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Autore: sfiorisci    21/11/2015    2 recensioni
Anno 3265.
La Terra non esiste più. Gli esseri umani hanno sfruttato tutte le sue risorse, fino a quando questa non è divento un pianeta morente. Un gruppo di scienziati riesce a mettere in salvo parte della popolazione portandola su Xaral, un pianeta con le stesse caratteristiche della Terra. Con la loro partenza sperano di poter mettere fine alla malvagità e la sete di potere degli uomini, ma purtroppo vengono delusi: coloro che avevano salvato si impongono sulla popolazione nativa, massacrando gli Xaraliani.
Anno 4065.
Evelyne è una ragazza fortunata, o per lo meno questo è il pensiero dei suoi dottori. Il suo corpo è stato ritrovato quasi in fin di vita in seguito all'esplosione di un palazzo. Il prezzo per la sua vita è stata la memoria: non ricorda nulla dell'incidente o della sua vita prima di esso, non ricorda amici, familiari e neppure il suo nome. L'unica cosa che sa è la sua età, diciotto anni, confermata dai dottori. Tutta l'eredità del suo passato è una medaglietta con scritto "Evelyne" appesa al collo.
Lentamente, riuscirà a mettere insieme i pezzi del suo passato, scoprendo che il suo destino è collegato a quella misteriosa popolazione, massacrata molti anni prima.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X
 
Evelyne rimase impietrita quando Tyler Meatch comparve. Una parte di lei le diceva di correre e scappare via, ma una parte più grande sapeva di non avere via di fuga. Ashton era scattato in piedi e le si era messo davanti, come a volerla proteggere, nonostante entrambi sapessero che era tutto inutile. Gli occhi del ragazzo erano sgranati dalla paura e, quando parlò, lo fece con voce flebile e balbettante.
«Meatch?» sussurrò, quasi come se non volesse credere a chi si trovava davanti. Evelyne aveva la certezza che Ashton non lo aveva mai incontrato prima e che mai si sarebbe aspettato di vederlo davanti al loro nascondiglio, specialmente quando Speranza e suo padre erano ancora in casa.
«Ashton Wilson» disse Tyler Meatch come se lo conoscesse da una vita «Assomigli terribilmente a tuo padre».
Il ragazzo deglutì a quelle parole e iniziò a pensare ad un modo per cavarsela in quella situazione. Non c’era molto da fare, in realtà: alle spalle di Meatch c’erano una ventina di uomini armati e i fucili puntavano tutti su di loro. Molti furgoni – Evelyne ne contava almeno dieci – neri si trovavano dietro i soldati, ragion per cui ce ne dovevano essere altri, che probabilmente avevano circondato la casa. Mentre Ashton covava ancora un minimo di speranza – in senso letterario, dato che la Nativa di trovava all’interno – Evelyne si era rassegnata ad essere catturata, ma la cosa non la spaventava. Sapeva che questa sarebbe stata la resa dei conti, l’ultima vera battaglia. Aveva paura? Certamente, non era una sciocca. Sapeva che lei e le persone a cui voleva bene potevano morire e se fallivano poteva essere una catastrofe per tutta l’umanità, eppure si sentiva sollevata sapendo che quella sarebbe stata l’ultima sfida. Indipendentemente da come fosse finita, non avrebbe più dovuto lottare.
Evelyne si prese del tempo per studiare il suo nemico. Tyler Meatch era indiscutibilmente un uomo affascinante: indossava un completo elegante che aderiva perfettamente al suo fisico asciutto, i capelli neri erano tagliati corti e c’era qualcosa di attraente nei tratti spigolosi del suo viso liscio, senza un accenno di barba. Forse era proprio l’assenza di peluria che lo faceva sembrare ancora più giovane di quanto non fosse; la ragazza non conosceva la sua età precisa, ma era sicura che avesse più della ventina di anni che dimostrava di avere. La colpirono molto gli anelli raffinati che l’uomo portava alle dita delle mani: sulla destra ne aveva tre e sulla sinistra due. Tutti e cinque sembravano essere di fattura molto costosa e questo la fece pensare che era un uomo che amava ostentare la propria ricchezza.
Dei colpi di arma da fuoco e delle urla interruppero l’analisi di Evelyne e la riportarono alla realtà: qualcosa stava accadendo all’interno della casa. Poco dopo Mark Wilson e Speranza vennero scortati fuori da due uomini armati con le mani dietro alla testa, impossibilitati a muoversi. L’espressione sul viso di Mark tradiva sorpresa e paura, mentre ciò che attraversava quello di Speranza era odio allo stato puro. Tyler ricambiò l’espressione della Nativa e, assieme all’odio, aggiunse anche il disgusto.
