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Autore: LadyVic    07/12/2015    0 recensioni
"Mi chiamo Katniss Evedeen. Sono al dodici. Il sole sorge dalle colline lontane. Sono a casa. Sono viva, nonostante tutto."
Song-fic
[Post-Mockingjay/Pre-Epilogo]
[Everlark]
Genere: Fluff, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THOUSAND YEARS

A THOUSAND YEARS

'Heart beats fast
Colors and promises
How to be brave
How can I love when I'm afraid to fall'

Il cuore batte così veloce. Scoppierà, da un momento all'altro, ne sono sicura.   I tuoi occhi riprendono lentamente il loro colore. Azzurro. Come il cielo in primavera, come il mare del distretto quattro. Come le pareti dell'ospedale. Azzurro come il fuoco più caldo, quello che ustiona ancora di più, che fa ancora più male, quelle che ci ha feriti. Lo stesso azzurro della tua maglietta preferita, che nonostante tutto mi fai indossare sempre. Perché amo la tranquillità che mi trasmette, amo sentire il tuo profumo sulla mia pelle, perché ti amo. Azzurro. Azzurro, come le pennellate sui tuoi dipinti che si mischiano all'arancione, tramonto, e con il verde bosco che tanto amo. Colori e promesse. Ti guardo. Tremo. Sono spaventata? Ho forse paura? Paura di te? Paura di tutto questo che forse è troppo grande e potente per noi? Paura di qualcosa di troppo difficile da superare. Forse un po' di paura c'è. Forse un po' di paura rimarrà sempre. Nonostante tutto. Devo aver coraggio. Essere coraggiosa. Come posso essere coraggiosa? Lasciandomi andare, buttandomi, combattendo come ho fatto finora? Stringendoti forte mentre i tuoi occhi, sempre più neri, minacciano e colpiscono più che proiettili? Guardandoti dolcemente e sussurrandoti il solito 'Non è reale' all'orecchio sperando di trascinarti fuori dai tuoi incubi? Accarezzandoti le spalle e le braccia contratte, i muscoli rigidi e tesi dal nuovo attacco, riscaldandoti sperando di riportarti da me? O forse dovrei semplicemente imparare a capire, ad ascoltare. Capire il mondo fuori, ascoltare quel che mi dice. Capirti, ascoltarti. Imparare ad amare. Come mi amavi tu. E forse, come mi ami tu. Imparerò mai ad amare? Ad amarti come meriti, come non ho mai fatto? Come facevi tu? O come fai tu, anche se è difficile da credere. È difficile pensare che tu mi possa ancora amare. E ora, ora sono così distrutta, spezzata. Instabile. Ho perso il mio punto fisso. Ho perso i miei sorrisi, le mie lacrime, le mie urla. Ho perso il mio mondo, ho perso il mio rifugio. Ho perso il mio bosco, il mio arco e le mie frecce. Ho perso il calore, ho perso l'affetto. Ho perso il pane, ho perso la vita. Ho perso l'amore. Ti ho perso. Avrò mai qualche speranza di riaverti come prima? Avrò mai uno di quei tuoi sorrisi mozzafiato che scaldano il cuore e mandano in subbuglio l'intero corpo? Avrò mai un tuo bacio? Uno di quelli reali che fanno nascere in te quella sensazione di fame? Quelli che ti fanno chiedere di più? E sarebbe proprio quello di cui avrei bisogno ora.  Avrei proprio bisogno delle tue labbra, del tuo amore, di te. Ma come posso amare se ho paura di cadere? Se ho paura di sbagliare? Se ho paura di distruggere, di bruciare  tutto quello che mi circonda? Paura di distruggerti più di quanto abbia fatto il depistaggio, di bruciarti di più di quanto abbiano fatto le fiamme. Le mie fiamme.

'But whatching you stand alone
All of my doubt suddenly goes away somehow 
One step closer' 

