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Autore: supermafri    08/12/2015    1 recensioni
| Cross-over: Vocaloid, The Walking Dead | Pairings: Rin/Len – Miku/Kaito/Meiko – Gumi/Gumiya – Gakupo/Luka – Rin/Oliver | Avvertimenti: Kagaminecest! – Tematiche delicate |
"La morte
Si sconta
Vivendo."
Quando Ungaretti scrisse, sapeva d’aver ragione. Lo sapevano tutti in fondo, soprattutto chi portava invisibili, ma profonde cicatrici sulla pelle.
Quando la Terra è diventata fuoco, tenebra, inferno, loro c’erano. Tutti, dal primo all’ultimo.
Vi saranno raccontate le loro insidie, le loro morti, le loro tragedie.
Accomodatevi e
Lasciatevi condurre nella storia.
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Len Kagamine, Luka Megurine, Oliver, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Meiko, Kaito/Miku, Len/Rin
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Legenda:
*** = Inizio/fine capitolo.
*** = Inizio/fine flashback.
*** = Cambio di personaggi e/o situazione.
*** = Pausa d’intermezzo tra una scena e l’altra.
 




Deathless

***
 


Premessa

 
Molti anni fa, nell'America statunitense, Atlanta era conosciuta per le sue credenze popolari. C'era chi riteneva importante non guardare indietro quando si percorreva un rettilineo, oppure non prendere la tredicesima fermata per chissà dove. Ma forse ciò che era più temuto era un ammasso di capanni in periferia. Vi viveva un uomo sulla sessantina, capelli macchiati ancora dalle ultime chiazze caffellatte, una mania per la religione e i veleni.
Secondo le testimonianze che mi sono raggiunte, sembra che la sua solitudine, la sua devozione e la sua passione lo avessero trasformato in tutto fuorché normale. La gente diceva di sentirlo ridere mentre parlava da solo, e il solo suono maniacale della sua risata impauriva chiunque.
Usciva di tanto in tanto, dicono i testi, e comprava caramelle, mappe della città, merce d'ogni tipo. E poi la gente si chiudeva in casa. Era iniziato il suo gioco.
Attendeva con pazienza fino all'arrivo di qualche bambino, stranieri in cerca di informazioni, chiunque fosse attratto da lui. Che fosse per curiosità, necessità o qualsiasi altro bisogno, lui non faceva differenze. Perché significava una cosa sola: tutti coloro che lo cercavano erano destinati all'inferno.
Era stato Dio a dirglielo, ad affidargli un compito che andava oltre le possibilità del resto del mondo: “L’inferno non ha più spazio. Puniscili per me con la vita eterna” era stato il suo ordine. Sentendosi prescelto, aveva condotto esperimenti ogni notte attendendo un unico risultato, quel per sempre che avrebbe chiuso la catena in un continuo ciclo, senza fine.
Una sola fiala di soluzione in vena, e la Terra avrebbe ospitato la nuova fornace di peccati.
Il braccio gonfio pulsava tra gli affanni di una spasmodica febbre, mentre le risate non lo abbandonavano per un secondo. Il suo sacrificio era un bene necessario alla distruzione; il suo martirio lo vedeva artefice della nascita di un nuovo impero. Un impero di erranti, ambulanti, cadaveri strappati all'inferno. E tutti di un unico capostipite: il suo morso viscido e maleodorante.
 
Benvenuti, quindi, nella storia.
 


 
***


 
 
“O cara speranza,
 quel giorno sapremo
 anche noi
 che sei la vita e sei il nulla.
Sarà come smettere un
vizio,
come ascoltare un
labbro chiuso.
Sarà come un
vecchio rimorso,
o te sola allo specchio.”


 
 
***

 
 
La via si nascondeva fra cespugli selvatici e lunghi tappeti erbosi, grilli e cicale facevano da accompagnamento alla silenziosa e umida notte. Rin stringeva la pezza rattoppata del coniglietto in tessuto, mentre Len la trascinava premendole il polso, come per scaricare la tensione, come se quel contatto potesse evitare le lacrime rigargli il volto. Piangeva lei per entrambi, lasciando che le stille si seccassero alla fredda aria della sera. Eppure non un singhiozzo, non un grido, sfuggì dalle sue labbra per tutto il tempo. Len si portava dietro la grande valigia del padre, la stessa grande valigia che usavano come automobile a due posti solo tre anni prima, quel gioco fantasioso che tanto amavano. Non era pesante: pochi abiti ammucchiati alla rinfusa e gli avanzi di cibo sarebbero anche stati abbastanza per una sola giornata di viaggio. Ma i loro visi erano sfatti, gli occhi vuoti e un magone fermo sulla gola, le ginocchia tremavano ad ogni passo per il freddo, la fatica e il dolore. Il tempo per riposare, per sciogliere gli aghi della tristezza, per evitare gli errori, non c'era. Il tempo non c'era mai per nessuno e la fortuna non era da meno.
 

