Capitolo 1
CAMELOT
Un suono di trombe giunse alle loro orecchie quando le immense porte del castello si aprirono, permettendo di entrarvi. Due file di uomini con mantelli rossi e ornamenti dorati formavano un passaggio fino a delle lunghissime scale, dalle quali scesero delle coppie di cavalieri e damigelle che, prendendosi per mano, andarono a dividersi a destra e a sinistra.CAMELOT
“Wow” esclamò Henry a bocca aperta, completamente sovrastato dalla bellezza di quel luogo. Per lui era la prima volta, non era mai stato in un castello vero ed era tutto nuovo ed affascinante.
“Wow davvero” esclamò poi David, seguendo l’evoluzione delle pareti intorno a loro. Il soffitto era altissimo e degli affreschi dorati e totalmente minuziosi andavano a decorarlo.
Le eroiche gesta dei cavalieri della tavola rotonda.
“Non… non ho sicuramente un vestito adatto per questa occasione” disse poi Mary Margaret, tenendo Neal tra le braccia, ignaro di tutto ciò che stesse succedendo intorno a lui.
Poco dopo il proprietario di quell’immensa fortezza venne annunciato.
“Sua altezza… Re Artù”.
Avvicinatosi, l’uomo salutò il gruppo e, con un enorme sorriso sulle labbra, disse "permettetemi di presentarvi la creatura più bella di tutta Camelot… La mia regina…"
Con le braccia si volse ad indicare le lunghissime scale dove una bellissima donna con un meraviglioso vestito color porpora si apprestò a raggiungerli, sorridendo ai suoi numerosi ospiti.
"Ginevra" terminò Artù, una volta che la moglie fu tra le sue braccia.
"Sua maestà” le si rivolse Biancaneve, inchinandosi a lei, seguita da tutti gli altri.
Ella ripose prendendo per mano il suo Re. “Il piacere è nostro, abbiamo atteso il vostro arrivo da quando abbiamo sentito la profezia di Merlino.”
“Adesso, se volete seguite i miei servitori, vi porteranno nelle vostre stanze. Avrete il tempo di riposare e di mettervi apposto per il ballo di questa sera.” Terminò Artù, guardando gli occhi entusiasti del gruppo.
“Ballo?” chiese Regina allarmata, portando le braccia sotto il seno. “Si, un ballo di benvenuto per tutti voi, miei ospiti.” Sorrise ancora.
****
Il popolo di Storybrooke venne portato al piano superiore: un lungo corridoio pieno di porte si estendeva in quell’ala della fortezza. Nella divisione delle stanze, il ragazzo ne occupò una piccola sulla sinistra e la famiglia Charming si accomodò in quella di fronte.
Emma decise di prendere la stanza singola in fondo al corridoio, nonostante la disapprovazione di Hook; Regina si chiuse con Zelena nella camera accanto al figlio, effettuando immediatamente un incantesimo di protezione per la sorellastra; Robin e Killian, invece, furono così costretti a prendere le ultime due stanze rimaste, separati dalle proprie donne.
Belle, Granny e i nani decisero che avrebbero continuato le ricerche di Merlino direttamente dalla locanda, in modo da avere una posizione anche al di fuori del castello.
Quel pomeriggio, alla fin fine, trascorse tranquillo per gran parte della famiglia: il piccolo di casa Nolan aveva deciso di dar un attimo di respiro ai genitori dormendo per la gran parte della giornata, permettendo a Snow e Charming di riposare a loro volta. Il pirata e il ladro decisero di ispezionare il territorio di Artù, portando con sé Henry ed il piccolo Roland.
Zelena aveva deciso, anche lei, di riposare qualche ora, non dopo -ovviamente- aver scambiato delle velate e insistenti battutine alla sorellastra.
Emma, invece, era rimasta sveglia a fissare il soffitto. Del resto, come Tremotino le aveva già detto, lei non poteva dormire. Non ne aveva bisogno.
Così, sbuffando, si disse che avrebbe dovuto trovare un nuovo hobbie, che non consistesse però nel pensare.
Perché quello faceva male, male davvero.
Non voleva pensare a ciò che la presenza di magia nera nel suo corpo avrebbe potuto causare a sé stessa. Non voleva pensare a ciò che avrebbe potuto fare alle persone che amava. Non voleva pensare a cosa potesse succedere.
Quindi continuò a girarsi e rigirarsi nel grandissimo letto a baldacchino presente in quell’enorme camera.
Come avrebbe fatto?