Mi risveglio dai miei pensieri. I tuoi occhi incrociano i miei. Il grigio e l'azzurro sembrano fondersi. Polvere e acqua. Perché, infondo è quello che siamo. Tu sei l'acqua, la mia fonte di vita. Io sono la polvere. Le macerie di una città distrutta, cenere di mille corpi mischiata e trasportata dal vento. Ti vedo tremare mentre stringi fra le mani lo schienale della sedia. Per l'ennesima volta. Le nocche bianche, i muscoli tesi. Tremi ancora mentre abbassi lo sguardo sulle tue mani serrate sullo schienale. Sospiri. Una lacrima solitaria scende sulla tua guancia sinistra. Il tuo sguardo affonda ancora più in giù nel pavimento. Non vuoi farmi notare le tue debolezze, le tue lacrime. Vuoi essere forte. Per me e per te. Per noi. Chissà cos'hai dentro? Chissà cosa provi? Perché non mi parli? Perché non ti confidi? Perché non mi dici che mi ami, Peeta? Perché se tu lo dicessi forse riuscirei a dirlo anche io. Forse non sarei così confusa. Ma infondo come posso amare se ho paura? Se ho paura di tutto. Se ho paura persino della verità.  Ma sorrido dolcemente. Ti sorrido dolcemente. Solo tu sei capace di farmi sorridere così. Tremo anche io, sai Peeta? Ho anche io tanta paura. Abbiamo entrambi tanta paura. Ma insieme si può affrontare ogni cosa. Vorrei abbracciarti, ora. Stringerti a me, appoggiare il mio viso sul tuo petto, ascoltare il tuo cuore battere regolare ma leggermente veloce. Vorrei accarezzarti la schiena ricoperta di cicatrici, come le braccia, le mani, i polsi ancora violacei dalle contusioni. Le ho anch'io sai, le cicatrici. La mia pelle non è più liscia come quando ero bambina e tu mi guardavi tornare a casa con i capelli raccolti in due trecce. Non è più bella come lo era quella della mia dolce Prim. Anche la mia pelle è un campo di battaglia. Muovo un passo, per avvicinarmi a te. Tentenno, traballo. Non sono coraggiosa, ho paura. Ma guardandoti, lì, solo tutti i miei dubbi se ne vanno. In qualche modo.  
Allora le gambe si muovono per conto loro, passo dopo passo. Lentamente. 
Un passo più vicina. A te. E quando finalmente ti ho davanti, con il capo chino  che il mio cuore esplode. La voglia di averti vicino è molto più grande di qualsiasi paura. La speranza di una nuova vita per noi, di una nuova vita con te  prevale ancora, su ogni cosa. Come sempre, la speranza è l'unica cosa più forte della paura. Così dò vita ai miei pensieri. Ti stringo in un abbraccio. Sussulti e alzi il viso. Ne approfitto per posizionarmi meglio fra le tue braccia solide che pochi attimi dopo mi stringono forti la vita ricambiando l'abbraccio. Sorrido contro la tua maglietta. Quanto mi erano mancati i tuoi abbracci. 
"Katniss, stai bene?". Ti sento sussurrare. Sto singhiozzando. Ero talmente presa da questo momento che non mi ero accorta di niente. Le mie lacrime hanno bagnato la tua maglia. Una piccola macchiolina sulla parte sinistra del petto. Sul cuore. Non ti ho ancora risposto. Mi sposti lievemente da te, giusto per avere il contatto con i miei occhi. Mi hai chiesto come sto. Riesci sempre e comunque a preoccuparti per me, anche quando ci sarebbero altre migliaia di cose più importanti a cui pensare, su cui chiedere. Nonostante tutto non hai smesso di pensare a me. Non hai smesso di preoccuparti per me. Non hai smesso di proteggermi. Era quello che facevamo, o probabilmente quello che abbiamo sempre fatto, che stiamo facendo e che continueremo sempre a fare. Noi ci proteggiamo a vicenda. Ma io non ti ho protetto. Ti ho lasciato andare e ti hanno cambiato. Hanno tramutato il tuo amore  verso di me in puro odio. No, non odio, in paura. Mi hanno cambiata ai tuoi occhi, o semplicemente hanno aperto i tuoi mostrandoti ciò che ero veramente, ciò che sono veramente. Assassina, manipolatrice. Un ibrido, creata per agire sotto il volere di altri. Un'essere creato per farti star male, per farti piangere, urlare. Creata per popolare i tuoi incubi. E di nuovo sento quella sensazione di vuoto nel corpo. Quel rimbombare sordo, un dolore che ti consuma da dentro che ti lascia come uno straccio. Le gambe tremano violentemente così come le labbra e poi le braccia esili fasciate dalla maglia di cotone. Il tremore si espande e si impossessa di tutto il corpo. Le lacrime scendono copiose. Mi sta bene. Devo soffrire anch'io. Devo stare male, molto di più. Non sono bastate quelle mille vite sulla coscienza e la perdita di mia sorella. Evidentemente non ho mai toccato il fondo. Non ho mai provato fin infondo il dolore.  