 
***


 
Len si era fermato improvvisamente alla stazione ferroviaria, gli occhi vigili e sgranati, la sorellina appisolata sulle spalle, la valigia stretta e salda fra le dita. Un'alta ed elegante figura sul ciglio dell'ingresso del vagone s’avvicinò con un cordiale sorriso.
«Buonasera signorino Kagamine, sono il maggiordomo che ha l'incarico di scortarvi da milady Miku. Seguitemi, per favore.»
Il biondo non se lo fece ripetere e seguì passo passo l'uomo di mezza età in giacca e papillon. Il treno correva sui binari stridendo malamente e cigolando di tanto in tanto, mentre Rin raggomitolata sul sedile nascondeva il volto assonnato nella manica destra del maglioncino di Len. Len fissava intensamente il cielo trapunto da due sole stelle, la luna inesistente.
«Len, dove sono mamma e papà…?» Sussurrò la piccola Rin tra sbadigli e sospiri.
Il gemellino l’avvolse in un forte abbraccio, di possesso, di paura. Paura potesse perdere anche lei.
«Sono ancora in città, Rin. Torneranno.» Ma era proprio quel torneranno a preoccuparlo, senza un quando e senza un come, senza veramente sapere chi sarebbe tornato. Ad essere sinceri, a lui non interessava saperlo, essere in grado di proteggerla era l'unico pensiero fisso nella sua mente.
Il maggiordomo li ammirava beatamente assorto, mentre il volto si dipingeva di tenera gentilezza. Eppure non sapeva che un solo amorevole sorriso ricordava loro il baratro senza fine, la morte.
 


 
***


 
Aveva i capelli sudaticci, un braccio sulla fronte, gli occhi più blu del mare in tempesta. Lunghi e freddi brividi gli sfioravano ancora la pelle, nonostante fossero passati anni da quel giorno. Otto l’indomani, per l'esattezza. Otto anni in cui Len aveva sempre rifiutato abbandonare la stanza della sorella, otto anni in cui aveva odiato chiudere gli occhi per ripercorrere quel pesante ed indimenticabile passato. Lo detestava perché Rin sognava quello che lui sognava, ricordava quello che ricordava anche lui, però soffriva di più, di più di chiunque altro.
Aveva poggiato i piedi sul pavimento, mordendo appena il labbro per il fresco che albergava ancora in aprile, si era inginocchiato e accostato al bordo del letto della gemella, le mani sotto il mento.
Mormorava piano il suo nome, aspettando si girasse. E quando finalmente mostrò i suoi occhioni impastati di tristezza, Len prese il suo volto tra le mani e le baciò delicatamente la fronte. Come per magia un'intensa luce illuminò le iridi del biondo: Rin aveva sorriso.
 