Regina, a sua volta, rimase a guardare fuori dalla finestra, mentre il meraviglioso paesaggio scagliatosi di fronte le permetteva di portare indietro la memoria ai suoi giorni passati nella foresta incantata.
I suoi occhi si soffermarono a guardare la bellissima fontana al centro dei giardini: l'acqua che fuoriusciva dalla parte superiore sembrava brillare grazie alle lucciole che vi si trovavano nelle vicinanze. Questa, poi, scendeva magica nella parte inferiore fino ad impattare su un pavimento decorato con oro e argento. Un muretto non molto alto la separava dall'esterno, e le sue adorazioni di fiori e petali lo rendevano ancora più bello.
Una panchina si trovava proprio davanti alla fontana, anch'essa adornata, anch'essa in pietra.
Permetteva a chiunque vi si fosse seduto, di godere della meravigliosa vista di quella magia alle sue spalle.
Sospirò.
Un ballo, si disse.
Lei non aveva mai partecipato a quella tradizione. La madre lo aveva organizzato per lei, da adolescente. Ma, ovviamente, lei stessa non era stata chiamata a ballare con nessuno dei principi, dato che era già stata promessa a Re Leopold.
Trasalì.
Poi ritornò a guardare fuori con altrettanta malinconia: e dire che le sole pareti la riportavano al passato, a quel mondo tanto lontano quanto vicino.
I pensieri delle due donne furono fermati da un rumore di campane proveniente dalla torre più alta, che segnava l’imminente inizio della cerimonia.
Regina fece scivolare il suo sguardo verso il vestito bianco adagiato sulla poltrona accanto alla finestra. Sospirò pesantemente e, guardando come la sorella si fosse già preparata, schioccò le dita, facendo in modo che dalla sua nuvola viola uscisse totalmente differente… e pronta.
Le venne quasi da ridere quando, guardando ancora Zelena, pensò che quello sarebbe potuto essere il giorno del ballo di corte, vissuto molti anni prima. E per un attimo si fermò a riflettere su come tutto sarebbe potuto andare diversamente.
Ma poi, risvegliata dal rumore di mani che si infrangevano sulla porta, scacciò quel pensiero con un sorriso triste, lasciando i suoi occhi saettare verso l’uscita, dove trovò Henry a fissarla, sorridente e bellissimo.
“Henry, stai benissimo” gli disse, con un enorme sorriso sulle labbra. Era orgogliosa del figlio che lei ed Emma erano riuscite a crescere, l’uomo che l’avevano fatto diventare.
Attaccato alla sua mano vi era anche il piccolo Roland, vestito di tutto punto; anche lui così tenero e impacciato dentro quegli abiti totalmente nuovi.
Respirò profondamente intimando a Zelina di non combinare nessun guaio o gliel’avrebbe fatta pagare una volta per tutte e, questa, stranamente acconsentì alla richiesta dell'ex Regina cattiva.
Forse anche lei era attirata da questa nuova cosa; del resto, essendo stata abbandonata, mai aveva ricevuto il suo ballo da "presentazione al popolo".
Poi, una figura dietro le spalle di Henry tossì, chiedendo cortesemente agli ospiti di seguirlo.
****
Nella grande sala un gruppo di persone, compresi David, Robin e Killian, stavano aspettando l’entrata delle loro dame.
Le prime ad essere presentate furono Mary Margaret ed Emma che, prendendosi per mano, raggiunsero i loro due cavalieri.
Emma era letteralmente un angelo: dei meravigliosi capelli biondi ornavano il suo volto e le terminavano sulle spalle con altrettanto meravigliosi boccoli. Un vestito bianco circondava il suo corpo, stretto sul petto e morbido dalla vita in giù, rendendola ancora più bella e raggiante agli occhi di tutti.
“Diamine, Swan!” aveva affermato Hook dopo essersi ripreso dallo shock. A quella affermazione Mary Margaret aveva ruotato gli occhi, mentre dalla bocca di David era uscita una leggera risata.
Henry aggiunse dopo qualche secondo “Sei bellissima, mamma.”
Ed Emma si fermò a fissarlo, arrossendo e sorridendo con quella sua –ormai fin troppo conosciuta- impacciataggine.
“Tutto bene, tesoro?” le aveva chiesto subito dopo il pirata.
“Si!” aveva risposto questa semplicemente, guardandosi intorno.
La sala era di una grandezza esorbitante, già per metà occupata da ogni sorta di aristocratico di quel regno, dalla servitù e dai tavoli che sarebbero stati utilizzati per il banchetto. Emma si perse a guardare la maestosità di quel castello, e pensò a come sarebbe potuta essere la sua vita se le fosse stata data la possibilità di restare in quel luogo.
