Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: MelaChan    21/12/2015    2 recensioni
Sherlock Holmes non ha mai pensato di meritare qualcuno che la comprenda, che la convinca di essere normale, che la faccia sentire speciale. E' per questo che quando John Watson fa il suo ingresso nella vita della ventenne la travolge come un uragano.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTE DELLA PIGNA

Buona sera a tutti!

E' un po' che non ci si sente ma sì, sono ancora viva, sebbene non per molto dato che la maturità si avvicina... Ho deciso di tornare per proporre un piccolo esperimento al fandom italiano: una fanfiction Trans!Sherlock, nello specifico una MtF!Sherlock (Male to Female) prima del cambiamento di sesso.

Ora, chiedo perdono in anticipo per qualsiasi errore possiate trovare nel testo riguardo questo argomento, dato che purtroppo l'unica esperienza diretta che ho a riguardo è tramite un caro amico di Phoenix che mi ha dato alcune dritte su pronomi, ormoni, operazioni chirurgiche, etc.

Ringrazio inoltre la mia beta di vecchia data (?) Gageta, che ha sopportato di leggere le 15 pagine e di aiutarmi in questo piccolo progetto.

Spero che vi piaccia! Come ho detto, è solo un esperimento, ma mi sono divertita a scriverla e spero possa divertirvi a leggerla!









I Want To Dance With You In Nothing But Your Skin

Sherlock si siede al tavolo accanto alla finestra della piccola caffetteria del campus, posando il bicchiere di carta colmo di caffè bollente con un lungo sospiro. Si sfila il lungo cappotto scuro dalle spalle, dopo essersi guardata intorno un paio di volte, e lo appoggia sullo schienale della comoda poltrona di pelle bordeaux. Prende un sorso e si passa il pollice sul labbro inferiore, pulendosi la schiuma del cappuccino. Il suo sguardo cade sul polpastrello leggermente rosso di rossetto e si lascia sprofondare nella poltrona, per poi estrarre dalla sua borsa il libro sulle equazioni di Maxwell per continuare la sua lettura.

Non passa molto prima che afferri nuovamente il bicchiere per un altro sorso, lasciando che il liquido dolce e caldo le scorri lungo la gola, riscaldandola. Solleva lo sguardo ed osserva la vita che le scorre davanti agli occhi nelle sue forme, che siano madri che tengono per mano i loro figli mentre attraversano la strada o studenti che ritornano a casa dopo una giornata di lezioni o uomini e donne in carriera che corrono dietro il loro prossimo scalino verso il successo. Si passa una mano tra i ricci ribelli, lasciandoli cadere con grazia sul suo viso e specchiandosi nel vetro che la separa dalla calca del mondo esterno. La vista del suo riflesso fa nascere un sorriso spontaneo sul suo viso, che si illumina per qualche secondo. Aggiusta la gonna che le fascia i fianchi delicatamente, arrivandole poco sopra il ginocchio, ed incrocia le gambe, mentre solleva il bicchiere alle proprie labbra.

Non ha il tempo di prendere un sorso, che una mano schiaffa il bicchiere per terra, accompagnata da risate sguaiate, attirando l'attenzione dell'intera caffetteria. Sherlock sussulta e si volta verso il proprietario dell'arto, sbiancando tutto d'un colpo.

J-James...”

Ciao, scherzo della natura. Era buono il caffè? Mi dispiace che ti sia scivolato.”

James Moriarty, secondo miglior studente di Criminologia – dopo Sherlock – si presenta al suo tavolo per la quotidiana dose di paura e di cazzotti, nonché di insulti e prese in giro.

Sherlock fa per afferrare il cappotto per coprirsi le gambe lasciate scoperte dalla gonna, ma il ragazzo lo precede, strappandoglielo dalle mani e lanciandolo qualche metro più in là, scatenando altre risate, preludio della tragedia.

Tsk tsk tsk, cosa vuoi fare? Non vorrai coprire quelle tue belle gambine, vero?”

Sherlock rabbrividisce ed abbassa lo sguardo sul pavimento, serrando la mascella. Socchiude gli occhi, per poi venire trascinata in piedi da mani forti e prepotenti che le stringono il braccio, sul quale sicuramente compariranno lividi che si aggiungeranno a quelli già presenti. Si guarda intorno spaventata, alla ricerca di qualcuno che possa aiutarla, fermarli, fare qualunque cosa che possa interrompere quell'inutile episodio di violenza gratuita.

Vedo che indossi ancora una gonna.” Dice, facendosi pericolosamente vicino ed afferrando un lembo della gonna per strattonarla. Sherlock gli blocca il polso, per poi lasciar cadere la mano per evitare altre ferite. “Che cosa ti avevo detto a riguardo? I ragazzi non indossano gonne.” Sottolinea, soffiandole in faccia.

J-James, per favore...”

Fa per protestare, sebbene sappia molto bene che ogni suo tentativo di resistere o di farlo ragionare sarà inutile. Sapeva che non sarebbe dovuta andare alla caffetteria quel giorno.

Sente del frastuono alle sue spalle, ma non ci fa caso, troppo occupata a cercare di abbassare la gonna che James sta alzando sempre di più a scoprire centimetri di pelle pallida.

Lo sai che cosa penso sulle gonne, scherzo della natura.” Le sussurra nell'orecchio, prima di strappare la gonna, mentre altre risate sguaiate le riempiono le orecchie, assordandola.

Serra gli occhi e porta le mani a coprirsi meglio che può, mentre l'aria le manca, facendola boccheggiare a vuoto mentre calde lacrime le scorrono lungo le guance e le rovinano il trucco sul quale si era così impegnata quella mattina. Vorrebbe scappare via, lasciare quella città tanto bigotta quanto omertosa quando accadono cose del genere e cominciare una nuova vita dove non sarà giudicata per quello che indossa o per come si sente davvero. Per chi si sente davvero. Non si è mai lamentata del trattamento che riceve ogni giorno, dato che non può fare niente per cambiare la sua situazione attuale, e vorrebbe semplicemente scomparire per sempre dagli occhi della sua famiglia, della società, di tutti. Non merita di stare in mezzo alle persone normali perché non verrà mai accettata, nessuno si sforzerà mai di ascoltarla e di provare a capirla.

Si accascia a terra e si chiude su se stessa, nascondendo il viso dietro le sue mani, mentre le lacrime continuano a rigarle le guance e cadere sulle sue gambe nude. James si china accanto a lei, brandendo ancora la gonna, e la afferra per i capelli, facendole inarcare il collo in una posizione innaturale per mostrare il suo volto a tutti i presenti in sala.

Questa è l'ultima volta che ti ricordo come trattiamo gli obbrobri come te qui, quindi mettitelo bene in quella tua testa malata.” Le sussurra all'orecchio, per poi mollare la presa in modo brusco, facendola così cadere di nuovo per terra. Le lancia la gonna ormai ridotta a brandelli ai piedi per poi uscire dalla caffetteria tra le risate del suo gruppo.

Sherlock solleva brevemente lo sguardo e trova il suo cappotto qualche metro più in là. Striscia vergognosamente fino ad afferrarlo e lo avvolge intorno alle proprie gambe, chiudendo gli occhi, scossa da violenti singhiozzi silenziosi. Vorrebbe urlare alle persone che la stanno ancora fissando di guardare altrove, di lasciarla stare, che sta già abbastanza male senza il loro sguardo ed i loro giudizi.

Aspetta che tutti i presenti nella caffetteria escano prima di rialzarsi, restando probabilmente su quel pavimento per lunghe, interminabili ore. Indossa frettolosamente il lungo cappotto, cercando di tirarlo giù per nascondere le sue gambe nude, ed afferra la propria borsa ed i brandelli della gonna. Si guarda intorno un'ultima volta, accertandosi di non avere gli occhi di nessuno addosso, prima di precipitarsi fuori dalla caffetteria.

Rabbrividisce al brusco calo di temperatura ed al gelido vento invernale che si infiltra tra le sue gambe. Si stringe nel cappotto e cammina velocemente verso la propria abitazione, trattenendo altre lacrime che tentano prepotentemente di sopraffarla, umiliandola ancora una volta. Ignora gli sguardi curiosi delle persone che la indicano, parlando sottovoce con il vicino – probabilmente criticandola crudelmente per il sottile strato di trucco, sebbene ora sia colato per metà sulle sue guance facendola sembrare una volgare sgualdrina, o per le scarpe chiaramente da donna – ma quegli occhi la stanno pugnalando, raggiungendo in un battito di ciglia il suo cuore, facendola sanguinare dentro. Non ha la forza di sollevare il viso e di ricambiare quegli sguardi, come avrebbe fatto normalmente per ripagare il loro giudizio con la sua indifferenza e la sua convinzione.