«Feccia» disse sputando a terra.
«Curioso, stavo per dire la stessa cosa» gli rispose Speranza, con un coraggio che Evelyne non poté fare a meno di ammirare.
Il gruppo di persone fuori dal portone di quella casa formava una comitiva davvero curiosa e la ragazza si domandò ciò che avrebbero pensato le persone che fossero passate di lì; ma molto probabilmente gli uomini di Meatch si erano organizzati in maniera tale che nessuno interferisse nei loro piani.
«Sarai la prima persona – se così è possibile chiamarti – che ucciderò » la minacciò Tyler con aria maligna.
«Non mi spaventi» disse Speranza. Ed era vero. Se c’era qualcosa che accomunava i prigionieri era il sentimento di paura, ma la Nativa sembrava esserne priva. Da dove le venisse tutto quel coraggio era ignoto saperlo.
«Male» le rispose Tyler con un ghigno malvagio, caricando la pistola e puntandogliela alla testa.
«Sappiamo tutti e due come finirà questa storia» annunciò Speranza con aria stanca «Puoi anche uccidermi, ma tornerò. Lo sai».
«Oh, forse un tempo saresti tornata, ma non ora, dato che il qui presente scienziato e i suoi collaboratori hanno scoperto il metallo con cui uccidere voi Nativi. E per uccidere, intendo per sempre» ribatté Tyler «Questi proiettili ne sono pieni e, quando premerò il grilletto, sarai morta per sempre».
«Vinceremo lo stesso» affermò nuovamente Speranza, ma con voce titubante. Sarebbe morta e, in quel momento, tutti ne ebbero la consapevolezza.
La scena successiva si svolse come al rallentatore: Evelyne vide Tyler sorridere in modo malvagio e fare sempre più pressione sul grilletto, fino a quando il proiettile schizzò fuori dall’arma, andandosi a conficcare nella testa di Speranza. La Nativa cadde all’indietro, con il sangue che le sgorgava dalla fronte e gli occhi rovesciati all’indietro.
Evelyne osservò tutta la scena senza poter fare niente, con le lacrime che le bruciavano negli occhi. Speranza era morta. Il sangue aveva creato una piccola pozza a terra e si stava diramando lungo tutte le crepe del terreno, un fiume rosso in espansione. Non c’era paura sul volto della Xaraliana, ma un sorriso: fu quello il suo ultimo atto, il suo gesto di speranza, la firma con cui disse addio al mondo.
«È stato più facile di quanto pensassi» commentò soddisfatto Tyler, con il volto macchiato dal sangue della sua vittima.
È in quel momento che Evelyne trovò la forza di reagire: era pervasa da un sentimento che non aveva – o che non ricordava – mai provato prima. Odiava Tyler Meatch, lo odiava. Tutti i suoi nervi erano pronti a scattare e una rabbia crescente montava in lei, dandole il coraggio di alzarsi in piedi e scagliarsi contro il suo nemico.
L’uomo non capì bene cosa stava succedendo, inizialmente rimase sorpreso, poi fece cenno ai suoi uomini di intervenire. Ne servirono tre per separare Evelyne da lui, due la afferrano per le spalle e uno le prese i piedi: la ragazza cercò di divincolarsi, ma gli uomini erano troppo forti per lei. Girò il suo sguardo in cerca dei suoi compagni, ma vide che anche Ashton e Mark erano stati bloccati dagli uomini di Meatch. Evelyne continuò ad agitarsi e divincolarsi fra le loro braccia, con le lacrime che ormai le rigavano il volto, accecata dall’odio e dal sentimento di vendetta. Non si accorse dell’uomo che le si stava avvicinando con una siringa fino a quando l’ago non penetrò nel suo braccio. La tennero ferma fino a quando tutto il liquido non le fu entrato in circolazione e, qualche secondo dopo, Evelyne si accasciò a terra, svenuta.
 
Quando Evelyne si svegliò si accorse di essere tutta dolorante. Stava dormendo su un pavimento di pietra, non sapeva dove si trovasse, né come ci fosse arrivata. Massaggiandosi il collo con una mano si alzò in piedi per osservare l’ambiente: era in una stanza fatta interamente di pietra, una delle pareti era formata da sbarre di ferro. Una cella, pensò la ragazza. Fece per avvicinarsi, quando una voce risuonò da oltre le sbarre: «Non toccarle, ci passa la corrente elettrica».
«Ashton?» lo chiamò. Dov’era il ragazzo?
