Ovvio che ce l'avevano sotto controllo. Il giorno prima si era recato persino in prima persona assieme al suo capo, Tseng, per presiedere ad un altro interrogatorio, un buco nell'acqua come sempre perché non parlava mai, era sicuro che godeva di buona salute anche se a volte faceva degli strani scatti.
Con estrema riluttanza poggiò la mano sul pomello e lo abbassò.
"In tv non si parla altro che di Xemnas"
Andava tutto bene.
"Reno" sussurrò con voce incrinata mentre entrava e il fiato gli si bloccò in gola non appena percepì la tensione opprimente che regnava in quella stanza che avevano occupato momentaneamente per poter svolgere ricerche. Reno era in piedi appoggiato con una spalla alla parete e lo sguardo fisso su qualcosa di indefinito fuori la finestra accanto a sé. Assieme a lui c'erano Cloud seduto sul divano con la testa tra le mani e accanto a lui Leon con entrambe le braccia distese sullo schienale gambe accavallate.
"Reno-"
"Ho sentito Tseng" tagliò a corto il rosso con un tono più serio del solito, senza muoversi di un millimetro dalla sua posizione "Questa notte l'hanno convocato d'urgenza a Great Meadow⁵"
Rude rimase in attesa, timoroso di sentire quello che l'altro immaginava avrebbe detto.
"Anche Loz l'ha fatta finita. Adesso non abbiamo più nessuna pista, Rude. Siamo di nuovo al punto di partenza”

***

Axel non amava gli ospedali, essere ricoverato ancora meno, ma quella routine che si stava creando non gli dispiaceva affatto: si svegliava, mangiava, oziava, andava in esplorazione, faceva il galletto con le infermiere e di nuovo oziava. E ora era uno di quei non rari momenti in cui stava perdendo tempo senza sentirsi minimamente in colpa ma un costante brusio di sottofondo distolse la sua attenzione dalla preziosa lettura...di un tabloid.
"Che cavolo è tutto sto casino?" borbottò con tono scocciato a nessuno in particolare.
"Penso che stiano trasferendo qualcuno nella stanza affianco" spiegò Zexion con tono pratico, lui però non alzò lo sguardo dal suo libro, non lo faceva mai se non ce n'era veramente bisogno "Prima mentre venivamo abbiamo visto che stavano facendo i preparativi"
Axel parve rifletterci giusto un secondo ma poi fece spallucce, sicuramente non era affar suo, e appoggiò la rivista che gli aveva lasciato Kairi sul materasso "Sai una cosa Dem? Per una volta Yuffie aveva ragione dicendo che la casa di Ariana Grande non è male"
"Davvero?"
"Purtroppo devo darle conto, adoro l'accostamento bianco e azzurro fiordaliso...e il soffitto a cassettoni è davvero interessante"
"Fa un po' vedere" il biondo risalì sul letto e prese la rivista che cominciò a studiare con gran passione.
Se solo studiasse così anche per la scuola anche lui a quest'ora sarebbe in procinto di diplomarsi, pensò un affranto Zexion senza però pronunciare quelle parole a voce alta. Non era quello il momento per esporre i loro problemi di coppia, e per questo si rivolse al rosso "Axel non ti offendere ma sembri una donna quando parli così"
Axel di tutta risposta si impettì e sorrise con fierezza "Scommetto che sei geloso della mia classe invece"
"Non l'ho neanche mai sentito questo azzurro fiordaliso!" protestò Zexion con un leggero rossore che gli imporporava le gote e il biondo iniziò a ridere di gusto alla scena.
"Axe ha molto buon gusto invece, mi ha promesso che sarà lui a progettare la nostra casa quando ci sposeremo!"
Zexion sospirò sconsolato e ignorò i due ragazzi per il suo benessere mentale.
"Già vi ci vedo: in un loft di Soho, perché Sitar-man ha bisogno della sua dose di eccentricità assieme agli altri artisti del vicinato" Axel fece un occhiolino in direzione di Demyx "Il soggiorno dev'essere ampio, con le pareti bianche e solo quella centrale celeste con un camino di mattoni incassato, se c'è il bow window tanto meglio..."
"OKAY, basta così" tagliò a corto il ragazzo dai capelli color acciaio chiudendo il suo tomo con un sonoro tonfo. Quelle discussioni lo mettevano stranamente a disagio, come tutta la pressione dei prossimi anni si riversasse in batter d'occhio sulle sue spalle e lui si sentiva oppresso da tutto e tutti.
I ragazzi non poterono protestare ulteriormente, sebbene stessero ridacchiando sotto i baffi in maniera piuttosto malcelata, perché poco dopo qualcuno bussò alla porta e quando Axel diede il permesso di entrare rimase piacevolmente sorpreso di vedere niente di meno che Aerith "Signora Strife!"
"Aerith"
"Giusto, Aerith" si corresse imbarazzato.
La donna dai capelli castani entrò con estremo garbo nella stanza e salutò cordialmente tutti i presenti, poi si diresse verso il comodino dove poggiò un piccolo vaso trasbordante di fiorellini di campo.
"Speravo di fare due chiacchiere con te, Axel" cominciò a dire ma fu bloccata quasi all'inizio dalla voce di Demyx che scattò immediatamente in piedi e assunse un'espressione solenne.
"Ma certo, fate pure! Noi stavamo giusto andando, vero Zex? Ci trovate in caffetteria" esclamò così velocemente che nessuno riuscì a capire veramente cosa gli fosse preso. A quel punto afferrò Zexion per un braccio e lo trascinò fuori come una furia, senza dargli neanche l'opportunità di riprendere il suo libro che aveva lasciato sulla poltrona, e chiuse con un tonfo sordo la porta alle loro spalle. Una volta nel corridoio, Zexion gli lanciò un'occhiataccia e iniziò ad incamminarsi verso la caffetteria, perché era lì che pensava fossero diretti, ma vedendo che il suo ragazzo non lo seguiva ritornò sui suoi passi e lo vide incollato alla porta.
"Che cavolo stai facendo?"
"Mi pare ovvio, sto cercando di origliare. Ora fa silenzio"
"Dem"
"Zex"
"Signori?" li interruppe un infermiere che passava di lì "Avete bisogno di qualcosa? Sulla destra c'è una sala comune con tv e divani"
"Stiamo bene così, grazie mille!" fu la risposta solare di Demyx.
Zexion in quel momento si sentì così in imbarazzo che avrebbe voluto annegare nella cascata di pioggia che c'era fuori.