Torna finalmente a casa e si lascia scivolare sul pavimento freddo, appoggiandosi contro la porta chiusa e prendendosi il capo tra le mani. Soffoca un grido e permette che le lacrime scorrano di nuovo copiose, che scendono a lavarle di dosso ogni sua sicurezza, lasciandola nuda come non è mai stata.

Si tira faticosamente in piedi su gambe deboli e si trascina in bagno per una doccia bollente che possa purificarla, senza guardare il proprio corpo disgustoso riflesso nello specchio. Si strofina con forza la pelle, fino a che non inizia a farle male ed a diventare rossa per i graffi. Rimane sotto il getto d'acqua per più tempo del necessario, anche dopo che l'acqua diventa fredda, non volendo tornare all'asciutta e cruda realtà del mondo che la aspetta fuori. Tuttavia, quando il suo corpo è ormai scosso da violenti brividi per la bassa temperatura e le sue labbra sono diventate violacee, si fa abbastanza forza per uscire, afferrando un asciugamano ed avvolgendoselo intorno alla vita. Si veste velocemente e si lascia cadere sul letto, preparandosi per un'altra notte che passerà insonne, massaggiandosi i polsi sui quali sono comparsi larghi lividi.



Non sa con quale forza i giorni seguenti si trascini fuori dal letto ed esca dalla sua tana sicura per andare a seguire le lezioni all'università, presentandosi al mondo esterno come William Scott Holmes – il suo vero nome. Indossa abiti maschili, che sente addosso come carboni ardenti o veleno, una farsa che deve vestire davanti alle persone per conformarsi alla massa e far loro credere di essere ciò che presenta ai loro occhi.

Ma dentro sta bruciando, sta bruciando, sta morendo lentamente ogni secondo che passa in quella camicia ed in quei pantaloni.

Scatta in piedi non appena il professore ha terminato la lezione, raccogliendo le sue cose e riponendole distrattamente nella borsa a tracolla scura, prima di precipitarsi fuori dall'aula. Tiene lo sguardo fisso sul pavimento mentre si dirige verso l'uscita, temendo di incrociare lo sguardo di qualcuno che possa riconoscerla ed approfittare di lei come al solito.

La sua corsa quasi disperata verso casa è interrotta dallo scontro con una persona, che sembrerebbe un banale incidente se la persona contro cui è andata a sbattere non la fissasse con odio e repulsione, vomitando qualche offesa su di lei mentre Sherlock cade rovinosamente a terra. La borsa si apre, lasciando che i libri finiscano sul pavimento al centro del lungo corridoio di linoleum. Risatine crudeli giungono fino alle sue orecchie e si affretta a rimettere i libri nella cartella, risistemandosi il colletto della camicia prima di riprendere a camminare più velocemente che può.

Non fa in tempo a raggiungere la pesante porta di mogano scuro che un braccio le si para davanti, chiudendole il cammino. Solleva il viso, mentre gocce di terrore iniziano ad aggregarsi formando un piccolo torrente che inizia a scorrere dentro di lei, corrodendo il sottile muro di sicurezza che era riuscita a costruire mattoncino dopo mattoncino la notte precedente.

Ciao, obbrobrio. Non pensavo uscissi di casa oggi, senza la tua preziosa gonna.” Le soffia in faccia James Moriarty, provocandole un debole conato per l'alito cattivo.

Viene prontamente circondata dal suo gruppo, che chiudono un cerchio intorno a lei dal quale sa che è impossibile, o quasi, scappare.

Lasciami andare, James.” Ribatte coraggiosamente, serrando le mani a pugno, evitando tuttavia il suo sguardo pericoloso.

Moriarty ridacchia aspramente, il suono che perfora i timpani di Sherlock mentre il piccolo torrente si allarga in un fiume, che sta cominciando a salirle lungo il corpo per annegarla.

Perché dovrei? Volevo ammirare la tua camicia.” Dice l'altro, facendosi più vicino e provocando brividi di terrore in lei, che sbianca pericolosamente e sgrana ancora di più gli occhi. James percorre il suo colletto con il pollice, tastando il tessuto mentre Sherlock combatte contro se stessa e si trattiene dal tremare. “E' proprio una bella camicia, sai? Ne vorrei una così. Che taglia porti?”

Sherlock serra gli occhi, preparandosi al peggio e venir di nuovo denudata di fronte a tutti i presenti, che stanno osservando la scena senza muovere un muscolo per fermare il ragazzo. Li stanno fissando con occhi vuoti, stupidi, come se dietro quegli sguardi non ci sia un cervello o un'anima.

Quando il pollice di James scende a tastarle il petto, Sherlock trattiene il fiato e deglutisce a fatica, ringraziando di non aver indossato quella piccola fascia. Il pollice passa oltre, andando a percorrere il suo addome lentamente, facendola rabbrividire.

In un movimento improvviso, Sherlock si abbassa e passa sotto il braccio del ragazzo, spingendo la porta con quanta più forza ha e precipitandosi fuori dall'istituto. Si sente trattenere per la sciarpa e se la sfila velocemente, lasciando che James ed il suo gruppo provino ad inseguirla dopo il momento di confusione. Corre quanto più velocemente può, il cuore che le martella nelle orecchie mentre il fiume dentro di lei sembra volerla risparmiare.

Vede gli alti cancelli di ghisa dell'istituto a pochi metri di distanza, superati i quali potrebbe essere salva dalle violenze gratuite ed ingiustificate di James Moriarty, ed accelera il ritmo già furioso a cui sottopone le sue gambe, allenate per quel tipo di corsa. Lascia che un debole sorriso le compaia sulle labbra, assaporando la sicurezza domestica, ma non nota il ragazzo che sbuca da dietro uno degli alti pioppi e si para davanti a lei, assestandole un violento pugno in piena faccia. Sherlock cade a terra mentre il mondo intorno a lei si fa sempre più scuro.



Quando riapre gli occhi – non sa quanto tempo dopo, ma sente come se fossero passate ore – un fischio continuo e sordo le invade la testa, accompagnandola nel ritorno alla realtà. Inizia a mettere a fuoco l'ambiente che la circonda, senza riconoscere dove si trova e che ora sia. Si alza lentamente a sedere, la testa che le gira pericolosamente e rischiando di farla svenire un'altra volta, e si guarda intorno.

Bidoni della spazzatura, un alto muro pieno di graffiti osceni e osé, l'odore pungente di alcol ed urina e vomito che le arriva fino alle narici, provocandole un conato che le contorce lo stomaco in un nodo stretto. Combatte contro il desiderio di vomitare e ne esce vincente, sbattendo con forza le palpebre.

Si passa una mano tra i capelli, resi appiccicosi da chissà quale disgustosa sostanza si è infiltrata tra i riccioli, e nota del sangue nel suo palmo. Si ricorda del pugno ricevuto e si porta l'altra mano al naso, sentendolo gonfio e pulsante. Serra gli occhi ad una fitta particolarmente dolorosa e si prende la testa fra le mani, mentre anche le lacrime l'hanno abbandonata, lasciandola vuota in quel vicolo maleodorante. Una singola goccia cade per terra, mischiandosi al suo stesso sangue, che forma una macchia colorata in mezzo allo schifo di quella strada.

Cerca di sollevarsi sulle proprie gambe, ma cade nuovamente a terra, attirando lo sguardo di un passante che sta attraversando il vicolo in quello stesso istante, ma si limita ad affondare il mento nel petto ed ad accelerare il passo per lasciarsi quel rifiuto alle spalle.

Sherlock ci riprova e questa volta riesce a tenersi in piedi, appoggiandosi con una mano al muro, mentre l'altra va al suo fianco, che le duole atrocemente. Quando – se? - tornerà a casa potrà vedere tutte le nuove ferite. Tira su con il naso, emettendo un grugnito quando le pulsa, per poi cercare la propria borsa, non riuscendo a trovarla. Si guarda nuovamente intorno, per vedere se le è caduta qualche metro più in là, inutilmente. Non che avesse molte cose a cui tenesse. Solo il cellulare ed il portafoglio con soldi e documenti.

Lascia che un singhiozzo silenzioso le scappi dalle labbra serrate e sanguinanti e zoppica lentamente fino all'uscita del vicolo più vicina, individuando qualche metro più in là il suo portafoglio, abbandonato in mezzo al marciapiede. Si china a raccoglierlo, la testa che le gira con quel semplice movimento, e nota con un distratto sollievo che contiene ancora i documenti, sebbene i soldi siano scomparsi. Si porta una mano alla fronte e soffia tra denti stretti mentre un'altra fitta la costringe a fermare il passo, stringendole la testa in una morsa d'acciaio.

Si incammina lentamente verso casa, cercando di non pensare a quanto assomigli ad una donna morta che fa i suoi ultimi passi verso la morte che giungerà improvvisa.