«Sono qui, nella cella accanto alla tua» rispose lui. Evelyne si spostò verso destra, da dove veniva la voce, e si accorse che c’era un piccolo buco nella parete. Da lì sbucava l’occhio di Ashton.
«Dove siamo?» domandò la ragazza.
«Non ne abbiamo idea» rispose lui «Dopo che ti hanno sedata hanno iniettato lo stesso liquido anche a noi. Io sono stato il primo a svegliarmi e… a toccare le sbarre. Fortunatamente mi sono ritratto subito».
Ora che ci faceva caso, Ashton sembrava avere il respiro pesante e la voce roca.
«Non mi sembra che tu stia molto bene» gli fece notare lei.
«Sto meglio di Speranza» ribatté lui, aspro.
A quell’affermazione Evelyne sentì girare la testa. Speranza era morta, come aveva fatto a non ricordarselo? Era morta per tutti loro e stavano sfruttando il suo sacrificio rimanendo chiusi in una cella. Non sarebbe dovuta andare così: la ragazza si sentì stupida perché avrebbe dovuto usare i propri poteri, invece di assalire Tyler Meatch. Il problema era che, accecata dalla rabbia e dall’odio com’era, non ci aveva pensato per niente. Forse, se non si fosse lasciata prendere delle emozioni, a quest’ora sarebbero riusciti a scappare, forse non sarebbero rinchiusi nella cella e forse l’uccisione di Speranza non sembrerebbe così vana.
La testa di Evelyne girò sempre più vorticosamente e dovette appoggiare una mano al muro per non cadere.
«Tu come stai?» le chiese Ashton. Il suo tono era gentile.
«Sono ancora viva» rispose brusca la ragazza.
«Evelyne io… mi dispiace. Sai che a volte parlo senza pensare e posso sembrare cattivo, ma sai che non lo sono» si scusò lui.
«No, hai ragione. Sono stata una stupida, avrei dovuto usare i miei poteri. Come mi è saltato in mente di aggredire Tyler in quel modo?»
«È stato piuttosto impressionante, a dire il vero» disse Ashton divertito «Certo, la tua tecnica non era delle migliori, ma hai colto Meatch e tutti i suoi uomini di sorpresa. Gli hai fatto vedere che siamo imprevedibili»
«Ma ora siamo chiusi dentro queste celle ed è stato tutto inutile» commentò Evelyne scoraggiata.
Ashton non rispose.
«A proposito, dov’è tuo padre?» gli domandò la ragazza, che per un momento si era scordata dell’uomo.
«È qui nella cella insieme a me e ancora non si è svegliato. Sono preoccupato, temo che quello che ci hanno iniettato abbia avuto un maggiore effetto su di lui. Non è giovane come noi e non so quando si riprenderà»
«Vorrei poterti dire che andrà tutto bene»
«Ci credi?»
«No»
«Allora non farlo. Non dire nulla che ti senti obbligata a dire. Per quanto ne sappiamo questi potrebbero essere i nostri ultimi minuti insieme. Non sprechiamoli facendo ciò che la convenzione ci impone di fare»
«Quando ho detto che ti amo» Evelyne si fermò un secondo non appena ebbe pronunciato quelle parole «Ci credevo davvero».
«Voglio che tu sappia che, se dovessi morire, morirò felice perché so che mi ami. Perché tutto ciò che provo per te tu lo provi per me» le sussurrò lui dolcemente.
«Non morirai Ashton. Sono stufa che la gente muoia a posto mio. Se è me che voglio, è me che avranno».
La ragazza prese fiato: «Dove sei Tyler?» urlò «Se vuoi uccidermi, cosa stai aspettando?».
Evelyne era sicura che lui l’avesse udita, sicuramente aveva installato telecamere, microfoni e altri oggetti tecnologici per star sicuro che la ragazza non gli sfuggisse nuovamente. Poco dopo una pesante porta di metallo si aprì e Tyler Meatch comparve davanti alle loro celle.
«Evelyne» pronunciò il suo nome carico d’odio «Stai cominciando a stufarmi»
«Non ho chiesto io di essere rapita e imprigionata in questa cella. Sono stanca dei giochetti. Se vuoi uccidermi lascia andare i miei amici e facciamola finita»
«Vai dritta al sodo, sei determinata, mi piace» osservò Tyler con un certo interesse «Chissà, magari mi convincerai anche a fare ciò che vuoi tu»
«Sarà difficile, ora sei tu in vantaggio su di noi» ribatté la ragazza.
«Giusto anche questo è vero. Sai, Evelyne, perché non ci siamo incontrati prima?»
La ragazza scosse la testa in segno di diniego.