Aerith rimase quasi tramortita dal comportamento del ragazzo biondo che non seppe cosa dire per una buona manciata di secondi, fu Axel a rassicurarla che era una cosa del tutto normale e che Demyx a volte poteva comportarsi come un pazzo.
"Oh... okay" mugugnò la donna, sedendosi sulla poltrona precedentemente occupata da Zexion "Volevo sapere come ti sentissi oggi, però mi dispiace aver interrotto qualcosa, se vuoi posso andare a chiamarli"
"Tranquilla non hai interrotto niente!" la fermò subito il rosso, gli faceva sempre piacere vederla perché riusciva sempre a metterlo di buon umore con i suoi modi di fare "Quanto a me... sto meglio, credo. La ferita fa un po' male ma non è nulla che mi impedisca di vivere, giusto?" fece retoricamente "Piuttosto...uhm... mi hanno detto che prima io e Roxas stavamo in stanze vicine..."
Aerith sorrise e annuì "Sì, è così, sono stata io a richiederlo... anche se ammetto di essere stata un pochino insistente con Cloud" ridacchiò bonariamente "Il fatto è che tuo padre era così preoccupato, non voleva mai allontanarsi da te anche se non gli era permesso entrare nella stanza,  sarebbe stato lì anche se il lavoro lo chiamava, così ho detto che mi sarei pesa cura io di te" Axel arrossì visibilmente e spostò lo sguardo di lato ma lei non ci prestò attenzione "E poi l'ho fatto perché immaginavo che potesse farvi piacere stare l'uno vicino all'altro, anche se non ne eravate consapevoli"
"I...in che senso?"
"Axel... capisco più cose di quante tu possa immaginare, sono pur sempre una mamma" replicò con naturalezza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Quelle parole però non fecero altro che aggravare la situazione e Axel arrivò ad assumere una tonalità di rosso ancora più scura dei suoi stessi capelli, sapeva che sarebbe morto di crepacuore se la donna avesse continuato. Stava per caso sottintendendo che aveva capito tutto di lui e Roxas? Certo, non era scema e loro erano piuttosto morbosi a volte ma avevano fatto attenzione a non divulgare la cosa troppo platealmente.
"Se... se volevi farci stare vicini perché allora non ci hai fatto mettere nella stessa stanza?"
Aerith sospirò "Avete bisogno di riposo, entrambi. Poi tu hai perso molto sangue"
"E allora?"
"Se ti avesse visto in quello stato sarebbe andato fuori di testa... e noi non vogliamo che succeda. Allo stesso tempo non penso che tu te ne saresti stato buono"
"Ma ora sto bene! A maggior ragione posso vedere Roxas e assicurargli che va tutto bene"
"Dovresti continuare a riposare"
"Io non ho bisogno proprio di niente! È di lui che sono preoccupato. Nessuno mi ha detto nulla sulle sue condizioni, ora come ora potrebbe essere anche morto per quello che ne so... prima di perdere i sensi a scuola, Roxas era vicino a me ma glielo leggevo in faccia che non stava bene... si era disfatto della sua dose di ossigeno per portarmi in salvo. Penso che sia un mio diritto sapere come sta, Aerith. Tu hai detto che capisci e allora perché mi avete tenuto lontano da lui per tutto questo tempo?" spiegò Axel con rinnovato vigore, tutti erano stati preoccupati per le sue condizioni ma nessuno poteva immaginare davvero cosa fosse successo davvero in quella scuola. Il sangue, i corpi a terra, l'ansia, la paura di non uscirne vivi. La sua non era preoccupazione solo per la salute fisica di Roxas, lui aveva bisogno di Roxas. Aveva bisogno della sua vicinanza, del suo calore, della sua voce. Aveva bisogno solo di Roxas perché erano stati loro a trovarsi da soli in quell'inferno e solo  loro potevano capirsi. Solo così poteva guarire.
Aerith lo scrutò a fondo, come se stesse sondando la sua anima, e alla fine lasciò cadere lo sguardo sulle sue mani strette in grembo "Roxas... non è grave come immaginavamo anche se non nego che all'inizio abbiamo temuto il peggio"
Axel le prese una mano tra le sue e la esortò a continuare.
"Aveva del liquido nel polmone sinistro che gli impediva di respirare, ecco perché negli ultimi tempi era così affaticato, e poi hanno proceduto con tutti gli esami  e controlli. Il cuore lo sta indebolendo ma lui è sempre forte e combattivo"
"Aerith posso chiederti una cosa?"
"Dimmi pure"
"Sei sicura che Roxas soffra del qt lungo?"
"Certo, non potrei essere più sicura" affermò con un cenno del capo "Il padre di mio marito è morto proprio a causa di questo... Cloud era ancora troppo giovane per capire di cosa si trattasse però pare che i problemi di cuore girano nella sua famiglia e, dato che lui è sano e Roxas è colpito, siamo preoccupati per Sora... sai, potrebbe essere anche un gene recessivo ma sono pur sempre gemelli, con queste cose bisogna prendere la massima precauzione"
Axel aggrottò la fronte. Era scontato, come poteva averne dubitato? Se ne parlava sempre del qt ma allora che c'entrava quel fantomatico geostigma? Era davvero il caso dirle la verità in quel momento? Lei non sapeva niente e una notizia del genere così su due piedi l'avrebbe distrutta, senza contare che lui così si sarebbe cacciato seriamente nei guai. Roxas in quel momento aveva bisogno del sostegno di tutti loro e non di altri problemi.
"Come sta ora? Si è svegliato?" chiese alla fine, ignorando il suo desiderio di vederci chiaro.
"Si è svegliato due o tre volte ma la maggior parte del tempo era sotto sedativi quindi non era proprio partecipe... con i trattamenti vari non era l'ideale tenerlo sveglio"
"E quando potrò vederlo?"
"Appena starete meglio" sorrise dandogli una pacca sulla spalla "Anzi, adesso ti lascio riposare. Prima ti riprendi, prima potrai vedere Roxas"
Una volta solo, Axel rimase con lo sguardo fisso sulle sue gambe incrociate, domandandosi per quanto tempo ancora gli adulti avrebbero continuato a mentire spudoratamente. Nel suo animo dominavano sentimenti contrastanti, da una parte era sollevato perché non sarebbe mai riuscito a vivere serenamente con la consapevolezza di quello che aveva realmente Roxas senza che quest'ultimo potesse saperlo davvero, d'altra parte si sentiva così inutile non poterlo aiutare. L'unica cosa di cui era felice era che il biondo stesse bene e, chissà, forse presto sarebbero tornati a casa insieme proprio come i vecchi tempi. Per il momento tutto quello che poteva fare era rimanere di buon umore e raggiungere Demyx e Zexion in caffetteria, magari avrebbe trovato persino il dessert.
Si infilò velocemente una felpa e le sue converse e si avventurò per i corridoi. Ormai quell'ospedale lo conosceva abbastanza bene perché era andato spesso a trovare Roxas in passato ma mai avrebbe immaginato che sarebbe rimasto lui stesso lì.
Prima di raggiungere l'ascensore decise di fare un salto da Larxene per chiederle se le andava di unirsi a loro o se voleva semplicemente qualcosa. Sapeva che anche lei era ricoverata, però solo per degli accertamenti dal momento che non era rimasta ferita nella sparatoria. A quanto aveva capito i medici avevano preferito fare qualche controllo perché era da tempo che li saltava (sicuramente volontariamente).
Quando arrivò in prossimità della sua stanza notò la porta socchiusa e si affacciò cautamente, non voleva disturbarla se aveva da fare o magari stava dormendo, ma ben presto si ravvide. Larxene gli dava le spalle. Era a torso nudo davanti allo specchio e una lacrima solitaria le rigava silenziosamente il volto.
Axel però non seppe dire se lo turbò di più il fatto che stesse piangendo o quello che vide su di lei: il  suo corpo era ricoperto da ampie porzioni di pelle annerita, molto simili a quella che aveva Roxas sul petto e che non guariva mai.
Il ragazzo si sentì le gambe quasi tremare sotto il suo peso e si poggiò con la schiena al muro per sorreggersi, non riusciva a credere a quello che aveva appena visto. Il cuore iniziò a ad accelerare sempre di più nel suo petto e il respiro si faceva sempre più rarefatto. Si portò una mano alla ferita fasciata che aveva deciso di dolergli proprio in quel momento e poggiò la nuca alla parete. Gli occhi erano serrati mentre si ripeteva mentalmente che non era possibile. Non era possibile che quella fosse la realtà.

