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Autore: Lyris    23/11/2015    0 recensioni
A Chit, per il suo compleanno.
Itaewon è il quartiere gay di Seoul. Nessuno ammetterebbe pubblicamente di frequentarlo, eppure sono molti i giovani che vi passano le serate. E' proprio una notte, apparentemente come le altre, che le vite di alcuni di questi si sfiorano, si toccano e si intrecciano, fino a diventare un nodo indistricabile.
[ChanBaek] [HunHan] [KaiSoo] [TaoRis] [E chi più ne ha più ne metta]
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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• Itaewon 

 

Prologo: il mattino dopo

 

 

Chanyeol aprì il rubinetto della cucina ad angolo che occupava parte del salotto e riempì il proprio bicchiere. Una volta che fu pieno, girò la manopola del lavello e posò il bicchiere sul bancone. La nausea gli attorcigliò lo stomaco, facendogli contrarre il viso in una smorfia. Tuffò l'aspirina nell'acqua, mentre un dolore sordo martellava la sua testa. Fissò assente il bicchiere, aspettando che la pasticca si sciogliesse, non udendo il tipico sfrigolio effervescente. Stava cercando di riempire i vuoti di memoria della sera prima: si ricordava perfettamente di essere uscito insieme a Baekhyun, il suo coinquilino nonché migliore amico di sempre, e di aver preso la macchina per andare al locale gay che gli aveva consigliato Luhan... com'è che si chiamava? Princess? Queen? In effetti era proprio da Luhan. Era entrato nel locale e si era diretto subito al bancone del bar, rifiutando categoricamente gli inviti di Baekhyun di ballare. Poi aveva ordinato un cocktail, mentre guardava da lontano il suo amico che si scatenava in pista. Aveva bevuto, ne aveva ordinato un altro e poi... vuoto. L'unico frammento che gli rimaneva era l'immagine di se stesso che chiamava un taxi per farsi accompagnare a casa. Prese il bicchiere e bevve tutto d'un fiato. Si ricordava di aver raggiunto la porta di casa barcollando e dopo aver tentato svariate volte di inserire la chiave era riuscito ad aprire la porta. Entrato a casa si era trascinato in camera sua, adiacente a quella di Baekhyun, da cui provenivano rumori imbarazzanti. Chanyeol sospirò. Almeno aveva la sicurezza che l'amico fosse rientrato a casa vivo e vegeto. La nausea lo assalì di nuovo. Doveva proprio ubriacarsi così? Odiava quei stupidi sintomi post sbornia. Il mal di testa sembrò alleviarsi grazie all'aspirina. Si appoggiò al bancone, dopo aver posato il bicchiere nel lavello e diede un'occhiata all'orologio da polso che non toglieva mai. Mezzogiorno e mezza. Almeno è domenica.

“Oh, buongiorno” fece una voce sconosciuta. Chanyeol sobbalzò. Non si era accorto della presenza di un'altra persona nella stanza. In realtà, in quel momento, non si sarebbe accorto nemmeno se ci fosse stato un elefante. Alzò gli occhi verso lo sconosciuto che stava uscendo di soppiatto dalla stanza del suo coinquilino e quello ricambiò il suo sguardo. Era bel giovane, dalla carnagione olivastra e le labbra piene, i pantaloni sbottonati indossati in fretta e la camicia bianca stropicciata che fasciava un corpo muscoloso. Probabilmente erano i vestiti del giorno prima. Almeno aveva avuto la decenza di mettersi qualcosa addosso.

“Baekhyun non mi aveva detto che c'era altra gente...” cominciò lo sconosciuto, squadrandolo. Chanyeol sentì il nodo allo stomaco stringersi. Post sbornia del cazzo.

“Ci sono solo io, siamo coinquilini” tagliò corto. Con la frequenza con cui diceva quella frase avrebbe potuto scriverla su un post-it, attaccarselo in fronte e risparmiarsi la fatica. Un sorriso abbagliante si formò sul viso dello sconosciuto, che si avvicinò al bancone.

“Beh, dopotutto non abbiamo avuto molto tempo per chiacchierare” ridacchiò stupidamente, grattandosi la testa. L'irritazione di Chanyeol crebbe. Che aspettava ad andarsene? Quanto ancora avrebbe dovuto allietarlo con la sua fastidiosa presenza? Non ricevendo risposta, lo sconosciuto si schiarì la gola imbarazzato prima di parlare: “Siete coinquilini. E anche tu sei... insomma... anche a te piacciono...”