Da quel giorno Sherlock ha imparato ad essere ancora più schiva e schietta, come una iena che evita ogni contatto per paura dei predatori più grandi di lei, arrivando quasi a dimenticarsi come si fa a parlare, visto che nemmeno con suo fratello o la sua famiglia ha un dialogo. Quest'ultima, tra l'altro, l'ha ormai rinnegata, quindi a Sherlock è indifferente il loro aiuto, semmai arrivasse.

Frequenta le lezioni meno affollate della sera, quando può facilmente mescolarsi e nascondersi tra gli adulti che ancora frequentano l'università dopo i turni di lavoro e nella rassicurante oscurità della notte, dove la sua figura può passare inosservata la maggior parte del tempo. Quasi evita di passare i lampioni, come una creatura rinnegata da Dio e da tutti, sola e dimenticata dalla società.

Tuttavia, al contrario di quanto possa sembrare, a Sherlock quella sua condizione non dispiace. Le è sempre piaciuta la solitudine, perché può ascoltare più facilmente i suoi pensieri, chiarire le sue idee, costruirsi un muro di sicurezza e di autodifesa di cui non ha mai avuto bisogno fino a quel tempo. Stando sola con se stessa, poi, può permettersi di essere se stessa ed indossare quello che vuole, senza che nessuno la giudichi. Deve solo sopportare di indossare abiti maschili che non sente suoi e fingere di essere chi è mai stata e chi non sarà mai durante le ore che trascorre lontano dal suo rifugio sicuro.

Una volta fuori dalla sua tana, la iena si trasforma nell'animale selvaggio, pericoloso ed imprevedibile che potrebbe scattare ad ogni provocazione oppure no, dallo sguardo cattivo.



Prende fiato profondamente, cercando di calmare il ritmo furioso del suo cuore timoroso e di convincersi che nessuna legge dice che debba sempre toccare a lei. Si trattiene sulla soglia di casa, stringendo la borsetta tra le sue mani e mordicchiandosi il labbro inferiore, mentre si guarda intorno per controllare la strada. Si stringe nelle spalle, ancora doloranti probabilmente per i calci ricevuti qualche giorno fa, e varca il confine.

Il sole quel giorno è caldo, piacevolmente, ed investe Sherlock con delicata violenza, irradiando le sue gambe pallide lasciate scoperte da una nuova gonna, semplice e di un sobrio nero, che quel giorno ha coraggiosamente deciso di indossare. E' stanca di fingere di essere qualcun altro, non è nemmeno una brava attrice, per questo ha voluto osare, offrendosi nuovamente al mondo.

Lascia che un debole sorriso le curvi le labbra colorate di bordeaux mentre quasi sfila per le strade del centro, diretta verso la biblioteca. Oggi non vuole permettere a nessuno di fermarla, oggi vuole far vedere a tutti quanto è coraggiosa, vuole volare libera.

Spinge l'enorme porta di legno e scivola all'interno della biblioteca, l'odore pregnante di libri e di antichità le arriva fino alle narici. Ignora un paio di volti che si girano verso di lei e si dirige immediatamente verso il settore dedicato alle Scienze, i piccoli tacchi delle sue scarpe che risuonano nelle sale settecentesche*.

Rallenta il passo quando giunge in prossimità degli scaffali dedicati agli studi di Chimica, lasciando che i nomi di illustri scienziati le sfilino davanti agli occhi, nei quali si può leggere meraviglia per quelle menti brillanti e così simili alla sua.

Si ferma davanti al volume che le interessa, prendendole quasi timorosa tra le proprie mani, accarezzando la copertina con mano tremante, il brivido di poter condividere i pensieri e le osservazioni intrappolate per sempre sulla carta. Apre il volume e legge qualche riga, sorridendo debolmente tra sé e sé. Il potere della Scienza riesce a sorprenderla ogni volta, come con una singola formula si possa riassumere un intero fenomeno, come la verità scientifica sia superiore ad ogni forma di credenza, di superstizione, e come riesca ad essere universale.

Non si sente mai sola quando legge un trattato scientifico, è quello il Potere della Scienza per lei.

Si volta per andare a registrare il suo prelievo ma va a sbattere contro un ragazzo della sua età, che la fissa con ribrezzo – molto chiaro nel suo sguardo. Sherlock sussurra una parola di scuse e preme il mento contro il proprio petto, mantenendo gli occhi sul pavimento mentre si dirige verso il bancone della bibliotecaria con quanta più fretta può, il timore di essere stata nuovamente scoperta che riaffiora prepotentemente. Cerca di passare nei corridoi secondari, evitando di camminare davanti a chiunque per paura che possano sapere. Sa che è un comportamento infantile ed ingiustificato, infatti perché James Moriarty ed il suo gruppo dovrebbero essere in biblioteca? Non è nemmeno detto che sappiano leggere.

Riesce a raggiungere il bancone della bibliotecaria, che nota immediatamente il rossetto sollevando un sopracciglio. Sofferma lo sguardo sui tratti decisamente maschili, prima di voltarsi verso il registro elettronico con un sospiro. Registra il libro velocemente, facendo scorrere le lunghe dita delicate sulla tastiera, dalle quali Sherlock non riesce a distogliere gli occhi. Sono mani che non potrà mai avere, ma ciò non le proibisce di apprezzare quei piccoli particolari che fanno tale una donna.

La ringrazia con un sussurro, mettendo il volume in borsa, e si dirige verso l'uscita, posando il palmo sulla barriera che la divide dal mondo esterno. Con un sospiro tremolante abbandona il suo asilo, venendo nuovamente investita dal sole rassicurante. Scende le scalinate con grazia, sebbene le sue gambe stiano tremando impercettibilmente.

Affretta il passo, desiderando tornare a casa il più velocemente possibile, in modo da evitare ogni possibile attacco. Sfila davanti alla caffetteria che ricorda con odio, abbassando lo sguardo sul marciapiede quando nota gli occhi di qualcuno rivolti verso di lei, riconoscente verso coloro che si limitano semplicemente ad ignorarla.

Ha appena girato l'angolo della strada, qualche centinaio di metri appena che la separa dalla sicurezza della sua casa, quando sente una mano sul suo braccio che la trattiene. Schizza contro il muro in un riflesso istintivo, la iena selvaggia che prende il posto della sua tipica razionalità e digrigna i denti contro la minaccia. Mai si sarebbe aspettata, però, di trovarsi davanti una ragazzina, più giovane di lei e confusa – quasi spaventata – dalla sua reazione. Sbatte i grandi occhi smeraldo, incorniciati da lunghe ciglia bionde, con la mano ancora sollevata a mezz'aria, mentre apre la bocca qualche volta come se Sherlock avesse interrotto i suoi pensieri.

I-Io,” balbetta, per poi schiarirsi la gola e continuare, “volevo farti i complimenti per il trucco.”

Sherlock la fissa come se le fosse appena spuntata una seconda testa sull'altra spalla e dopo qualche secondo di confusione in cui cerca di assimilare le parole che ha appena sentito dire, rivolte a lei, da una ragazzina qualunque, per strada, si convince che non ha avuto una strana allucinazione. Si rialza dalla sua posizione di difesa, pulendosi la gonna dalla polvere raccolta contro il muro e sbatte un paio di volte le palpebre, annuendo debolmente mentre il suo sguardo si illumina.

D-Dici a me?” Le domanda.

La ragazzina sembra capire al volo ed addolcisce l'espressione, strofinando la sua gonna per aiutarla a pulirla dalla polvere.

Mi piace il tuo eyeliner. E il rossetto.” Le assicura, abbozzando un sorriso mentre arrossisce debolmente.

Sherlock sbatte lentamente le palpebre, probabilmente mettendola a disagio per l'intensità del suo sguardo, ma non riesce a credere alle sue parole. Nessuno l'ha mai osservata in quel modo, nessuno ha mai notato l'attenzione e la cura che impiega nel truccarsi senza denigrarla o giudicarla aspramente.

Oh. Grazie...?” Risponde titubante, provocando una risata nella ragazzina.

Questa le tira un debole pugnetto sulla spalla prima di sistemarsi la borsa a tracolla ed allontanarsi, dopo essersi congedata con un cenno della mano, lasciando una Sherlock confusa in mezzo al marciapiede a fissare davanti a sé con il trattato di Chimica in mano.



Sono passati quasi sei mesi dall'episodio avvenuto nella caffetteria e Sherlock ha finalmente guadagnato abbastanza coraggio per rimettervi piede, indossando una camicetta di pizzo bianco ed una nuova gonna, forse ancora più sgargiante di quella che Moriarty aveva strappato. Le arriva sopra le ginocchia, lasciando scoperte le sue lunghe gambe, mentre dietro si allunga fino alle caviglie con un breve strascico bianco semitrasparente, ondeggiando elegantemente alle sue spalle ogni volta che fa un passo.

