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Autore: _apefrizzola_    08/11/2015    13 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Il Primo Ministro fissò disperato entrambi per un attimo, poi le parole che aveva faticosamente represso tutta la sera esplosero all’improvviso: «Ma per l’amor del cielo! Voi siete maghi! Fate magie! Siete in grado di risolvere… be’… tutto!»

Scrimgeour si voltò lentamente e scambiò uno sguardo incredulo con Caramell. Questi riuscì a produrre un vero sorriso e rispose con dolcezza: «Il guaio è che anche gli altri fanno magie, Primo Ministro»”.


Harry Potter e Il Principe Mezzosangue, pag. 25


 


 


 

La Magia Non Risolve Sempre Tutto
 

 PROLOGO

 Londra, 22 Agosto 1977

 
 

 

 

 

 

“Guarda!
Sono nato in un uragano forza cinque
E ho urlato a mia madre nella pioggia battente
Ma è tutto apposto adesso, in realtà, è uno sballo!


E’ uno sballo! sballo! sballo!”

 
Jumping Jack Flash, Rolling Stones 

 


 

 


«E UN BRINDISI ANCHE A NOI!»
«A noi, noi, Ramoso?»
«A noi, noi, Pete»
«Ma chi siamo noi, in realtà?»
«Noi siamo noi, Sirius»
«A voi tre... ubriachi fradici»
«Brutto traditore di un lupo! Avevi detto che avresti bevuto!»
«Ma io l’ho visto che beveva!»
«Per finta. Ha fatto finta, Peter»
«Sono oltraggiato, Remus! Ma mi viene da ridere lo stesso».
Tre forti risate aperte e una decisamente sguaiata si levarono dal vecchio parquet del piccolo appartamento di Sirius invaso dagli scatoloni del trasloco.
L’unica lampadina appesa al soffitto senza lampadario illuminava una stanza ancora spoglia e quattro ragazzi seduti per terra con i cuscini del divano sgangherato sotto il sedere, un cartone di Fish and chips ormai vuoto, un giradischi che faceva risuonare a basso volume Jumping Jack Flash dei Rolling Stones e una bottiglia agli sgoccioli di rum babbano che passava di mano in mano, trovata su uno scaffale della vecchia cucina.
«Oh, non la passerai così liscia, Lunastorta» sogghignò Sirius in un brillo sorrisino sghembo mentre cercava di alzarsi in piedi, sulle lunghe gambe coperte da dei jeans neri stracciati alle ginocchia.
Remus, i capelli castani a nascondergli a tratti gli occhi ambrati, non riuscì a trattenere un ampio sorriso divertito guardandolo poggiarsi con difficoltà ad un più dondolante di lui James che rise ancora di più, piegato sotto il peso dell’amico. James aveva gli occhiali rotondi sulla punta del naso, i capelli neri più spettinati che mai e la scintillante spilla da Caposcuola nuova di zecca, arrogantemente appuntata sulla maglia con un enorme dito medio che gli aveva prestato Sirius.
“Ma quale disonore e disonore per un Malandrino! Sono il re di Hogwarts e i Malandrini in questione non avranno più nessuno a cui rendere conto”. Era questo che aveva detto quella stessa mattina trovando nella lettera della McGranitt quell’oggettino argentato pesante di responsabilità come un Boccino d’Oro ed insensata pazzia come l’ormai certa demenza senile di Albus Silente.
Quello che non aveva detto a voce, solo con gli occhi nocciola, era la voglia di usare quel distintivo come simbolo di speranza per tutti i "Traditori del proprio sangue" che non si piegavano a Voldemort; far capire a tutti i Nati Babbani perseguitati anche dentro Hogwarts che non erano soli e che c'erano purosangue decisi a proteggerli. Forse Silente non era poi così pazzo, si era detto James osservando quella spilla sul palmo della mano, forse era stato l'unico a vederlo per com'era davvero.
Peter, sdraiato schiena a terra, fu scosso dalle risate che gli facevano vibrare la pancia sotto la maglia a righe e Remus sperò con tutto il cuore fosse per colpa di quella battuta sui tipi di mutande fatta prima da James e non per il fatto di essere già cotto perché in quel caso quello che avrebbe dovuto reggergli la testa, sul water, sarebbe stato lui, lui e nessun'altro.
«Stiamo inaugurando il mio babbanissimo appartamento babbano ed esigo che tu, John Lupin Remus, ti ubriachi» ordinò Sirius in un patetico tentativo di sembrare spaventoso.
Remus infatti inarcò un sopracciglio trattenendo una risata scrutando in silenzio l'amico mettersi finalmente dritto puntandogli contro il lungo indice della mano attorno al collo della bottiglia che James gli rubò con un fulmineo movimento daGrande Cacciatore di Hogwarts. 
«Buona questa roba babbana, Felpato, è diversa dal nostro rum»
«Perché ha il sapore della libertà! Sto tornando» minacciò Sirius dirigendosi elegantemente traballante in cucina. «Preparati, Prefetto John
«Attento allo stipite, piuttosto» lo avvertì Remus.
«Sì, attento allo spitite, Felpato» gli rise dietro James contagiando Peter.
«Io, a differenza di qualcuno, non devo stare attento a due cose ingombrati e ridicole piantate in testa, Ramoso» ribattè Sirius di rimando abbassando l’indice per sollevare il medio, cercando di schivare il cartone del cibo che gli arrivò dritto in faccia.
Rise ancora tra sé, Sirius, entrando nella piccolissima cucina con i pensili pieni della spesa di Euphemia Potter e il frigorifero mezzo distrutto da Fleamont Potter che aveva cercato di farlo funzionare senza pensare di attaccare prima la spina alla presa della corrente.
 