 
***


 
«Rin, Len, smettetela di poltrire, il sole è già alto!» fece riecheggiare la voce una gioviale azzurra.
Sbirciò dalla fessura della porta per pochi istanti, scegliendo di fiondarsi direttamente all’interno della camera e aprire tende e finestre. Come lei sempre affermava con allegria, cambiare aria serve ed è importante. I raggi delle dieci del mattino scivolarono sui lineamenti dei due gemelli, come fossero stati oro, gemme preziosissime. Miku rimaneva costantemente ammaliata della loro luce riflessa, specchi che tralucevano l'un l'altro. Nemmeno tutto il mio denaro brilla così, si ritrovava talvolta a pensare.
«Buongiorno anche a te, Miku-sama.» Pronunciarono i gemelli in coro, pronti e pimpanti per una nuova mattinata in compagnia. Non le erano mai piaciute le riverenze degli amici, che ormai abitavano la sua stessa villa da una vita, ma più lo faceva notare loro, più loro si ingarbugliavano con onorificenze sempre più colte e raffinate. Dovevano ancora esserle grati per averli accolti a braccia aperte tanto tempo fa.
«Saki, Soba, entrate pure. Vestitemi questi due bambolotti di porcellana. E voi, - riprese avvicinandosi ai biondini piena d'energia – siate veloci! Vi aspetto nel giardino sul retro.» E solo dopo un cenno del capo, lasciò la stanza picchiettando i tacchi sul pavimento.
I due servitori terminarono il loro dovere tra le chiacchiere e le risate dei fratelli che, da un separé all'altro, facevamo programmi per la nuova giornata, velando quella tristezza che appannava i pensieri. Loro erano sempre stati così curiosi e spensierati con il mondo, nascondendo gli incubi in un piccolo cofanetto comune. La fiducia per l’altro era cieca, la sua gioia al primo posto e la sua presenza un obbligo.
Mano nella mano attraversavano i corridoi del grande podere, mentre s'accingevano a raggiungere il campo di rose dietro le stanze del maniero. Una ragazza dai lunghi capelli cerulei stava gentilmente rinfrescando le piantine con un innaffiatoio quando si sentì chiamare improvvisamente.
«Miku-sama, siamo qui!!» Urlò forte Rin, trascinando Len nella corsa.
«Credevo vi foste riaddormentati! Siete sempre così in ritardo…» Constatò Miku tra lo stupore e l'esasperazione.
«Meglio tardi e belli che brutti e puntuali.» Ghignò il biondo, sedendosi sul prato e iniziando a cogliere qualche margherita spontanea. Stava preparando due ghirlande per le tenere donzelle: nei lavori manuali sapeva sempre aggiungere un tocco da maestro.
«Ecco, vi presento l'immensa modestia di Len Kagamine, signori.» Esordì l'azzurra ad un pubblico immaginario, mentre Rin scoppiava in una risata cristallina. Len alzò gli occhi al cielo, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
«Uh, stavo quasi per dimenticare! Fra qualche giorno dovrebbe arrivare il medico di famiglia a farci un vaccino particolare, Rin. Insomma, ormai abbiamo quindici anni, è una cosa che dobbiamo fare.» Disse Miku ad una biondina disorientata e confusa. S’avvicinò quindi al suo orecchio e sussurrò un paio di paroline. Quando fu tutto chiaro, un rosso ciliegia imporporò le guance di Rin, mentre Len posava delicatamente sulle loro teste una coroncina floreale. Stai diventando donna Rin, a questo proposito il dottore viene a farci visita, le aveva spiegato Miku in un bisbiglio. Ma diventare donna cosa voleva dire? Inutile pensarci, ormai Len le aveva rivolto un caldo sorriso.


 
***

 
«Sembrate due principesse.» Proferì Len con tono luminoso. Miku e Rin incrociarono una sguardo d'intesa, prendendo una rosa rossa, togliendo le spine con delicatezza e infilandola tra le labbra del biondino, stupito e curioso.
«Un galantuomo ha sempre bisogno di una rosa...» Spiegò Miku, facendo l’occhiolino a Rin, che subito colpì nel segno.
«Per danzare con una dama, o meglio, con due.» Terminò la bionda divertita.
«Mi concedete quindi l'onore di questo ballo, ragazze?» Domandò Len porgendo le mani alle dolci fanciulle, che accolsero volentieri l'invito. Fra canti e risate, qualche piroetta e casquet, si cimentarono nella difficile arte della danza. Ma mentre sembrava che la giornata sarebbe stata carica di divertimento sfrenato, grida, schiamazzi e urla infestarono la villa, ghiacciando sul posto i tre amici.


 
***


 
«Scappate, signorini, scappate! I padroni sono mor-» Si fece sentire la voce della serva Saki, mentre, girato l'angolo, venne malamente agguantata da una figura non più umana: l'odore di cadavere l'avvolgeva, gli occhi riversi a metà facevano capolino fra le palpebre, pelle grigio-verdastra lo ricopriva e fra versi gutturali si muoveva lento verso la preda, strappando a morsi la carne viva.
Rin e Len si sentirono mancare improvvisamente, i ricordi di quel tanto odiato passato tornavano a galla come bolle d'aria intrappolate sott'acqua. Miku esplose in un pianto agitato, ansimò e urlò contemporaneamente. Ma ora lo zombie non era più solo uno e la casa stava scomparendo tra le fiamme di un incendio.
 