Chanyeol alzò un sopracciglio. Quella presenza fastidiosa lo guardò allusivamente. Il padrone di casa si chiese tra se e se perché la gente non si facesse i fatti propri, così non rispose, ma il suo silenzio parlò per lui. Il ragazzo sembrò rilassarsi improvvisamente mentre prendeva posto su uno degli sgabelli al bancone della cucina.

“Ti serve qualcosa?” chiese seccato, aspettandosi il solito “No, devo andare”. Ma l'altro annuì: “Magari un caffé”.

Chanyeol fu preso alla sprovvista, poi gli lanciò un'occhiataccia. Non era compito suo fare da baby sitter alle “conquiste” del suo migliore amico, conquiste che suo malgrado toccava a lui accogliere e spedire fuori casa. Pacchetto completo.

“Stai aspettando che si svegli, per caso?” gli chiese dunque, diretto.

“Certo” affermò quello. Chanyeol sbuffò, guardandolo come si guarda un bambino che aspetta un regalo che i genitori non possono permettersi.

“Te lo sconsiglio” disse lapidario. L'altro fece un'espressione perplessa.

“Non è quel tipo di persona” continuò Chanyeol, una voce maligna nel cuore che gli suggeriva una lista di cattiverie da dire per far sparire quel sorriso scemo. E in effetti, riuscì nell'intento.

“Speravo...” iniziò lo sconosciuto, che era diventato la personificazione della delusione e della depressione. Calò un breve silenzio. Chanyeol fece per parlare e dire male, ma si fermò: stupida coscienza. Si limitò quindi a guardarlo con compassione e a dargli una pacca sulla spalla.

“Su, sicuramente ci saranno altre persone là fuori che vorranno iniziare una storia seria con te” fece. Quello borbottò qualcosa e ringraziò, per cosa poi Chanyeol non lo sapeva. Raccolse un giubbotto di pelle nera che la notte prima era stato buttato sul divano, ne controllò le tasche, estrasse il portafogli e prese un pezzo di carta. Lo porse a Chanyeol, che scoprì che si trattava di un bigliettino da visita con una barra sul numero di cellulare stampato e un altro segnato a penna.

“Io... avrei dovuto darglielo ieri sera ma l'ho dimenticato. Magari non ho possibilità, ma vale la pena tentare” disse. Chanyeol annuì e gli rifilò uno dei sorrisi falsissimi che gli riuscivano meglio: “Glielo darò”.

Lo sconosciuto lo ringraziò con un sorriso speranzoso, quindi si voltò e uscì dall'appartamento con passo leggero. Accogliere e spedire fuori dalla casa. Pacchetto completo. Quando sentì la porta chiudersi, Chanyeol diede un'occhiata veloce al bigliettino: Kai, modello e ballerino. Sbuffò e gettò lo nella spazzatura. Che idiota.

 

Due ore dopo, Baekyhun riemerse dalla sua stanza, arrancando come gli zombie de La notte dei morti viventi. Chanyeol nel frattempo si era fatto una doccia, aveva sistemato il bagno, riassettato la casa, aperto le finestre e alzato le serrande per far cambiare l'aria, preparato del caffè e ne aveva lasciato un po' da parte per l'amico. Poi si era seduto comodamente sul divano a leggiucchiare il giornale. Baekhyun lo trovò mentre scorreva con gli occhi la pagina dello sport.

“Buongiorno” lo salutò Chanyeol allegramente “il caffè è nella macchinetta”.

L'amico grugnì qualcosa in risposta, si diresse pigramente nella cucina ad angolo e si versò con estrema lentezza la bevanda nella tazzina. Mandò giù tutto d'un fiato, ignorando il gusto troppo amaro. Quindi tornò indietro e sprofondò nella poltrona davanti al divano dove era seduto Chanyeol. Questi staccò gli occhi dal giornale e lo guardò.

“Se n'è andato, tranquillo” lo informò, con il tono con cui si ripete una frase diventata routine.

“Mh” mugugnò Baekyhun. Non che potesse importargli più di tanto.

“Dovresti smetterla di accollarmi tutte le tue cose” continuò Chanyeol con un finto rimprovero. La risposta di Baekyhun fu la medesima. Chanyeol sapeva che qualunque cosa gli avesse detto in quel momento -compreso che era scoppiata la terza guerra mondiale- avrebbe commentato con un mugugno. Sottecchi, sbirciò l'amico che rimaneva stravaccato sulla poltrona.