«Avevo bisogno che tu sviluppassi i tuoi poteri, che pensassi di potermi battere, che mostrassi tutte le tue carte. Ora so cosa puoi fare e ho preso le relative misure per impedirtelo»
«Davvero ti credi così presuntuoso da sapere tutto di me?» gli domandò lei.
«Assolutamente. Ma vedi, non m’importa nulla di te, quanto dei tuoi poteri. Da quando il mio antenato Sebastian ha scoperto che quei cani degli scienziati avevano ideato qualcosa con il vecchio pazzo blu la mia famiglia ha iniziato ad indagare sui tuoi poteri. So cose di te che nemmeno immagini. Forse non ti conosco bene, è vero, ma conosco quella parte di te che hai sempre ambito a ricordare: quella prima dell’incidente»
«Menti!» lo accusò Evelyne, ma non era tanto sicura delle sue parole. Una parte di lei era sempre stata attaccata alla versione precedente di se stessa; nonostante l’aspettativa di una nuova vita davanti a sé non aveva rinunciato a voler scoprire la precedente.
«E che motivo avrei?» le domandò lui con aria innocente.
«Vuoi indurla a fidarti di te, così le prometterai un mucchio di falsità e lei si abbandonerà a te senza combattere!» intervenne Ashton urlando.
«Sati zitto, ragazzo!» lo rimproverò Tyler con astio «O tuo padre non si sveglierà più»
«Cosa gli hai dato?» chiese il ragazzo, in preda al panico.
«Nulla da cui non potrà riprendersi. Se ti comporterai bene» lo minacciò.
«Lasciali in pace!» urlò Evelyne «Cos’è che vuoi?»
«Voglio che tu mi dia la tua collana» le rispose Tyler.
«Evelyne, no!» la implorò Ashton.
La ragazza parve non sentire. In preda ad una strana consapevolezza, si portò entrambe le mani al collo in cerca della chiusura di metallo. Sembrava non udire le preghiere di Ashton e non vedere la faccia malefica di Tyler. Il battito del suo cuore era rallentato e il respiro era controllato: stava accadendo qualcosa. Evelyne si sfilò la collana e si sentì improvvisamente nuda, poi la strinse nella mano e allungò il palmo verso Tyler. Lui fece cenno ai suoi uomini dalle telecamere di staccare la corrente fra le sbarre e così essi fecero.
Tyler si avvicinò sempre di più.
«Apri il palmo» le ordinò. Evelyne fece come gli veniva detto e, lentamente, mise il braccio fuori dalle sbarre. Tyler, con aria sognante, le si avvicino. Il suo volto sembrava dire “Ho vinto” ma, non appena toccò la collana, la mano di Evelyne si chiuse, stringendo la sua.
«Non ancora» disse lei, prima che entrambi venissero inghiottiti dal buio.
 
Non appena il buio si dissolse intorno a loro, entrambi capirono di trovarsi in un luogo misterioso. Tyler Meatch osservava sbalordito la rupe sulla quale erano stati catapultati e la fitta vegetazione che li circondava; mentre Evelyne, dopo un attimo di sorpresa iniziale, riconobbe quello come il luogo che aveva visto grazie alle cure di Speranza, dopo che Kevin l’aveva tradito. Il silenzio che li avvolgeva era surreale e la natura intorno a loro sembrava in attesa dell’imminente scontro fra i due.
«Stupida ragazza!» l’aggredì Tyler «Sai cosa hai fatto? Sai dove siamo?»
Evelyne avrebbe voluto rispondergli, ma non ne era a conoscenza. Provava una strana sensazione, come se lei appartenesse a quel posto, ma non perché ci era già stata prima. Aveva la consapevolezza finale che gli Xaraliani volevano che lei si trovasse lì in quel preciso istante, che ponesse fine a quella lunga lotta in quel luogo misterioso. Pur non sapendo dove fosse, era consapevole del cielo azzurro sopra le loro teste, dei caldi raggi del sole, delle folate di vento che di tanto in tanto facevano muovere le foglie degli alberi, del terreno duro e friabile sotto ai loro piedi.
«Siamo nel posto in cui ti sconfiggerò» gli rispose pacata, dimostrando di credere totalmente nel potere dentro di lei. Questo era il suo destino e ne era consapevole. Lei doveva sconfiggere Tyler, altrimenti la vita degli esseri umani non avrebbe più avuto senso e il sacrificio dei Nativi sarebbe stato vano.
