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Autore: Bolide Everdeen    12/12/2015    1 recensioni
[Storia ispirata alla fan fiction interattiva "500".
Distretto 10, Carlotta Wilson.]
Le parti più complicate da scrivere di un racconto erano l'inizio e la conclusione.
Almeno così era per Carlotta. La prima perché il foglio bianco le trasmetteva una tacita, impulsiva ed infantile paura, mentre la seconda perché non desiderava che tutto quanto si concludesse, che il momento del congedo giungesse.

[...]
Le parti più complicate della sua vita erano l'inizio e la conclusione, e si ripetevano senza alcun rimorso, e diventavano la ragione di quel vuoto.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '500 - Behind the scenes'
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The end

Le parti più complicate da scrivere di un racconto erano l'inizio e la conclusione.

Almeno così era per Carlotta. La prima perché il foglio bianco le trasmetteva una tacita, impulsiva ed infantile paura, mentre la seconda perché non desiderava che tutto quanto si concludesse, che il momento del congedo giungesse. Adorava il suo mondo parallelo, quanto adorava quello reale, però nei momenti in cui le porte si chiudevano assieme all'ultima parola non riusciva che ad avvertire un'eterna, incolmabile sensazione di vuoto, come se non esistesse altro. Un vuoto trascendentale, un vuoto che presto sarebbe svanito come sarebbe svanito quell'universo parallelo dalla sua mente, ma un vuoto che in quei momenti la devastava riempendo i suoi occhi di lacrime e la sua mente di pensieri sconnessi.

Così, era arrivata a questa teoria. E non sapeva come scamparle.

Ogni volta, tutto si presentava in modo identico, e non sarebbe mai guarita da quella malattia.

 

  1. L'inizio.

Sedeva alla sua scrivania ed osservava al di fuori della finestra, con una penna nella mano e con il desiderio che i suoi occhi si rivolgessero verso il suo interno, le rivelassero i suoi desideri e le sue fantasie, che diventassero il sostentamento per la sua storia.

Aveva avuto un'idea. Un'idea che non poteva trattenersi dal riportare, dato che scrivere era la sua passione ed il suo obiettivo. Un'idea che sarebbe svanita, si sarebbe pietrificata nell'essere perfezionata dentro la sua mente, perciò doveva subito iniziare a riporre sulla carta.

La visualizzava. Tentava di inquadrarla, tentava di estrapolare la visione migliore dalle sue semplici idee. Dal punto di vista di un personaggio, di un altro come avrebbe cominciato, non lo poteva determinare. Camminava all'interno del suo immacolato mondo, constatando quanto i veli che giacevano al di sopra dei componenti del racconto fossero spessi, quando si sarebbero dissolti. Da soli, i fantocci di quel posto si sarebbero animati, un giorno. Intanto, la sensazione di inadeguatezza era vivida, e non riusciva a non sentirla.

Ma quella era la sua storia. Avrebbe dovuto scriverla.

Quella storia non l'avrebbe distrutta. Anzi, l'avrebbe costruita, come lei avrebbe costruito il racconto.

Era il suo desiderio. Era la sua unica possibilità. Non voleva che tutto rimanesse al suo interno, che tutto si rinnegasse in questo semplice modo.

Non era una notte buia e tempestosa, come voi lettori probabilmente penserete di quella sera. Essendo la sera, non era neanche una notte, e una luce quasi allegra si trovava nel salotto di casa Dalder, nel camino ancora acceso. Le ore scorrevano piacevolmente e...

***

Il ragazzo la osservava, quasi divertita, nell'atrio della scuola. Carlotta distoglieva continuamente lo squadro, nonostante avesse desiderato contemplarlo con più attenzione, estrapolarne la storia dalla mente e le ragioni che in quel momento lo esortavano a squadrarla con quell'aria priva di giudizio. Priva di rimorsi per la sua azione. Di solito, lei stringeva amicizia con facilità, però quel ragazzo le incuteva altre sensazione. Sensazioni che non avrebbero mai condotto al pensiero di lui come di un amico. Innanzitutto, perché era incredibilmente bello. E lei non era assolutamente niente di che.

Nonostante ciò, il ragazzo le si avvicinò comunque, ed iniziò a parlarle, con una cautela che non si sarebbe mai aspettata da un tipo simile. Credeva invece avesse un'attitudine da pavone, dato l'aspetto fisico, malgrado una parte di sé sperasse il contrario.«Ciao» sussurrò lui, quasi imbarazzato, e Carlotta non esitò a replicare, con un slancio di entusiasmo forse esagerato:«Ciao!» Poi si accorse di aver esasperato la sensazione di tranquillità che voleva comunicare, e tentò di ritrarre il suo comportamento con il rossore che spuntò irrevocabilmente sulle sue guance.

Il ragazzo sorrise, non per canzonarla,o almeno così parve a Carlotta. Speriamo sia così.

Rimasero in silenzio, visto che nessuno dei due sapeva cosa dire. Però, qualcosa da dire c'era. Carlotta ne era certa.

«Mi chiamo Lucas.» «Carlotta.»

Si strinsero la mano.

 

  1. La vicenda

Proseguiva senza sosta, instancabilmente. Non c'era altro modo: se non fosse riuscita a seguire il corso dei suoi pensieri, la maggioranza degli elementi che avrebbero composto la sua storia e l'avrebbero resa il lavoro che splendeva nella sua mente non sarebbero neanche comparsi. In realtà, pareva che quelle parole fossero distanti da lei stessa, non avessero origine in Carlotta Wilson del distretto 10 che ogni giorno frequentava i posti che lei considerava la sua vita. Quel racconto non era la sua vita, ma la affascinava sopra i limiti del naturale.

