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Autore: Nimel17    08/11/2015    2 recensioni
Persephone Proserpine, cantante celtica, deve fare un album con un altro cantante e ha scelto Hades Underworld, cantautore di musica metal, nonostante il parere contrario della madre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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In the land of the dead
Heck boy, ain't it grand?
I'm the overlord of the underworld
Cause I hold Horror's Hand
In the land of the dead
I'm darkside royalty
I'm far renowned in the underground
And you can't take that from me

 

 

 

 

 

 

 

“Sei sicura di volerlo fare, tesoro?”
“Mamma, è un duetto, non stunt estremo.”
“Ma con quel tipo!”
Persephone ignorò il commento della madre e la salutò frettolosamente, interrompendo la chiamata. Si passò una mano tra i riccioli per calmare la sua stessa agitazione e si sedette sulla sedia, incrociando le gambe per starsene più rannicchiata. Era stata un’idea di Febo fare un album di duetti e lei ne aveva apprezzato l’originalità, ma aveva posto paletti ben precisi sulla persona con cui attuare l’impresa. Non voleva musica pop, commerciale, anni ’70, ’80 o ’90, o rap, quindi la scelta era ricaduta tra il rock e la metal.
Senza pensarci troppo, Persephone aveva scelto Hades Underworld: uno dei pochi cantautori di musica metal, aveva sempre avuto un debole per le sue melodie cupe e malinconiche, le sue parole poetiche che si fissavano nella testa. L’unico ostacolo era che lui non aveva mai accettato di cantare con un altro artista, ma Febo aveva alzato le spalle, dicendo che avrebbe puntato sui suoi occhi da cerbiatta.
Non sapeva su cosa avesse puntato il suo manager, ma avevano ottenuto un contratto e una lettera scritta da Hades in persona: il gesto aveva subito scaldato il cuore della ragazza, che non aveva un cellulare, un account Facebook o Twitter. Si occupava di tutto Febo, con mille recriminazioni sulla sua arretratezza. Aveva passato ore a esaminare quella calligrafia spigolosa, stretta, con qualche singolare svolazzo di tanto in tanto, come appartenente a qualche altro tempo lontano e l’aveva tenuta in tasca da allora. Sua madre, una famosa ambientalista, era rimasta scioccata da quella notizia e aveva tentato in tutti i modi di dissuaderla, cercando di instillarle la paura e il disprezzo verso i cantanti che si vestivano completamente di nero, talvolta di pelle, con piercing e tatuaggi ovunque, senza parlare delle droghe e dell’alcol. Quel ritratto era completamente l’opposto di quello della giovane donna: Persephone Proserpine, cantante celtica ventisettenne, con il suo viso a forma di cuore che la faceva sembrare ancora un’adolescente, i grandi occhi verdi, i lunghi riccioli d’un rosso tendente al biondo che le superavano i fianchi, i vestiti dalle maniche a sbuffo e le gonne fluenti, le corone di foglie e fiori che portava sul capo, il sorriso sognante… sembrava uscita da un dipinto preraffaellita e la madre ci teneva che la sua bambina non contaminasse quell’immagine.
Personalmente, Persephone era contenta d’essere riuscita a unire le sue due più grandi passioni: la musica e il folklore. Si scriveva da sé le canzoni, ogni album ispirato a fiabe diverse, leggende e miti, il tutto con il solo accompagnamento della sua chitarra, talvolta sostituita con l’arpa e raramente col pianoforte.
“Non puoi dire sul serio, tesoro! Non hai niente in comune con quel metallaro degenerato!”
“In verità, madre, non è mai stato arrestato, neanche per guida in stato di ebbrezza.”
“Avrà insabbiato tutto con i soldi!”
“Lo sai, probabilmente pensano la stessa cosa di me con l’erba, per il mio stile figlia dei fiori.”
“Non dirlo neanche per scherzo!”