E mentre tutto intorno a me crolla, sfarfalla, si disintegra è la tua voce a tenermi cosciente, le tue braccia a tenermi in piedi. Se avessi le parole, la forza ti ringrazierei, sai Peeta? Perché nonostante tutto in ogni piccola cosa che fai nei miei confronti vedo ancora  amore. Quell'amore. Forse c'è ancora speranza. Mi appoggi lentamente a terra, sul tappeto di velluto. Poco dopo fai lo stesso anche te, mi segui in questa lenta discesa. Appoggi le spalle al divano e mi tiri a te. Divarichi le gambe in modo che io possa sistemarmici proprio nel mezzo. La mia schiena appoggiata al tuo petto, le mie gambe magre fra le tue. Fra la tua. Mi accarezzi i capelli lentamente. La mia solita treccia si scioglie fra le tue dita. Mi vengono in mente così tanti ricordi, ora. Quando stavi per inghiottire le bacche, nei nostri primi Hunger Games, mi hai sfiorato con le dita violacee i capelli scuri, quando nelle notti solitarie, popolate dagli incubi correvi nella mia stanza al minimo rumore e mi prendevi fra le braccia accarezzandomi la testa e la fronte sudata. Quando sulla spiaggia le tue mani accarezzavano il mio viso, così delicate. Delicate ma allo stesso tempo forti,come le tue braccia, capaci di lanciare enormi sacchi di farina ma che mi sapevano stringere, però, così dolcemente.  Quando ti fidavi. Quando mi amavi. I miei capelli scuri ora sono sciolti sulle mie spalle. Sento il tuo alito caldo sul collo. Soffi sui miei capelli che fino a poco fa avevi scomposti sul viso. Una lunga serie di brividi mi scuote la schiena, le braccia, le gambe. Poi pian piano l'intero busto. Non avrei mai pensato di tremare così tanto per un tuo sospiro. Non avevo mai provato un sensazione così forte. Sorrido. Sorrido perché per la prima volta dopo tanto tempo mi sento a casa. Perché casa è il distretto dodici, che lentamente rinasce dalle ceneri. Perché casa é l'erba verde che intravedo dalla finestra. Casa é il prato che si riempie di primule. Casa é il mio bosco. Casa é l'azzurro dei tuoi occhi, il rosso tenue delle tue labbra. Casa é quel tepore che ti riscalda e non ti brucia. Casa sono le tue braccia, i tuoi abbracci. Casa sono i tuoi sorrisi e i tuoi sospiri dopo un flashback. Casa sono le tue parole, strascichi di ricordi che mi illustri piano con il tuo parlare da 'oratore', col tuo fare convincente. Casa è la bellissima consapevolezza che tu ci sei, che non te ne sei andato. Casa é una promessa che leggo nei tuoi occhi quando mi guardi, anche se non sento dalla tua voce. Casa é tutto quello che abbiamo pronto nella mente, da dire, ma nessuna parola adeguata per esprimerlo. Casa é quel mio 'Resteresti con me?'  dopo ogni incubo e quel tuo 'Sempre' che é la cosa più vera e certa che ho. La mia certezza. Casa é l'amore che sento. Casa é amore. E solo ora mi rendo conto di essere a casa. Solo ora mi rendo conto di essere stata a casa tante di quelle volte. Perché infondo casa é dove sei tu, dove ci sono le tue braccia, le tue labbra. Dove ci sono le tue parole, i tuoi gesti, i tuoi sorrisi e i tuoi sospiri. Perché la mia casa sei tu. Continuiamo a stare in silenzio. Ma é un silenzio molto diverso. Non é quel silenzio che avevo dopo la prima mietitura, dove tutto era sordo alle mie orecchie e avevo nella mente il solo triste pensiero della morte. Non quello dopo la vittoria, con lo sguardo vuoto e assente, non quello dell'indifferenza che mi ero accorta provare nei tuoi confronti. Non il silenzio dopo aver finto davanti alle telecamere qualche bacio dei due sfortunati amanti. É un silenzio che dice veramente tanto. Poi percepisco la tua voce, un sussurro leggero. "Katniss..." Mi stringi un po' di più a te. Mugugno qualcosa di incomprensibile e mi sembra di sentire le tue labbra distendersi in un sorriso.  Giro il mio viso verso il tuo. Lo vedo, il tuo sorriso, non mi sbagliavo. Poi parli e il mio cuore sussulta. "Tu mi ami." dici, fai una pausa brevissima e continui. "Vero o falso?". E come sempre dopo un episodio giochi al tuo gioco. Vero o falso. Ed é in quel momento che capisco. La risposta l'ho sempre saputa. Ho sempre saputo. Avevo solo bisogno di certezze, e di quella domanda. Questa volta sei tu a sporgerti verso di me per guardarmi negli occhi, per leggerci dentro. Arrossisco lievemente e vorrei tanto abbassare il mio sguardo al pavimento. Ma hai aspettato tanto. Hai sofferto tanto. Così prendo un respiro e ti rispondo. "Vero". Ti sento sussultare, non ti aspettavi questa mia rivelazione. Mi baci una guancia con dolcezza. Mi stringi. Ti stringo. E per un istante mi sembra di aver ritrovato il mio ragazzo del pane. Piango di nuovo. E tu sei qui pronto ad asciugare le mie lacrime, ad abbracciarmi ancora più stretta. Il mio cuore è in subbuglio, così come il mio stomaco e il mio cervello. Le mani sudate, il viso bagnato, il respiro irregolare e il petto scosso dai singhiozzi sonori. Ma non mi sembra di essere mai stata meglio, in vita mia. 