"Dolore immenso, allucinazioni, macchie su tutto il corpo. Cosa dirai quando inizieranno ad apparire tutti quei segnali?"

"Mamma quando tornerai a casa?"

Cloud non aveva risposto alla domanda posta con tono grave, suo padre non era mai stato così serio come in quel momento. Anche sua madre non aveva risposto alla sua domanda, Elena preferiva tacere piuttosto che mentire al suo unico figlio.
In un primo momento Axel decise di andare via ma qualcosa lo trattenne. Inviò un veloce messaggio a Dem e attese qualche minuto fuori la stanza, incollato alla parete, prima di entrare. Non poteva scappare. Se voleva di essere di qualche aiuto doveva smettere di scappare.
Prese un profondo respiro e bussò lievemente.
"Posso?" mormorò a voce bassa ma non seguì alcuna risposta, così si affacciò nella stanza e vide che Larxene si era rivestita e aveva poggiato delle borse sul letto "Te ne vai di già?"
"Sì mia madre sta venendo a prendermi, non ce la facevo più a stare qui dentro" rispose lei senza guardarlo, troppo indaffarata a preparare le valigie.
"Ci sei stata davvero poco" osservò il rosso sedendosi sul letto.
"Mi hanno trattenuta per dei controlli, tre giorni vanno più che bene per me"
"Ed è andato tutto bene?"
"Va tutto bene, mi hanno fatto solo qualche esame di routine" rispose alla svelta ma ad Axel non bastava, la guardò con apprensione e Larxene, sentendo il peso del suo sguardo perforante, ridacchiò e si voltò completamente verso di lui, interrompendo la sua attività "Non fare quella faccia, mi è bastata una firmetta e ora sono fuori... se stavo così male non credo che mi avrebbero permesso di uscire tanto facilmente no?"
Il rosso sospirò e scrollò le spalle "Sì lo so, è che-"
Larxene gli posò un dito sulle labbra e gli impedì di continuare oltre, si sedette sul letto e si specchiò nei suoi occhi verdi "Ormai ho 18 anni, sono maggiorenne e posso fare quello che voglio. Non devi stare in pensiero per me" affermò con tono stranamente morbido, poi le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso "E poi hai già un cagnolino che reclama le tue attenzioni"
A quel pensiero, Axel lasciò cadere il discorso così. Gli passò invece una mano tra i capelli, aveva cambiato pettinatura tutto d'un tratto, ora i fili dorati le cadevano sul viso e le conferivano un aspetto decisamente più maturo assieme alla matita nera sugli occhi e il rossetto rosso. Era strano vedere Larxene così e il ricordo di quello che aveva visto solo pochi minuti prima lo gettò in uno stato di profonda angoscia e nostalgia.
"Sei bella, lo sai?" sussurrò giocando con una ciocca dei suoi capelli, non riusciva a staccare gli occhi da quei fili illuminati dalla luce del sole che filtrava dalla finestra. Erano più chiari di quelli di Roxas e profumavano di vaniglia, ma erano ugualmente morbidi. Lei certamente doveva averne più cura anche se non dava l'impressione di essere una tipa del genere.
"A cosa devo questo complimento da uno come te?" disse con una punta di ironia nella voce "Se non ti conoscessi potrei fraintendere"
"Scema, non è la prima volta che te lo dico!"
Sul volto della bionda apparve il fantasma di un sorriso e portò il dorso della sua mano sul volto dell'altro per carezzarlo. Larxene aveva capito che il rosso era così riguardoso perché  c'era qualcosa che lo turbava, la cosa la allietava e allo stesso tempo gli era grata che non avesse approfondito con altre domande troppo personali. Ormai si conoscevano da anni, erano intimi e per questo Axel riusciva a comprendere le sfumature dei suoi sguardi e dei suoi silenzi, ma lei lo aveva sempre tenuto fuori dalle questioni del suo passato. Erano cose che non gli appartenevano e non voleva condividere il suo dolore con altri.
"Tra qualche mese ci sarà il ballo di fine anno" Axel spezzò di nuovo il silenzio parecchi minuti dopo, quei momenti di quiete tra di loro erano sempre confortevoli anche in momenti del genere. Si distese con la schiena sul materasso e portò l'amica giù con se, con lo sguardo rivolto verso il soffitto "Voglio vederti in gran forma per quel giorno"
"Non ho interesse per queste cose, l'anno scorso ho passato la serata nel retro della palestra a vomitare tutto l'alcol che avevo buttato giù" Larxene ricordò quella giornata con una celata malinconia e una punta di divertimento. Non era stata esattamente la serata che tutte le ragazze del liceo sognano e magari pianificano da anni. In realtà invece di un vestito da sera aveva indossato un lungo soprabito di pelle nera e un costumino a due pezzi e aveva scorrazzato sul pick-up di Xigbar.
"Quest'anno invece sarà speciale" annuì Axel con convinzione, era come se con tutti quei piani volesse auto convincersi che sarebbe andato tutto bene nei prossimi mesi, che Larxene si fosse tenuta fuori da tutti i guai "Tu sei all'ultimo anno, devi portare con te dei bei ricordi per la fine della scuola"
"Certo.. come se ce ne fossero"
"Permettimi di regalarti il vestito"
"Che diavolo ti salta in mente?" la bionda rise di cuore alla battuta fatta dall'altro ma quando si specchiò nello sguardo dell'altro vide una faccia seria e determinata.
