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Autore: _romanski    12/12/2015    0 recensioni
"Hello, can you hear me? I'm in California, dreaming about who we used to be, when we were younger and free, i'v forgotten how it felt before the world fell at our feet."
Adele è una continua ispirazione, e la ringrazio molto per avermi "salvato" in un giorno così importante come questo. Per la persona più importante in assoluto, per me. Ti auguro tutto il meglio, te lo meriti.
(Ho notato solo poco fa che, rileggendo la storia qui su efp, i dialoghi non erano stati inseriti, perciò ho modificato proprio ora. Mi scuso con le persone che lo hanno già letto e, probabilmente, non ci avranno capito una mazza. Peace)
*Dal testo:
-Avevi promesso.-
"Non riesco a starti lontano", avrei voluto urlargli.*
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hello.
12 dicembre 2015
Sono appena le due del pomeriggio, ed io mi sto dirigendo fuori dall’aeroporto.
Il sangue sulle mie nocche si è da poco coagulato, formando delle evidenti croste; ho avuto una sfuriata con i miei genitori, una delle tante, una delle solite e, preso da una rabbia irritante, ho fatto un biglietto e sono salito sul primo aereo per la California che ho trovato.
Quattordici ore e mezza su quel maledetto aereo.
Un incubo, per me.
Mi guardo intorno: Los Angeles è più bella di quel che pensavo.
Nonostante sia dicembre, non fa affatto freddo. Il termostato fuori dall’aeroporto segna 19 gradi.
Mi avvicino ad un tassista, gli spiego dove devo andare.
Mi sorride e mi fa salire.
Guardo fuori dal finestrino, assorto nei miei pensieri, senza realmente vedere quello che passa per il mio campo visivo.
Nella mia testa non ci sono i palazzi, i marciapiedi, i semafori e l’autostrada davanti a me, affatto, c’è tutt’altra cosa.
O, forse, sarebbe meglio dire: c’è tutt’altra persona.
Il conducente non parla ed io non ho intenzione di intavolare un discorso con un perfetto estraneo.
Per quanto io parli inglese come un madrelingua, la mia mente è ancora in modalità italiana, e non sono sicuro che riuscirei a comprendere ed esprimermi come vorrei, perciò me ne resto seduto al mio posto, con lo sguardo puntato sul paesaggio.
Non appena il tassista annuncia la fine della corsa, lo pago ed esco, prendendo una boccata d’aria fresca.
Ho passato in quel taxi i venti minuti più lunghi e silenziosi di tutta la mia vita.
Non mi è mai successa una cosa del genere.
Mi guardo attorno: non me la immaginavo così tranquilla, Santa Monica.
Cerco di orientarmi in qualche modo anche se, a pensarci bene, non mi serve orientarmi.
Non devo andare da nessuna parte, mi serviva solo uno svago.
Ho bruciato tutti i risparmi per il viaggio dei miei 18 anni oggi, per un capriccio infantile, per una crisi isterica degna di un adolescente, quale sono.
Prendo il portafoglio e vi guardo dentro: mi sono rimasti ancora parecchi soldi, posso permettermi di mangiare e di tornare indietro.
Eppure, al pensiero di tornare, avverto una strana sensazione all’altezza del cuore, una morsa ferrea e strana.
Sembra quasi che il leggero vento che tira mi stia dicendo di non tornare indietro, che il mio posto è questo qui.
Ma come può essere possibile? Non sono legato alla California in nessun modo.
Scuoto la testa, evidentemente tutte quelle ore in aereo non sono servite a far placare la mia rabbia.
Entro nel primo bar che vedo, ordino caffè ed una brioche e vado a sedermi ad un tavolino.
Le persone qui intorno mi fissano, incuriosite.
Molto probabilmente qui si conosceranno tutti, o quasi.
Li sento bisbigliare “secondo te da dove viene?” “Sono tratti dell’est quelli, vero?” “E se venisse dal Canada?”.
Li ignoro bellamente, non mi interessa stringere amicizia con persone che non vedrò mai più in vita mia.
Sorseggio il mio caffè, facendo perdere il mio sguardo fuori dalla vetrata del bar.
Le strade non sono affollate, le persone che ci sono camminano lentamente, ridono e scherzano tra loro ed io spero, in cuor mio, di scorgere anche il lontananza una testolina bionda.
Perché, per quanto io sia orgoglioso e testardo, mi tocca ammettere che il motivo per il quale me ne sono venuto proprio in California, è lui.
Lui, che è partito ed è tornato nella sua terra d’origine.
Lui, che ogni qual volta avessi un problema, mi raggiungeva.
Lui, che per quanto lo amo gli ho spezzato il cuore.
Eravamo migliori amici dai tempi dell’asilo, ci siamo raccontati ogni cosa, ogni segreto, ogni sfumatura della nostra giovane vita.
E poi? Poi che è successo? Perché non ci siamo più parlati?
Oh, si. Ho rovinato tutto. Ho fatto a pezzi la nostra vita, la nostra amicizia, la nostra speranza, il nostro futuro.
Ho distrutto ogni cosa che mi legava a lui, eccetto una.
Una collana, che indosso ora.
Un semplice ciondolo, dove vi è la scritta “Partners in Crime” con le nostre iniziali. In realtà, sono due ciondoli: due metà di un cuore.
Avrei dovuto regalargliela per il suo compleanno, ce l’avevo lì pronta, con tanto di pacchetto e bigliettino.
E poi, come al mio solito, ho dovuto fare il deficiente, ho dovuto snobbarlo, trattarlo male, farlo sentire l’essere più inferiore e disgustoso di tutte le galassie.
Perché? Non lo so. Non so perché mi comporto così, è la mia natura, evidentemente.
Ho provato a sistemare le cose, ho provato a parlarci, ma è stato tutto inutile.
Questa volta l’ho ferito a morte, senza possibilità di guarigione.
Mi ha chiesto gentilmente, e tra le lacrime, di non avvicinarmi mai più a lui.
E, invece, il mio subconscio, mi ha portato proprio nella città dove lui ora abita.
Non ho intenzione di rovinargli la sua nuova vita, voglio solo vedere se sta bene, più di tutto voglio vederlo, anche di sfuggita, per un nanosecondo, in controluce e di spalle.
Quando mi riscuoto dai miei pensieri, una canzone all’interno del bar attira mia attenzione.