«So che pensi di essere in vantaggio su di me, ma in realtà non è così» Tyler si interruppe e con un gesto della mano indicò il paesaggio intorno a loro «Siamo sulla Terra, Evelyne. Il pianeta d’origine dei nostri avi, curato per noi dalla morte dei Nativi. Pensi di avere vinto, ma ti sbagli. Sebastian Meatch, il primo della mia famiglia a mettere piede su Xaral, sapeva del complotto degli stupidi scienziati e dei Nativi. Li ha massacrati affinché potessero mettere in atto il loro piano e ripristinare la Terra, poi ha lasciato a noi, ai suoi discendenti, il compito di riprendercela, come è giusto che sia. Ed è proprio questo che ho intenzione di fare: ti ucciderò – perché lo farò – poi userò il potere della tua collana per tornare su Xaral e proclamarmi salvatore del mondo. Letteralmente».
«A cosa ti serve la Terra?» gli domandò Evelyne piena di rabbia. Non voleva credere alla cattiveria dell’uomo che aveva davanti. Non pensava che si potesse essere così egoisti e arroganti «Hai tutto il potere che vuoi su Xaral, perché vuoi rovinare nuovamente questo mondo?».
«Tu non capisci» le rispose Tyler scuotendo la testa «Il potere vero non è comodare un mondo o due. Il vero potere è far sì che gli altri ti adorino, che ti venerino, che pensino che tu sia superiore a loro. Sebastian Meatch l’aveva capito ed è sopravvissuto alla morte. Tutti conosco il suo nome, tutti raccontano le due grandi gesta e tutti lo amano. Questo è il potere, Evelyne. Per avere anche io il suo stesso splendore, per essere riconosciuto come un suo degno discendente devo fare qualcosa di tanto grande anche io e consegnare nuovamente la Terra agli umani lo è. Sarò il più grande di tutti per questo».
«Mi disgusti» commentò Evelyne «Non so se ti rendi conto dell’egoismo con il quale pensi, parli e agisci. Tutto questo parlare di te mi ha nauseata. Per un solo secondo non hai pensato agli esseri umani, pensi solo al tuo prestigio. È giusto che gli uomini tornino qui a vivere, nel loro pianeta d’origine, ma non alle tue condizioni. Non lo permetterò».
«E cosa pensi di fare tu, da sola, per fermarmi?» le domandò, piuttosto divertito.
«Non sono sola. Non avendo il tuo egoismo io mi sono fidata delle persone, ho confidato loro la verità e ci siamo aiutati a vicenda. Mentre noi siamo qui i miei amici combattono per me, spinti da un ideale e non dai soldi, come i tuoi. Non ho avuto bisogno di comprare nessuno e, se sarà necessario, loro moriranno per la giusta causa. Tu puoi dire lo stesso dei tuoi uomini? Quanti, dovendo scegliere tra la vita o la morte, sceglierebbero te e non loro stessi?»
«Quello che dici non importa» la interruppe «Perché qui ci siamo solo noi due e, per quanto i tuoi discorsi siano belli e strappalacrime, nessuno dei tuoi amici verrà a salvarti quando ti ucciderò!»
Detto questo Tyler le si gettò addosso, facendola cadere all’indietro. Con l’intenzione di strangolarla le porto le mani alla gola, e gliele premette sul collo per soffocarla. Evelyne tentò di difendersi come meglio poteva ma l’uomo era molto più forte di lei. Cercò di divincolarsi dalla sua presa dandogli dei calci, ma lui le si sedette sulle sue ginocchia, schiacciandogliele contro il terreno. Allora la ragazza, raccogliendo le ultime sue forze, conficcò due dita negli occhi di Tyler, che si staccò da lei emettendo un urlo di dolore. Le dita di Evelyne erano macchiate di sangue come la faccia del suo nemico e, dopo aver ripreso fiato, si scaraventò su Tyler, che continuava a coprirsi il viso. Entrambi caddero rotolando giù dal burrone. I loro corpi rotolando vennero colpiti da massi sporgenti e vari arbusti fino a quando, terminata la discesa, furono inghiottiti dall’acqua di un lago sottostante.
 
«Evelyne!» la ragazza aprì gli occhi non appena udì il suo nome. Era come in trans: sentiva il suo corpo dolorante e immobile, ma la sua mente era sveglia. Intorno a lei era tutto buio, ad eccezione di due figure. Tentò di andare verso di loro, ma non riusciva a muoversi. Provò a fargli una domanda ma, con suo disappunto, si accorse di non poter parlare.
«Evelyne» la chiamò di nuovo una voce dolce. Lentamente la ragazza riuscì a mettere a fuoco le figure. Vide che si trattava di un uomo e una donna, lui alto con i capelli castani ricci e un grande paio di occhiali ad occupargli il viso; lei con i capelli corti e il fisico minuto. Non avrebbe saputo dire quanti anni avessero, perché apparivano allo stesso tempo molto vecchi e molto giovani.