"Voglio che tu sia la più bella lì" dichiarò "Io non so neanche se ci sarò, sai dipende tutto da Rox... però voglio che almeno tu passi una bella serata prima della fine dell'anno!"
Larxene studiò a fondo l'espressione dell'altro e si impresse nella mente quegli zaffiri che sembravano risplendere di luce propria. Alla fine sbuffò e con un certo divertimento tornò a fissare il soffitto.
"Moore, a volte ti preoccupi troppo per gli altri piuttosto che di te stesso"
"A me basta vedere tutti felici" fu la nota di chiusura del rosso.
Quella volta ci teneva ad essere lui a mettere il punto fine alla loro conversazione.
***
"Io ho cercato di salvarti, Roxas... non volevo arrivare a questo però ho tentato in tutti i modi di salvarti"
Xemnas si girò un'ultima volta verso la finestra che dava sul giardino, all'orizzonte si intravedevano le volanti della polizia appostate sul ciglio della strada e gli elicotteri che volavano sulla scuola. Sorrise impercettibilmente e poi ci fu uno sparo improvviso.
Roxas spalancò gli occhi e scattò a sedere in preda a un irrefrenabile desiderio di scappare il più lontano possibile, come se non riuscisse a distinguere il confine tra la realtà e il sogno. Il sudore scendeva lungo la sua tempia e gli aveva attaccato qualche ciuffo alla fronte, e il respiro era irregolare da risultare così doloroso che provò persino a tapparsi naso e bocca. La gola, i polmoni e il torace gli andavano a fuoco, cercò di ignorare il dolore pulsante della ferita che gli avevano fatto poco dietro la schiena ma questo non bastava a placare le fitte che gli scuotevano il corpo.
Si portò le gambe strette al busto e si raggomitolò su sé stesso, e con una mano si strinse il petto che batteva così forte da fargli male.
"Calma" sussurrò a sé stesso con voce strozzata, sentendo le vertigini che lo stavano assalendo "Hai... hai fatto solo... un brutto sogno... proprio come oggi " continuò con il fiatone, alternando le parole a qualche colpo di tosse secca. Appoggiò la fronte sudata sulle ginocchia e fece un enorme sforzo per rimanere concentrato su se stesso. Doveva rimanere buono e tranquillo e non lasciarsi trasportare dai ricordi, dopotutto proprio quel pomeriggio aveva rischiato seriamente di avere qualche altra crisi.
Poche ore prima infatti si era svegliato con le sue grida irrefrenabili che lo assordavano, cercavano un barlume di sollievo da tutte le scene che si ripetevano all'infinito nella sua mente. Le immagini erano così vivide che sembrava di trovarsi ancora sul pavimento della scuola, il sangue di Axel, lo sguardo vacuo di Vaan e l'espressione sconfitta di Xemnas che lo perseguitava. Le lacrime scendevano incontrollate dai suoi occhi, il respiro era corto e il cuore aveva perso il controllo. Si prese la testa tra le mani e si raggomitolò in posizione fetale, sembrava quasi un attacco di panico ma sapeva che presto sarebbe successo altro. Tutto faceva male, sia la testa che il fisico, ma quello che faceva più male era sapere che non era riuscito a fare niente per evitare che tutto quello accadesse. La colpa era stata sua perché aveva istigato Xemnas, l'aveva fatto arrabbiare di proposito perché voleva rovinargli la giornata come pensava che gliel'avesse rovinata la vista di Axel ridere e scherzare con un gruppetto di cheerleader. Sua madre e un'altra infermiera erano subito accorse non appena avevano sentito il monitor impazzire a causa sua, e presto si sentì avvolto dal calore delle braccia di sua madre che intanto gli ripeteva che era tutto finito e che andava bene ora. Ma in realtà non andava niente bene perché due persone erano morte per colpa sua mentre lui era ancora lì.
"Axel?" chiese senza ascoltare nient'altro, Aerith gli assicurò che stava bene ma al ragazzo non bastava "Dov'è Axel?" ripeté di nuovo con voce leggermente più calma, iniziava a sentirsi intorpidito, non sentiva neanche più le braccia di sua madre che lo stringevano al suo petto.
"Stai tranquillo, è nella stanza accanto alla tua" sussurrò massaggiandogli gentilmente la schiena.
"Voglio Axel"
"Appena starai meglio potrai vederlo" Aerith gli sorrise e lo fece stendere di nuovo adagio, e lo coprì con le coperte "Però devi riposare adesso"
"Non volevo che succedesse tutto quello..."
"Lo so, tesoro. Non è colpa tua"
Sì che era colpa sua. E contro la sua volontà si ritrovò di nuovo avvolto dall'oscurità, spazzato via dalla stanza in cui si trovava.
Roxas era esausto, per lunghe ore aveva oscillato avanti e indietro, attraverso la linea che separava il sonno e la veglia, lo avevano riempito di tranquillanti perché qualsiasi dolore era scomparso, anche quello della sua anima, ma ora l'effetto degli antidolorifici era scomparso.
Con la testa ancora appoggiata sulle ginocchia voltò il viso alla sua sinistra dove c'era un'ampia finestra. Era scesa la notte. Le luci della città apparivano come stelle luminose là fuori e la pioggia continuava a scendere.
Sua madre era appollaiata su una poltrona lì vicino, con una coperta addosso, e non si era svegliata neanche con il rumore irregolare che emetteva il monitor multiparametrico a causa del suo risveglio così brusco. Respirò profondamente prima di sporgersi verso quell'affare e lo spense per non disturbare ancora sua madre. L'unica fortuna era che ormai dopo tutti questi anni riusciva ad usare quei marchingegni anche ad occhi chiusi.