Una voce si manifestò alle sue spalle:«Carlotta, c'è una persona per te.» Chi voleva spezzare l'incantesimo? Scrisse ancora due parole, cercando di appuntare mentalmente la prosecuzione del discorso. No. Non sarebbe dovuto sfuggire. Era perfetto, almeno per l'apparenza. Ogni giorno, si sedeva per un numero variabile di ore a quella scrivania e proseguiva. Bruciava inchiostro, bruciava fogli, bruciava la gravosità che avrebbe provocato la staticità delle sue idee al suo interno.

Poi si voltò. Uno dei suoi fratellini, Alex, era alla porta e la guardava quasi con soggezione. Avrebbe voluto replicare secondo il suo stato d'animo, in modo scocciato per l'interruzione del suo lavoro, ma quando notò Alex i suoi pensieri variarono. Non aveva alcuna colpa. Nessuno ne aveva. Nessuno sospettava l'esistenza di una tale ordine di impetuosità. In più, il mondo in cui si riversava ritornando a lei piaceva. I momenti in cui si manifestava non erano così detestabili.«Chi è?»

«Un ragazzo.» Un attimo di silenzio. Un ragazzo? Chi... oh. Le venne in mente il ragazzo che stava frequentando da due settimane, lo stesso Lucas conosciuto a scuola, che ogni giorno diventava sempre più rilevante nella sua vita. Non era un amico, il pensiero manifestato durante il loro primo dialogo si protraeva. Ed ad ogni incontro le dava un senso di inferiorità, ma il senso di necessità di quella persona era sempre maggiore.

Il giorno prima l'aveva baciata. Non sapeva cosa significasse, però poteva sospettarlo.

Guardò dalla finestra. Lucas era lì e le accennò un saluto con la mano.

Lei replicò.

Doveva scendere.

 

  1. La conclusione.

Il buio si tramutava in tale. Il buio diventava un manto che rivestiva le colline, quel paesaggio che Mark conosceva con precisione, e faceva sorgere un'innumerevole quantità di dubbi sulla loro effettiva forma. Erano sempre ciò che lui credeva? Qualcuno lo stava ingannando?

Si sarebbe salvato?

Numerò la pagina. Quarantadue. Il suo racconto era giunto a quarantadue fogli fittamente riempiti della sua minuziosa, nervosa calligrafia e che in quel momento avevano raggiunto la loro conclusione. Non c'era modo per proseguire, o meglio non c'era modo di proseguire senza falsare le sue volontà o quelle dei suoi personaggi. Si sarebbero stancati, sarebbero divenuti qualcuno di innaturale. E non sarebbe dovuto avvenire, non con la sua storia.

Però, era tutto concluso. I tre mesi che aveva dedicato a quel racconto, i modi in cui si erano evoluti quei tre mesi anche al di fuori di quelle pagine... era tutto contenuto lì. Era tutto riassunto da quel punto finale. E le parve tutto privo di speranza, almeno per quanto valeva per quel mondo in cui si era segregata così spesso.

Si alzò ed uscì.

***
Era stata estratta per gli Hunger Games. Si trovava sul treno che l'avrebbe trasportata a Capitol City,e si domandava cosa fosse accaduto nelle ultime ore. L'avevano chiamata. L'avevano trasportata in un altro mondo.

Il suo ragazzo, Lucas, l'aveva salutata definitivamente. Il suo fidanzato aveva squarciato la sua vita, in un modo talmente dolce, senza generare dolore, e in quel momento era stato obbligato a ritrarre la lama utilizzata. Lei era diventata dipendente dalla sua lama, le consentiva di avvertire la realtà e di vedere quanto splendida fosse la sua vita. Quella lama la completava, e in quel momento era stata rimossa. Aveva iniziato a sanguinare, il suo sangue si era tramutato in acqua, l'acqua colava dai suoi occhi.

Ricordava quando si erano conosciuti e non sapevano di cosa parlare. Ricordava quello che avevano trascorso insieme e quanto fosse stato colmo di sensazioni, quando fosse colmo di vita.

Ricordava il loro ultimo incontro, ed avvertiva quanto il tempo le sembrava essersi decimato, non concederle ciò che realmente desiderava. Contraddirla. Danneggiarla. Ferirla.

Le parti più complicate della sua vita erano l'inizio e la conclusione, e si ripetevano senza alcun rimorso, e diventavano la ragione di quel vuoto.

 

Spazio autrice

Ultima one shot del ciclo “500 – Behind the scenes”, ispirato alla fan fiction interattiva “500” e più nello specifico ai suoi tributi, che non ho creato io in quanto fan fiction interattiva. Qui si parla di Carlotta Wilson, del distretto 10. In questa occasione, vorrei scusarmi anche la sua autrice per un piccolo diverbio avuto al momento della morte del personaggio. Se non vuole che questa storia rimanga sul web, in quanto abuso del suo personaggio, io procederò a cancellarla subito.

Vorrei salutare tutti coloro che mi hanno accompagnato in questa esperienza, che hanno reso “500” tale, scrivendo una recensione o diecimila recensioni, inventando un personaggio e poi dimenticandolo o seguendolo facendo il tifo per lui, e non credo di poterci riuscire senza annoiarvi. Sono soddisfatta e mi dispiace di essere giunta alla conclusione, perché sono ormai un anno e due mesi che io seguo “500”.

Spero di non avervi annoiato.

Possa la fortuna sempre essere a vostro favore.

Vostra,

Bolide

  
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