Di nuovo, la voce dell’annunciatore si fece acuta: “Vi presento… la Salvatrice.”
E fu il turno di Regina presentarsi agli occhi di tutti: sorrise, dall’alto di quelle scale, guardando negli occhi l’uomo che l’attendeva alla fine di esse.
Lo sguardo di Emma fu richiamato in quella stessa direzione quando sentì pronunciare quello che era il suo appellativo, fino a poco tempo prima.
I suoi occhi tremarono alla vista della mora.
Era di una bellezza incredibile, con i suoi capelli legati e quel vestito che sembrava esattamente cucito per il suo corpo.
La guardò percorrere quei gradini con lentezza, fino a giungere dal suo cavaliere, e con la stessa lentezza trovare il suo sguardo.
La bionda le sorrise triste quando vide le mani dei due legarsi tra loro e subito, voltò la sua attenzione all’uomo al suo fianco.
****
Una dolce melodia accompagnava i passi delle poche coppie che avevano deciso di ballare sotto l’immenso lampadario che illuminava la stanza a festa. Uncino strinse la mano di della bionda, chiedendole se volesse ballare, ma ella, forse un po’ troppo duramente, rifiutò l’invito.
Regina la guardava, la scrutava senza che se ne accorgesse. Conosceva la vera Emma, e stava cercando in tutti i modi di capire quanto stesse bene in realtà; o se dire che tutto andava bene fosse frutto del suo buonsenso.
Artù li raggiunse poco dopo e, tramite un lungo e articolato discorso, li presentò a tutto il popolo presente e, dopo il primo di una serie di brindisi, si accomodarono alla lunga tavolata dove consumarono con tranquillità e non la propria cena.
Nuove coppie ritornarono, poi, a compiere quei lenti passi al centro della sala, con l’aggiunta della famiglia Charmings, del re e la sua sposa.
Tutto sommato si stavano divertendo,o forse no.
Alla milionesima richiesta di Killian per un ballo, Emma si alzò furiosa dalla sedia e corse via.
Hook stava per seguirla quando un gruppo di cavalieri lo richiamò, curiosi ed esitanti di ascoltare le famigerate avventure del Capitano Uncino e della sua Jolly Roger.
Regina, ora impegnata a chiacchierare -se non litigare- con Robin riguardo la loro situazione e la scelta dei posti letto che, ovviamente, lui considerava non corretta; con la coda dell’occhio non aveva mai lasciato il tavolo, tanto meno la bionda seduta ad esso, e, accorgendosi di quello che era appena successo, si scusò con il ladro dicendo di avere bisogno di un po’ d’aria fresca.
Camminò più velocemente possibile verso la porta dalla quale poco prima la ragazza dal meraviglioso vestito bianco era uscita e, una volta varcata la soglia, si sporse dal maestoso balcone che si erigeva sul giardino. La scorse a non molta distanza da lì, sollevata di non dover usare la magia per trovarla.
Scese velocemente le scale per paura che ella potesse decidere di andarsene, o fare qualcosa di addirittura peggiore.
Incamminatasi su di un corridoio ornato a destra e sinistra da cespugli con bellissimi fiori azzurri, la vide: una folta chioma bionda era china a guardare le sue mani, seduta su di una panchina davanti l’enorme e meravigliosa fontana sulla quale, quel pomeriggio, si era soffermata a pensare.
“Emma..” la chiamò dolcemente.
La bionda, sorpresa, alzò il viso, mostrandole quanto martoriato fosse dalle lacrime.
Il cuore di Regina perse un battito a quella visione.
“Emma come stai?” chiese quindi avvicinandosi lentamente, per paura di spaventarla o farla scappare via.
“Va al tuo ballo, Regina!” fu immediata la sua risposta, tagliente e diretta.
“Swan, che cosa diavolo ti succede?” tornò la mora con un tono maggiormente autoritario.
La bionda rise sarcastica. “Oh, andiamo! Emma come stai? Emma che succede? Emma vuoi mica uccidere qualcuno? Emma vuoi che ci pensi io a questo? Ci penso io a quello? Emma il pugnale. Emma di qua, Emma di là.” Sospirò. “Dovete smetterla! Sono stufa delle vostre stupide domande!” e così si alzò e fece per andarsene.
Ma Regina la fermò per un polso, costringendola a voltarsi e guardarla negli occhi.****
Una dolce melodia accompagnava i passi delle poche coppie che avevano deciso di ballare sotto l’immenso lampadario che illuminava la stanza a festa. Uncino strinse la mano di della bionda, chiedendole se volesse ballare, ma ella, forse un po’ troppo duramente, rifiutò l’invito.