Doveva vedere Axel. Era vicino, appena oltre il muro che li separava, stando alle parole che gli aveva detto sua madre. Non poteva aspettare ancora, doveva assicurarsi che stesse davvero bene. 
Senza rifletterci oltre, si disfò di tutte quelle cose che gli avevano attaccato addosso per tenerlo monitorato e lentamente scese dal letto. Appena toccarono il suolo le sue gambe vacillarono a causa del lungo disuso e il biondo fu costretto a tenersi appoggiato a qualcosa per reggersi. Roxas era stanco, le energie erano ancora poche ma era riuscito a passare accanto a sua madre senza svegliarla e arrivare alla porta con successo.
All'improvviso la donna si mosse di scatto e immediatamente Roxas si appiattì al muro, rimase immobile in quella posizione per un paio di minuti, con il cuore in gola. Sua madre non si mosse più, dormiva ancora, e a quel punto il ragazzo si lasciò scappare un sospiro di sollievo prima di riprendere il suo tragitto. Appoggiò l'orecchio alla porta e francamente pregò che non soggiungesse nessun altro a rovinare tutto il suo duro lavoro.
A parte il respiro regolare di sua madre non si udiva niente, i corridoi erano silenziosi e non sembrava esserci nessuno nei paraggi. Non poteva permettersi di indugiare ancora, così, senza fare rumore, aprì la porta alla cieca e sperò nel meglio.
Roxas esitò per un istante, incerto sulla direzione che doveva prendere, perché sua madre non gli aveva specificato in quale "stanza accanto" stava Axel. Rimase appoggiato al muro giusto per qualche secondo in più e si concentrò a prendere fiato, senza la bombola aveva qualche difficoltà ma per il momento ce l'avrebbe fatta. Axel era vicino e solo questo contava.
Raggiunse la prima porta che vide e indugiò ancora, chiedendosi questa volta se forse fosse stato meglio rimanere a letto e attendere di sentirsi meglio prima di vedere il rosso, dopotutto non gli avrebbero permesso di rimanere lì a lungo, lo avrebbero riportato nella sua stanza non appena sua madre o qualche infermiera se ne fosse accorta. Però doveva vedere Axel, non riusciva a cancellarsi la memoria il corpo del suo ragazzo intriso di un rosso più scuro del colore dei suoi capelli e gli occhi velati dal dolore. Di quello che era successo poi aveva così pochi ricordi che niente poteva dirgli che Axel stesse davvero bene.
Aprì la porta ed entrò nella penombra.
Era la stanza giusta. Non c'era nessun altro con quella capigliatura così selvaggia. I suoi capelli erano sparsi sul cuscino alla rinfusa perché gli dava fastidio tenerli legati quando dormiva, sul ripiano vicino al letto erano esposte una serie di cartacce di tutte le barrette di cioccolata che doveva aver consumato la sera prima e in volto aveva un'espressione rilassata, dormiva profondamente, con le labbra appena dischiuse. Quello era il suo Axel, stava bene proprio come gli aveva detto sua madre.
Mosse qualche passo per avvicinarsi al letto e accennò un leggero sorriso mentre si sedeva accanto a lui, un sorriso malinconico. Come aveva potuto lasciare che accadesse qualcosa del genere ad Axel? Perché Axel e non lui? Axel era una persona così buona e gentile.
Roxas si sedette sul materasso e lo guardò a lungo.
Perché non potevano essere felici?
Perché tutte le persone a lui care soffrivano?
Perché la vita faceva così male?
"Ax" sussurrò impercettibilmente alzando la gamba sul materasso e appoggiò il braccio destro sul ginocchio. Avrebbe voluto avvicinarsi di più a lui e abbracciarlo, raggomitolarsi tra le tue braccia, ma non lo fece. Axel aveva bisogno di riposare e non voleva disturbalo. Al contrario, optò per parlargli, perché ogni volta che lo faceva, anche al telefono, si sentiva sempre meglio. Axel era sempre una soluzione per lui, anche se il rosso non aveva soluzioni. Parlò piano, come faceva spesso quando stavano insieme e alla fine Axel si addormentava durante il film che non aveva scelto. Roxas si portò un braccio al volto e si sfregò gli occhi "Ax, secondo te perché viviamo? A cosa serve affannarci ogni giorno nei doveri quotidiani? Chi siamo noi per decidere cosa è giusto o sbagliato?... ma soprattutto, siamo noi a decidere della nostra vita o è già scritta? Ogni mattina ci svegliamo senza sapere cosa potrebbe accadere: un bel voto a scuola, essere ammessi al college che avevi scelto, ottenere il lavoro dei propri sogni, incontrare l'anima gemella, dover dire addio a una persona cara... oppure non risvegliarsi più. Ti sei mai chiesto se siamo noi a creare certi momenti oppure se sono le opportunità, gli imprevisti a creare noi e le nostre scelte?" Roxas si stese a testa in giù sul letto, vicino al suo ragazzo ma attento a non farlo svegliare e fissò lo sguardo sul soffitto "Axel, secondo te quanto ci vuole a cambiarci davvero  la vita? Gli anni della scuola? L'università? Il matrimonio? Io credo che la vita può cambiare da un momento all'altro... anche  con un semplice sguardo"
Il mio nome è Axel. L'hai memorizzato?
Spero di rivederti presto...e se non è tanto presto ricordati del mio nome, un giorno potrai vedermi in tv all'NBA”