Spalanca la porta del locale, stringendo le mani intorno alla tracolla della borsa e guardandosi intorno. Non ha paura di trovare qualcosa – qualcuno – che possa disturbarla questa volta. Vuole solo recarsi nella sua caffetteria preferita per bere un caffè come una persona normale, sebbene non possa che sentirsi sollevata del fatto che al momento non ci siano molti clienti. Si dirige al bancone con passo sicuro e sorride gentilmente ad un ragazzo nuovo che si precipita subito da lei con un sorriso gentile, che Sherlock ricambia volentieri. 'Nuovo assistente', dice il cartellino sulla sua polo rossa.

Ciao, cosa ti porto?” Le domanda con voce allegra e Sherlock è davvero convinta che sia nuovo in quella caffetteria, visto che sembra ignorare il fatto che sia diversa.

Un cappuccino ed un croissant al cioccolato, grazie.” Gli risponde, sorridendogli nuovamente, sebbene non sappia il motivo dietro quel gesto istintivo.

Lo osserva mentre si muove dietro il bancone, titubante su come muoversi intorno ai nuovi strumenti ma ostentando sicurezza, e presto presenta a Sherlock la sua tazza di caffè e il croissant. Lancia un'occhiata alla schiuma del cappuccino e nota, piacevolmente sorpresa, un fiore disegnatovi sopra. Rialza lo sguardo e trova il ragazzo che le sorride gentilmente, mentre pulisce distrattamente il bancone con un panno umido. Lo ringrazia con un cenno del capo e va a sedersi al suo tavolino accanto alla vetrina.

Sorseggia la sua bevanda calda mentre il mondo continua a scorrere frenetico oltre il vetro, soffermandosi ad osservare una coppia seduta sulla panchina accanto alla fontana al centro del piccolo parco davanti al locale. Il ragazzo sta scuotendo un ramo di pino, caduto dagli alberi vicino, punzecchiando la sua compagna, che ridacchia, prima di bloccargli i polsi ed unire le loro bocche in un tenero bacio. Sherlock invidia la loro naturalezza nei gesti, la loro familiarità e l'agio che hanno tra di loro, oltre al fatto di aver trovato qualcuno da amare e che ricambi il sentimento senza richiedere nulla in cambio. Sospira e dà un morso troppo vigoroso al croissant, facendo sì che una goccia di cioccolato le cada sul mento.

Si pulisce velocemente con il pollice, strofinandolo sul tovagliolo. Rialza lo sguardo mentre si passa le dita della mano pulita tra i capelli e nota lo sguardo del nuovo assistente su di sé, che la sta fissando con occhi sgranati ed uno strano luccichio. Sbatte le palpebre ed arrossisce violentemente, per poi tornare ad occuparsi della macchina del caffè, che emette un verso stridulo. Sherlock non si trattiene dall'arrossire a sua volta e riabbassa il volto, prendendo un altro sorso dalla sua tazza. Gli lancia un'altra occhiata e gli sorride quando i loro occhi si incrociano nuovamente.

Non sa che cosa stia capitando tra di loro, in quel normale pomeriggio primaverile, e forse non vuole nemmeno saperlo, ma la sensazione all'altezza dello stomaco è piacevole e nuova.

Posa la tazza sul tavolino, incrociando le gambe lentamente, mentre si stanno ancora studiando, ad una notevole distanza però. Sherlock vuole giocare, vuole provare a sentire quello che la gente normale sente quando flirta con qualcuno di interessante – sebbene per lei quel qualcuno è solo qualcuno che non ha mostrato disgusto nei suoi confronti, ma sincero interesse. Il ragazzo posa il panno umido e si appoggia al bancone, osservandola con un'espressione maliziosa e compiaciuta mentre Sherlock si porta la tazza alle labbra carnose per un altro sorso.

Purtroppo, il loro gioco finisce quando Sherlock beve l'ultimo sorso di cappuccino e manda giù l'ultimo morso di croissant, approfittandone per leccarsi le dita. Si alza in piedi, prendendo la tazza ed il piattino ormai vuoti e si dirige a passo lento verso il bancone – senza trattenersi dall'ondeggiare leggermente i fianchi – per poi posarli sulla superficie lignea. Sorride un'ultima volta al ragazzo, che ricambia e lascia scorrere lo sguardo sui lineamenti di Sherlock, prima di sistemarsi la borsa sulla spalla e la gonna. Fa per voltarsi e si trova faccia a faccia con James Moriarty.

Sbianca all'improvviso, i suoi occhi che si spalancano mentre li fissa in quelli più scuri del suo aguzzino, per sua fortuna - o sfortuna – solo. Apre la bocca per dire qualcosa, ma l'altro le afferra il mento con forza, avvicinando i loro volti prepotentemente.

Ciao, scherzo della natura. Di nuovo qui, eh?” Le alita in faccia, facendola tremare, mentre il suo stomaco minaccia di rimettere la colazione appena terminata. Sherlock serra gli occhi e si chiude in se stessa, cercando di trattenere le lacrime.

N-No... Ti prego...” Lo prega, conscio che gli occhi di tutti sono fissi su di loro.

Moriarty si lascia andare ad una risata sprezzante, che suona come la peggiore delle minacce alle orecchie di Sherlock, ed aumenta la stretta sul suo mento, storcendole la mandibola e facendole male.

Che cosa ti avevo detto? Non voglio vedere schifezze come te nella mia caffetteria.”

La mia caffetteria, vorrai dire.”

Sherlock cerca di voltarsi verso chi ha parlato, osando interrompere Moriarty, e si sorprende quando scopre che è il ragazzo biondo con cui ha intrapreso quel provocante gioco di sguardi poco fa. Serra le palpebre quando il suo aguzzino la lascia andare, facendola cadere per terra goffamente. Non ha la forza di sollevare il viso per osservare la scena.

Che cosa hai detto, aiutante?”

Ho detto che non hai il diritto di rivolgerti in questo modo ed alzare le mani sui miei clienti.” Ripete il ragazzo, poggiando le mani sul bancone per mettere in mostra i muscoli delle proprie braccia. “Quindi o chiedi scusa e te ne vai, oppure chiamo la polizia per farti accompagnare fuori con un ordine restrittivo.”

Sherlock trattiene il fiato e si chiude maggiormente in se stessa, lasciando però che le lacrime scorrano lungo le sue guance, mentre Moriarty esita per qualche secondo, mantenendo il contatto visivo con chi ha osato interrompere il suo operato, per poi guardarsi intorno ed uscire lentamente dal locale. La porta si chiude con un rumore sonoro che fa sussultare Sherlock, ancora sul pavimento, mentre si stringe le ginocchia al petto.

Hey. Hai bisogno di una mano?” Sente una voce delicata e quasi titubante domandarle.

Prende coraggio e solleva lentamente il viso, mettendo a fuoco il ragazzo dai capelli color biondo cenere e dai profondi occhi azzurri, fissi su di lei. Le sta offrendo una mano, mentre è leggermente chino verso di lei per poterle parlare senza dover alzare troppo la voce. Sembra sincero, ma Sherlock ha imparato a sue spese a non fidarsi di nessuno, specialmente di coloro che si fingono degli eroi.

Sherlock scuote la testa e riabbassa lo sguardo sulle proprie ginocchia, chiudendole e nascondendosi meglio sotto il cappotto. Vorrebbe urlargli di andarsene e lasciarla sola, se ne andrà poi per conto suo quando nessuno si accorgerà di lei.

Ma il ragazzo sembra avere altre idee, dato che si inginocchia accanto a lei con un sospiro, poggiando la schiena contro il bancone. Sherlock lo fissa confusa da sotto le sopracciglia, aggrottando la fronte. Rimangono in silenzio qualche minuto, lasciando che l'attenzione su di loro scemi, prima che il ragazzo parli di nuovo.

Coraggio, alzati e vieni di là nel retro. Ti offro qualcosa di caldo."

Sherlock rialza gli occhi gonfi di lacrime, tirando su con il naso una volta che ha smesso di singhiozzare silenziosamente, e si alza in piedi, guardandosi intorno spaesata. Lo segue nel retro della caffetteria, cercando di evitare gli sguardi delle persone ancora presenti. Una volta chiusa la porta alle loro spalle, Sherlock si lascia cadere su una sedia, stringendosi nel cappotto scuro. Si passa una mano tra i capelli mentre il ragazzo torna con un bicchiere di carta ed un croissant dall'aspetto invitante. Glieli porge con un sorriso gentile e ritorna dopo qualche secondo con una sedia, facendole cenno di sedersi.

Sherlock esita per qualche secondo, prima di sedersi ed incrociare le gambe, dando un morso alla brioche, ancora piacevolmente calda. Prende un sorso di caffè, zuccherato abbastanza da sembrare quasi disgustoso ma proprio come piace a lei.