 
Hello, can you hear me?
I'm in California dreaming about who we used to be
When we were younger and free
I've forgotten how it felt before the world fell at our feet

E brava Adele, ci azzecchi ogni volta.
Mi lascio scappare un piccolo sorriso, finendo di mangiare.
Dopo aver pagato, preso dalla noia, mi lascio trasportare da qualche parte, a caso.
Metto le mani in tasca e tengo lo sguardo puntato al suolo.
Cammino lento, non ho una meta, lascio che le mie gambe prendano vita propria e mi portino in un posto qualsiasi.
Non fa differenza, per me.
Anche se la tentazione di andare a cercare il suo cognome su ogni palazzina si fa sempre più forte.
Ma la combatto. Devo stargli lontano, e lo farò.
Dopo una mezz’ora di camminata, l’asfalto lascia il posto alla sabbia.
Alzo lo sguardo e mi trovo davanti una mare stupendo, calmo e brillante.
Nonostante il bel tempo, in spiaggia non c’è nessuno, quindi ne approfitto per andare a sedermi su di una roccia, che conosco perfettamente.
Ci sono già stato in quel posto, con lui, l’estate scorsa.
Ero in Texas, e l’ho raggiunto. Ci siamo seduti sulla stessa roccia dove sono io ora, e abbiamo fatto l’amore.
È stato strano, e parecchio scomodo, ma nessuno dei due si è lamentato.
Respiro a fondo la brezza marina, chiudendo gli occhi.
Resto ad ascoltare il suono del mare e del vento, completamente in trance.
-Avevi promesso.- una voce, alla mia destra, mi costringe ad aprire gli occhi e voltarmi nella sua direzione.
È di profilo, le ginocchia raccolte al petto, lo sguardo serio va a scontrarsi con il mare, come se stesse rimproverando lui al posto mio.
Non riesco a starti lontano, avrei voluto urlargli.
-Lo so, ma ho avuto un problema, perciò- non riesco a finire di parlare, che mi interrompe.
-Sono questi i momenti in cui esisto per te, vero? Solo quando hai dei problemi, allora ti ricordi che ci sono anch’io.-
Volto lo sguardo. So che ha ragione, ce l’ha sempre avuta, non si è mai sbagliato con me.
Solo io che, senza volerlo, ho sempre sbagliato tutto, con lui.

 
Hello from the other side
I must have called a thousand times
To tell you I'm sorry for everything that I've done
But when I call you never seem to be home

 
-Mi dispiace.- sussurro, più al mare che a lui.
Infatti, non sono sicuro che mi abbia sentito.
Mi giro, noto che mi sta guardando con quei suoi grandi occhioni azzurri, due piccoli sprazzi di cielo imprigionati in quel viso angelico.
-Perché sei qui, Zac?-
-Sono venuto perché.. lo sai, sono pieno di problemi. E tu.. tu ci sei sempre stato, per me. Non mi hai mai abbandonato, come invece hanno fatto molte altre persone. Voglio chiederti scusa, per tutto quello che ti ho fatto passare. Non era mia intenzione, davvero. So che, molto probabilmente, non potremo riavere il nostro vecchio rapporto, e che il legame che avevamo si è disintegrato, per colpa mia, ma io non voglio comunque perderti.-
Mi guarda con una serietà che ho visto poche volte in lui.
Volte in cui riusciva a diventare freddo e crudele al tempo stesso.
Volte in cui, le persone a cui indirizzava certi sguardi, sapevano che lo avevano perso.
Ed ora, io, sono terrorizzato all’idea di non poterlo più avere nella mia vita.
I ruoli si sono ribaltati: adesso sono io a soffrire, mentre lui se ne frega.