"Ho bisogno di un tutor" 
"Lo so. Attendi, ti riempio il modulo"
"Non dovrei farlo io?"
Roxas socchiuse gli occhi e si portò una mano sulla guancia per lavare via una lacrima solitaria che era scesa contro la sua volontà "Un semplice sguardo può cambiare una vita"
"Quello è il mio fermaglio!
Sei stato davvero gentile, per me è molto importante.
Roxas...è così che ti chiami vero?

"La vita cambia. Noi cambiamo" riaprì gli occhi e tornò a fissare il soffitto, si sentiva sempre più debole, la stanchezza si stava pian piano impossessando di lui "Ax, credi che sia possibile tornare a quando eravamo felici? Posso tornare indietro nel tempo e mettere a posto tutti i miei errori?"
Roxas non ricevette alcuna risposta ai suoi dubbi.
Il fatto è che le storie non finiscono sempre come quelle favole che si raccontano ai bambini, a volte rimane l'amaro in bocca. Alcuni si perdono sul cammino e altri dimenticano il motivo per cui combattevano. Ma se c'è ancora qualcuno per cui vale la pena vivere, qualcuno per cui vale la pena lottare e superare tutte le sfide che il destino che pone sulla strada, allora bisogna stringere i denti e proseguire fino allo stremo delle forze. Perché se c'è qualcuno che tiene ancora a te allora qualsiasi crepa può essere riparata. Finché c'è qualcuno che si ricorda di te non è ancora detta l'ultima parola.
Senza accorgersene, Roxas si lasciò andare al conforto della sua incoscienza, dove niente e nessuno avrebbe potuto disturbarlo, cullato dai respiri di Axel come se fossero la sua ninnananna.