«Evelyne, bambina, non sai quanto tempo abbiamo aspettato questo momento. Finalmente possiamo dirti tutto, finalmente conoscerai la verità…» la donna si interruppe per qualche secondo
«Ci chiamiamo Cassandra e Julian e siamo i tuoi genitori».
La ragazza sgranò gli occhi e il battito del suo cuore accelerò. Erano davvero loro? Com’era possibile? Avrebbe voluto chiedergli tante domande, ma non riusciva a parlare. Silenziosamente iniziò a piangere dalla felicità, mentre studiava nei minimi particolari i suoi genitori. Era avida di trovare quei dettagli che sempre aveva notato simili tra genitori e figli, per i quali non aveva mai avuto un termine di confronto. Pensò che il suo colore dei capelli fosse come quello di suo padre, forse la forma degli occhi assomigliava a quella di sua madre, o forse era un mix fra i due…
«Ascolta, Evelyne, non abbiamo molto tempo» questa volta fu Julian a parlare «Ci è stato concesso di registrare questo messaggio poco prima di morire, di inserirlo dentro la tua collana e, quando tutto sarebbe finito, di mostrartelo. Crediamo che tu abbia il diritto di sapere come sono andate veramente le cose, di sapere la verità. Volevamo abbandonare il nostro pianeta morente con la speranza di trovarne uno migliore, con la speranza di avere un nuovo futuro per noi e per i nostri figli. Avevamo pianificato tutto, ma non siamo stati così furbi come pensavamo, dato che Sebastian Meatch ci ha trovati: sapevamo che era pericoloso, ma non siamo stati abbastanza furbi da non destare i suoi sospetti. Ci ha scoperti e ci ha minacciato per portare lui e i suoi uomini via dalla Terra: inizialmente volevamo combattere, ma non siamo riusciti a contrastarlo. Quelli dei nostri che non sono morti sono rimasti feriti gravemente e, stanchi del dolore che ci circondava, abbiamo accettato le sue condizioni. Arrivati su Xaral Meatch disse di voler avviare una convivenza pacifica con i Nativi ma noi, che eravamo testimoni della sua cattiveria, sapevamo che non era così. Non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno per il potere. Decidemmo che dovevamo sconfiggerlo prima che arrecasse danni ai quei poveri innocente, così io e tua madre ci consultammo con gli altri scienziati rimasti – coloro che erano testimoni di ciò che poteva fare – e abbiamo detto loro che dovevamo sbarazzarcene. Ci hanno voltato tutti le spalle, dicendo che eravamo pazzi, perché mettersi contro Meatch voleva dire morire; non credo che loro abbiano colpa, eravamo appena sfuggiti alla morte, tutto ciò che desideravano era vivere una vita tranquilla. Stavamo perdendo le speranze, quando un giorno il capo degli Xaraliani ci convocò. Domandandoci cosa volesse da noi la più alta autorità di quella strana popolazione, ci recammo all’incontro. Ci spiegò della loro capacità di predire il futuro, ci disse che aveva visto che Tyler li avrebbe uccisi tutti, ma c’era un modo di salvare sia loro che gli esseri umani, se lo avessimo aiutato. Ascoltammo la sua proposta: il bambino nel grembo di tua madre» Julian si interruppe per sorridere e indicare Evelyne «non era morto, ma solo molto debole. Ci disse che Sebastian li avrebbe massacrati in un luogo sacro per loro e, dopo la loro morte, saremmo dovuti andare lì e assorbire il potere. Quel potere sarebbe servito per darti la forza, per darne a noi e al nostro pianeta. Ci disse che serviva un oggetto per incanalare quel potere e noi scegliemmo la targhetta con il nome di mia madre, che portavo al collo da quando lei era morta. Il suo nome era Evelyne. Grazie a quei poteri, ci disse, tu avresti ripristinato l’energia della Terra, riportandola intatta come all’inizio. Mi dispiace non esserti di aiuto in questa parte della comprensione, ma Capo Saggio non ci ha mai spiegato nei dettagli i loro poteri, solo ciò che dovevamo fare. Ovviamente io e tua madre accettammo subito, ma il Nativo ci avvertì: noi due non saremmo più invecchiati e, al momento giusto, la tua collana ci avrebbe uccisi e cancellato la tua memoria. Non eravamo tanto preoccupati per che dovessimo morire, quanto quello che tu ti saresti trovata sola, senza nessuno ad indicarti la strada. Non sapevamo se avresti fatto la scelta giusta, se saresti stata abbastanza coraggiosa da continuare anche quando non c’era speranza, come facemmo noi. Dopo una lunga riflessione accettammo, perché capimmo che, se avessimo rifiutato, il sacrificio dei nostri colleghi sarebbe stato vano. Ci dispiace averti abbandonato, ma spero che tu capisca che lo abbiamo fatto per una causa più grande, per fa sì che l’umanità non fosse più succube di un uomo ricco e arrogante»
