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Autore: AngelOfScarletMoon    25/11/2015    0 recensioni
Quando il peso dei ricordi ti crolla sulle spalle, togliendoti il respiro e la voglia di esistere, non dimenticarti degli amici che hai.
(Ispirato a fatti personali realmente avvenuti)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sunlight On The Rink

La Riverbank State Park era immersa in un silenzio irreale che ironicamente le rimbombava nelle orecchie, fungendo da cassa di risonanza per la miriade di voci nella sua testa.

- Onee-chan...
- Stupida egoista, Hikari non c'è più per QUESTO!
- Come OSI?!
- Onee-chan.
- Cresci, Mariko!
- Non credevo fossi così meschina.
- Secondo me ti manca e vuoi ricominciare.
- Onee-chan!
- Io vorrei tanto vederti pattinare.
- ONEE-CHAN!


Le ginocchia le tremavano.
I respiri si mozzavano in gola.
La vista si sfocava.
Si raggomitolò a terra, poggiando la schiena contro il parapetto e premendo la fronte contro le ginocchia, imponendosi di respirare normalmente e di non pensare, per quanto difficile fosse.
Cercò, per quanto sembrasse andare contro la sua stessa natura, di non sentire con il corpo l'invitante freddo della pista ghiacciata e con l'anima quanto realmente le mancasse.

Sa già che riceverà il punteggio massimo dai giudici.
Sa che, sugli spalti, suo padre, sua madre e Hikari, la sua adorata imooto-chan, la stanno osservando orgogliosi di lei e battendo le mani in celebrazione del suo trionfo. A ben pensarci, è praticamente certa che Hikari stia strillando "È la mia sorellona! È la mia sorellona quella!".
Crede, anzi, sa, che questo sarà il suo apice: mai più nella sua vita si sentirà così forte , così bella, così invincibile come adesso, mentre pattina davanti a centinaia di sconosciuti e alla sua famiglia.


Il cellulare prese ad intonare la sigla di Super Mario, strappandole bruscamente il ricordo dalla testa e lo scivolio delle lame sul ghiaccio dalle orecchie, e non seppe se rispondere, spezzando la routine, o ignorare la chiamata, come faceva da una settimana a quella parte.
Aveva contato ed era oramai il sessantaquattresimo tentativo di chiamata da parte di Michelangelo.
Anche se non fosse stata la suoneria personalizzata ad identificarlo, ci avrebbe messo la mano sul fuoco che era di nuovo lui: se c'era una cosa che aveva imparato della più giovane delle tartarughe, era quanto sapesse essere testardo nel suoi tentativi di reclamare l'attenzione di qualcuno.
Se c'era qualcosa che, invece, aveva scoperto capace di scavare un buco di nostalgia nella sua corazza di indifferenza, era l'aumentare del conteggio delle chiamate perse.
Le mancava.
Le mancava il suo buffo, solare, allegro ed esuberante amico verde col guscio, in quel momento più che mai.
Era scappata di casa nel cuore della notte, si era lasciata alle spalle un padre che la amava ma che non riusciva a raggiungerla, era sola in una grande città e a pochi passi da un posto che un tempo era la seconda pelle che la copriva e che ora non poteva guardare senza sentire la voce di sua sorella morta.
Premette il tasto verde come chi si aspetta che il famoso "clic" gli cambierà davvero la vita.
- P-pronto? - disse, stringendo il cellulare contro l'orecchio e pregando che la voce non le tremasse troppo.
<- Mariko! Finalmente! Ha chiamato tuo padre, ci ha detto che sei scappata di casa e-accidenti, ti prego, dimmi che stai bene o giuro che sclero!>
Quasi non si rese conto di quello che le stava dicendo: sentire la sua voce alleggeriva l'incudine di paura e tristezza che portava sulle spalle da più di due anni.
Avrebbe voluto appallottolarsi in quella leggerezza, dimenticare tutto il resto e permettere qualcosa di buono a se stessa.
<- Mariko? Sei ancora lì? Stai bene?>
- Sì, sì, sto bene! - si affrettò a rispondere, pur sapendo di star dicendo una bugia: non stava bene per niente e Mikey lo sapeva.
- Dimmi dove sei, così vengo a prenderti!
- Sono a...
Mikey sapeva che lei non stava bene e stava correndo a cercarla.
Michelangelo, il raggio di sole troppo buono e prezioso per la creatura depressa e tossica che era diventata, le stava correndo incontro a braccia aperte e con il cuore in mano.

- Onee-chan!

- A...
Mikey non aveva bisogno di una persona orribile come lei, pronta ad assorbire da lui l'allegria come una spugna senza dare niente in cambio, solo per sentirsi un po' meglio con se stessa.
<- Oh, no, nooon ti azzardare a chiudere la chiamata!>
Il suo dito si fermò ad un soffio dal tasto rosso.
- Mikey, sto bene. - insistette, col tono di voce freddo e inamovibile che voleva sempre dire "sta indietro o mordo". - Non c'è bisogno che tu mi cerchi.
<- No, Mari, tu non stai bene: sei scappata di casa nel bel mezzo della notte, con tutti i brutti ceffi che girano e con la faccia troppo carina che hai!>
Era incredibile come, anche preoccupato e probabilmente arrabbiato com'era, tentasse comunque di sdrammatizzare. 

Il silenzio che veniva da Mariko era fin troppo eloquente, fin troppo assordante e fin troppo familiare.
- Senti, Mari, ovunque tu sia, mettiti al sicuro e non gironzolare, dammi solo qualche minuto e-
<- Perché?>
Non gli erano mai piaciute le lacrime. Non quelle di tristezza: piangere dal ridere o di gioia erano eventi con il quale era facile confrontarsi. La tristezza era più insidiosa.
Ciò nonostante, nessuno più di Mariko aveva bisogno di lasciarsi andare ad un bel pianto liberatorio.
Completo di muco che colava dal naso e grufolii imbarazzanti, se necessario.