Lei rideva per le paure della madre. Non poteva capire, rifiutandosi di ascoltare la musica di Hades.
“Sei pronta, Percy?”
Lei si alzò e sorrise nervosamente a Febo. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, non doveva essere così agitata: avrebbe solo conosciuto effettivamente Underworld, gli avrebbe stretto la mano e avrebbero iniziato a discutere della canzone, se lui fosse rimasto abbastanza soddisfatto dall’incontro. Da lei.
Si lisciò la gonna del vestito ed entrò nella “sala di composizione”, come la chiamava lei, ma in realtà era un gazebo in giardino. Il sorriso luminoso che rivolse al visitatore non era forzato o ansioso: Hades appariva stranamente in armonia col piccolo bosco che li circondava, come l’ombra tra gli alberi. Nonostante i timori della madre, non indossava abiti di pelle e non aveva borchie, anzi, sembrava più un uomo d’affari o un gangster degli anni ’30 con quel completo d’alta sartoria… tuttavia, notò la ragazza, il lungo soprabito abbandonato su una sedia, il nero come colore dominante del suo abbigliamento (tranne la camicia bianca, come piaceva a lei) e il codino in cui erano raccolti i suoi capelli scurissimi le riscaldarono il cuore, come se avesse rivisto qualcosa di familiare. Aveva il viso pallido e affilato come se lo era immaginato e gli occhi color ardesia parevano fissarla fisicamente, per la loro intensità.
Febo l’aveva presa in giro a lungo, ma Persephone non aveva mai voluto vedere una foto o un ritaglio del cantante: preferiva affidarsi all’immaginazione e giudicare per conto suo quando l’avrebbe conosciuto di persona.
E quello che stava vedendo le piaceva molto.
Gli tese la mano, sorridendo appena più apertamente.
“Piacere. Sono Persephone, ma puoi chiamarmi Percy.”
Lui non rispose né al saluto, né alla mano tesa, preferendo invece guardarla con un’espressione curiosa, leggermente assente. Lei stava per ritrarre il braccio, esitante, ma all’ultimo momento lui le afferrò il polso e le baciò il dorso della mano, sorridendo.
“Persephone Proserpine. Lo so.”
La sua voce… l’aveva sentita tante volte, per radio e nei suoi cd, ma dal vivo le parve ancora più incredibile, profonda, dolce e suadente. Solo il discreto colpo di tosse di Febo la fece accorgere di averlo guardato troppo a lungo, così arrossì e gli fece cenno di seguirla nel gazebo.
“Questo… è il mio studio. Se non ti piace, possiamo entrare in casa, mi dicono già abbastanza che…”
“Va benissimo. Lo avevo immaginato che sarebbe stato all’aperto.”
Normalmente, Persephone avrebbe preso quelle parole come un rimprovero, esasperato o affettuoso, ma Hades stava sorridendo come se avesse ricevuto una conferma positiva.
Arrossì di più.
“Complimenti, hai indovinato.”
Tirò fuori da un cassetto della scrivania un quaderno con la copertina di Escher, fatto di carta non ecologica (e tenuto accuratamente nascosto alla madre) e gli si sedette vicino: si chiese se ad un certo punto Hades si sarebbe allontanato o se le avrebbe cortesemente chiesto di occupare il posto di fronte, ma si accorse che, mentre parlavano, lui si era invece chinato verso di lei, verso quello che stava scrivendo e aveva persino avvicinato la sedia alla sua.
“Ehm, volevo… rassicurarti, ecco…”
“Sembro preoccupato?”
“No! Sono io a…”
“Sei preoccupata?”
Rendendosi conto che la stava stuzzicando, lei rise e scosse la testa.
“Non tentare di confondermi.”
“Non stavo…”
“Volevo solo dirti che non pretenderò canzoni tutte luce del sole e fiori nei prati.”
“Non l’ho mai pensato. Le tue canzoni hanno sempre un tono estremamente malinconico, soprattutto i testi.”
“Sei stato bravo a notarlo. Nonché il primo e l’unico.”
“È uno dei motivi per cui ho accettato quest’album di duetti.”
“Davvero? Quali sono gli altri?”
“Me li ha elencati il mio agente Thanatos mentre mi accusava di essere un vecchio obsoleto, ma confesso di non avere ascoltato molto.”
Persephone sorrise, complice.
“Me lo dice anche Febo.”
“E io che pensavo che gestisse tutto lui perché eri pigra.”
“Persino mia madre ha provato a convincermi a comprare un cellulare, il che è tutto dire.”
Se non fosse stata abituata a cogliere le reazioni della gente alla menzione della madre, non si sarebbe resa conto dell’impercettibile irrigidimento di lui.
“La conosci?”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Hai lo sguardo tipico di chi ha conosciuto Demetra Proserpine e vuole solo dimenticarlo.”
“Lo ammetto. Non è stata una bella esperienza.”
“Cos’è successo?”
“Non possiamo rimandare a dopo la terminazione dell’album?”
“Per favore. Voglio bene a mia madre, ma non sono cieca ai suoi atteggiamenti aggressivi ed esasperanti.”
“Se lo dici tu… una notte stavo guidando, ero molto stanco, avevo appena finito una canzone dopo giorni e giorni di lavoro, mi sono addormentato per un attimo…. e quello dopo ero andato addosso ad un albero che tua madre voleva inserire nel suo programma ambientalista. Ovviamente, non credette al fatto che ero solo morto di stanchezza.”
“Si spiegano tante cose. Ti eri fatto male?”
“Curioso, tua madre era troppo occupata a urlare per chiedermelo.”
“Mi dispiace molto.”
