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Autore: venusmarion    04/12/2015    4 recensioni
Quindi, cercò di riflettere mentre la lingua di Effie gli assaggiava la pelle, quindi questo è un gioco a cui non sono abituato. Fece scivolare le mani su per la schiena di Effie, arrivando a stringerle il collo tra pollice e indice - un collo esile come lo stelo di un giunco. E' un gioco a cui non so giocare.
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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EYES wide OPEN 
NAKED as WE CAME

 

"Nobody ever wins the games. Period. There are survivors. There's no winners."

The Hunger Games

 

Il trucco sulle palpebre era dello stesso colore del suo smalto. Un verde sbiadito, come quello degli abeti nel pieno di Dicembre. E un viola acceso, finto, lo stesso che usavano nelle vetrine di Capitol City per attirare l'attenzione. E il suo lavoro lo faceva eccome. Attirava. Haymitch non riusciva a distogliere lo sguardo da quei glitter. Ad ogni bacio, ad ogni respiro, avrebbe voluto chiudere gli occhi e abbandonarsi. Ma il viola del trucco di Effie era uno schiocco di dita perenne nel suo orecchio, qualcosa che lo faceva restare lucido, forse addirittura sobrio. E non era così male, essere in sé e riuscire a non pensare allo stesso tempo. Sembrava un equilibrio precario, certo, ma finché durava era più efficace dell'alcool in circolo nelle vene, ed era di sicuro più piacevole.

Haymitch però si sentiva scomposto come se fosse ubriaco. Probabilmente perché era nudo. Tutta quella pelle esposta lo rendeva vulnerabile, come una delle prede che Katniss cacciava nei boschi: uno scoiattolo che aspettava solo una freccia piantata dritto nell'occhio. E forse era per questo che non riusciva a chiuderli, gli occhi. Continuava a tenerli puntati sull'ombretto di Effie, scrutandolo con sospetto, così come avrebbe scrutato un ibrido dall'aspetto innocuo e ambiguo. Ma più passavano i secondi, i minuti, più Effie continuava a baciarlo, percorrendogli la schiena con tutte e dieci le dita - e quelle unghie mezze viola e mezze verde abete a tratti erano distanti, a tratti gli graffiavano la pelle. Quando graffiavano, Haymitch sgranava gli occhi. Di nuovo, avrebbe voluto chiuderli, abbandonandosi al sapore del rossetto di Effie. Capirlo. Non aveva ancora ben chiaro se fosse lampone o qualcosa di più pungente. Amarena?

Forse il retrogusto dell'alcool - che sentiva nel palato - teneva Haymitch ancora parecchio distante dal concetto comune di lucidità. Ma quando le labbra di Effie gli scesero lungo il collo, qualsiasi pretesa di nitidezza nei pensieri gli sembrò assurda. Era così piacevole essere ubriaco senza esserlo davvero. Una sensazione inedita, che in quei giochi che erano stati la sua vita non si era mai potuto permettere di provare. Quindi, cercò di riflettere mentre la lingua di Effie gli assaggiava la pelle, quindi questo è un gioco a cui non sono abituato. Fece scivolare le mani su per la schiena di Effie, arrivando a stringerle il collo tra pollice e indice - un collo esile come lo stelo di un giunco. E' un gioco a cui non so giocare.

L'unica volta che aveva tenuto qualcuno per il collo, l'istante dopo glielo aveva spezzato. Ed Effie sembrava essere così fragile, sotto le sue dita callose, ruvide, di pietra. Non era poi così magra - non senza corsetti che le mozzavano il respiro e le contenevano le forme - ma la sua struttura ossea rientrava alla perfezione negli standard di Capitol. Più che una colonna vertebrale, sembrava avere tra le costole un finissimo lavoro di ceramica.

Haymitch fece del proprio meglio per non farsi ingannare da quell'apparenza, anche se con Effie non sempre era facile. Con tutto il trucco, le parrucche, i vestiti pomposi, lei si impegnava davvero per apparire - e intanto starsene comodamente nascosta da qualche altra parte. Ma a guardarla così, con quella pelle di porcellana, i capelli del loro biondo fragola naturale, le palpebre chiuse, incollate da un complicato disegno di ciglia finte, Effie era una contraddizione bellissima da guardare. Ed Haymitch si sentiva pronto ad intuirla, quella contraddizione. Somigliava un po' a una di quelle che lui stesso si portava sempre dietro. Contraddizioni dovute, e lecite. Ed erano apparenza. Ed erano sostanza. Ed erano le unghie di lei sulla schiena, sulle braccia, sotto pelle. Ed erano i baci spasmodici che lui continuava a dare e a prendersi, con il respiro corto, il cuore in gola, la lucidità andata da un pezzo e gli occhi sgranati.

