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Autore: MargaretMadison    04/12/2015    3 recensioni
Dublino, Irlanda. 527.612 abitanti, ognuno con la propria storia da raccontare.
Ashton è il ragazzo che ogni madre vorrebbe per la propria figlia.
Bonnie è determinata a trovare "quello giusto".
Calum è troppo giovane per avere certe responsabilità.
Kara è bella e pura, ma per il mondo della moda non è abbastanza.
Luke è misterioso e pure scorbutico.
Michael è tornato dall’America per rimediare a un errore.
Svetlana è sempre rimasta a Dublino e ha sofferto molto.
Winter è spaventata, ha tanti pensieri per la testa e Lui rientra nella maggior parte di essi.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rebel without a cause - Hurt

 
 

 
“Solo lei ha quel che voglio e sono io ciò che sta cercando”

 
 
 
Quella sera, c’era una strana atmosfera in casa, come se ognuno avesse qualcosa da raccontare. Nulla di strano, visto che le loro cene erano sempre accompagnate da un sacco di aneddoti divertenti sulle proprie giornate.
La prima a parlare fu Bonnie – come sempre – che iniziò a descrivere minuziosamente l’incontro con Brad, un ragazzo che frequenta il terzo anno di medicina.
«Ci siamo anche scambiati i numeri di telefono» ammise ammiccando, il bicchiere di vino stretto i una mano.
Winter ascoltava distrattamente le parole dell’amica, troppo concentrata a finire al più presto il piatto di pasta e dileguarsi in camera a leggere o a guardare un film su Netflix.
«Oh, e ti ha chiamata?» disse la mora, lasciando cadere la forchetta nel piatto vuoto.
In quel momento calò il silenzio nella stanza.
Dopo aver passato tanti anni assieme, le ragazze avevano imparato a come comportarsi con Bonnie: quali parole usare e gli argomenti da affrontare e chiederle se un ragazzo l’aveva chiamata era una delle frasi proibite.
Il sorriso di Bonnie si spense all’improvviso e adagiò il bicchiere sulla tavola.
Aveva lo sguardo infuocato, adesso. Perché Winter sapeva benissimo quanto era stata male in passato per colpa dei ragazzi e lei continuava, imperterrita, a mettere in dito nella piaga.
E, a dirla tutta, era anche stufa di lei, della sua arroganza e del suo modo di comportarsi, come se fosse la padrona della casa. Erano amiche, sì, e si volevano anche bene ma, a differenza delle altre, c’era sempre stata un po’ di competizione tra le due, fin dai primi giorni di convivenza.
«E Calum, Winter? Si è fatto più sentire?»
Kara, seduta tra le due, rigirava svogliatamente la forchetta nel piatto di spaghetti alla bolognese. Allungò la mano sotto il tavolo e strinse la coscia di Bonnie, cercando di calmarla.
Non appena terminò di parlare, Bonnie si morse l’interno della guancia, pentita, forse, di quello che aveva detto.
Winter aveva uno sguardo glaciale.
Si alzò dalla sedia facendola stridere contro il parquet e «Vado a fare due passi»
Bonnie osservò la scena seriamente dispiaciuta e provò a fermare l’amica, chiedendole di restare.
Ma, come sapevano tutte, Winter era troppo orgogliosa per ammettere di essere stata rifiutata e aveva bisogno di tempo per sbollire la rabbia.
«Buon lunedì sera a tutte» esclamò Svetlana, versandosi dell’altro vino nel bicchiere.
Kara ricominciò a mangiare in silenzio, lanciando uno sguardo d’intesa a Svetlana, che alzò le spalle.
«Dite che ho sbagliato a parlare di Calum?» chiese Bonnie, mangiucchiando la pellicina intorno al pollice della mano.
«Assolutamente no» disse Svetlana, pulendosi la bocca col tovagliolo «Non può comportarsi da stronza con te solo perché Calum si è fidanzato. Alla fine era lei la prima a dire che non c’era niente di sentimentale nella loro relazione»
