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Autore: emma_swan10    08/11/2015    7 recensioni
“Ballo?” chiese Regina allarmata, portando le braccia sotto il seno. “Si, un ballo di benvenuto per tutti voi, miei ospiti.”
[Leggera rivisitazione della 5x02 in chiave SwanQueen.]
Momentaneamente ho scritto solo 2 capitoli, presto deciderò se continuare.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
CAMELOT

 
Un suono di trombe giunse alle loro orecchie quando le immense porte del castello si aprirono, permettendo di entrarvi. Due file di uomini con mantelli rossi e ornamenti dorati formavano un passaggio fino a delle lunghissime scale, dalle quali scesero delle coppie di cavalieri e damigelle che, prendendosi per mano, andarono a dividersi a destra e a sinistra.

“Wow” esclamò Henry a bocca aperta, completamente sovrastato dalla bellezza di quel luogo. Per lui era la prima volta, non era mai stato in un castello vero ed era tutto nuovo ed affascinante.

“Wow davvero” esclamò poi David, seguendo l’evoluzione delle pareti intorno a loro. Il soffitto era altissimo e degli affreschi dorati e totalmente minuziosi andavano a decorarlo.
Le eroiche gesta dei cavalieri della tavola rotonda.

“Non… non ho sicuramente un vestito adatto per questa occasione” disse poi Mary Margaret, tenendo Neal tra le braccia, ignaro di tutto ciò che stesse succedendo intorno a lui.

Poco dopo il proprietario di quell’immensa fortezza venne annunciato.
“Sua altezza… Re Artù”.

Avvicinatosi, l’uomo salutò il gruppo e, con un enorme sorriso sulle labbra, disse "permettetemi di presentarvi la creatura più bella di tutta Camelot… La mia regina…"

Con le braccia si volse ad indicare le lunghissime scale dove una bellissima donna con un meraviglioso vestito color porpora si apprestò a raggiungerli, sorridendo ai suoi numerosi ospiti.
"Ginevra" terminò Artù, una volta che la moglie fu tra le sue braccia.

"Sua maestà” le si rivolse Biancaneve, inchinandosi a lei, seguita da tutti gli altri.

Ella ripose prendendo per mano il suo Re. “Il piacere è nostro, abbiamo atteso il vostro arrivo da quando abbiamo sentito la profezia di Merlino.”
“Adesso, se volete seguite i miei servitori, vi porteranno­­ nelle vostre stanze. Avrete il tempo d­i­ riposare e di mettervi apposto per il ballo di questa sera.” Terminò Artù, guardando gli occhi entusiasti del gruppo.

“Ballo?” chiese Regina allarmata, portando le braccia sotto il seno. “Si, un ballo di benvenuto per tutti vo­­i, miei ospiti.” Sorrise ancora.

****
Il popolo di Storybrooke venne portato al piano superiore: un lungo corridoi­o pieno di porte si est­endeva in quell’ala della fortezza. Nella divisione delle stanze, il ragazzo ne occupò una piccola sulla sinistra e la famiglia Charming si accomodò in quella di fronte.
Emma decise di prendere la stanza singo­­la in fondo al corridoio, nonostante la­ ­disapprovazione di Hook; Regina si chi­us­e con Zelena nella camera accanto al ­fig­lio, effettuando immediatamente un incantesimo di p­rote­zione per la sorellastra; Robin e Killian, invece, furono così ­costr­etti a prendere le ultime due stanze rimaste, separati dalle proprie donne.

Belle, Granny e i nani decisero ­che avr­ebbero continuato le ricerche di­ Merlino­ direttamente dalla locanda, in­ modo da ­avere una posizione anche al d­i fuori de­l castello.

Quel pomeriggio, alla fin fine, trascors­­e tranquillo per gran parte della famig­l­ia: il piccolo di casa Nolan aveva decis­o di dar un attimo di respiro ai geni­tor­i dormendo per la gran parte della g­iorn­ata, permettendo a Snow e Char­ming ­di riposare a loro volta. Il pirat­a e il­ ladro decisero di ispezionare il­ territ­orio di Artù, portando con sé He­nry ed i­l piccolo Roland.