***

Marluxia sedeva sulla punta del letto, con le gambe accavallate e lo sguardo rivolto sulla figura di Larxene che gli dava le spalle. Da quando era entrato in quella stanza la ragazza non gli aveva neanche rivolto la parola, solo una fugace occhiata per indicare che sapeva della sua presenza e poi si era rifugiata di nuovo nel suo mondo interiore. Aveva lo sguardo basso Larxene, non c'era nessun desiderio, nessun barlume di quella fierezza che contraddistingueva il suo sguardo, neanche un briciolo di furore scuoteva le sue carni. Aveva le braccia conserte e guardava la finestra, l'unica cosa che staccava dalla monotonia delle pareti bianche. Era così fragile in quel momento che sembrava una fogliolina ingiallita in procinto di cadere dal suo ramo.
"Larxene, per piacere"
"Non ho niente da dire"
"Eppure il tuo silenzio è così rumoroso..."
"Hai scelto il giorno sbagliato per venire, tra non molto mi dimettono"
"È così allora? Hai deciso di fuggire?"
"Non ho deciso di fuggire" Larxene esitò prima di continuare "Questa è la mia vita, questo è il mio corpo, se è destino preferisco pagare per i miei errori piuttosto che ridurmi a un cadavere che cammina come Roxas"
"Sei molto dura con te stessa e con Roxas"
Dopo quella constatazione scese tra di loro un pesante silenzio, Marluxia rimase pazientemente in attesa senza mai scollare lo sguardo dalla sua amica. Quella situazione stava degenerando sempre di più e non c'era molto che si potesse fare a riguardo, Larxene si strinse nelle spalle e sembrò ancora più minuta di quanto non fosse già.
"Non fraintendere, mi ci sono affezionata" riprese dopo qualche lungo minuto di tormento interiore, anche se le sentiva quelle parole erano difficili da pronunciare "Ormai lui è tutto quello che mi resta del passato, assieme a questo" si portò una mano all'altezza dell'addome "Roxas mi ricorda le cose belle del passato mentre il mio corpo tutte le stronzate che ho fatto"
"Che piani hai adesso?" domandò Marluxia appoggiando le braccia sul materasso e reggendosi su di esse.
"Piani?" Larxene si voltò all'improvviso verso il suo interlocutore, con gli occhi sgranati "Che piani posso mai avere secondo te? Ho il geostigma, questa notizia mi è bastata...anche se stranamente non mi ha colpito quanto quella volta che mi hai trovato dopo l'overdose e mi hai portato qui. La prima volta fa male ma la seconda no perché ti sei già preparato alla morte. Ho sempre nutrito forti dubbi sulla mia malattia ma ero troppo distrutta per interrogarmene. E quando pochi giorni fa mi hanno rivelato che io non avevo il cancro allora ho avuto la conferma che c'era davvero qualcosa sotto, proprio come dicevi tu. Mi hanno spiegato che il governo ha impedito la divulgazione di qualsiasi informazione riguardo il geostigma, mia madre sapeva tutto ma ora che sono maggiorenne era mio diritto sapere. Il geostigma è come un virus che si propaga in tutto il corpo, non puoi sconfiggerlo rimuovendo solo la parte marcia... è come il cancro, devi fare la chemio per sbarazzartene davvero"
Marluxia però non rimase sconfitto dal tono accusatorio dell'altra, rimase fermo nella sua sfacciata testardaggine.
"Perché non ti sottoponi alle cure?"
"Te l'ho detto, non voglio ridurmi come Roxas"
"Ma tu non sei messa come lui"
La bionda ridacchiò amaramente e scosse la testa in senso di diniego, per quanto potesse essere inquietante la situazione la divertiva quasi.
"Ti sbagli, io sono messa peggio di lui" ammise portandosi vicino allo specchio dentro l'armadietto dove aveva riposto tutti i suoi beni e afferrò la pochette del trucco "I medici non facevano altro che dire che io sono a uno stadio molto più avanzato perché non seguo le cure, ormai ho il corpo ricoperto di macchie nere..." fece una lunga pausa durante la quale si passò con cura quasi maniacale del rossetto sulle sue labbra appena rosate. Era rosso sangue, proprio come quello che scorreva nelle sue vene; proprio come quello che macchiava i corpi esanimi di alcuni dei suoi vecchi amici, che avevano scelto di porre fine alle loro squallide vite con qualche dose vinta prendendosi a coltellate. Cremisi che contrastava sulla neve ai bordi delle strade. La sua pelle era bianchissima "Roxas invece ne ha solo una e anche piuttosto piccola, me l'ha rivelato non molto tempo fa... ma sono sicura che non sappia in realtà cosa sia. Ad ogni modo so che ha già preso parte a due o tre sedute di cura e, nonostante ciò, non lo vedo molto migliorato"
"Lo stanno usando come cavia da laboratorio perché lui è l'ultimo rimasto" replicò Marluxia scrutando dallo specchio Larxene intenta ad adornarsi il volto e a quel punto si alzò e la raggiunse da dietro. Prese una spazzola dalla mensola dell'armadietto e cominciò a pettinarle i capelli, questa volta però non glieli lasciò all'indietro come era solita fare lei, li portò in avanti in modo che le incorniciassero il viso. Sembrava una donna. "Però credo che stia traendo qualche vantaggio. Già il fatto che la malattia sia rimasta confinata in un punto è una cosa buona. Lui soffriva di cuore già da prima di ammalarsi ed è questo che l'ha penalizzato"
"Io rimango ferma nella mia idea" replicò lei alzando lo sguardo sul ragazzo, un nuovo fuoco vibrò nei suoi occhi verdi "Tutto quello che farò sarà ricambiare il mio favore a Roxas perché lui è stato l'unico a prendersi cura di me, Xion e Vani senza mai chiedere niente. Farò in modo che continui a vivere, fosse l'ultima cosa che faccio"