«E io che pensavo si piacessero» sospirò Kara.
«Ovvio che si piacciono, Kara. Sono solo troppo stupidi a non capirlo» disse risoluta la bionda «Parlando di cose serie, chi deve fare i piatti sta sera?»
«Winter»
«Fanculo» disse Svetlana a denti stretti.
Alla fine divisero i compiti tra loro tre: Svetlana sparecchiò la tavola, Kara lavava i piatti e Bonnie asciugava.
«Come sta il tuo amico pinguino?» chiese la castana.
«Bene, ci siamo sentiti ieri sera» disse Bonnie riponendo un bicchiere dentro il mobile sopra il lavello.
«Non sei curiosa di sapere com’è?»
«Beh, un po’ lo sono ma penso che rovinerebbe le cose. Insomma, se Lui fosse diverso da come lo immagino?»
Kara appoggiò sul ripiano l’ultimo piatto e si sciacquò le mani «E tu come lo immagini?»
«Lo immagino un po’ cicciotto, il viso tondo, con piccoli occhi castani e le mèches bionde»
L’amica ridacchiò «E se fosse bello? Oltre che simpatico e intelligente? Sarebbe un problema per te?»
Bonnie rimase zitta, era certamente un problema per una dalla “cotta facile” come lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Winter aveva ventun’ anni, origini portoricane e i nomi dei suoi fratelli tatuati sulle falangi delle mani. Dalla vita aveva sempre ottenuto ciò che voleva: era bella, forte e determinata, quando si metteva in testa qualcosa nessuno la muoveva più.
Aveva sempre la situazione sotto controllo o, per lo meno, questo prima di incontrare Calum al concerto degli One Republic due anni fa.
Ricorda che erano seduti vicini e lui non la smetteva di fissarla.
«Vuoi una foto?» aveva chiesto lei infastidita.
«Una foto non è in grado di racchiudere la tua bellezza aveva detto con un sorriso sghembo «Non ce l’hai una sigaretta?»
Avevano parlato un sacco, prima che le luci si spegnessero, scoprendo di avere tante cose in comune e continuarono a conoscersi una volta finito il concerto, tra le strade vuote di Dublino, fino all’alba.
Proprio ora stava marciando le stesse strade percorse assieme quando non riuscivano a dormire e avevano troppe cose da dirsi.
Era nella zona sud di Dublino, in un quartiere pieno di ristoranti italiani di lusso e in mano teneva un sacchetto di plastica con dentro tre Heineken e una bottiglia di Jagermeister per tenere viva la serata. Si fumò una sigaretta, ringraziando mentalmente gli alimentari pakistani che rimanevano aperti 24/7.
Doveva smettere di fumare, lo sapeva, e anche di bere perché con in grembo un bambino non poteva più permettersi certi lussi. Le ragazze erano ancora all’oscuro della gravidanza, come l’avrebbero presa, poi?
Si sedette su una panchina vuota e appoggiò il sacchetto affiano a lei.
Immaginava già il putiferio che si sarebbe creato in casa. Dove avrebbe messo la culla? Chi avrebbe badato alla piccola – perché già immaginava che fosse una femmina – quando lei lavorava? Come avrebbe pagato le spese? L’avrebbe detto a Calum?
Calum.
Al solo pensiero gli occhi s’inumidirono e catturò con le dita lunghe, le poche lacrime che erano scappata dalle trappole delle ciglia.
Ma da quanto piangeva, poi?
Scosse la testa. Lei era una tosta, non poteva piangere, non per un ragazzo. Soprattutto se quel ragazzo l’aveva abbandonata e messa incinta (anche se lui non lo sapeva, ancora).
Per prima cosa, cercò il cellulare in tasca e digitò il numero di Bonnie per chiederle scusa. Era una delle sue migliori amiche e le voleva bene, non poteva litigare con lei, soprattutto in un momento così delicato dove aveva bisogno di tutto l’affetto del mondo.
Appoggiò il telefono all’orecchio e aspettò pazientemente che l’amica le rispondesse.
Si guardò attorno. L’orologio segnava le 21.08p.m. e per strada vide delle famiglie, coppiette di tutte le età e un gruppo di ragazzi sui sedici anni passarle davanti.