 

Sono stato cresciuto da una sdentata, megera con la barba
Sono stato istruito a cinghiate sulla schiena
Ma è tutto apposto adesso, in realtà, è uno sballo!


E’ uno sballo! sballo! sballo!”



 
«É uno sballo! Sballo! Sballo. Rise, libero, non soltanto per l’alcol che gli scaldava le vene, facendolo sudare per i gradi della canicola che entrava dalla finestra aperta su una Londra notturna ancora bagnata di pioggia e luccicante per le luci della strada e delle insegne dei pub ancora aperti.
 «Come hai fatto a far volare quel mattone senza toccarlo!?».
La voce squillante di un ragazzo fuori da quella stessa finestra lo bloccò con un braccio sollevato verso lo sportello sopra il lavandino.
Senza spegnere il sorriso, Sirius si allontanò dal ripiano per affacciarsi al davanzale scoprendo che il ragazzino quattro metri sotto di lui non l’aveva mai visto, ma la ragazza con i lunghi capelli castano scuro che si fermò di scatto al centro del buio vicolo pieno di bidoni della spazzatura sì, la conosceva benissimo.
Quando, nella penombra, la vide voltarsi furtiva puntando la bacchetta verso il povero babbano che da allarmato divenne confuso, il sorriso sbieco di Sirius si allargò con lo sguardo per nulla sorpreso da quella bacchetta che aveva visto puntata contro di sè soltanto una volta: la prima che le aveva fatto uno scherzo, al primo anno. Non ci aveva più riprovato.
«Ti sei perso? La strada principale è proprio là in fondo» esordì lei.
Il ragazzino annuì, stranito. «Sì, credo di essermi perso. Grazie» rispose allontanandosi da lì, leggermente dondolante.
Sirius aspettò che il babbano fosse lontano per aprire bocca. «Ma che brava, McAdams!»
La ragazza sollevò di scatto lo sguardo verso l’edificio di mattoni rossi di fronte e lo vide, affacciato ad una finestra con la solita espressione irriverente stampata in faccia e i suoi soliti capelli neri ad incorniciargli con trascurata eleganza il viso stirato da uno scanzonato sorriso sghembo. Era dannatamente bello, come al solito.
«Black. Cosa diamine ci fai lì. Sei scappato anche da casa Potter, adesso?» lo salutò, per niente amichevole.
Sirius rise sporgendosi dal davanzale per poterla vedere meglio, i capelli neri a cascargli sugli occhi grigi socchiusi.
«Questa casa è mia, adesso, comprata con l'eredità che mi ha lasciato il mio vecchio e caro zio Alphard. Sai, tra buchi bruciati sull’arazzo genealogico di famiglia ci si capisce. Solidarietà tra ribelli» spiegò lui, soddisfatto, prima di scoppiare a ridere ancora.
Lei sollevò le sopracciglia scure con fare scettico di fronte a quello che era, senza dubbio alcuno, un Sirius Black ubriaco. 
Non che ci sia chissà quale differenza con quello sobrio, pensò scrutandolo bene.
«Tu non puoi capire» fece poi Sirius con un gesto noncurante della mano, poggiando subito dopo entrambi i gomiti sul davanzale. «Complimenti comunque» riprese in tono ironico. «Ti sei fatta sgamare da un babbano che molto probabilmente adesso sarà sotto un bus a due piani nella strada principale»
«Ho rimediato subito» si difese lei, prontamente. «E abbassa la voce, non siamo tra... "noi"» gli sibilò riferendosi alla parola "babbano" che Sirius aveva tirato fuori con naturalezza in un quartiere babbano, per quanto quel vicolo cieco potesse sembrare disabitato. «Gli ho modificato la memoria*, non l’ho Confuso» gli fece sapere in un sussurro che Sirius faticò a sentire. «E non l’ho quindi spedito a morire schiacciato sotto un bus. Non sono così stupida, Black».
Sirius si limitò a scrutarla trattenendo una risata affettuosa al sentire quel suo tono, il suo modo di rispondere sempre schietto.
«Sei maggiorenne da appena quattro giorni e già ti dai alla pazza gioia con la Tu-Sai-Cosa tra i vicoli?» la canzonò in un sorriso rilassato che si sollevò maggiormente alla vista dell' espressione colpita sul suo viso.