Regina la guardava, la scrutava senza che se ne accorgesse. Conosceva la vera Emma, e stava cercando in tutti i modi di capire quanto stesse bene in realtà; o se dire che tutto andava bene fosse frutto del suo buonsenso.
Artù li raggiunse poco dopo e, tramite un lungo e articolato discorso, li presentò a tutto il popolo presente e, dopo il primo di una serie di brindisi, si accomodarono alla lunga tavolata dove consumarono con tranquillità e non la propria cena.
Nuove coppie ritornarono, poi, a compiere quei lenti passi al centro della sala, con l’aggiunta della famiglia Charmings, del re e la sua sposa.
Tutto sommato si stavano divertendo,
Alla milionesima richiesta di Killian per un ballo, Emma si alzò furiosa dalla sedia e corse via.
Hook stava per seguirla quando un gruppo di cavalieri lo richiamò, curiosi ed esitanti di ascoltare le famigerate avventure del Capitano Uncino e della sua Jolly Roger.
Regina, ora impegnata a chiacchierare -se non litigare- con Robin riguardo la loro situazione e la scelta dei posti letto che, ovviamente, lui considerava non corretta; con la coda dell’occhio non aveva mai lasciato il tavolo, tanto meno la bionda seduta ad esso, e, accorgendosi di quello che era appena successo, si scusò con il ladro dicendo di avere bisogno di un po’ d’aria fresca.
Camminò più velocemente possibile verso la porta dalla quale poco prima la ragazza dal meraviglioso vestito bianco era uscita e, una volta varcata la soglia, si sporse dal maestoso balcone che si erigeva sul giardino. La scorse a non molta distanza da lì, sollevata di non dover usare la magia per trovarla.
Scese velocemente le scale per paura che ella potesse decidere di andarsene, o fare qualcosa di addirittura peggiore.
Incamminatasi su di un corridoio ornato a destra e sinistra da cespugli con bellissimi fiori azzurri, la vide: una folta chioma bionda era china a guardare le sue mani, seduta su di una panchina davanti l’enorme e meravigliosa fontana sulla quale, quel pomeriggio, si era soffermata a pensare.
“Emma..” la chiamò dolcemente.
La bionda, sorpresa, alzò il viso, mostrandole quanto martoriato fosse dalle lacrime.
Il cuore di Regina perse un battito a quella visione.
“Emma come stai?” chiese quindi avvicinandosi lentamente, per paura di spaventarla o farla scappare via.
“Va al tuo ballo, Regina!” fu immediata la sua risposta, tagliente e diretta.
“Swan, che cosa diavolo ti succede?” tornò la mora con un tono maggiormente autoritario.
La bionda rise sarcastica. “Oh, andiamo! Emma come stai? Emma che succede? Emma vuoi mica uccidere qualcuno? Emma vuoi che ci pensi io a questo? Ci penso io a quello? Emma il pugnale. Emma di qua, Emma di là.” Sospirò. “Dovete smetterla! Sono stufa delle vostre stupide domande!” e così si alzò e fece per andarsene.
“Emma, vuoi dirmi che succede… per favore?” chiese questa volta più dolcemente.
E la bionda sembrò capitolare a quelle due ultime parole pronunciate dal sindaco di Storybrooke.
'Per favore'?
Si sedette nuovamente e strinse il volto tra le mani, ricominciando quel pianto che tanto la aiutava a sfogarsi. Regina si accomodò accanto a lei, lasciandola fare senza metterle alcuna pressione.
Perché tanto lo sapeva che Emma le avrebbe detto tutto.
Loro avevano questo legame speciale, addirittura unico come aveva sottolineato una già una volta la bionda.
Che le teneva in quella sorta di equilibrio che non permetteva loro di uccidersi a vicenda.
“Sono stanca, Regina. Stanca di tutti voi che mi chiedete se l’oscurità stia prendendo possesso del mio corpo, se sento dei cambiamenti, se… se…” un singhiozzo ruppe le sue parole.
Regina, che fino a quel momento era rimasta a fissarla, si schiarì la gola. Sapeva cosa la bionda intendesse, sapeva come si sentisse e sapeva ciò che attanagliasse il suo animo. Perché anche lei c’era passata, aveva già vissuto un momento del genere. A differenza sua, però, la mora non aveva mai avuto nessuno a chiederle quale fosse il suo stato, farla sorridere… o addirittura abbracciarla.
Così questo fu che le sembrò più giusto fare: imbarazzata la avvolse tra le sue braccia e la strinse a sé.