“Vai a farti una doccia. Puzzi da far schifo” gli consigliò con finezza.

“Sempre gentile, Chanyeol” rispose Baekyhun, soffiando una risata, mentre si costringeva ad alzarsi dalla poltrona. Chanyeol lo vide trascinarsi stancamente verso il bagno e chiudersi dentro, così chiuse il giornale e prese il portatile dal tavolino di fronte al divano. Appoggiò il computer sulle ginocchia e lo aprì. Quando si accese, lo sfondo del desktop rimandò la foto di lui e Baekyhun al Luna Park. Era stata scattata una decina d'anni prima, quando entrambi erano da poco entrati nella fantastica fase dell'adolescenza con relativi problemi ormonali. I loro visi in primo piano erano aperti in un sorriso largo, divertito e spensierato. Innocente. Sullo sfondo, una ruota panoramica si stagliava imponente. Al ricordo di quel periodo, gli angoli delle labbra si arricciarono un poco. Poco dopo, lo scroscio d'acqua rimbombò nell'appartamento silenzioso.

 

Il barista del locale gli riempie di nuovo il bicchiere, lanciandogli un'occhiata leggermente preoccupata. Che sia per il suo stato di salute o per la possibilità che possa vomitare su uno dei divanetti del locale, Chanyeol non lo sa. Manda giù tutto di un fiato, il bruciore gli attraversa la gola e finisce dritto nel suo stomaco. Finalmente la mente comincia ad annebbiarsi, effetto del quarto, no, quinto shot? Questo che ha appena bevuto è il..? Settimo? Boh.

Cazzo ne so, non mi interessa” borbotta tra se e se. Distoglie lo sguardo dal bicchiere vuoto davanti a lui e lo posa su Baekyhun, che balla, o meglio, si dimena, o ancora, si struscia contro altra gente, in pista. Chanyeol arriccia il naso e torna a concentrarsi sul suo bicchiere vuoto. Troppo vuoto. Si immerge in torbidi pensieri - anche se, visto da fuori, sembra solamente guardare come un ebete davanti a se. Si riscuote quando si accorge che accanto a lui si è seduta una persona che non conosce.

 

 

“Luhan” chiamò piano Minseok, ma l'unica reazione che ottenne dall'altro fu un debole movimento della mano.

“Luhan!” ripeté più forte, stavolta. Il ragazzo si lamentò nel sonno. Minseok sbuffò, alzò gli occhi al cielo, maledì l'alcol e i suoi effetti e invocò i santi patroni del post-sbornia.

“LUHAN” al ruggito si accompagnò uno scossone violento. Luhan sgranò gli occhi e si mise a sedere d'un colpo.

“Porca miseria!” esclamò. Si guardò intorno confuso: riconobbe il salotto del piccolo appartamento che condivideva con i suoi amici, e il divano su cui era steso. Poi i suoi occhi corsero da Minseok, che lo guardava preoccupato. Quando il mal di testa lo aggredì feroce, sibilò una serie di imprecazioni fra i denti.

“Mi hai fatto prendere un colpo, Minnie” si lamentò il ragazzo. Minseok sorrise a sentire il soprannome e rispose: “Era quello l'obiettivo”. Luhan mise il broncio.

“Ti ho preparato la colazione” esordì quindi Minseok, invitandolo ad alzarsi e raggiungere il tavolo da pranzo. Non era un vero e proprio tavolo, in realtà, ma più una cosa rimediata che si reggeva su quattro zampe ed era abbastanza spazioso da ospitare tre persone, quante erano quelle che vi mangiavano.

“Wow, ti adoro!” esclamò entusiasta Luhan, mentre si sedeva. Bevve tutto d'un fiato il succo di frutta e addentò un biscotto. Mentre mangiava, cominciò a parlare a raffica: “È stata una serata grandiosa ieri! Ho sempre detto che il Queen è pazzesco, Baekyhun mi dovrà essere grato a vita. Sono sicuro che si sia portato qualcuno a casa. Da quello che ricordo, era in compagnia quando l'ho visto” si interruppe un attimo per ingoiare il boccone “comunque non mi ricordo niente. Proprio zero. Credo che questa sia stata la sbornia peggiore dopo la serata al Why not. O forse no? Ma non importa, adesso” accompagnò il discorso con un gesto della mano poco virile “la cosa importante è che sia stato favoloso. E quando dico favoloso, non intendo una roba fioccosa e molto rosa, con cuoricini ed unicorni, ma il fa-vo-lo-so da serata da urlo”.