"I have died everyday waiting for you
Darling, don't be afraid
I have loved you for a thousand years
And I love you for a thousand more" 

Ora mi rendo conto di troppe cose. Ora capisco quanto mi eri mancato. Capisco tutte le lacrime, tutti quegli incubi. I risvegli ancora più paurosi. Perché non c'eri. Perché eri lontano. E sai cosa c'é, che capisco solo ora? Sono morta ogni giorni aspettandoti. Illudendomi che al mio risveglio saresti stato lì, al mio fianco, con le braccia spalancate ad accogliermi. E sono morta ogni giorno vedendoti distrutto. Perché eri la loro arma. Ti stavano facendo male per uccidermi. Perché probabilmente loro lo sapevano già. Sapevano tutto. Mi guardi preoccupato aggrottando le sopracciglia bionde e corrugando la fronte ampia. Pensi che abbia ripensamenti? Pensi che il mio 'Vero' sia solo una messa in scena? Pensi che io non ti ami? Ti sbagli,sai? Mi dai un leggero bacio sulle labbra, talmente veloce che non ho nemmeno il tempo per ricambiarlo. E vedo nei tuoi occhi un velo di malinconia, di tristezza. "Scusa" mi mormori nel silenzio allontanandoti come se mi avessi fatto male. Perché ti scusi? Credi di aver sbagliato? Tesoro, non aver paura. Non temere. Non essere triste, mai più. Come riuscirei a vivere senza il tuo sorriso? Ma non hai capito. Non hai capito che ti amo. E mentre ti sposti piano piano la mia mano si stringe al tuo braccio forte. Ti trascino vicino a me di nuovo. E forse anche te hai bisogno di certezze. L'imbarazzo é tanto. Ma infondo, che c'é di male nell'amare? Sono io a parlare, questa volta, la voce che trema, gli occhi e il naso che pizzicano. "Peeta, ti amo da mille anni". Mi esce così e mi sento così stupida. Perché non esistono parole per espirare quel che provo. E molto probabilmente non basterebbero quei mille anni per ricambiare tutto. Ed é per questo che ti amerò per altri mille anni. Parlo. Ho bisogno di parlarti. Devo dirti così tante cose che non ho mai avuto il coraggio di dire. Non sono mai stata brava con le parole. Ma dicono che per migliorare in qualcosa bisogna provare. Proverò, allora. Proverò a dimostrarti quello che provo, dirti tutto ciò che ho dentro. Quello che sento. Quando ti vedo, quando ti parlo. Il cuore che accelera per un tuo sorriso, per una tua carezza. Il respiro che si affanna leggermente dopo un tuo bacio. Quella sensazione di fame che ti brucia dentro. Che ti divora. Insaziabile. Il tuo sguardo, prima basso, punta ora i miei occhi. Ma li abbassi quasi subito, come spaventato. Impaurito. Premo le mie mani sudate e fredde per l'agitazione sulle tue guance magre. La tua pelle pizzica lievemente sotto le dita per la barba che sta spuntando. Ma è comunque liscia. Ti costringo a guardarmi negli occhi. Azzurro e grigio. Le occhiaie non hanno mai abbandonato definitivamente il tuo viso. Saranno tutte quelle torture inflitte,gli incubi ricorrenti e i flashback che ti tolgono il sonno e non ti danno pace. Ma non sei mai stato più bello di così. "Peeta..." Un sussurro che si perde nella stanza. Nessuna risposta. "Peeta". Questa volta la mia voce è alta. Trema, ma è alta. Continua a ripetere il tuo nome. Con voce leggera, sussurrato, detto chiaramente, ad alta voce. Ma non dico altro. Non sono mai stata brava con le parole. Lo sai, Peeta. Eri te quello che faceva sospirare chiunque con una manciata di parole banali. Mi conosci, Peeta. Conosci i miei limite. Le mie paure. 