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¹ Levitico 24, 19-20
² Genesi 3: 17-19
³ Radcliffe era un college femminile privato a Cambridge, nel Massachusetts (ogni volta sbaglio sempre a scriverlo quindi perdonate eventuali errori), e si potrebbe definire come la controparte di Harvard che invece era maschile. Nel 1999 le due università si sono fuse e nel campus di Harvard è nato il Radcliffe Institute for Advanced Study
⁴ Chelsea a New York è un quartiere culturale multietnico molto frequentato dalle comunità gay
⁵ Great Meadow Correctional Facility è un carcere di alta sicurezza nello stato di New York




THE END.
Piaciuto il finale?
No, sto scherzando, la storia non è conclusa... ma ci avevate sperato, ammettetelo!

Avevo detto che avrei aggiornato ad Ottobre e ho mantenuto la mia parola \(çwç)/. Questo capitolo è stato un vero pain in the ass, giusto per essere fini. Non voleva uscire, non voleva svilupparsi, niente di niente. Il problema è che scrivo solo quando devo studiare, e ora ho proprio tanto da studiare. 
Mi ha fatto molto piacere sapere che il capitolo scorso vi sia piaciuto, molti di voi mi hanno contattato in privato e se l'hanno fatto rispetto la vostra scelta di privacy per non far sapere al mondo intero dei vostri problemi e/o pensieri.
Dato che non posso parlare di voi, spenderò giusto due parole su di me. Come ho detto a qualcuno sono felicissima di sapere che la mia storia abbia aiutato concretamente - a pensarla in un modo, a vedere le cose in un altro, mettetela come volete - qualcun altro mi ha anche detto che do degli insegnamenti morali. La verità è che io scrivo per non essere sola con me stessa e non pensare. Ho avuto e ho tuttora qualche... disagio (?) - buttiamoci sul ridere anche se non lo è affatto - e questa fic è il risultato della mia vita, del mio andare avanti, del mio cercare di uscirne. Questo è il mio modo di vedere il mondo e affrontarlo.
Questa storia quindi diciamo che è un "scrivi che la scrittura ti aiuta". E' un percorso di formazione e di ripresa, e il sapere che aiuta anche altri non fa che rendermi ancora più motivata a continuare - e non parlo solo della storia.
Sappiate solo che non è oro quel che luccica, ognuno può avere i suoi problemi, nessuno è perfetto, ma non lasciatevi scoraggiare perché qualsiasi cosa si può risolvere. Prendetevi cura di voi stessi <3

Piccola nota riguardo il capitolo: nella frase iniziale in corsivo e nell'ultima in corsivo del capitolo 20 è Xemnas a parlare. Non so se si capiva ahahah.
Nota n.2: mi rendo conto che non tutti sono ben addentrati in final fantasy da cui traggo molti personaggi, quindi giusto per farvi un'idea Elena in questo capitolo è più giovane e ha questo aspetto [x]
Nota n.3: vi è piaciuto tutto l'angst? Sì? No? Fa niente, dal prossimo alleggeriremo un poco il tono altrimenti qui davvero si suicida qualcuno. Non so quando aggiornerò (sicuro non prima di natale) quindi vi darò qualche breve antipasto: si festeggerà il compleanno di qualcuno, ci sarà una coppia in crisi, il ballo di fine anno e arriverà un nuovo personaggio creare confusione e far nascere gelosie.
Appuntamento ai prossimi capitoli di Viva la Vida 2 - la sitcom.
Okay, vi sto trollando di nuovo ma ci saranno davvero quegli sviluppi... e l'angst non mancherà, se ci sono io c'è pure l'angst.


Dato che qualcuno mi ha anche chiesto di fare una playlist con tutte le canzoni che includo nella storia ecco anche questa {link}

Ringrazio a tutti quelli che leggono, che mettono la storia tra le preferite, chi suggerisce la fic e la scopre tramite passaparola, chi mi ha messo tra gli autori preferiti, ma soprattutto tutti quelli che donano l'1% del loro tempo per farmi felice con le loro recensioni e un grazie particolare anche al mio beta Kronohunter25
Vi auguro uno splendido autunno con tante suggestive foglie gialle e arancioni e buona fortuna con tutti i vostri impegni. See ya!
Faith
   
 
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