Minseok smise di ascoltarlo. Rimase a contemplare Luhan mentre blaterava di cose inutili e godette di quel momento. Dopo cinque anni di solida amicizia, ancora non riusciva a capire come potesse aver voglia di chiacchierare così tanto dopo una sbronza epocale. Per quanto lo riguardava, dopo un'ubriacatura, preferiva rimanere a letto, nelle coperte, completamente al buio con la serranda abbassata, sperando che la nausea e il mal di testa passassero e, proprio per questo motivo, toccava raramente l'alcol. In quel momento, un sottile raggio di Sole filtrava attraverso le tende e illuminava il volto di Luhan. I capelli biondi sembravano riflettere la luce, mentre le ciglia quasi scomparivano alla vista. In quell'angolazione, il volto sembrava più affilato, frutto del gioco di luce e ombra che si disegnava sul viso. Sembrava che quella perfezione fosse uscita dalla mano di un pittore. Il Sole fu oscurato per un istante da una nuvola e Minseok si riscosse e deglutì. Luhan non sembrava essersi accorto di nulla, così gli sorrise ed annuì, incoraggiandolo ad andare avanti, rispondendo a qualunque cosa gli avesse chiesto.

“... quel che è successo” concluse Luhan, guardandolo come se si aspettasse una risposta più esaustiva di quella rifilata poco prima. Un momento di silenzio e sbottò con un “Allora?”.

“Allora cosa?” chiese Minseok. Cosa stava dicendo? Era rimasto a quel certo Baekyhun che aveva contratto un enorme debito nei suoi confronti. Non lo conosceva di persona, ma sapeva che lui e Luhan erano amici e spesso partecipavano insieme ai Gay Pride. Luhan gli lanciò un'occhiata scocciata.

“Cosa è successo ieri sera, volevo sapere...” disse, con una leggera stizza.

“Beh, cosa vuoi che sia successo” cominciò l'altro.

“... ma mi stavi ascoltando?” lo interruppe Luhan, mettendo su un broncio. Minseok lo ignorò e continuò a parlare: “Siamo andati al locale, hai bevuto, approcciato con un tipo e poi siamo tornati a casa” snocciolò. Luhan rimase in silenzio per qualche minuto, cercando di riordinare i pensieri. I pochi flash disordinati non lo aiutavano.

“E dov'è il tipo?” chiese, realizzando solo in quel momento che non si era svegliato, come accadeva spesso in quell'ultimo anno, nudo in un letto sconosciuto. Minseok scosse la testa.

“E che ne so, io so solo che sei venuto da me frignando come un bambino, dicendo che volevi tornare a casa”. Luhan sgranò gli occhi.

“Io non frigno come un bambino”

“Come una bambina, allora”. Luhan gli fece una linguaccia e tornò a concentrarsi sulla colazione.

“E tu, invece?” chiese a bruciapelo. Minseok esitò.

“Niente di che” disse allegramente “ho badato a te per tutta la serata”.

“Volevo finalmente presentarti Baekyhun e mi sono ubriacato. Che palle!” si lamentò l'altro. Minseok fece per dire di non preoccuparsi ma Luhan lo precedette: “Ti sarebbe piaciuto”.

“Ci sarà un'altra occasione”

“Però quella serata l'avevo programmata da tempo...”

“Ne organizzeremo un'altra”

“... e poi- no, aspetta, ma perché sono venuto da te frignando come una bambina?” Luhan aggrottò la fronte. Ora che ci pensava, gli sembrava semplicemente assurdo che avesse abbandonato il tipo che aveva puntato per poi andare a lamentarsi con Minseok. Questo poteva significare una sola cosa.

“Farfugliavi che ti aveva rifiutato, qualcosa del genere” mentre lo diceva, l'amico fece spallucce senza apparire infastidito dal brusco cambiamento di discorso: questione di abitudine.

“Rifiutato” ripeté Luhan. Rifiutato. Lui. Lui! Questa cosa era inaccettabile. Inconcepibile. No no, lui non veniva mai rifiutato, né sarebbe mai accaduto. Improvvisamente, si sentì invadere dalla rabbia.