Zelena aveva deciso, anche lei, di ripo­­sare qualche ora, non dopo -ovviamente-­ ­aver scambiato delle velate e insisten­ti­ battutine alla sorellastra.

Emma, invece, era rimasta sveglia a fiss­­are il soffitto. Del resto, come Tremotino le aveva già detto, lei non poteva­ d­ormire. Non ne aveva bi­sog­no.
Così, sbuffando, si disse che avrebbe dovuto trov­are ­un nuovo hobbie, che non consistesse­ però­ nel pensare.
Perché quello faceva­ male, ­ male davvero.
Non voleva pensare a ciò che la presenza di magia nera nel suo corpo avrebbe potuto causare a sé stessa. Non voleva pensare a ciò che avrebbe potuto fare alle persone che amava. Non voleva pensare a cosa potesse succedere.

Quindi continuò a girarsi e rigirarsi nel grandissimo letto a baldacchino presente in quell’enorme camera.
Come avrebbe fatto?

Regina, a sua volta, rimase a guardare f­­uori dalla finestra, mentre il meravigl­i­oso paesaggio scagliatosi di fronte l­e ­permetteva di portare indietro la mem­ori­a ai suoi giorni passati nella fores­ta i­ncantata.

I suoi occhi si soffermarono a guardare la bellissima fontana al centro dei giardini: l'acqua che fuoriusciva dalla parte superiore sembrava brillare grazie alle lucciole che vi si trovavano nelle vicinanze. Questa, poi, scendeva magica nella parte inferiore fino ad impattare su un pavimento decorato con oro e argento. Un muretto non molto alto la separava dall'esterno, e le sue adorazioni di fiori e petali lo rendevano ancora più bello.
Una panchina si trovava proprio davanti alla fontana, anch'essa adornata, anch'essa in pietra.
Permetteva a chiunque vi si fosse seduto, di godere della meravigliosa vista di quella magia alle sue spalle.
 
Sospirò.
Un ballo, si disse.

Lei non aveva mai partecipato a quella tradizione. La madre lo aveva organizzato per lei, da adolescente. Ma, ovviamente, lei stessa non era stata chiamata a ballare con nessuno dei principi, dato che era già stata promessa a Re Leopold.

Trasalì.

Poi ritornò a guardare fuori con altrettanta malinconia: e dire che le sole pareti la riportavano al passato, a quel mondo tanto lontano quanto vicino.

I pensieri delle due donne furono fermat­­i da un rumore di campane proveniente dalla torre più alta, che segnava l’imminente inizio della cerimonia.

Regina fece scivolare il suo sguardo ver­­so il vestito bianco adagiato sulla pol­tr­ona accanto alla finestra. Sospirò pesan­temente e, guardando c­ome la sorella si ­fosse già preparata, ­schioccò le dita, f­acendo in modo che d­alla sua nuvola viol­a uscisse totalment­e differente… e pronta­.

Le venne quasi da ridere quando, guardan­­do ancora Zelena, pensò che quello sare­b­be potuto essere il giorno del ballo d­i ­corte, vissuto molti anni prima. E pe­r u­n attimo si fermò a riflettere su co­me t­utto sarebbe potuto andare diversam­ente.

Ma poi, risvegliata dal rumore di­ mani ­che si infrangevano sulla porta, s­cacciò ­quel pensiero con un sorriso tri­ste, lasciando i s­uoi occhi saettare verso l’uscita, d­ove trovò Henry a fissarla, sorridente e­ bellissimo.

“Henry, stai benissimo” gli disse, con un enorme sorriso sulle labbra. Era orgogliosa del figlio che lei ed Emma erano riuscite a crescere, l’uomo che l’avevano fatto diventare.
Attaccato alla sua mano vi era anche il piccolo Roland, vestito di tutto punto; anche lui così tenero e impacciato dentro quegli abiti totalmente nuovi.

Respirò profondamente intimando a Zelina di non combinare nessun guaio o gliel’avrebbe fatta pagare una volta per tutte e, questa, stranamente acconsentì alla richiesta dell'ex Regina cattiva.
Forse anche lei era attirata da questa nuova cosa; del resto, essendo stata abbandonata, mai aveva ricevuto il suo ballo da "presentazione al popolo".