Una volta che Julian ebbe concluso il suo discorso, toccò a Cassie parlare: «Bambina mia, non commettere il nostro stesso errore. Non credere che gli uomini possano essere buoni o cattivi, perché ognuno può comportarsi bene o male a seconda delle situazioni. So che può essere facile giudicare: quand’eravamo giovani pensavamo di aver trovato le persone più buone e meritevoli di una nuova vita ma, nel momento del bisogno, tutti hanno scelto la via più facile. Dovrai imparare dal nostro errore, così come abbiamo imparato noi. Tutto ciò che puoi fare è dare agli uomini la libertà di scegliere come comportarsi e, se necessario, morire per questo; perché se c’è qualcosa per cui valga la pena di morire è proprio questo. Non sai cos’è la guerra e ti auguro di non scoprirlo mai. Per te questo è solo l’inizio e per noi è la fine. Ora che sai la verità il tuo ciondolo non avrà più effetto e perderà i suoi poteri, ma ciò che hai fatto, il modo in cui hai combattuto e resistito, è stato eroico. Siamo fieri di te e ti auguriamo tutto il meglio di questo mondo. Ti amiamo.»
Con il sorriso sulle labbra, Cassie e Julian scomparvero e Evelyne svenne, senza avere la possibilità di sussurrare “Anch’io” in risposta.
 
Dei “bip” ad intermittenza risvegliarono Evelyne dopo quello che le parve un sonno durato secoli. La ragazza si guardò intorno, confusa, cercando di capire dove si trovasse. Era sdraiata su un letto, degli aghi erano attaccati al suo braccio e un macchinario al suo lato faceva gocciolare lentamente qualche sostanza all’interno di un tubo, che finiva nel suo corpo.
Impiegò qualche minuto prima di capire che si trovava in una stanza dell’ospedale, simile a quella che aveva lasciato all’inizio dell’avventura. Sorrise, pensando a come fosse buffo il destino, che aveva segnato quel luogo come punto di inizio e di fine.
Un lieve russare proveniva dalla sua sinistra e, solo in quel momento, si accorse che qualcuno si era addormentato in una posizione scomoda su una poltrona. Con il cuore a mille, Evelyne riconobbe Ashton e un sorriso le illuminò il volto: era vivo.
«Ashton» lo chiamò sussurrando piano lei per svegliarlo, scuotendolo leggermente per una spalla. Non appena sentì il suo tocco, il ragazzo si svegliò e, passato un attimo di confusione iniziale, la guardò pieno di felicità.
«Evelyne!» esclamò pieno di sollievo.
Prima che la ragazza potesse dire altro lui si alzò e posò delicatamente le sue labbra su quelle di lei. Evelyne gli accarezzò il viso, inebriata dal bacio e pensò che non ci fosse essere umano più bello e perfetto di lui. Aveva un livido viola sullo zigomo destro e delle fasciature vicino alla tempia e lei sentiva di amarlo così tanto, perché quelle ferite se le era procurate combattendo per la loro causa.
«Parlando di cose importanti, cos’è successo?» domandò Evelyne avida di curiosità «Insomma, perché siamo qui a riposarci? Non dovremmo combattere Meatch e…»
«Ma… non ricordi nulla?» la interruppe Ashton.
La ragazza scosse la testa.
«Quando hai dato la collana a Meatch, una luce vi ha avvolti e poi siete spariti. Tutti credevamo foste morti e i suoi uomini si sono fatti prendere dal panico e lentamente hanno iniziato a dileguarsi. A quanto pare Meatch non aveva rivelato il suo piano a nessuno dei suoi collaboratori e, quando siete spariti, si sono fatti prendere dal panico. Molti, come mio padre, venivano tenuti in ostaggio e appena hanno potuto se la sono svignata, gli altri erano mercenari e sono andati a trovare un nuovo cliente da soddisfare. Sai com’è, un uomo morto non può pagare i propri debiti»
«Poi? Cos’altro è successo?»