«Come fai a sapere il giorno del mio compleanno, scusa?» chiese lei piuttosto stranita ed indagatrice. Faceva gli anni in estate e nessuno dei suoi compagni di scuola poteva saperlo, a parte le sue migliori amiche che con Black non avevano niente a che fare.

Sirius si limitò a fare spallucce, la faccia da schiaffi in bella mostra. E per un istante l’alcool in corpo rischiò di svelare Felpato e il suo strano vizio di seguirla silenzioso per le ormai pericolose vie di Londra, compresa quella della pasticceria dove aveva comprato un cupcake alla vaniglia con annessa candelina, spenta in solitudine il diciotto agosto su una panchina davanti Tower Bridge.

«Chiamalo istinto, se vuoi, Olivia» la stuzzicò, ben consapevole di averle appena acceso un odio familiare nello stomaco.
E Olivia infatti chiuse gli occhi marroni sentendo il suo nome completo, stringendo i pugni e la bacchetta con forza con la voglia improvvisa di usarla di nuovo, questa volta non per eliminare un ricordo, ma per ben altro.
Quanto ci metterei a farti cadere da quella finestra ai bidoni della spazzatura qui sotto, Black?
Quanto ci metterei a farti crescere gli incisivi fino a quando non capirai che non mi devi chiamare in quel modo?!
Riaprì gli occhi marroni, fulminandolo. Lui sapeva benissimo quanto le desse fastidio quel nome e, infischiandosene, continuava a chiamarla così nonostante fosse il solo a farlo, da quando l’aveva sentito allo Smistamento.
«Il tre novembre dell’anno scorso, appena ti sei liberato della Traccia, immagino tu abbia chiuso la Tu-Sai-Cosa nel cassetto del comodino, eh?» lo sbeffeggiò osservandolo ridere, per poi sporgersi leggermente dal davanzale verso di lei, con fare curioso.

«E tu come fai a ricordarti il mio compleanno, scusa?»

«Forse perché è l’unico giorno dell’anno in cui la Sala Comune diventa come un pub babb... di Soho ed è difficile dimenticarsi tutto ciò che succede, compreso Potter in mutande con la torta in mano e le puntuali minacce di morte della McGranitt in vestaglia scozzese a fine serata».

Sirius rise di nuovo, la risata simile ad un latrato ad echeggiare tra i mattoni rossi.