'Time stands still
Beauty in all she is
I will be brave
I will not let anything take away
Every breath, every hour has come to this
One step closer'

Questo silenzio da parte tua è così strano. Assorda. Mi fischiano rumorosamente le orecchie, tutto è ovattato. Fuori il cielo tende all'arancione. Tramonto. Il sole, inghiottito dagli arbusti e dagli alberi del mio bosco, in lontananza. Tutto è quieto. Fermo e fisso. Persino tu lo sei. Il tempo rimane immobile. Sembra per una volta aver rotto ogni legame con la realtà, spezzato le leggi della fisica. Ma forse è in accordo con te. Questa volta sono io, a voler fermare questo momento ora, per poterlo vivere per sempre. Apro la bocca per parlare. Mi guardi interrogativo, come per chiedermi che cosa sto per dire. Sarà tutta l'emozione, la bellezza di questo momento a bloccarmi anche le poche insignificanti parole che vorrei dirti. La luce danza nella stanza. Si posa sul tuo viso e sui tuoi occhi. Anche la bellezza è immobile. In tutto quello che è lei. Nel tramonto, in questa stanza. Nel tuo viso. È troppo tardi per i ripensamenti. Perché domani, potrebbe essere tardi. Perché, domani, potrei essere senza vita su questo tappeto. Le impronte delle tue dita evidenti sul mio collo. Perché, domani, potrebbero portarti via da me. Di nuovo. E questa volta non potrei sopportarlo. Sarò coraggiosa. Me lo ripeto, una cantilena nella mia mente, mentre ti scruto sempre immobile. E ripensando a tutto quello che ci è successo, dalla mietitura, la rabbia mi investe. Mi avvicino io, questa volta. Ti stringo a me quasi con violenza. Il mio viso sulla tua spalla. Ti sento ricambiare la stretta. Intrecci le tue dita ai miei capelli sulla schiena. Li lisci, li accarezzi. E non sono mai stata più sicura in vita mia che di questo. Non permetterò a niente, e a nessuno, di portare via quello che è di fronte a me. Alzo il viso e ti sfioro con il naso una guancia. "Questa volta non ti lascerò portare via da me". E mi sembra di vedere il tuo viso, i tuoi occhi sgranati dallo stupore. Il tuo cuore che batte veloce contro al mio petto. Mi sto sciogliendo. E ho come il presentimento che dopo tutto andrà bene. Le mie labbra screpolate incontrano il tuo collo in un bacio leggero leggero. Non me ne accorgo nemmeno io, che ne sono l'artefice, di questo casto bacio. Ma tu si. Perché ogni cosa fatta da me per te è sacra. Rabbrividisci. Sotto le mie labbra. Magari non mi desideri nemmeno. Ma sapevo che sarebbe successo. Perché ogni respiro e ogni ora hanno portato a questo. Un passo più vicina. Ancora e ancora. Più vicina di quanto io già non sia. "Nemmeno io, mi lascerò portare via, questa volta" mi sussurri piano te, con le labbra premute sulla mi spalla. "Peeta, non lasciamoci fuori, questa volta" dico io. La voce che trema. Sempre sussurrii. Perché sono così le parole che ci riserviamo ora. Accennate. Come se qualcuno ci stesse spiando con l'orecchio teso, dietro alla porta. Ma infondo, potrebbe esserci chiunque, qua fuori. Mi basti tu. Qui, con me.  