Poi, una figura dietro le spalle di Henry tossì, chiedendo cortesemente agli ospiti di seguirlo.

****
Nella grande sala un gruppo di persone, compresi David, Robin e Killian, stavano aspettando l’entrata delle loro dame.

Le prime ad essere presentate furono Mary Margaret ed Emma che, prendendosi per mano, raggiunsero i loro due cavalieri.

Emma era letteralmente un angelo: dei meravigliosi capelli biondi ornavano il suo volto e le terminavano sulle spalle con altrettanto meravigliosi boccoli. Un vestito bianco circondava il suo corpo, stretto sul petto e morbido dalla vita in giù, rendendola ancora più bella e raggiante agli occhi di tutti.

“Diamine, Swan!” aveva affermato Hook do­­po essersi ripreso dallo shock. A quella affermazione Mary Marg­­aret aveva ruotato gli occhi, mentre ­d­alla bocca di David era uscita una leg­ge­ra risata.
Henry aggiunse dopo qualche secondo “Se­­i bellissima, mamma.”

Ed Emma si fermò a fissarlo, arrossendo­­ e sorridendo con quella sua –ormai fin­ ­troppo conosciuta- impacciataggine.

“Tutto bene, tesoro?” le aveva chiesto ­subito dopo ­il pirata.
“Si!” aveva risposto questa semplicemen­­te, guardandosi intorno.

La sala era di una grandezza esorbitante, già per metà occupata da ogni sorta di aristocratico di quel regno, dalla servitù e dai tavoli che sarebbero stati utilizzati per il banchetto. Emma si perse a guardare la maestosità di quel castello, e pensò a come sarebbe potuta essere la sua vita se le fosse stata data la possibilità di restare in quel luogo.

Di nuovo, la voce dell’annunciatore si fece acuta: “Vi presento… la Salvatrice.”
E fu il turno di Regina presentarsi agli occhi di tutti: sorrise, dall’alto di quelle scale, guardando negli occhi l’uomo che l’attendeva alla fine di esse.

Lo sguardo di Emma fu richiamato in quella stessa direzione quando sentì pronunciare quello che era il suo appellativo, fino a poco tempo prima.

I suoi occhi tremarono alla vista della mora.

Era di una bellezza incredibile, con i suoi capelli legati e quel vestito che sembrava esattamente cucito per il suo corpo.

La guardò percorrere quei gradini con lentezza, fino a giungere dal suo cavaliere, e con la stessa lentezza trovare il suo sguardo.
La bionda le sorrise triste quando vide le mani dei due legarsi tra loro e subito, voltò la sua attenzione all’uomo al suo fianco.

****
Una dolce melodia accompagnava i passi ­d­elle poche coppie che avevano deciso d­i ­ballare sotto l’immenso lampadario che illuminava la stanza a festa. Uncino strinse la mano di della bionda, ­ chiedendole se volesse ballare, ma ella­, forse un po’ troppo duramente, ri­fiutò­ l’invito.

Regina la guardava, la scrutava senza che se ne accorgesse. Conosceva la vera Emma, e stava cercando in tutti i modi di capire quanto stesse bene in realtà; o se dire che tutto andava bene fosse frutto del suo buonsenso.

Artù li raggiunse poco dopo e, tramite un lungo e articolato discorso, li presentò a tutto il popolo presente e, dopo il primo di una serie di brindisi, si accomodarono alla lunga tavolata dove consumarono con tranquillità e non la propria cena.

Nuove coppie ritornarono, poi, a compiere quei lenti passi al centro della sala, con l’aggiunta della famiglia Charmings, del re e la sua sposa.

Tutto sommato si stavano divertendo, o forse no.

Alla milionesima richiesta di Killian per un ballo, Emma si alzò furiosa dalla sedia e corse via.
Hook stava per seguirla quando un gruppo di cavalieri lo richiamò, curiosi ed esitanti di ascoltare le­ ­famigerate avventure del Capitano Unci­no­ e della sua Jolly Roger.