Haymitch decise di mettercisi d'impegno. Li chiuse, gli occhi. Li strizzò come a volerli proteggere. Come se fuori ci fosse stato qualcuno pronto a cavarglieli dalle orbite. E per un momento il buio fu una totale deriva. C'era la bocca di Effie, da qualche parte sulla sua pelle, e il suo odore dappertutto - lacca e cosmetici. Con un movimento morbido, sinuoso, lei lo fece indietreggiare di qualche passo. Era tutto molto naturale, quasi pacato, nonostante la foga dei respiri e l'impazzire dei battiti cardiaci - ma l'istinto di Haymitch conosceva solo un gioco, e interpretava i movimenti umani solo in un modo. Quello che sembrava essere amore d'un tratto si trasformò in un corpo a corpo. E in un'Arena inesistente, Haymitch contrattaccò. Spinse Effie contro la parete, con una violenza famelica, animale. Niente più baci. Niente più viola stile Capitol sulle palpebre a portare distrazione. Solo pelle calda e grezza contro pelle bianca e fragile. Un'unica architettura anatomica, fatta di incastri molto semplici e basilari. E gemiti.

"Haymitch." La voce di Effie era un graffio contro il timpano. Irriconoscibile. Autentica. Così tanto da far tremare le ginocchia. E la cassa toracica. E qualcosa dentro la cassa toracica.

Haymitch piegò la testa, ritrovandosi una guancia morbida contro la sua con un dito di barba ricresciuta. Ma non si fermò. Assaggiò la mascella, i tendini del collo, il fondotinta di Effie. Lei gli morsicò un orecchio, con dolcezza, quasi distrattamente. E lui sentì di nuovo quell'istinto viscerale di difesa impossessarsi dei suoi movimenti, delle sue reazioni, della forza dei suoi muscoli. Non è quel gioco, ripeté a se stesso. Non devo vincere.

Effie si staccò di colpo, spalancando gli occhi. Haymitch incontrò subito il suo sguardo, come se le loro iridi funzionassero come poli opposti di uno stesso magnete. Era una legge fisica, senza margine di errore. E senza margine di errore, l'espressione di Effie ci prese in pieno. "Stai bene?"

La voce le era un po' tornata, anche se ancora roca. Haymitch fece per rispondere qualcosa, ma d'un tratto sentì di non ricordarsi come si faceva a parlare. Si limitò ad annuire, forzandosi di mettere su un mezzo sorriso. E poi si fiondò sulla bocca di Effie, con disperazione. Lei lo lasciò fare, tamburellandogli le dita sul petto con pazienza. Ma appena lui prese fiato, fu chiaro che non era intenzionata a demordere. "Cosa c'è?" 

Haymitch stavolta si schiarì la gola, servendo un altro mezzo sorriso. Per un momento contemplò l'ipotesi di uscirsene con un politicamente corretto: niente, dolcezza. Ma la situazione richiedeva qualcosa di più autentico, era piuttosto ovvio. Haymitch lo sapeva. Effie era nuda, schiacciata tra lui e la parete, senza parrucca, senza scudi, e anche senza troppe pretese. Mentirle era fuori discussione. Sembravano brutte persino le omissioni. Perciò lo disse e basta. Senza mezzi termini. Senza giri di parole. Diretto e brutale. "E' come combattere."

Effie per un attimo si limitò a metterlo a fuoco, aggiustando di nuovo la distanza tra i loro sguardi, come se gli servisse un minimo di spazio per capire. Haymitch però tenne terreno, senza lasciarla andare. "Scusa, non è la cosa migliore da dire. Né quella a cui pensare."

"Haymitch," lo chiamò di nuovo Effie. Stavolta il tono non era altrettanto passionale come prima, ma aveva qualcosa di morbido e commovente. E Haymitch quasi distinto le affondò la fronte nell'incavo del collo, lì dove l'odore della lacca e del trucco si perdeva. E c'era solo odore di pelle - un'esalazione impercettibile, calda. La voce di Effie si fece di nuovo dolce. "Guardami."

Prendendo un respiro, Haymitch sollevò la testa, fissandola per sbieco. Effie gli sorrise. "Non mi stai uccidendo."

"Lo so," ribatté lui. "Ma io non stavo attaccando." Le posò un bacio morbido sulle labbra, abbassando il volume della voce al minimo. "Mi stavo difendendo, dolcezza."

  
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