Lui si avvolse un suo ricciolo intorno al dito, ma lei non lo rimproverò e lasciò che lo liberasse un paio di volte, mentre pensava; troppo presto, tuttavia, Hades sembrò accorgersi di quello che stava facendo e allontanò di scatto la mano. Persephone sentì assurdamente la mancanza di quel gesto.
“Allora, mi avevi scritto nella tua lettera la preferenza per una storia oscura, vero?”
La domanda lo distrasse, come previsto.  
“Sì. Immagino non sia un problema, viste le tue scelte di fiabe… Barbablù, Rumpelstiltskin…”
“No, non lo è. Una storia d’amore oscura sarebbe bellissima, anche se… non verrà fuori una specie di musical, così?”
“Non ho intenzione di prendere in considerazione altri personaggi nella storia.”
Lei comprese quello che lui intendeva e si appoggiò interamente alla sedia, mordicchiando la matita; non aveva molta simpatia per i principi azzurri, quindi la sua mente non stava facendo fatica a immaginare quegli scenari dark che il suo partner suggeriva.
“Due personaggi opposti. Lei solare, una ragazza innocente.”
“Lui vive isolato, abituato al timore e al disprezzo. Non è che sia malvagio malvagio, è solo…”
“Malvagio incompreso?”
“Ecco. Potremmo farla in un’ambientazione lontana, possibilmente dove la gente aveva una mentalità aperta.”
“Antica Grecia? I miti sono pieni di perversioni.”
“Mi piace come ragioni, hai parecchia oscurità nascosta sotto quell’aria da angioletto.”
“Grazie.”
“Lui potrebbe governare nel sottosuolo, governare sulle anime.”
“Una delle rare volte che esce dal suo regno, vede una fanciulla raccogliere dei fiori e se ne innamora.”
“Lei è tutto quello che lui non è: luce, purezza. Lei è quello che manca nel suo regno.”
“Inizia ad osservarla, desiderando avvicinarla, ma non osa.”
“Abbiamo già un personaggio stalker, eccellente.”
“Non è uno stalker! Non è abituato a corteggiare le donne, non sa come avvicinarla!”
Hades socchiuse gli occhi, guardandola. Persephone si sentiva ancora a disagio al centro dell’attenzione, nonostante la sua professione e lo fissò a sula volta, dubbiosa; lui aveva ancora quell’aria assente di quando gli si era presentata, con un lampo strano che gli attraversava gli occhi.
“Dunque, si ritrova in preda di una forte passione che non sa come gestire, abbiamo già stabilito che non è buono e si trova in una situazione d’impasse: deve conoscerla e confessare il suo amore, ma teme che lei lo respinga come tutti gli altri non appena le si presenta davanti.”
“Potrebbe rapirla. Un gesto perfettamente villain. Crea un fiore bellissimo che sa che la attirerà…”
“E, quando lei lo coglie, la terra le si apre sotto i piedi e lui la afferra, trascinandola nelle profondità del suo regno. Nessuno li ha visti, nessuno li ha sentiti.”
Lei stava già disegnando la scena sul suo quaderno, completamente catturata dalla storia che stavano creando. Hades di tanto in tanto aggiungeva un particolare alla scena, mentre continuava a esporre la trama: naturalmente, lei si sarebbe infuriata e l’avrebbe odiato  per averla rapita, almeno per un breve periodo successivo al ratto. Tuttavia, lui l’avrebbe corteggiata e rispettata, proponendole di diventare la sua regina e non un’avventura qualunque; da parte sua, la ragazza avrebbe iniziato a fare emergere il lato migliore del suo spasimante, rimanendone conquistata.
“Non fa troppo La Bella e la Bestia con un’esasperazione della Sindrome di Stoccolma?”
“Sì, ma funziona.”
“Mi piace.”
“Pensavo di aver lasciato due professionisti a discutere di un album musicale, non due bambini dell’asilo che disegnano.”
Persephone sussultò alla voce di Febo, talmente persa nel loro racconto da non accorgersi che il sole stava tramontando.
E che loro due erano ancora più vicini, quasi si toccavano: Hades era chino al punto che avrebbe potuto appoggiarle facilmente il mento sui capelli, mentre lei con un movimento minimo avrebbe potuto appoggiare la schiena al suo petto.
A giudicare dell’espressione sorniona del suo manager, se ne era accorto anche lui.
“Abbiamo lavorato, te lo giuro.”
“Non si deve preoccupare, signor Lyre, siamo stati bravi.”
“Prenderò per buona la vostra parola. Si sta facendo tardi, signor Underworld, meglio che torni do…”
“Oh, ma può restare qui! La casa è grande!”
Entrambi gli uomini si girarono a fissarla e lei dovette lottare per non arrossire. Era una proposta professionale, dopotutto.
“Se il signor Underworld…”
“Hades.”
“Se Hades si fermasse qui durante la composizione dell’album, potremmo lavorare di più e meglio.”
“Sono d’accordo, signor Lyre. Un’idea eccellente. Farò portare qui i miei bagagli in un paio d’ore al massimo.”
Le sorrise e, fortunatamente, Febo non si accorse che le aveva stretto la mano con un sorriso complice. Persephone si morse il labbro per non ridere, schiarendosi la gola.
“Stavo pensando…”
“Sì?”
“E se questi personaggi si chiamassero Hades e Persephone?”
Lui si passò la lingua sulle labbra e le ricordò improvvisamente un lupo, con quegli occhi più scuri rispetto a poco prima.
“Mi hai letto nel pensiero, Persephone.”

 

Queen of the Underworld
You guard the secrets of the dead
I've paid my coin to Charon
I've crossed the River Styx
Won't you speak to me
Speak to me your mysteries

  
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