“Chi era il tipo? Com'era fatto?”. L'avrebbe ritrovato, sicuro, e poi l'avrebbe aggiunto alla lunga lista delle persone con un cui era stato a letto.

“Mah, credo avesse i capelli scuri”. Wow, Minnie che descrizione accurata e affatto esaustiva, pensò Luhan, ci sono così pochi coreani con i capelli scuri.

“E poi?” insistette. Ti prego, non dirmi che aveva gli occhi a mandorla.

“E che ne so, sei tu che ci hai provato, non io” rispose Minseok, un po' piccato “E poi perché t'interessa?”. Luhan scrollò le spalle.

“Niente, semplice curiosità” rispose. Mentre si alzava, prese le stoviglie e poi si diresse verso la cucina ad angolo, che occupava parte del salotto. Gli avrebbe strappato qualche informazione in più dopo. Adesso aveva un tremendo mal di testa e aveva bisogno di un'aspirina. Doveva assolutamente trovare quel ragazzo. Ne andava il suo onore. Posò la tazza nel lavandino e aprì l'acqua, facendola scorrere. In quel momento si rese conto che non si era accorto dell'assenza del terzo abitante di quella casa.

“Tao dov'è?” chiese. Probabilmente era in palestra ad allenarsi, senza traccia di un post-sbornia visto che non toccava mai alcol.

“In palestra” rispose infatti Minseok. Luhan annuì. Prevedibile. Fin da quando lo avevano conosciuto, lui e Minseok, avevano notato la sua passione per il kung fu.

“Nh” mugugnò Luhan. Avrebbe potuto chiedere a Tao, adesso che ci pensava. Non che ricordasse se c'era stato anche lui la notte prima, ma valeva la pena provare. O forse proprio non aveva visto niente, essendo di turno al locale dove lavorava. Aggrottò la fronte. Tutti quei ragionamenti e illazioni di prima mattina non facevano che peggiorare il suo mal di testa.

 

Il saluto che gli rivolge non fa affatto intendere che sia ubriaco né che voglia provarci spudoratamente. Per niente. O almeno, è questo quello di cui è convinto Luhan quando tenta di approcciare con il ragazzo carino che ha adocchiato. Questo, dal canto suo, lo guarda con aria di sufficienza ed incassa la testa nelle spalle. Anche se è seduto ad uno dei tavolini, Luhan scommette che ha un culo da favola.

Stavo pensando” dice, tentando un discreto tentativo di abbordaggio se non fosse per il troppo alcol “che ti ho visto”. Singhiozza. Questo non se lo ricorderà. Il ragazzo lo guarda impassibile e poi lo ignora rivolgendo le sue preziosi attenzioni a un tizio seduto al tavolo con lui. Ah, no. Ora che guarda meglio e strizza gli occhi, Luhan si accorge che è una ragazza. E la ragazza in questione lo sta fissando. Cosa ci fa una ragazza in un locale gay? pensa. Forse è una transessuale. Cosa ci fa una transessuale in un bar gay? si chiede. Non è certo che le sue domande siano molto intelligenti, ma al momento è ubriaco, perciò non ci fa caso.

 

Sehun diede una scorsa al cellulare: un nome lampeggiava sullo schermo. Accettò la chiamata, sbottando un “Pronto”.

“Sehun!” esclamò allegra una voce femminile.

“Sulli” mormorò lapidario il giovane. Era seduto alla scrivania della sua camera, i libri e gli appunti per l'esame che avrebbe dovuto dare due giorni dopo, aperti davanti a lui. Continuò a leggere imperturbabile.

“Stavo pensando a ieri sera, sai, dovremmo andare più spesso a quel locale” Sulli sembrava tastare il terreno e Sehun se ne accorse. Rilesse ancora una volta le frasi che aveva scarabocchiato sul suo quaderno. La fenomenicità afferisce al comportamento dei consociati, alla loro attività "giuridica". Il problema non è la definizione in sé per sé del diritto, ma penetrare nel fenomeno giuridico e tentare di dare una spiegazione al suo funzionamento interno.

“Non mi trascinerai lì ancora una volta” disse quindi atono. Cristo, ma che diamine aveva scritto? Che roba era la fenomenicità, poi?

“Sehun! Perché devi sempre fare il guastafeste?” si lamentò Sulli “dovresti prenderti una pausa ogni tanto anche tu”. Sehun rimase in silenzio, cercando di concentrarsi sullo studio.