Non rispondi e per un momento ho veramente paura. Paura che tu mi possa lasciare. "Peeta, non mi lascerai fuori vero?" Gli dico io. Un nodo alla gola e le labbra salate dalle lacrime. E finalmente posso sentire la tua voce. "Vero, Katniss, non ti lascerò più sola, non ti chiuderò più fuori" sussurra. Un altro bacio sulla spalla. Leggero, delicato. Come lo sei sempre stato. "Se vuoi, starò con te, per sempre". Tentenni un po' mentre lo dici. Non sai che aspettarti da me. "Va bene". Dico io. Maledette parole. Vorrei dire così tante cose che non riesco a dar voce a nulla. Sbuffo leggermente. Te ne accorgi subito. E sorridi, sulla mia spalla. "Devo dirti così tante cose che non riesco a dirti nulla". Ecco, almeno questo sono riuscita a dirlo. "Avrai tutto il tempo del mondo" mi dici. Alzi il tuo viso. Mi guardi gli occhi. Sorridi. Sposti lo sguardo alle mie labbra. Senza accorgermene le sto mordendo. Continui per un po' con questo giochetto. Ed è quando non c'è la faccio più che ti bacio. Le mie braccia sulla tua schiena, poi sul collo. Le tue sul mio viso. E mentre mi baci ti sento sorridere, se non ridere leggermente, a volte. E rido anche io, mentre nuovamente le lacrime riempiono le guance. Non riusciresti nemmeno ad immaginare quanto ti amo. Passano piano i minuti ma sembrano solo brevi attimi. La fame aumenta. Lo stomaco brucia. Le labbra si gonfiano. Ma nessuno si lamenta. Tutto questo ci aiuta a rinascere. A vivere. Il fiato viene a mancare. I respiri spezzati. Pian piano mi alzo traballando come un ubriaco dopo l'ennesima bevuta. Ridendo ti tiro per un braccio. Ti avvicino a me. Dondoliamo insieme. Balliamo, quasi, come alla festa a Capitol City finto il tour della vittoria. Mi baci le guance accaldate. Giochi con i miei capelli. Ed è mentre mi baci che la notte avvolge lentamente il distretto e i campi. Ed è mentre mi baci che ridiamo ancora. Ed è mentre mi baci che urto il primo scalino delle scale. E ridi, stringendomi. Siamo un disastro. Io sono un disastro. E lo sei anche tu, decisamente. Ma sei il miglior disastro che mi potesse capitare. Ed è mentre mi baci che mi sento viva. Mentre mi baci, mentre ci baciamo, saliamo le scale. Finendo a schiacciare l'altro al muro. Ed è mentre ci baciamo che la mia camera da letto, la nostra camera da letto, si avvicina sempre di più. E anche se la paura mi divora dentro, sono felice. Perché ci sei tu, qui con me. Perché dopo tante lacrime e tanta sofferenza voglio stare bene veramente. E sono sicura che tutto questo sarebbe comunque successo. Perché ti amo. Mi ami. E l'amore é più forte di qualsiasi altra cosa. Mi stacco dalle tue labbra per guardarti negli occhi, per capire se sto facendo la cosa giusta. Mi sorridi e mi accarezzi una guancia. Riprendi subito a baciarmi mentre apro la porta e la chiudo con un tonfo. Sordo e secco. La finestra aperta, per te. E anche se l'aria della notte imminente é fredda, io non sento il gelo sul mio corpo. Perché tutto dentro di me brucia, dopo così tanto tempo. E ci siamo solo noi. La notte che ci osserva, con la luna e le stelle. La pace. Il silenzio sporcato da sussurrii. Mi chiedi se ho paura. Se voglio continuare. Se ti voglio. Vero. È tutto troppo reale. Riesco a percepire i tuoi movimenti nel buio. Una strana 'ansia' sale. Il cuore batte così veloce. Un tamburo nel petto. E la mia lucidità lentamente scompare. Come il buon senso e la vergogna. Sentimenti contrastanti prendono possesso di me, mentre fra i nostri mille ti amo sussurrati rimaniamo solo noi, una notte stellata, un tappeto inutile di vestiti, un'infinità di cicatrici da contare e accarezzare. Un migliaio di baci da dare. Un futuro per amare. Per amarci. Perché ti amo. E tu mi ami. 
E io non potrei chiedere di meglio, dalla vita.