Va bene lo zucchero? Ho visto che lo prendi tanto zuccherato, ma non so quanto, effettivamente.” Le domanda mentre si siede per terra ed incrocia le gambe, osservandola dal basso con la stessa espressione dolce che sembra non voler abbandonare il suo volto e totalmente in contrasto con la fame con cui la osservava giusto qualche minuto.

Sherlock annuisce e prende un altro sorso, prima di posare bevanda e dolce su un tavolino vicino, pulendo le briciole dalla propria gonna.

Perché lo hai fatto?” Chiede al ragazzo, cercando di mascherare il suo dolore con un'espressione ed un tono freddo. L'altro aggrotta la fronte, confuso per la domanda, la cui risposta a lui sembra ovvia.

Mi è sembrato che tu avessi bisogno di aiuto. In più, quello stronzo non avrebbe dovuto permettersi di rivolgersi a te in quel modo.”

Sì, ma perché?” Insiste, non riuscendo davvero a capire la ragione dietro il suo gesto.

Il giovane scrolla le spalle e distoglie lo sguardo, rivolgendolo sul pavimento. “Perché nessuno dovrebbe essere trattato come quel bastardo ha fatto con te. Specialmente con qualcuno che non ha fatto niente.”

Sherlock sussulta leggermente, sorpresa dalla sua risposta, ed arrossisce, deglutendo a fatica. Sbatte le ciglia e si schiarisce la voce prima di parlare nuovamente.

Beh, grazie.” Sussurra, aggiustandosi il colletto della camicetta per poi lasciar cadere la mano.

Non ringraziarmi, non ho fatto niente di speciale.” Il ragazzo solleva lo sguardo e le sorride, per poi porgerle la mano. “Mi chiamo John.”

Sherlock fissa il palmo aperto rivolto verso di lei ed allunga titubante la sua, stringendola debolmente mentre quella più calda e maschile della sua la circonda. La sua stretta è sicura, tranquilla, per niente disgustata. La lascia andare titubante, incrociando lo sguardo impaziente e pieno di aspettativa dell'altro, ancora fisso su di lei.

Sherlock.” Risponde quasi meccanicamente, senza accorgersi di avergli detto il suo vero nome, non quello che le hanno affibbiato i suoi genitori e che lei detesta.

John sembra illuminarsi e valutare le sillabe sulla propria lingua, ripetendo sottovoce quella semplice quanto ricca parola che identifica la persona davanti a lei. Infine, allarga le labbra sottili nell'ennesimo sorriso e si slaccia il grembiule, abbandonandolo noncurante sul pavimento.

Sherlock. Mi piace. E' strano, particolare. Non l'ho mai sentito prima.” Le dice, spiazzandola un'altra volta e facendola arrossire debolmente.

In realtà sarebbe William.” Aggiunge in un sussurro, abbassando lo sguardo e deglutendo mentre gioca con le pieghe della gonna. John inclina la testa di lato e si fa più vicino a lei, posandole una mano leggera sulla caviglia.

Non ti piace, vero? William, voglio dire.”

Sherlock, nuovamente sorpresa dalla domanda dell'altro, che sembra capirla più dei suoi stessi genitori, scuote la testa e si mordicchia il labbro, cercando di non pensare al calore che si sta diffondendo dentro di lei a partire alla presa delicata di John sulla sua caviglia. Sembra quasi aver dimenticato completamente gli avvenimenti di qualche minuto fa, sebbene stia ancora tremando leggermente per la paura.

Beh, anche a me Sherlock piace molto di più, quindi per me sarai Sherlock.” Le sorride, pugnalandola quasi nel cuore con tutta quella gentilezza improvvisa e disinteressata.

Sherlock rialza gli occhi ed incrocia quelli di John, lasciando che i suoi lineamenti si rilassino ed un sorriso nasca spontaneo sulle sue labbra carnose, delicatamente colorate dal rossetto. Quello che si stanno dicendo attraverso quel semplice quanto complicato gioco di sguardi va oltre la sua comprensione: è come se si conoscessero da sempre, come se fossero stati amici molto legati in una qualche vita passata.

John stringe gentilmente la sua caviglia e si allunga a prendere il bicchiere di carta, ancora pieno per una buona parte. Lo poggia sul suo ginocchio, senza dar segno di volersi muovere, completamente a suo agio con chi si trova davanti. E' proprio questo che Sherlock non riesce a capire. Deve aver per forza capito che ci deve essere qualcosa di sbagliato in lei, qualcosa di cui nemmeno lei è a conoscenza, tuttavia la cosa non sembra dargli alcun fastidio. E' come se stesse parlando con una persona normale, non con una che sotto quei vestiti chiaramente femminili nasconde un corpo maschile.

Non finisci il tuo caffè? Lo so che sa di macchina e probabilmente di capitalismo, ma sembravi averne bisogno.” La riporta alla realtà, facendola ridere, mentre prende il bicchiere e beve un lungo sorso della bevanda esageratamente zuccherata con una smorfia buffa, che provoca un'altra risata in Sherlock.

Grazie. Dico davvero.” Sussurra Sherlock, per poi dare un morso al croissant, che giaceva abbandonato sul tavolino e pareva pregarla di mangiarlo. Solleva un pollice a pulire lo zucchero a velo che è caduto sul suo mento, il movimento seguito attentamente dallo sguardo di John.

Questi si riprende e scrolla le spalle, tornando a stringere la sua caviglia. Continua a disegnare cerchi invisibili sulla pelle morbida e pallida lasciata scoperta dalla gonna.

Sarei uno stupido se non cercassi di fare colpo su una ragazza così carina.” Le dice, facendole andare di traverso un boccone.

Ragazza?” Riesce a sputare tra i colpi di tosse. John si acciglia leggermente – assumendo l'espressione più adorabile che l'altra abbia mai visto – e ferma per un momento la gentile carezza sulla sua caviglia.

Non è quello che sei?” Le chiede come se fosse la cosa più ovvia del mondo, quasi sgridandola per aver pensato in modo diverso.

Sono il ragazzo in gonna.” Risponde, abbassando lo sguardo e sorridendo in modo triste, mentre evita accuratamente lo sguardo di John.

Stronzate.” Replica con tono fermo e deciso. “Sherlock, sei una ragazza bellissima, non mi importa cosa dicono gli altri. Non fosse che ci siamo appena conosciuti, ti chiederei se volessi venire ad un appuntamento con me.” Termina in un sussurro, arrossendo debolmente.

Sherlock sgrana gli occhi e sente il fiato mancarle per qualche secondo, il suo cuore che sembra voler esplodere per la velocità con cui sta battendo. E' la prima volta che qualcuno la chiama “ragazza” senza farle alcuna domanda importuna o commento offensivo. E' la prima volta che qualcuno non la scaccia come fosse la peste. E' la prima volta che sente di potersi fidare veramente di qualcuno. E' la prima volta che vorrebbe lasciarsi andare ed essere finalmente se stessa.

Si slancia in avanti, non curandosi della bicchiere che cade a terra, ed allaccia le braccia intorno al collo di John per abbracciarlo stretto contro il suo petto. Non le importa che potrebbe sentire l'assenza di un seno, vuole solo verificare che quella meravigliosa persona che si trova davanti sia vera, che esista davvero e non sia tutto solo un sogno, un'utopia. Immerge il viso nell'incavo del suo collo, scossa da un debole singhiozzo, e si allontana quando si accorge di aver cominciato nuovamente a piangere, non volendo sporcare la sua uniforme con il suo trucco. Posa una mano sulla sua spalla – forte e muscolosa sotto il suo palmo – e si asciuga le lacrime con l'altra, tirando su con il naso e volendo nascondersi per la debolezza che sta mostrando. Non ha la forza né il coraggio di guardarlo negli occhi, non vuole leggere una possibilità di venir di nuovo rigettata.

Oh, Sherlock.” Sente l'altro sussurrare, già aspettandosi altre parole che saranno come stilettate nel suo cuore. “Vieni qui.”

Sgrana nuovamente gli occhi quando John fa la prossima mossa, stringendola un'altra volta contro il proprio petto, coordinando meglio i movimenti e lasciando che si appoggia alle sue spalle per non cadere in avanti mentre lui si alza in ginocchio per accoglierla tra le sue braccia. Le accarezza i riccioli lentamente, lasciando che si sfoghi, incurante delle macchie di trucco sulla polo della sua uniforme, per poi allontanarla delicatamente quando iniziano a fargli male le ginocchia. Le prende il volto con entrambe le mani, pulendo le strisce di lacrime e mascara che le scendono lungo le guance con i pollici, il tutto senza smettere un secondo di sorridere e guardarla come se fosse la cosa più bella che abbia mia visto. Sherlock non riesce a distogliere lo sguardo dal suo mentre fa ciò, alzando le mani per chiuderle intorno ai suoi polsi, sentendo il bisogno di aggrapparsi a qualcosa per non annegare nel mare di nuove ed inattese sensazioni che la sta investendo. Chiude gli occhi e si abbandona alla piacevole sensazione, sentendosi finalmente a suo agio nel suo corpo.