Il diritto non può coincidere con l'essere, perché non avrebbe senso, in quanto si schiaccerebbe la validità nell'efficacia.

“Sehun, so che ci sei. Rispondimi”.

Non può coincidere nemmeno con il dover essere, come ciò che deve accadere, ma deve essere una struttura orientativa del comportamento, dotato intrinsecamente di possibilità coercitive.

“Se-”

“Non possiamo andarci, Sulli, e lo sai perché” Sehun non ricevette risposta, ma poteva immaginarsi benissimo il broncio della ragazza. Cercò di addolcire il tono della voce, mentre chiudeva il libro arrendendosi alla fenomenicità e alle possibilità coercitive.

“Possiamo andarci qualche volta, ma se ci facciamo scoprire potrebbe essere rischioso” si passò una mano sul viso e massaggiò gli occhi.

“Si, hai ragione. Scusa” mormorò Sulli “è solo che vorrei... vorrei fare tutto più liberamente”.

“Lo so” concluse il giovane. C'era una nota malinconica nella loro voce ed entrambi lo percepivano. Ma nessuno dei due sapeva di non poter fare niente l'una per l'altro.

“Passo martedì a casa tua, va bene?” chiese la ragazza, cercando di suonare più allegra che poteva.

“Si”

“E porto la torta che piace a tua madre, così è contenta”

“Si”

“Ricordati di farmi gli auguri di buon anniversario. Martedì facciamo un anno”

“Si”

“Ah, un'ultima cosa...”

“Si?”

“Non ammazzarti troppo di studio” gli raccomandò. Sehun sbuffò una risata e chiuse la chiamata. Sbloccò lo schermo del cellulare, per scorrere le immagini della galleria. Adesso che ci pensava, la sera prima Sulli glielo aveva preso ed aveva scattato qualche foto. Nella prima si vedeva Sulli davanti alla fermata della metro e il broncio di Sehun sullo sfondo. Nella seconda Sulli dentro al vagone e il broncio di Sehun sullo sfondo. Nella terza Sulli all'ingresso di un locale e il broncio di Sehun sullo sfondo. L'insegna luminosa riportava il nome del bar: Soho. Gli piaceva l'atmosfera tranquilla e rilassata che regnava là dentro, nessuna musica che spaccasse i timpani. Scosse la testa e fece un secondo tentativo con i suoi appunti.

 

Siete nuovi da queste parti?” chiede il barista, con un sorriso. Deve essere giovane, non più di venticinque anni. Sulli annuisce e si guarda intorno entusiasta. Arrossisce un poco quando in lontananza, vede due ragazze baciarsi.

Volete un tavolo?” propone di nuovo il giovane. Sehun risponde con un secco “Si, grazie” e vede l'altro indicargli un tavolino poco distante.

Accomodatevi, intanto scegliete pure cosa prendere” gli dice l'altro, gentile “Vi raggiungo a momenti”. Sehun prende Sulli per il gomito e la trascina poco gentilmente al tavolino. Si siede, appoggia i gomiti sul legno e sbuffa. Sulli alza lo sguardo su di lui e sorride, gli occhi le si illuminano.

Non trovi sia bellissimo?” sospira, la voce morbida e vellutata.

Cosa” Sehun è atono e abbastanza seccato.

Poter vivere così, sempre” stavolta è amaro, il sentimento. Sehun sente il suo stesso peso sulla bocca dello stomaco alleggerirsi. Tace e non risponde, ma per Sulli è abbastanza.

 

La palestra era deserta ad eccezione di una figura appoggiata ad una parete. Era un giovane, la sua frangia lunga che copriva parte del volto. Scosse un poco la testa per scostare i capelli da davanti gli occhi e rigirò il bigliettino che aveva fra le mani. Il tesserino appuntato sulla maglietta riportava il suo nome “Tao”. Sospirò e pensò sul da farsi. Rilesse le lettere dorate sul cartoncino: Oh Sehun, e poco sotto il numero del cellulare. Conosceva la famiglia Oh, eccome. Tutta Seoul la conosceva. Dopotutto, possedeva alcuni studi di avvocatura più potenti della città da due generazioni. Le cause più famose le avevano condotte loro e sempre a loro si rivolgevano i facoltosi coinvolti in situazioni delicate. Guardò ancora una volta il biglietto.