Mi chiamo Katniss Everdeen. Sono al dodici. Il sole sbuca dalle colline lontane. Le tenebre si ritirano. Sono a casa. Sono viva, nonostante tutto. Non sono mai stata più viva di così. Sono felice, davvero felice. Nonostante tutto. Non sono mai stata più felice di così. Niente incubi, questa notte. Niente pensieri cattivi o brutti ricordi. Peeta è qui. Non se n'é andato. Non se ne andrà mai. Me lo ha promesso. Peeta lentamente sta tornando. Non è più il 'mio ragazzo del pane'. È cresciuto, cambiato. Ma lui è qui, mi ama, e va bene così. Ora potrò tornare a casa ogni giorno col sorriso sulle labbra. Ora potrò tornare a casa sapendo che c'è lui che mi aspetta. Pronto a baciarmi ad abbracciarmi. Pronto ad amarmi. D'ora in poi non sarò più sola. D'ora in poi, forse, non avrò più bisogno del mio arco e delle mie frecce. Ho tutto quello di cui ho bisogno. Il dodici che rinasce. Le primule che fioriscono ogni fine inverno. Ho il libro. Ho i ricordi. Ho speranza. E ho Peeta.  

Mi chiamo Katniss Everdeen. Avevo sedici anni, quando per salvare la vita dell'unica persona che ero in grado di amare mi offrii volontaria come tributo agli Hunger Games. Avevo sedici anni quando i miei incubi cominciarono. E avevo sedici anni quando notai per la prima volta l'azzurro impossibile degli occhi di Peeta, che mi guardavano spaventati. Avevo sedici anni, quando per il bene di mia sorella mi offrii volontaria per andare a morire al suo posto. Avevo sedici anni, quando per ritornare da Prim finsi di amare Peeta. Avevo sedici anni, quando tirai fuori le bacche e le alzai per farle vedere a tutti. Avevo sedici anni e solo una gran voglia di tornare alla normalità. Dopo i giochi. Ma non si 'vincono' gli Hunger Games. Si sopravvive. Avevo diciassette anni quando Peeta non faceva più parte della mia vita. Avevo diciassette anni quando fui costretta a partecipare per la seconda volta agli Hunger Games. Avevo tanta rabbia dentro,  tanto odio. Avevo diciassette anni quando pregai Haymitch di salvare Peeta e di lasciarmi morire. Avevo diciassette anni quando ero convinta che non ci sarebbero state speranze, quella volta. Avevo diciassette anni quando per la seconda volta il pubblico urlò il mio nome non appena il mio vestito prese fuoco. Avevo diciassette anni quando alla parata, strinsi la mano di Peeta, senza nemmeno sapere il perché. Avevo diciassette anni mentre fingevo di dovermi sposare. Avevo diciassette anni mentre entravo con l'abito da sposa creato da Cinna per l'intervista. Avevo diciassette anni, un bambino immaginario nel grembo, una abito da sposa che si infiammò e si trasformò in un abito da 'ghiandaia imitatrice'. Avevo diciassette anni e quella volta sarei morta davvero. Avevo diciassette anni, nella seconda arena. Avevo diciassette anni quando il mio cuore si fermò con quello di Peeta. Avevo diciassette anni quando lui mi donò quella perla. Avevo diciassette anni quando sulla spiaggia, la voglia di baciarlo era diventata insostenibile. Avevo diciassette anni quando mi accorsi di provare qualcosa di molto forte per lui. Per quel ragazzo che si era fatto picchiare dalla madre per gettarmi il pane. E avevo diciassette anni quando mi convinsi, una volta per tutte, che sarei morta io, per salvarlo. Avevo diciassette anni quando lo lasciai lì, con un bacio sotto l'albero del fulmine. 'Ci vediamo a mezzanotte'. La mia voce traballava, anche allora. Avevo diciassette anni quando vidi, per l'ultima volta, il ragazzo del pane. Poi tutto precipitò. Peeta lontano, il dodici distrutto. La perla e il pensiero di lui vivo, da qualche parte, a tenermi cosciente. I pass-pro, la lotta contro Capitol City. La lotta contro me stessa, con quello che ero. La vecchia 'ragazza di fuoco'. La 'ghiandaia imitatrice', il 'volto della rivolta'. Avevo quasi diciotto anni e dentro ero vuota. Svuotata. Avevo quasi diciotto anni e qualcosa che mancava. Avevo quasi diciotto anni e vedevo Peeta piangere sullo schermo, e lì piangevo anche io. Avevo quasi diciotto anni quando lo riportarono da me. Avevo quasi diciotto anni quando ormai ero quasi decisa ad accettare l'amore che provavo per lui. E avevo quasi diciotto anni quando Peeta se n'era andato. Avevo miscuglio di mille sentimenti contrastanti. Avevo quasi diciotto anni e dovevo combattere. Avevo quasi diciotto anni quando uccisi la Coin, quando finalmente Snow morì. Avevo quasi diciotto anni quando la mia dolce Prim morì. Il fuoco a divorarla. Avevo diciotto anni quando, un giorno,  dopo essere tornata al dodici Peeta sorprendendomi mi raggiunse. Piantò delle primule nel mio giardino. Nel prato che lentamente stava tornando verde. Avevo diciotto anni quando chiesi a Peeta di restare con me. Iniziammo a crescere insieme, a non dar nulla per scontato. Avevo diciotto anni quando dopo l'ennesimo attacco di Peeta mi decisi a dirgli tutto. Avevo diciotto anni quando compresi che lo avrei amato per sempre, nonostante tutto. E a diciotto anni la speranza tornò. Il piccolo raggio di sole che intravediamo sempre anche mentre infuria la tempesta. Le primule e l'erba fresca che crescono dalla terra morta. L'amore che rimane immutato anche dopo mille torture. La consapevolezza che dopo tanto dolore e tristezza ora sento solo amore. E alcune volte ringrazio la sorte. Per avermi fatto conoscere Peeta. La mia speranza.