 
Hello from the outside
At least I can say that I've tried
To tell you I'm sorry for breaking your heart
But it don't matter it clearly doesn't tear you apart anymore

 
-Io, forse l’ho capito troppo tardi, però..- prendo un respiro profondo, chiudendo gli occhi.
Quello che sto per dire è forse la cosa più complicata e difficile, per me.
Eppure sembra semplice, le persone lo dicono continuamente, ma per me ha un significato diverso, per me è qualcosa che non può essere confuso, che non può essere detto tanto per dire qualcosa, o per giustificare degli atteggiamenti.
Per me è una cosa che, so per certo, resterà immutabile.
Quella è, e quella sarà, per il resto dei miei giorni, a prescindere dal futuro che mi aspetta.
-Io ti amo, Steph.-
Lo vedo spalancare gli occhi, notevolmente sorpreso dalla mia affermazione.
Dalla mia bocca esce un piccolo sospiro; mi sento decisamente più leggero, adesso.
Era forse questo il peso che mi sono portato dentro per così tanto tempo?
Lo vedo avvicinarsi al mio viso, i nostri nasi si sfiorano, le labbra si congiungono in un bacio casto e dolce, timido, intimo, riservato.
-Anch’io ti amo, Zac.- sussurra lui di rimando, facendo scontrare il suo respiro con il mio.
Incuranti di tutto e di tutti, facciamo l’amore su questa roccia, di nuovo, ma con più passione, più coraggio e più consapevolezza dell’altra volta.
Quando finiamo, restiamo a guardare il mare, abbracciati, scambiandoci ogni tanto qualche bacio, qualche carezza.
Lo tengo stretto a me, sul mio petto, per fargli sentire quanto il mio cuore batta per lui.
Passo una mano tra i suoi capelli biondi, morbidi e lucenti.
Mi è mancato come l’aria sulla Luna.
-La tua presenza qui è dovuta a queste?- dice lui, indicando le croste sulle mie mani.
-Forse..- lo sento sbuffare e sorrido, aspettandomi uno dei suoi discorsi infiniti su quanto sia sbagliato prendere a pugni i muri, nei momenti no della vita.
Gesticola, mentre cerca di farmi capire che non è quella la soluzione, che non posso “risolvere” ogni mio problema in quel modo, che devo trovare un altro modo per affievolire e poi far sparire la mia rabbia.
-Ho capito, vedrò di farti contento.- affermo e lui mi regala uno dei suoi sorrisi luminosi.
-Quella collana è nuova? Non te l’ho mai vista.- si avvicina e prende i ciondoli nella sua mano, così piccola in confronto alla mia.
A questo punto, mi sfilo la sua metà, quella con la lettera ‘Z’, e gliela metto al collo.
Lui mi guarda confuso, non capendo appieno il mio gesto.
-Sai che giorno è oggi, vero?- lo vedo annuire con ovvietà.
-Questo ciondolo è per te. Io, adesso, devo tornare a casa.-
Abbassa lo sguardo, stringendo fra le dita la sua metà.
-Tornerai..?- bisbiglia, senza guardarmi.
Gli alzo quindi il mento, facendo fondere i miei occhi bronzei con i suoi cristallini.
-Puoi metterci la mano sul fuoco.- dopo di che lo bacio.
Prendiamo insieme un taxi, che ci porta all’aeroporto.
Mi giro a guardarlo, è sull’orlo di piangere.
Lo abbraccio e lo tengo stretto a me, come per sigillare la promessa di poco prima, per fargli capire che io, da lui, tornerò sempre.
Ci baciamo un’ultima volta, poi sciogliamo l’abbraccio.
Salgo sull’aereo e mi siedo al mio posto.
Non appena lo faccio, quella strana sensazione torna a farsi sentire.
Adesso, però, in modo più leggero.
Perché tornerò in California, tornerò da lui, tornerò dall’unica persona che conta davvero in questo lurido mondo, per me.
L’aereo decolla, ed io punto subito il mio sguardo fuori dal finestrino, tenendo stretta nella mano la mia metà, con la sua iniziale.
Sorrido, più sereno, più tranquillo, felice.
-Buon compleanno, Stephen.-
 
 
 
Un augurio speciale a colui che mi sopporta ormai da quando eravamo bambini, che mi è stato accanto in ogni situazione, in ogni problema, che mi ha curato le ferite quando mi facevo male, che mi abbracciava quando piangevo, che mi sorrideva quando avevo bisogno di una rassicurazione, che non mi ha mai lasciato da solo.
Grazie per avermi sopportato.
Grazie per aver avuto pazienza, con me.
Grazie per i momenti belli e quelli brutti.
Grazie per avermi mostrato che la vita non è fatta solo di droghe e risse.
Grazie per tutti gli abbracci non chiesti ma voluti.
Grazie per i baci al momento giusto.
Grazie per essermi sempre stato accanto.
Grazie per non esserti arreso, con me.
Grazie per l’amore che mi hai sempre dimostrato e continui a dimostrarmi.
Grazie per essere ancora qui.
Grazie, per tutto quello che hai fatto e continui a fare per me.
  Happy 17th B-Day,
Your Zac.
  
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