“Tao” lo chiamò una voce che avrebbe riconosciuto fra mille. Il giovane alzò lo sguardo verso la soglia della porta, mentre infilava il cartoncino nella tasca della tuta.

“Kris” esclamò sorpreso, mentre quello si avvicinava. Fece qualche passo verso di lui e lo salutò con un bacio leggero a fior di labbra.

“Non ti aspettavo” continuò. Kris incurvò appena le labbra e inclinò la testa da un lato.

“Volevo farti una sorpresa ed ero sicuro di trovarti qui”. Sul viso di Tao si aprì un sorriso e gli occhi si illuminarono.

“Mi porti da qualche parte?” chiese, mentre lo guidava allo spogliatoio della palestra. Aprì la porta ed entrò, poi la chiuse quando Kris lo seguì dentro.

“Al cinema, tra un'oretta, proiettano quel film di cui mi avevi parlato” ripose, mentre l'altro si cambiava. Tao si tolse la tuta e si rivestì, stando attento a non perdere il bigliettino.

“Oh, si, certo!” disse. Un piacevole tepore si diffuse nel petto e nello stomaco, come ogni volta che si trovava insieme a Kris. Infilò velocemente le sue cose nel borsone e se lo mise in spalla. Poi, prese la mano dell'altro nella sua e lo trascinò dolcemente fuori.

“Spero sia bello come dici” smozzicò Kris, mentre docilmente si faceva tirare via.

“Dal trailer sembrava molto, molto interessante” ridacchiò Tao. Uscirono dalla palestra e chiuse a chiave la porta dietro di lui, continuando a tenere Kris per mano. Sul cartello affisso su di questa c'era scritto “chiuso”. Camminarono in silenzio per un po', la stradina stretta era deserta. Non appena svoltarono l'angolo, si ritrovarono nella via principale, e le mani si lasciarono ma non si abbandonarono. I dorsi si sfioravano ogni tanto, come impalpabili carezze.

 

Tao si guarda la punta dei piedi annoiato e sbuffa. Poi alza lo sguardo e si allarga il nodo soffocante della cravatta. Dietro di lui c'è l'ingresso del Pulse, e sente la musica del locale ogni volta che la porta si apre. Fortunatamente la fila non è eccessivamente lunga: fa passare un paio di ragazzi e un adulto. Il suo collega chiacchiera con un cliente. Tao sospira e controlla i documenti di un terzetto di ragazza ridacchianti prima di farle entrare. Nonostante non sia un lavoro simpatico, fare il bodyguard di un locale, se nonché sfruttato tuttofare, non è così male. Circa. Ma la paga è buona e Tao non si lamenta. Lascia passare un gruppetto di uomini e donne sulla trentina e chiede i documenti ad una coppia, quando d'improvviso sente delle grida. Alza gli occhi e vede poco lontano tre figure, sembrano coinvolte in una rissa.

Vado a controllare!” urla al collega, prima di correre in quella direzione. Non controlla che l'altro l'abbia sentito. Mentre si avvicina, riesce a distinguere nella penombra i volti: sono una donna e due uomini. Affretta il passo -ha sempre considerato disgustoso e orribile la violenza sulle donne. Quando finalmente li raggiunge, senza attendere oltre, colpisce uno dei due uomini, che cade a terra, svenuto. Stupito, vede la ragazza fare lo stesso con l'altro. A guardare l'intera scena, Tao ancora non lo sa, ci sono Sehun e Sulli.

 

 

 

 

 

Elenco (in)utile dell'autrice:
-Non sono una fan e non conosco molto bene gli Exo e le f(x). Ciò che so lo so attraverso mia cugina. Perdonatemi, se scrivo da forestiera.
-Non sono una fan, ma leggere fic scritte bene mi piace, quindi ho dato una scrollatina a questo fandom. Alcune le ho trovate molto carine!
-Ho cercato di mantenere i caratteri che più sono graditi a te, Chit. Spero di aver fatto un buon lavoro ;)
-Non so usare decentemente l'html e credo si sia notato.
-Itaewon e i locali di cui parlo esistono veramente (anche se gli interni li ho inventati di sana pianta). Ho preso l'informazione da “Persi in Corea”, sempre scoperti grazie a mia cugina.
-Nel caso siate curiosi, la mia consanguinea è chiarassi. Seguitela, stalkeratela, lurkatela.

-Questa doveva essere una one shot. Ah. Ah. Ah.

  
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