Trascorrono lunghi minuti, che a lei sembrano un battito di ciglia, prima che senta il pollice di John scendere ad accarezzarle il labbro inferiore, facendola sussultare leggermente e sgranare gli occhi.

John...”

Ssh. Sei così bella.” La interrompe con tono pacato, lo sguardo fisso sulle sue labbra.

Sherlock annuisce impercettibilmente ed abbassa riluttante le palpebre, socchiudendo le labbra mentre un brivido le corre lungo tutta la schiena. Il polpastrello di John è ruvido, chiaramente appartenente ad una mano maschile – così diverse dalle sue – ma caldo, così caldo che Sherlock trova una sorta di potere terapeutico in quel contatto improvviso.

Si sposta dalle sue labbra, andando ad appoggiare il palmo sulla sua guancia, ridestandola dallo stato di dolce abbandono al quale si era concessa. Sherlock riapre gli occhi e li fissa in quelli di John, arrossendo alla realizzazione di quanto appena avvenuto.

Stai meglio?” Le domanda, passandole il pollice sullo zigomo.

Sherlock allarga le labbra – che bruciano ancora per il tocco di John – in un sorriso ed annuisce riconoscente, allentando la presa sui suoi polsi fino a far cadere le mani ai suoi fianchi, mentre quelle dell'altro sembrano non volerla abbandonare.

Sicura?”

Sì, John. Grazie.” Conferma nuovamente.

Sicura sicura?”

Ridacchiano entrambi e John allontana le mani, posandole sulle ginocchia di Sherlock, che si stringe nelle spalle. Il silenzio cade nuovamente tra di loro, ma è ormai chiaro che non hanno bisogno di parole per comunicare.

Sei libera stasera?”

Sherlock rimane per un momento confusa – ha sentito bene? - prima di posare le mani su quelle di John e sospirare. Deglutisce a fatica mentre prende tempo per pensare alla risposta. Non vuole rovinare tutto rispondendo affermativamente, ma non vuole nemmeno perderlo così presto con un secco no. John è speciale, vuole egoisticamente tenerlo tutto per sé, ma le sue paure sono troppi forti per essere dimenticate in un solo pomeriggio.

John...”

Il giovane legge l'indecisione negli occhi cristallini di Sherlock ed il sorriso svanisce lentamente.

Capisco. Ci ho provato.” Replica, forzando un sorriso che sembra più un'amara smorfia.

No, non capisci.” Lo interrompe, intrecciando le dita con le sue. “Lo so che cosa mi stai chiedendo, e credimi quando dico che non mi sarei mai aspettata niente di simile, ma non posso dartelo. Non ancora.” Termina, abbassando il tono della propria voce in un sussurro all'ultima frase. John annuisce e ricambia la stretta.

Va bene. Non sentirti in bisogno di fare nulla, Sherlock. Possiamo però essere amici?” Le domanda, gli occhi pieni di speranza che lo fanno sembrare un cucciolo. Sherlock annuisce e gli sorride, accarezzando i dorsi delle sue mani.

Certamente, John.”

Poi, chi lo sa, potrei finalmente conquistare il cuore di ghiaccio di questa bellissima ragazza davanti a me.” Aggiunge, guadagnandosi uno spintone.



Non fa ritorno alla caffetteria per oltre due settimane, per timore di incontrare nuovamente Moriarty ed il suo gruppo di scimmioni che non sanno fare altro che sbavare e grugnire - le ferite che ha lasciato nel suo animo sono ancora sanguinanti –, ma la voglia di rivedere John è diventata troppo forte per poter essere ignorata. Nonostante si siano appena conosciuti, sente un particolare affetto che non sa spiegarsi verso quel ragazzo dal caldo sorriso e dallo sguardo dolce, l'unico che l'abbia notata nella disgustata indifferenza che la circonda.

Alza i baveri del cappotto, affondando il naso nella morbida sciarpa blu avvolta intorno al suo collo mentre si guarda intorno per cercare di avvistare uno degli assalitori. Fortunatamente sembra che se ne siano tornati nei loro luridi appartamenti a distruggersi cellule nervosi davanti ai videogiochi.

Si aggiusta i pantaloni bianchi che ha deciso di indossare quel giorno – un po' più maschili, tuttavia dal taglio ancora da donna – e spinge in avanti la porta del locale, venendo subito circondata dal calore e dal profumo di caffè. Sorride mentre fa scorrere lo sguardo sui tavoloni semi vuoti e si dirige al bancone per ordinare. Si sfila la sciarpa e si appoggia sulla superficie lignea. Nota un certo movimento nella cucina, sbirciando dalla piccola finestrella che la collega con il resto della caffetteria, e vede uscire John, che mostra il più largo dei sorrisi che Sherlock, pur nel breve arco di tempo della loro rudimentale amicizia, abbia mai visto. Si avvicina a lei e si allunga oltre il bancone per posare le mani sulle sue, stringendole forte.

Sherlock! Pensavo ti fossi persa!” Esclama con una risata condivisa dall'altra, che ricambia la sua stretta arrossendo leggermente.

Forse.” Risponde, indicando con un cenno del capo la borsa a tracolla. John annuisce e lascia andare le sue mani.

Il ragazzo si appoggia sul bancone e fa cadere lo sguardo sulle sue unghie, colorate di un brillante azzurro, con un tenero sorriso.

Bello il colore. Mi piace.” Commenta mentre Sherlock le immerge nelle tasche del cappotto e si stringe nelle spalle, sussurrando un timido grazie. Rimangono in silenzio qualche istante, Sherlock che fissa il pavimento cercando di non far andare il proprio volto in fiamme, John che lascia correre lo sguardo sui lineamenti del suo viso, prima che lei parli di nuovo.

Prendo un cappuccino ed un croissant al cioccolato.” Gli dice, dirigendosi poi verso un posto libero accanto alla vetrina ma nascosto in modo che lei possa guardare fuori senza essere vista.

Si toglie il cappotto, appoggiandolo sullo schienale della poltroncina e sedendosi. Si aggiusta le pieghe dei pantaloni bianchi, in contrasto con il colore rosso scuro del tessuto della poltrona, ed incrocia le lunghe gambe. Non si trattiene dall'alzare lo sguardo e cercare John, girato di spalle mentre sta preparando il caffè. Quel giorno indossa una polo blu scuro che sembra voler accarezzare le sue spalle larghe ed i suoi fianchi stretti, facendo risaltare i muscoli da giocatore di rugby che si celano sotto il tessuto. Lascia che gli occhi scorrano sulla sua figura rassicurante, alienandola dal resto degli studenti e clienti nella caffetteria, senza accorgersi che John si sta dirigendo verso di lei con un sorrisetto sulle labbra sottili.

Sgrana gli occhi e sussulta leggermente quando posa la tazza fumante e un piatto con un croissant ricoperto di zucchero a velo e con delle suggestive strisce di sciroppo di frutti rossi che compongono una decorazione delicata ed invitante. Sherlock rialza lo sguardo verso John e gli rivolge un sorriso, lasciando che il calore insito nel suo sguardo la riscaldi.

Ecco qua. Per viziarti un po'.” Le dice, pulendosi le mani nel grembiule.

Grazie, John.” Risponde, afferrando la tazza e bevendone un lungo sorso. La posa sul tavolo e nota che il ragazzo è ancora in piedi accanto a lei, come se stesse aspettando qualcosa. Si stringe nelle spalle ed arrossisce leggermente, sbattendo le lunghe ciglia.

Hai bisogno di qualcosa?” Gli domanda, invertendo i loro ruoli. John sembra tornare alla realtà e scuote la testa con una risata imbarazzata.

Scusami, mi sono distratto.” Replica, grattandosi la nuca con una mano, prima di trotterellare verso il bancone.

Sherlock si lascia andare ad una risata e dà un morso al croissant, una goccia di sciroppo che le cade al lato delle labbra carnose. La pulisce distrattamente con il pollice, succhiando la sostanza dolciastra ed appiccicosa dal polpastrello. Quando rialza lo sguardo, non si sorprende di trovare John che la osserva dal bancone con un sorrisetto. Arrossisce ed abbassa gli occhi, posandoli sullo smalto che il ragazzo ha complimentato, sorprendendola ancora una volta. Si trova a sorridere tra sé e sé e si appoggia meglio contro la poltrona, sorseggiando il suo cappuccino con gusto.