Tutto regolare, pensò, quando la sua attenzione venne catturata da una coppia di ragazzi che uscivano mano per mano da uno dei ristoranti.
«Pronto?» rispose Bonnie al telefono.
Winter sentì la presa nelle mani farsi più debole, fino a cedere del tutto. Si sentiva come un burattino a cui avevano tagliato i fili e il rumore del suo cellulare che cadeva sul marciapiede non la toccò minimamente, nemmeno la voce di Bonnie che la richiamava dall’altro capo del telefono la mosse.
La sua attenzione era fissa sulle mani intrecciate dei due ragazzi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Svetlana, seduta sull’asse del water, si metteva con tutta la parsimonia di cui era dotata lo smalto nero sulle unghie dei piedi, attenta a non sbavare.
Come ogni lunedì sera, Kara, faceva un bagno caldo nella vasca con tanta, tantissima schiuma. Facevano così da quando avevano dodici anni, Svetlana ancora non parlava bene l’inglese come lo parla ora mentre Kara era sempre stata bella e timida.
«Oggi al Dangerous è entrato un ragazzo bellissimo» disse Kara, appoggiata al bordo della vasca, gli occhi socchiusi.
«Ah sì? Ti ha dato il numero?» chiese Svetlana più concentrata sullo smalto che su quello che le diceva l’amica.
«No, gliel’ho dato io»
Svetlana imprecò quando il pennellino le cadde di mano rovinandole il suo perfetto lavoro.
«Cosa? Non ci credo. Stai finalmente uscendo dal guscio, pulcina
Kara ridacchiò «Tanto non mi scriverà, ne sono sicura» disse con un pizzico di amarezza nella voce «Come mai sei così silenziosa oggi?»
Svetlana, con la punta dell’indice, sistemò lo smalto che era sbavato e poi sospirò «Ho parlato con Roger»
«Ha detto che è innamorato di te?»
La bionda fece una smorfia «Ma se avete sempre pensato che fosse gay!»
Kara ridacchiò «Un ragazzo che cede il proprio letto a una ragazza bella come te senza approfittarsene o è gay o è innamorato perso di te. Lo pensano tutti»
«Il punto è un altro» disse gesticolando «Michael è tornato»
Kara rimase a bocca aperta, non si era mica trasferito due anni fa appena finito il liceo?
«Ma Michael era i-»
«In America, lo so. E ora è qui. È qui per restare, capisci?»
«Lo hai incontrato?»
Svetlana scosse la testa «No, e se lo incontrassi gli romperei il naso, quello stronzo» si alzò in piedi e iniziò a fare avanti e indietro per il bagno borbottando parolacce in russo.
«Non l’hai mai dimenticato, non è così?»
Svetlana non rispose, i suoi grandi occhi verdi si spensero.
No, non l’aveva mai dimenticato. Aveva cancellato il suo numero dal telefono – ma lo conosceva a memoria, sebbene e sospettasse fosse cambiato – e, di tanto in tanto, osservava le foto che pubblicava su instagram o facebook e lo seguiva ancora su twitter.
Ricordava a memoria tutti i colori di capelli che aveva cambiato in quei due lunghi – e bui – anni, il suo profumo e le sfumature che prendevano i suoi occhi in base al tempo.
Non l’aveva mai dimenticato e lui, nonostante gli anni, il dolore e la distanza, continuava a farle mancare il respiro.






































































MY LITTLE TALK
heylà, come state? sinceramente non ho molto da dire su questo capitolo, e non voglio riempirvi di parole inutili.
come vedete la storia prende forma e - beh- iniziano i primi drammi.
spero davvero che la storia vi piaccia, vi giuro che mi sto impegnando tantissimo e spero di non deludervi.
detto ciò, grazie a tutti quelli ch si stanno prendnedo a cuore la storia, lasciatemi sapere cosa ne pensate. ok?
buona serata a tutte, bacissimi
Megghy

  
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