Len afferrò il polso della sorella, stringendolo forte, ma assente si lasciava guidare dal gemello, e la trascinò insieme a Miku fra le erbe alte del prato, correndo. Con la mente poco lucida, elaborò un'unica via di fuga, insicura, pericolosa. Sarebbe costata la vita, ma la vita ormai era già in gioco, no?
Si spinse fino alla voragine che faceva da letto al fiume dalle acque impervie, mentre l'azzurra e la bionda cominciarono a concepire il suo stesso pensiero, destabilizzandole completamente.
«Len, no, dobbiamo tornare indietro, da mio padre e mia madre! Non posso lasciarli, non voglio. Verranno uccisi se rimangono là, dobbiamo aiutarli!» Gridò disperata Miku, ma Len non ammise ragioni. Lui sapeva cos'era successo, l'aveva già vissuto in passato e rimanere lì, non aveva alcun senso, se non la morte.
«Len, moriremo, moriremo. Sono tornati a prenderci, Len, vogliono ucciderci, Len!» La voce singhiozzante di Rin, lo fece tremare. L'avrebbe salvata in qualunque modo, anche se ne fosse andata della sua stessa vita.
«Dobbiamo buttarci nel fiume. Ci terremo per mano, così non ci perderemo. Non possiamo tornare indietro: non c’è più nessuno, non c’è più niente! Ci siamo solo noi! Rin, Miku-sama, ve lo prometto: noi vivremo! Preparatevi, al mio tre si salta.» Il biondo si riempì di determinazione, ignorando quanto una stringesse da far male e quanto l'altra cercasse di sfuggire al suo appiglio, piangendo sempre più forte.
«Uno, due...» Iniziò a contare con durezza e fermezza d'animo. Non poteva perdere contro il dolore ora, lui era la loro unica ancora di salvezza.
«No, no, NO LEN!» Strepitò l’azzurra allo stremo delle forze.
«Tre... Saltiamo!» Le trascinò con sé Len, nascondendo gli occhi sotto la frangetta, socchiudendoli appena.
L'acqua era gelida, impetuosa, prorompente. Loro erano deboli, impotenti, fragili.
Ne furono sopraffatti, distrutti.
 
Un velo nero li aveva avvolti.
 



 
***


 
 
Angolo dell’autrice:
Non ho veramente molto da dire se non ringraziare di cuore chiunque sia arrivato fino all’angolo della pazza. Beh, in realtà penso questo sarà il capitolo, se così lo possiamo definire (?), più semplice, scadente e normale dell’intera storia. Nemmeno chi mi conosce sa di cosa sto parlando, probabilmente rimarrà sorpresa, magari anche un po’ schifata… E’ un genere abbastanza particolare: horror romanzato, drammatico e talvolta tendente all’angst, senza mai dimenticare quel sentimentalismo che spero di veder sfociare nel romanticismo.
 
Pairings:
  • Rin Kagamine x Len Kagamine
  • Gumi Megpoid x Gumiya
  • Gakupo Kamui x Luka Megurine
  • Miku Hatsune x Kaito Shion x Meiko
  • Rin Kagamine x Oliver
 
 
In aggiunta alla lista delle coppiette felici (si fa per dire, certo ;) ), un posticino speciale anche alla piccola IA. Per il momento ho loro in mente, ma ciò non toglie che possano aumentare.
 
Avvertimenti:
  • Kagaminecest (twincest tra i nostri Kagamine twins)
  • Tematiche delicate
  • Triangolo
 
L’idea dell’Apocalisse zombie è nata grazie alla canzone Tokyo Zombieland di Rin e Len Kagamine, alimentata dal videogioco che mi ha tenuta sveglia per ore, The Walking Dead. Quindi tutto ciò che riguarda la storia risulta dall’incontro di due mondi che amo molto.
Per chiunque stia seguendo Sister’s Complexity sappia che non mi sono dimenticata della storia, ma sto solamente attendendo una risposta dall’autrice, che mi dovrebbe dare il via libera per continuare la storia al posto suo.
Detto ciò, ringrazio tantissimo e domando pareri a tutti i lettori/lettrici!
 
Baci, Supermafri <3












 
  
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