- Perché continui a fare l'amico? - singhiozzò, sentendo i jeans inumidirsi, il muco colarle dal naso e il groppo alla gola sempre lì. - Non lo vedi che sono un casino?!

- Onee-chan!

<- Ehi, ehi, ehi, calma.>
Non avrebbe mai pensato che la voce di Mikey potesse suonare così pacata.
<- Prima di tutto, io non "faccio" l'amico, io sono tuo amico.>
Abbandonò la testa contro il duro cemento, sentendo quel "sono tuo amico" scivolarle dritto dall'orecchio al cuore, sciogliendo un po' lungo la via l'ostinato groppo alla gola.
Per un qualche motivo, quel "sono" calcato le faceva sentire Michelangelo più vicino di quanto avrebbe mai voluto permettere a se stessa. Abbastanza vicino da, in qualche modo, scaldarla col suo sole.
<- Inoltre...>

- Non sei affatto un casino.
La testa di Mariko scattò verso l'alto, verso Michelangelo, a metà tra la sorpresa e lo spavento, e il cellulare le cadde di mano.
Non era alta, né di costituzione robusta, ma in quel momento al ninja sembrava anche più piccola del solito: un pulcino bagnato con i capelli neri in disordine, gli occhi nocciola arrossati e gonfi dal pianto e l'amarezza marchiata sul cuore.
- Il casino è quello che combino io di solito. - disse la tartaruga, coprendo la distanza che lo separava dalla sua triste amica e sedendosi accanto a lei, fingendo di non notare il suo improvviso irrigidirsi. - Non ti ho fatta io, quindi non puoi essere un casino, no?
Suo malgrado, Mariko lasciò scappare un mezzo singulto passabile per una risata in conseguenza di quella logica tenuta insieme con il nastro adesivo, mentre Mikey improvvisò un piccolo balletto mentale intitolato "Evvai, ha riso!... Più o meno".
- Ma, tentando disperatamente di essere serio... - riprese, passando un braccio attorno alle spalle di Mariko e stringendola finché non la sentì rilassarsi.
Mariko non riuscì ad impedirselo, non riuscì a contrastare il senso di pace che il contatto con il ninja le procurava: avrebbe fatto prima a spegnere un falò lanciandoci dentro un cubetto di ghiaccio e lei non aveva neanche più la forza della testardaggine necessaria a provarci.
- Sei una persona buona, Mariko.
Michelangelo sapeva che era vero: una persona cattiva non soffriva con tanta sincerità e non amava con tanto prudente trasporto.
- Magari è un po' difficile avere a che fare con te, ma vale lo stesso anche per Raph e ce lo siamo comunque tenuti. E senza che avesse questo faccino adorabile!
A seguito dell'ultimo commento, Mikey puntò il dito contro la guancia di Mariko, picchiettando ripetutamente fino a strapparle di forza una risata un po' più riconoscibile e convincerla a fermarlo, afferrando l'offensiva appendice verde.
- Smettila! Avevi promesso di essere serio! - lo rimbeccò, tirandogli mezza arrabbiata e mezza sollevata un pugno poco convinto contro la spalla.
- Sono serissimo! - si difese il ninja, bloccando la sequela di pugni che seguirono al primo afferrandole entrambe le mani. - Davvero!
Mariko si rese conto solo in quel momento di essere arrivata letteralmente ad un faccia a faccia: inginocchiati l'uno di fronte all'altra, le mani intrecciate, Mikey che la fissava dritto e senza veli, piantandole i suoi occhi limpidi in volto con un sorriso che era una dichiarazione senza parole.
- Mariko, tu sei mia amica e vederti triste rende triste anche me. Quindi... Basta piangere in solitudine, d'accordo? Ho qui due spalle e sono tutte tue, casomai servissero.
La ragazza lo fissava con quel misto di incredulità e speranza tipico di chi non pensa di avere diritto ad altre chance. Poi, il groppo alla gola si ripresentò, aprendo una nuova fonte di lacrime.
- Non sai nemmeno perché...

- Onee-chan!

- Tu mi chiederesti il perché?
Non glielo avrebbe chiesto.
Aveva ragione lui, di nuovo. Aveva sempre ragione lui.
Per la prima volta dal giorno del funerale di Hikari, scoppiò a piangere e trovò le braccia di qualcuno a stringerla.
Mentre il sole sorgeva, illuminando il Riverbank, Mariko andò in pezzi e Michelangelo la rimise insieme.






N.d.A:
Salve a tutti, qui Scarlet! 
Questa fanfic ha partecipato al concorso "TMNT apnea" di opheliagrimm (della quale spero di avere ancora notizie), arrivando, con mia grande sorpresa, al terzo posto. Inizialmente, non ero intenzionata a pubblicarla, essendo "uscita dal giro" da ormai alcuni anni in seguito ad un pesante blocco dello scrittore, ma l'incoraggiamento di Ophelia e, ammetto, il risveglio della mia vanità letteraria mi hanno convinta a dare a questa storia una chance.
Conoscendo la vasta espansione di questo fandom e l'enorme affetto dei fan per le Tartarughe Ninja (che io comprendo perfettamente, essendo cresciuta guardando i cartoni e avendo scelto Leonardo come husbando quando ancora non esisteva nemmeno il termine XD), voglio chiedere perdono se, nel tentare di rappresentarlo, ho fatto scivolare Michelangelo nell'OOC: pur adorandolo, non ho mai scritto di lui e la sua caratterizzazione mi risulta quindi piuttosto difficile da affrontare.
Grazie per aver letto e arrivederci a tutti <3
  
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