Volta il capo verso la vetrina e lascia che il sole le baci il viso, illuminando la sua pelle quasi trasparente. Abbassa le palpebre per non venire abbagliata ed emette un lungo sospiro. Può permettersi di abbassare la guardia, ora. E' con John, ora.

Sussulta quando sente un rumore improvviso alla sua destra e sgrana gli occhi, sull'atto di alzarsi, raccogliere in fretta le sue cose e precipitarsi fuori dal locale. Sente come se un peso venga sollevato dal suo petto e si lascia sprofondare nella poltrona quando mette a fuoco John accanto a lei.

Ciao.” La saluta John, posando la propria tazza di caffè sul tavolino in mezzo a loro.

Ciao.” Risponde imbarazzata Sherlock, osservandolo confusa ma felice. Si osservano qualche secondo, sorseggiando le rispettive bevande e riprendendo quel gioco di sguardi malizioso e scherzoso.

Ciao.” Ripete John, facendola ridere e ridendo a sua volta. Sherlock si sistema meglio nella poltrona, voltandosi nella sua direzione per dedicargli la sua piena attenzione. John sembra addolcire l'espressione e posa la tazza sul proprio ginocchio, tenendola in equilibrio.

Sei scomparsa, pensavo non saresti più venuta. Non è una cosa che gli amici fanno.” La rimprovera scherzosamente, rivolgendosi a lei con tono falsamente severo. Sherlock ridacchia e si copre il viso con una mano, cercando di nascondere il leggero rossore sulle sue guance prima di rispondere.

Perdonami. E' che, sai, Moriarty-”

Non può più venire qui.” La interrompe, facendole sgranare gli occhi. John legge la sua espressione e combatte contro il desiderio di allungarsi e prenderle la mano per stringerla tra le proprie. “Dopo che te ne sei andata, anche altri clienti si sono lamentati del suo comportamento, quindi non può più varcare la soglia di quella porta.”

Sherlock lo osserva con le labbra socchiuse, il cuore che martella furiosamente nel suo petto come se volesse esplodere. Si sente come se quella caffetteria sia diventata il luogo in cui chiedere asilo. Non riesce nemmeno a spiccicare una parola.

Sussulta nuovamente quando sente la mano di John posarsi sul suo ginocchio, lasciato scoperto dalla gonna, per stringerlo delicatamente e riportarla sulla Terra con lei.

Ehi, tutto bene?” John le chiede con un filo di voce e Sherlock può notare un leggero velo di preoccupazione nei suoi occhi di un blu così profondo che potrebbero risucchiarla e farla annegare.

Sherlock annuisce ed allarga le labbra in un sorriso titubante, esalando un respiro di sollievo.

Quindi puoi venire quando vuoi, sei al sicuro qui.” La rassicura, accarezzandole l'interno del ginocchio con il pollice, quasi non accorgendosi dell'effetto che ha su di lei, che si sta velocemente sciogliendo. Sherlock annuisce nuovamente e copre la mano di John con la sua, stringendola forte.

Grazie.” Sussurra, passando il pollice su ogni nocca di John, studiando ogni piccola imperfezione della sua pelle come se fosse una mappa che la guida verso un tesoro prezioso. Il ragazzo addolcisce la sua espressione e volta la mano, stringendo le dita nelle sue, prima di portarla alle proprie labbra per depositarvi un bacio timido. A Sherlock muore il fiato in gola a quel semplice quanto nuovo gesto, sentendo la sua pelle bruciare dove John ha posato la bocca, come se le avesse appena tatuato la forma delle sue labbra sul dorso della mano.

Sei tutta rossa.” Commenta John con una risata divertita, riportandola alla realtà. Sherlock sgrana gli occhi ed arrossisce ancora di più, distogliendo lo sguardo. Il ragazzo deposita un altro bacio con un'espressione divertita, per poi lanciare un'occhiata all'orologio sulla parete dietro di Sherlock e sgranare gli occhi. “Cazzo!” Esclama, lasciando andare la mano dell'altra e scattando in piedi. Si aggiusta il grembiule e si china a posare un veloce bacio sulla guancia di Sherlock prima di tornare dietro al bancone.

Quest'ultima rimane a fissare davanti a sé per qualche secondo, gli occhi sgranati ed il volto in fiamme, prima di lasciare i soldi sul tavolo – con una lauta mancia – e precipitarsi fuori per evitare che il suo cuore le scoppi nel petto.



Sherlock vorrebbe darsi uno schiaffo. Anzi, più di uno.

La ragione? Quel giorno doveva dare il proprio numero di telefono a John e l'unica cosa che ha ottenuto è la realizzazione di avere una cotta terribile e dilaniante per il ragazzo.



Sherlock grugnisce gutturalmente e si volta dall'altro lato, circondando il suo corpo con le braccia. Affonda il viso nel cuscino, mordendo il tessuto morbido per trattenersi dall'urlare contro se stessa e contro il proprio corpo.

E' sbagliata. In ogni senso. Chi vuole continuare a prendere in giro? Non sarà mai la persona che vuole. Si deve rassegnare ad essere quello che è: un essere incompleto ed infelice destinato alla solitudine ed all'incomprensione. Non può permettersi di illudersi, non in quel modo, credendo che qualcuno così dolorosamente normale come John possa essere interessato a lei in quel modo. John sta solo fingendo, agisce per pena, perché qualcuno deve pur farlo, ma non poteva essere qualcun altro? Doveva però per forza essere quel John, dal sorriso affettuoso, dallo sguardo dolce, dal tono rassicurante e dalle mani calde?

Lascia che calde e pesanti lacrime le scorrano lungo le guance, andando a cadere sul cuscino ed aggiungendosi alle compagne, inzuppando così il cuscino. Serra gli occhi e si prepara a passare la notte in quella condizione, per poi indossare la sua solita maschera di convenienza il mattino seguente.



Sherlock ci è ricascata. Alla fine, ci è ricascata e la colpa è solo sua. Non riusciva a pensare ad altro, un'immagine sempre fissa nella sua testa che non le permetteva di distrarsi nemmeno un secondo.

Si porta una mano al volto, accarezzando una particolare porzione di pelle pallida che acquista maggior colore a quel semplice e distratto gesto mentre appoggia la mano aperta sulla porta di vetro di una famigliare caffetteria. Varca la soglia e il profumo di brioche appena tirate fuori dal forno la investe in pieno, provocando un sorriso spontaneo sulle labbra delicatamente colorate di cremisi. Non vuole ammettere a se stessa che la prima azione che svolge una volta entrata sia cercare una certa massa di capelli biondo cenere ed un sorriso rassicurante.

Inutilmente, però. Sembra non esserci traccia di John nella caffetteria.

Rilascia un sospiro sconfitta e si volta per uscire, quando sente una porta aprirsi alle spalle. Lancia un'occhiata oltre la propria spalle con un sorriso speranzoso sul volto, che tuttavia svanisce quando non trova la persona sperata. Deglutisce a fatica ed apre la porta del locale per uscire.

Non ha tempo di fare un passo che si ritrova faccia a faccia con John. Esala un respiro che non sapeva di stare trattenendo e sente chiaramente un peso sollevarsi dal suo cuore. Quello che non si aspetta però è di trovare John con un occhio nero e gonfio e un taglio sullo zigomo.

Sherlock! Stavo giusto-”

Si interrompe quando Sherlock si avvicina e prende delicatamente il suo volto con entrambe le mani, escludendolo dal resto del mondo con quel semplice gesto. Posa con quanta più gentilezza i pollici sui suoi zigomi, coprendo il taglio con il polpastrello.

John...”

Sussurra con un debole filo di voce, gli occhi glaciali fissi sul volto tumefatto dell'altro, che non riesce a nascondere un sorriso esitante. Quest'ultimo solleva le proprie mani fino a chiuderle intorno ai polsi di Sherlock, che sussulta, presa alla sprovvista.

Sto bene. Davvero.” Replica John con sicurezza ed un cenno del capo.

Sherlock rimane a fissare il suo viso con uno sguardo preoccupato, quasi trattenendo il fiato mentre John arriva a coprire le sue mani con le proprie, intrecciando le loro dita timidamente. Le porta nuovamente alle proprie labbra e ne bacia il dorso, rivolgendole un sorriso dolce. Accarezza la pelle sorprendentemente morbida e socchiude gli occhi, sussultando leggermente quando deve chiudere la palpebra dell'occhio ferito.

Vieni da me.” Sherlock propone improvvisamente, senza aver nemmeno pensato alle sue parole prima che uscissero dalla sua bocca. John solleva lo sguardo e lo fissa con un velo di confusione in quegli grandi occhi blu.