«Quando gli uomini di Meatch hanno abbandonato l’edificio, hanno tolto la corrente e aperto le sbarre della nostra cella. Ho cercato di rianimare mio padre, ma senza successo, così sono uscito fuori dall’edificio, ho camminato ore alla ricerca di qualcuno e, appena ho potuto, ho chiamato l’ospedale. Una volta che lui era al sicuro sono tornato nel luogo in cui eravamo prigionieri per cercarti e tu eri lì, in piedi e cosciente, con Tyler svenuto a terra. Mi hai sorriso e mi hai detto che la tua missione era compiuta, perché eri a conoscenza di tutto. Mi hai toccato una spalla e ci siamo teletrasportati nella piazza principale di Lhoop e ti sei messa a parlare alla gente»
«Ho davvero fatto tutto ciò?» chiese Evelyne con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
«Sì, è per questo che pensavo te lo ricordassi»
«Mi dispiace, ma l’ultima cosa che ricordo è il mio combattimento con Meatch sulla Terra» disse la ragazza, ma stava mentendo. In realtà il suo ultimo ricordo era quel messaggio impresso nella sua memoria, quello che le avevano lasciato i suoi genitori. Da una parte le sarebbe piaciuto poterlo confidare ad Ashton ma, allo stesso tempo, voleva tenerlo solo per sé.
«Avresti dovuto vederti, eri incredibile» continuò Ashton sorridendo orgoglioso. «Hai detto alla gente che doveva smetterla di vivere a testa bassa, che dovevamo lottare per l’arte, la poesia, la letteratura, per ciò che di bello avevamo sulla Terra, perché altrimenti ci saremmo annullati. Poi sono comparsi gli Xaraliani, milioni di creature blu si sono riversate nella piazza e i Terrestri hanno iniziato a spaventarsi, com’era logico pensare. I Nativi, però, non si sono tirati indietro e con pazienza ci hanno raccontato la verità. Hanno finalmente svelato l’imbroglio del primo Meatch, il suo tradimento e la sua sete di potere e poi, come alla fine… Oh, Evelyne, non ci crederai mai!»
«Cosa? Non tenermi sulle spine!»
«Ci hanno mostrato la Terra. Hanno detto che il nostro pianeta d’origine sta bene è salvo e, se vogliamo, possiamo tornarci. Ovviamente un team di scienziati si è già messo all’opera per costruire una navicella spaziale e forse per la fine dell’anno potranno iniziare i viaggi!»
Evelyne sorrise alle parole di Ashton. Ripensò ai suoi genitori – che finalmente aveva conosciuto – e pensò a come sarebbero stati felici di vedere che ciò per cui avevano lottato non era stato vano, che i loro amici morti erano morti per permettere al futuro di migliorare. Pensò a come sarebbe stato bello tornare sul loro pianeta d’origine, senza avere più il bisogno di sottomettere un’altra popolazione. Certo, ci sarebbero state altre guerre e altri uomini malvagi ma, finché ci sarebbero state persone pronte a morire per la libertà, il futuro non la spaventava.
«È meraviglioso!» esclamò sorridente Evelyne.
Ashton la baciò di nuovo, questa volta più a lungo, poi la guardò pieno d’amore.
«La Terra sarà la nostra avventura. Lì potremmo vivere e…» si interruppe «farci una famiglia» aggiunse arrossendo.
La ragazza arrossì a sua volta e rise.
«Prima dovremmo uscire da questo ospedale però» gli fece notare lei.
«Giusto, vado a chiamare il dottore, magari vorrà sapere che sei sveglia» disse Ashton imbarazzato, uscendo velocemente dalla stanza.
Evelyne chiuse gli occhi, finalmente felice e istintivamente si toccò il collo. Non fu sorpresa di trovarvi ancora appesa la sua collana, quella con il suo nome. La strinse e, anche se ormai era priva di potere, quel gesto era radicato così profondamente in lei che non avrebbe mai perso l’abitudine di farlo. Finalmente il mondo era in pace. La ragazza sapeva che quella pace sarebbe stata solo temporanea, che una guerra prima o poi sarebbe venuta nuovamente a distruggere le loro vite ma, ora che sapeva come combattere, non la temeva più così tanto. 

 
E così siamo arrivati alla fine (dopo mooolto tempo) di questa mia storia. Non so davvero cosa dire se non grazie. Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto, recensito, apprezzato questa storia, che mi hanno seguita nonostante i miei aggiornamenti scostanti, nonostante i miei errori e tutte le cose che ancora devo imparare. Spero di non avervi deluso con questo capitolo finale né annoiato, dato che è più lungo dei precendenti, ma avevo molto da scrivere.
Un grazie di cuore va anche ad Irene, perché crede sempre in me e mi dà la forza di portare a termine i progetti che ho iniziato, anche quando io non ci credo più.
Ci vediamo alla prossima storia!
 
Francesca.
 
   
 
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