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Era
spirata anche lei, tra le sue braccia, una vita scivolata via
così
dannatamente presto. L'aveva cullata con quanto di più
simile alla
tenerezza fosse capace di donare e senza sapere il perché
… No,
non era vero. Una parte di lui conosceva la risposta a quelle lacrime
versate sul suo volto diafano, accanto a quel piccolo corso d'acqua
in mezzo alla foresta.
“Hai
fatto qualcosa per me, mi hai fatto pensare” le aveva detto
in
quella lercia prigione ed era dannatamente vero. In qualche modo
quella ragazzina gli aveva ricordato LEI.
Si
sentiva lacerato, da sensi di colpa per aver ucciso l'una e non
essere riuscito a salvare l'altra. Era un fuggiasco ora, senza arte
ne parte, e non aveva la più pallida idea a quale scopo
aggrapparsi
per sforzarsi a vivere. Affannarsi per un'esistenza che nel migliore
dei casi era stata pietosa accondiscendenza verso un uomo che aveva
fatto mari di promesse ma alla fine l'aveva sempre e solo umiliato.
Aveva venduto anima e non solo per il desiderio di riscatto per
quella vita di cui si era sentito defraudato e alla fine cosa aveva
ottenuto? Niente, solo dolore e un animo nero che appestava anche le
poche cose buone che gli fosse mai passato per la testa di fare.
Con
un gesto stanco lasciò che il capo reclinasse all'indietro,
poggiandolo alla dura corteccia, mentre lo sguardo azzurro, incupito
da dolore e rabbia al contempo, si perdeva a cercare il chiarore
della luna persa oltre le fronde nel buio della notte. La mano,
stanca, si ostinava ancora a raschiare il sottobosco, spezzando le
unghie e graffiando via sangue raffermo, mentre poneva l'ultimo pugno
di terreno e humus sulle spoglie mortali di colei che, così
giovane,
aveva avuto come sola colpa credere in lui e scoprire che l'unico
uomo che non aveva odiato era proprio il servo al fianco del diavolo.
Un'ultima,
silente, lacrima a solcare lenta il volto maschio mentre in lui si
faceva strada un rabbioso bisogno di combattere, di cancellare la
frustrazione della sconfitta, del disagio sempre più
profondo che
stava colmando quel cuore che aveva creduto arido e nero come pece e
che invece aveva ancora sfaccettature di grigio, e rosso sanguigno
là
ove quella piaga mai estinta continuava a dolere.
“Allora
c'è anche del buon in te” gli aveva detto con
quella vocina
impertinente e quello sguardo limpido come l'acqua di un lago di
montagna.
“Non
mi conosci” aveva risposto, come a tenerla lontana
perché si stava
avvicinando troppo; anche se c'erano quelle sbarre di ferro a
separarli lei lo stava sfiorando con la mente e non poteva
permetterglielo poiché stava raschiando il barile delle sue
insicurezze.
Se solo quel dannato giorno avesse fatto ciò che
Marian gli aveva chiesto forse ora tutto sarebbe stato diverso, fare
la scelta giusta. Dio! Lui non aveva più idea di quale fosse
la
scelta giusta, anzi sospettava di non averlo mai saputo. Frustrato,
scosso più di quanto egli stesso osasse ammettere, si mise
le mani
tra i capelli unti e sporchi soffocando un grido che feriva la gola
nel suo tacere.
Quanto
rimase così, immobile come statua di sale? Non lo sapeva e
non gli
importava alla fine trovò quel minimo di quiete da
contemplare la
sepoltura con uno sguardo più razionale. Con gesto secco
raccolse da
terra una piccola roccia piatta, levigata dall'acqua del torrente, e
con una punta di selce la incise con instancabile cura, Un solco alla
volta, anche se il polso doleva e la dita quasi erano piagate per lo
sforzo. Un raggio di luna gli illuminò il volto adombrato
dall'ispida barba mentre si levava in piedi dopo aver lasciato cadere
la pietra sul cumulo delle altre, miste a terra e foglie, prima di
voltare le spalle un lampo ferino e determinato nello sguardo e
allontanarsi nella notte come un nero corvo in cerca di vendetta.
I passi si attutirono, la figura sparì oltre la curva del piccolo dosso e il silenzio tornò alla quiete del ruscello e degli animali notturni mentre il raggio di luna continuava, instancabile, a illuminare quella piccola singola pietra con su inciso.
MEG