Il sole fa capolino, dalle colline. Dormi di fianco a me. Lo sguardo sereno. Niente incubi. L'aria entra dalla finestra aperta. Appoggio la penna e il piccolo quaderno sul comodino. Non ho dormito, questa notte. Sarà stata l'agitazione. La voglia di amarti. La voglia di abbracciarti e di non lasciarti mai più. La voglia di baciarti. E anche se le mie mani tremavano per tutte quelle sensazioni nuove non rimpiangerò mai la scelta che ho fatto. Ora sei mio. E io sono tua. Non ho dormito, ma la stanchezza non pesa quasi. È stato bello ammirarti per tutta una notte. È stato bello stare al tuo fianco stretta dalle tue braccia. La mia testa sul tuo petto che si alzava regolarmente al ritmo del respiro. Un tuo braccio intorno alle mie spalle e uno allacciato alla mia vita. Come promesso ho contato ogni tua cicatrice. Ricordo la posizione di ognuna di loro. Mi stendo di nuovo facendo piano per non svegliarti. La brezza mattutina a contatto con la pelle nuda mi provoca mille brividi. Mai tanti come la sensazione che mi provoca la tua vicinanza. Ti bacio una guancia mentre mi sistemo nuovamente fra le tua braccia. Mi stringi e solo ora mi accorgo che sei sveglio. Apri gli occhi. Un leggero fascio di luce te li illumina. Non dici nulla ti basta uno sguardo al mio viso per capire che quello che c'è stato non è solo un sogno. E sorridi. Non solo con le labbra ma con gli occhi con il viso. Tutto di te sorride. E se sorridi tu, sorrido anche io. Ed è mentre ci baciamo, di nuovo, che mi fai rotolare con te fra le lenzuola, arancioni, mentre dipingi disegni astratti sulla mia schiena, che non hanno colore, che non hanno forma. E mentre ti guardo ora, penso alla mia vita, a quella che sarà. Penso che nonostante tutto la vita possa ancora essere bella. Solo te sei in grado di darmi questo. La pace, la felicità e la speranza. Che erano morte in me. Il cuore batte veloce, il corpo si scalda anche se raffreddato dal vento. I colori dell'alba di mischiano, sopra di noi, dentro di noi. Su di noi. Dipingi, Peeta, ora che hai i colori e i ricordi riaffiorano lentamente. Dipingi la nostra vita, il nostro futuro. Dipingi con il rosso la vecchia me, la ragazza di fuoco. Col nero della notte la morte, gli incubi, e le ghiandaie imitatrici. Dipingi con il rosa dell'alba la pelle dei milioni di bambini morti, la pelle di Primrose. Dipingi con l'azzurro dei cieli primaverili i tuoi occhi e mischiaci un po' di grigio dei cieli in tempesta. Sfuma il giallo. Il giallo speranza, il giallo del dente di leone. Rinascita, speranza. Non distruzione. E mettici ogni colore, Peeta, ogni piccola variazione cromatica che i tuoi occhi esperti vedono. E mentre lo fai, non lasciare la mia mano. Insegnami a dipingere. Insegnami a vivere. Insegnami ad amare. 
E mentre lo spazio si annulla, tutto si confonde, i suoni non sono più tali, il resto scompare. Siamo solo tu ed io. E anche se i miei occhi premono per chiudersi io mi sforzo di tenerli aperti. Mentre sorridi. Mentre mi sorridi. Mentre mi ami. 
E sai cosa c'è, Peeta? 
Non avere paura. Ti amo da mille anni e ti amerò per altri mille anni.
Ricordalo, Peeta.
Sempre.

'Love is a game, that two can play and both can win. Love says: I need you. Because though lovers be lost. Love shall not. Love knows no distance. Love is suffering. 
LOVE IS A WAR.'


Nota autrice:

Questa fanfiction è nata dal mio amore immenso per HG e dal fatto che ritrovo in molte canzoni la storia d'amore tra Katniss e Peeta (che per me è REALE e non per necessità). Spero vi piaccia. Mi scuso in anticipo per l'impaginazione spero di migliorare. Accetto critiche 
Si può sempre migliorare
Questa storia la dedico ad una delle mie migliori amiche anche lei innamorata di questa saga.
Saluti a tutti,
LadyVic 
  
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