«E comunque, Black, non siamo ancora Tu-Sai-Dove e già stai rompendo ‘i Tu-Sai-Cosa’..
«Non nominarli nemmeno, Olivia. Cosa vuoi che ne sappia tu di "calcio volante"»
«Ne so eccome. Ho intenzione di presentarmi ai provini anche quest’anno»
«Ti devo ricordare che la Tu-Sai-Cosa non è ammessa in campo?» le chiese Sirius con lo sguardo stranamente acceso perché, in fondo, era quel suo lato indipendente e ribelle a renderla ancora più interessante ai suoi occhi.
L'aveva sempre vista con la bacchetta in mano, dal primo anno, quando il suo cognome babbano e quello delle sue amiche aveva attirato persone come Lucius Malfoy.
«Ti devo ricordare che invece il cervello è ammesso al mondo?» replicò lei pungente, un sopracciglio arcuato al pensiero che Sirius non poteva proprio giudicare nessuno, tanto meno lei.
«Non credo che James ti farà entrare in squadra, violenta come sei» continuò Sirius, provocatorio.
«Io credo invece che se a Potter do l’occasione di incontrare ‘casualmente’ Lily, un pensierino lo farà» ribatté lei compiaciuta, godendosi l’espressione allibita e piuttosto divertita di Sirius.
«Questa è una cosa sleale, Olivia» 
«Ci vediamo, Black» lo salutò lei con un mezzo sorriso divertito dandogli le spalle per riprendere la sua strada raggirando le pozze di pioggia per terra.
Sirius la seguì con occhi ridenti, più intensi e brillanti. Si sporse un minimo dal davanzale per ammirare senza alcun riguardo il suo sedere fino a quando la femminile figura non sparì tra i passanti di Abbey Road.
Tornò in salotto a mani vuote, ma con un sorriso sornione stampato in faccia.
«Che paura» fece in tono sereno Remus arcuando un sopracciglio. «Era a questa tua visione che mi dovevo preparare?»
«C’era Olivia, di sotto» spiegò Sirius, lo sguardo posato sulla finestra.
«Perché non l’hai fatta salire?» chiese James sbattendogli la bottiglia sulle gambe.
«Perché sarei stato costretto a buttarvi fuori a calci, Ramoso. Certe cose hanno bisogno di privacy, non so se mi spiego»
«Ti spieghi sempre benissimo, Sirius, quando la finirai di dire questa frase ridicola?» gli fece notare Remus guardandolo dirigersi verso la porta d'ingresso ad ampie falcate, quasi con un urgenza.
«Dove stai andando? Da lei?» chiese, per niente sorpreso, James; gli occhi nocciola dietro gli occhiali non si aspettarono una risposta. E infatti Sirius non rispose abbassando la maniglia, anche perché con uno schiocco diventò Felpato, pronto a scortare in incognito Olivia fino a casa. Di quei tempi non era sicuro girare per Londra, soprattutto la notte.
James sorrise seguendo la folta coda nera sparire sul pianerottolo, Remus era arrivato alla conclusione che quei due avevano un linguaggio tutto loro e anche che la cosa fosse parecchio inquietante.
«A parte il fatto che non sarebbe mai salita, conoscendola» precisò a scoppio ritardato Peter sollevando un corto indice paffuto per aria, il singhiozzo che gli scosse la pancia subito dopo a distruggere la già precaria aria da sapiente che aveva ogni volta che era ubriaco, come se l’alcool avesse il poter di innalzarlo sopra tutti.
«Già» rise in modo ancora meno controllato James.
«Ed è per questo che…». Un gufo fermò il sicuramente lucido, educato e non volgare discorso di James; planò dalla finestra aperta per appollaiarsi sopra la spalla di Remus che slegò la lettera dalla zampa stando attento agli artigli. La aprì con calma.
«Che c’è? La McGranitt ti ordina di metterci in punizione anche qui, Remus?» chiese James, allegro, sistemandosi gl occhiali sul naso. «Povero Remus che si sente oppresso dai suoi doveri dalla tenera età di quindici anni»
«Un’infanzia rovinata!» l'appoggiò Peter in un risolino brillo.
«Guardalo, Peter, ha il trauma tatuato sulle iridi degli occhi gentili, sul cuore buono e puro. Rilassati, Lunastorta, guarda qua chi dovrà sopportare il peso di pensare a mettervi in riga d’ora in poi». James picchiettò sul distintivo da Caposcuola, Peter si rabbuiò notando il volto di Remus ancora immerso sulla pergamena.
«Remus? Chi ti ha scritto? Che è successo di così terribile?» chiese perdendo tutto il divertimento. Le lettere potevano portare brutte notizie. Da più di due anni, portavano quasi sempre brutte notizie.
«È successo che Hogwarts è arrivata alla sua fine, Peter»
«Ma cosa stai dicendo
«Ma sentilo, beviamo noi e si ubriaca lui. Lunastorta, puoi spiegarci questo innalzamento del tuo ottimismo strepitoso anche senza luna piena?»
«È successo che Lily Evans è la regina, James, e che i Malandrini avranno eccome qualcuno a cui rendere conto. E non posso dire di non essere sollevato di questo, ma nemmeno felice di assistere all’implosione di quella che tutti noi abbiamo sempre chiamato casa».