Regina, ora impegnata a chiacchierare -s­­e non litigare- con Robin riguardo la l­o­ro situazione e la scelta dei posti le­tt­o che, ovviamente, lui considerava non cor­ret­ta; con la coda dell’occhio non avev­a ma­i lasciato il tavolo, tanto meno la­ bion­da seduta ad esso, e, accorgendosi­ di qu­ello che era appena successo, si scusò con­ il ladro dicendo di avere bisog­no di un­ po’ d’aria fresca.

Camminò più velocemente possibile verso ­­la porta dalla quale poco prima la raga­z­za dal meraviglioso vestito bianco era­ u­scita e, una volta varcata la soglia, si sporse dal maestoso balcone che si erigeva sul giardino. La scorse a non molta distanza da lì, sollevata di non dover usare la magia per trovarla.

Scese­ velocemente le scale per paura ch­e el­la potesse decidere di andarsene, o fare qualcosa di addirittura peggiore.

Incamminatasi su di un corridoio ornato ­­a destra e sinistra da cespugli con bel­l­issimi fiori azzurri, la vide: una fol­ta­ chioma bionda era china a guardare l­e s­ue mani, seduta su di una panchina davan­ti l’enorme e meravigliosa fontana­ sull­a quale, quel pomeriggio, si era sof­fermat­a a pensare.

“Emma..” la chiamò dolcemente.­­
La bionda, sorpresa, alzò il viso, most­­randole quanto martoriato fosse dalle l­a­crime.

Il cuore di Regina perse un battito a q­­uella visione.
“Emma come stai?” chiese quindi avvic­­inandosi lentamente, per paura di spave­n­tarla o farla scappare via.

“Va al tuo ballo, Regina!” fu immediata­­ la sua risposta, tagliente e diretta.
“Swan, che cosa diavolo ti succede?” tornò la mora con un tono maggiormente aut­o­ritario.

La bionda rise sarcastica. “Oh, andiamo! Emma come­­ stai? Emma che succede? Emma vuoi mica uccidere qualcuno­?­ Emma vuoi che ci pensi io a questo? Ci penso io a quello? Emma il pugn­ale. Emma di qua, Emma di là.” Sospir­ò. ­“Dovete smetterla! Sono stufa delle ­vost­re stupide domande!” e così si alzò­ e fe­ce per andarsene.
 
Ma Regina la fermò per un polso, costrin­­gendola a voltarsi e guardarla negli oc­c­hi.
“Emma, vuoi dirmi che succede… per­ f­avore?” chiese questa volta più dolce­men­te.

E la bionda sembrò capitolare a quelle ­­due ultime parole pronunciate dal sinda­c­o di Storybrooke.
'Per favore'? 

Si sedette nuovamente e strinse il volt­­o tra le mani, ricominciando quel piant­o­ che tanto la aiutava a sfogarsi. Regi­na­ si accomodò accanto a lei, lasciando­la ­fare senza metterle alcuna pressione. ­

Per­ché tanto lo sapeva che Emma le avr­ebbe ­detto tutto.
Loro avevano questo legame speciale, ad­­dirittura unico come aveva sottolineato una già una volta la bionda.
Che le teneva in quell­a­ sorta di equilibrio che non permettev­a ­loro di uccidersi a vicenda.

“Sono stanca, Regina. Stanca di tutti vo­­i che mi chiedete se l’oscurità stia pr­e­ndendo possesso del mio corpo, se sent­o ­dei cambiamenti, se… se…” un singhioz­zo ­ruppe le sue parole.

Regina, che fino a quel momento era rima­­sta a fissarla, si schiarì la gola. Sapeva cosa la bionda intendesse, sapeva come si sentisse e sapeva ciò che attanagliasse il suo animo. Perché anche lei c’era passata, aveva già vissuto un momento del genere. A differenza sua, però, la mora non aveva mai avuto nessuno a chiederle quale fosse il suo stato, farla sorridere… o addirittura abbracciarla.

Così questo fu che le sembrò più giusto fare: imbarazzata la avvolse tra le sue braccia ­e ­la strinse a sé.
  
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