 







 










Scrivo qui per dirvi che i primi capitoli sono stati scritti dieci anni fa e me ne vergogno a morte. Non rispecchiano più la mia visione dei Malandrini, di James e Lily e molto altro. Per questo la sto revisionando pesantemente.
La presenza di Olivia sfumerà già dal prossimo capitolo, le ho dato spazio perché essendo un nuovo personaggio dovevo introdurla ed inserirla nell'ambiente, tra le relazioni d'amicizia originali. Ma cambierò anche questo, molto probabilmente il prologo cambierà quasi tutto.
I protagonisti saranno i Malandrini, Lily Evans, Mary Macdonald, Severus Piton, Regulus Black. Non mancheranno assolutamente gli altri Serpeverde e gli studenti di ogni Casa e anno.





Note piccoline:

Nel quinto libro Sirius dice a Harry che è scappato di casa a quasi sedici anni (estate del 1975) ma ha trovato un posto tutto suo a diciassette. L'unico momento in cui Sirius può aver cercato casa, a diciassette anni, è l'estate del 1977 (ha 17 anni e deve compierne diciotto a novembre).
Lo zio Alphard può essere morto nel 1977, lasciando tutta la sua eredità a Sirius. In questa storia, Alphard è morto all'inizio del 1977, quando Sirius era al sesto anno.

*Liv ha modificato la memoria al babbano, non ha usato Oblivion. Cancellare la memoria è un incantesimo difficilissimo e diverso, Hermione lo usa dopo il matrimonio di Fleur e Bill dicendo che non l'ha mai fatto, ma che conosce la teoria. Dato che Hermione ad ogni inizio anno arrivava a scuola avendo già letto i programmi scolastici fa fare nei mesi dopo, presumo che l'incantesimo Oblivion sia materia da settimo anno, a differenza dell'incantesimo che modifica la memoria (quello che ha usato per i genitori, senza destare stupore come se fosse un incantesimo da sesto anno). Qui Liv deve ancora cominciare il settimo, quindi non sa usare Oblivion, ma ha già frequentato il sesto anno e sa modificare la memoria (facile anche perché il ricordo che modifica è appena accaduto... Il mattone che vola davanti agli occhi del babbano).


*R.J. Lupin appare nella valigia di Remus nel terzo libro.
La J sta per John, lo dice la Rowling in un'intervista: "John. Noioso ma vero!".



*Il James Potter del settimo anno e oltre non è un bullo quindicenne, ma non sarà mai del tutto serio e perfetto. Non so se avete letto il breve racconto della Rowling con Sirius e James sulla motocicletta mentre sono nell'Ordine della Fenice o la biografia di Vernon e Petunia su Pottermore. Sia nel breve racconto con Sirius che nella biografia dei Dursley, James risultata allegro, scapestrato e ribelle.
Nella biografia, James diciottenne al ristorante con Lily e i due promessi sposi Vernon e Petunia si ritroverà a stuzzicare Vernon fino a farlo arrabbiare e andare via, facendo piangere Lily. James promette di scusarsi con Vernon e Petunia, la Rowling dice che non avrà occasione.
Sappiamo come sono i Dursley, gli dici "Cioccorana" e vanno in autocombustione. Secondo me James è stato soltanto divertente, ma poteva volare basso (Lily gli avrà sicuramente detto che tipi fossero sua sorella e il futuro marito). La Rowling dice che Vernon ha chiesto a Petunia di sposarla nel salotto della signora Evans, quando Lily frequentava al suo ultimo anno di scuola. Vedrete quindi quel momento in questa storia. L'appuntamento al ristorante per fare conoscere i due futuri cognati, invece, credo sia avvenuto dopo i M.A.G.O, mesi prima del matrimonio (a cui Lily e James partecipano anche se vengono trattati male. I Dursley invece non andranno al matrimonio dei Potter). Questa storia avrà un sequel, ci saranno di certo quei momenti canon.
Ho cercato di rendere James maturo e responsabile soprattutto in un contesto come la guerra, senza snaturare quello che la Rowling ha creato. Credo, comunque, che una personalità matura e al tempo stesso ottimista ed allegra come James fosse di fondamentale importanza in un momento di terrore come la prima guerra magica.


Buona lettura!



 


 


 

 

   
 
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