Cosa-”

Vieni da me. Ti... Ti pulisco le ferite.” Sherlock insiste, stringendo le mani di John tra le sue. Il ragazzo sbatte le ciglia e si schiarisce la gola, arrossendo delicatamente sulle guance, prima di annuire. Sherlock lascia un debole sorriso curvarle le labbra e si sporge in avanti per depositare un timido bacio sulla guancia di John.



Sherlock tiene la porta aperta per John, permettendogli di entrare per primo, e la chiude dentro di sé con un piede. Lo aiuta a spogliarsi della giacca e la poggia con cura sul divano, prima di gettarvi il suo cappotto senza cura. Si dirige verso il bagno per poi tornare con il kit di pronto soccorso e un asciugamano umido, posandoli sul tavolino da caffè.

Mi piace come hai decorato.” John commenta, guardandosi intorno e lasciando scorrere lo sguardo sul disordine che costituisce l'arredamento del suo appartamento. Questa arrossisce leggermente e lascia che un accenno di sorriso compaia sulle sue labbra, prima di annuire e fargli cenno di sedersi sul divano.

John esegue il tacito ordine e la osserva mentre si inginocchia in mezzo alle sue gambe, cercando di convincere il suo cuore a smettere di battere così furiosamente. Sherlock cerca di non pensare alla posizione in cui si trovano ed afferra l'asciugamano.

Dimmi quando ti brucia o ti fa male.” Gli dice in un sussurro titubante. John addolcisce l'espressione prima di risponderle.

So che non mi farai male.”

Sherlock arrossisce violentemente e deglutisce a fatica, scuotendo leggermente la testa. Strofina delicatamente il panno umido sul suo zigomo, pulendolo dal sangue ormai rappreso con quanta più delicatezza possiede. Una volta pulita la ferita, vi applica un piccolo cerotto, approfittandone per accarezzare di sfuggita la sua guancia. Si dedica quindi al suo occhio gonfio, sul quale preme un sacchetto di ghiaccio istantaneo avvolto in un altro asciugamano.

Ora posso avere un dolcetto, infermiera?” La voce di John la riporta alla realtà, accorgendosi di quanto si sia avvicinata al suo volto. Ridacchia per spezzare la tensione creatasi tra di loro ed annuisce, cercando di ricordarsi dove ha messo dei dolcetti che la sua padrona di casa gli aveva portato il giorno prima.

Fa per alzarsi, ma viene bloccata da una mano che si chiude intorno al suo polso. Abbassa lo sguardo ed incrocia gli occhi blu profondo di John, che la fissa con un'espressione maliziosa ed al tempo stesso dolce. Si inginocchia nuovamente davanti a lui e posa le mani sulle sue gambe, il cuore che sembra voler esplodere. John abbassa il sacchetto del ghiaccio, ma Sherlock lo ferma, premendolo nuovamente sul suo occhio gonfio. Il ragazzo ridacchia al gesto, sentendosi rimproverato.

Mi scusi, infermiera.” Sussurra, inclinando il capo e prendendo il volto di Sherlock con entrambe le mani, facendo scorrere i pollici sugli zigomi taglienti.

L'altra trattiene il fiato e stringe le sue gambe, sgranando gli occhi.

Sei bella.” John aggiunge in un bisbiglio, osservandola come se fosse in trance, come se fosse stato ammaliato dal canto di una sirena. Sherlock arrossisce ancora di più, reggendo il ghiaccio contro il suo occhio, nonostante voglia premerlo sulle proprie guance per evitare che prendano fuoco.

Bellissima.” Ripete, sospirando.

Sherlock si acciglia ed abbassa lo sguardo, coprendo una delle mani di John con la sua. Intreccia le loro dita e sospira a sua volta. Non vuole contraddire John, sebbene il desiderio di correggerlo sia quasi più forte di lei. Abbassa le palpebre per combattere le lacrime che minacciano di far capolino e per isolarsi, per porre quel muro di freddezza che la separa dal resto del mondo.

Quello che non si sarebbe mai aspettata, però, è di sentire un paio di labbra, calde e deliziosamente morbide, sulla sua tempia, sulle sue palpebre chiuse, sui suoi zigomi, sul naso, sull'angolo della bocca. Non osa muoversi, preferisce restare congelata in quella posizione piuttosto che riaprire gli occhi e trovarsi faccia a faccia con John.

Sherlock...”

Al suono della sua voce si chiude ancora di più, chinando il capo e premendo il mento contro il petto. Lascia andare il sacchetto di ghiaccio, che cade con un rumore sordo sul pavimento, facendola sussultare.

Sherlock, guardami.”

Sherlock scuote la testa e serra le labbra con forza, facendo per alzarsi. John la blocca nuovamente, questa volta con maggiore forza, e la fa sbilanciare in avanti fino a farla cadere sulle proprie gambe.

J-John!” Esclama, divincolandosi per alzarsi, inutilmente.

Il ragazzo la afferra per i polsi, per poi premere le labbra sulle sue. La mente di Sherlock si congela per qualche secondo, svuotandosi completamente di ogni pensiero coerente. La sensazione delle labbra di John sulle sue è nuova, dolce, desiderata, come una droga. Non vorrebbe mai farne a meno, non vorrebbe mai mancarne. Ma lei non lo merita. Lei non è degna.

Lo spinge via con uno spintone, balzando in piedi e ponendo distanza tra loro due. Sebbene il contatto sia durato solo pochi secondi, si ritrova con il fiato corto a causa del travolgente tsunami di emozioni che l'ha sconvolta.

Sherlock...” Sussurra John, allungando una mano e posandola sul braccio di Sherlock, che si scosta.

Questa si volta e si prende il volto tra le mani, non riuscendo più a trattenere le lacrime a quel punto. Singhiozza silenziosamente mentre il suo corpo è scosso da violenti tremiti. Si sente come se fosse stata pugnalata alle spalle per l'ennesima volta, come se quel bacio fosse un'altra cicatrice da aggiungere alla sua ampia collezione.

Pensava di potersi fidare di John, pensava di poter abbassare la guardia con lui, ma ora la sua mente non riesce a far altro che urlarle “Stupida!”.

Sherlock, calmati. Va tutto bene.” Prova a consolarla John con quel tono di voce così dolce che Sherlock fatica a mantenere il controllo di sé ed a non gettarsi nelle sue braccia.

No! Non va tutto bene! Smettila di comportarti come se andasse tutto bene e fossi una persona normale!” Sbotta con rabbia, scrollandosi di dosso la mano che John ha posato sulla sua spalla per farla voltare verso di sé.

Perché non dovrei?”

Perché... Perché non va bene!” Esclama, serrando le palpebre e non notando in questo modo John che si è di nuovo fatto vicino a lei.

Se ti dicessi che va bene? Che non sei sola in tutto questo?” Sussurra con calma, tentando di non scatenare qualche violenta reazione in lei. Sherlock rimane ferma, serrando i pugni ai suoi fianchi. “Non sei un disgustoso scherzo della natura come crede Moriarty e qualsiasi idiota che gli dà ascolto. Forse anche tu ci credi, ma permettimi di dirti che nonostante la tua spiccata intelligenza ti dimostri una stupida a dargli retta. Perché tu non sei uno scherzo della natura e non sei disgustosa.” Sherlock sgrana gli occhi a quelle parole, che la colpiscono al centro del petto come una pugnalata, mentre John posa con delicatezza le mani sui suoi fianchi sottili, approfittando della sua incertezza per avvicinarsi. “Da quando ti ho incontrata, non ho potuto fare a meno di pensare quanto tu sia bella. Non importa quali parti del corpo tu possieda o no, tu per me sei bella perché non sai di esserlo, Sherlock.” Conclude, premendo le labbra contro il suo collo per depositarvi un timido bacio ed accarezzando lentamente i suoi fianchi con i pollici.

Sherlock è ancora congelata sul posto mentre un brivido le scende lungo la schiena partendo dal punto su cui John ha posato le labbra. E' consapevole che è pericoloso credere a quelle parole così gentili e totalmente nuove alle sue orecchie, ma vuole credergli, vuole concedersi di fidarsi almeno di una persona e vuole che quella persona sia John.

Rilascia un lungo sospiro che non sapeva di star trattenendo e copre le mani di John con le sue, intrecciando le loro dita. John interpreta – giustamente – quel gesto come un tacito permesso di avvolgere le braccia intorno ai suoi fianchi, poggiando il mento sulla sua spalle con qualche difficoltà a causa della differenza di altezza tra i due. Rimangono in silenzio per lunghi minuti in cui l'unico suono è quello dei loro respiri e dei loro cuori, che sembrano voler battere all'unisono.

Stai meglio?” Domanda John, non osando muoversi.

Sherlock annuisce impercettibilmente e volta di poco il capo per poterlo osservare dall'alto verso il basso con un sorriso titubante sulle labbra.

Bene. Allora, se ti va, resto ancora un po'.”

Sherlock allarga il sorriso e posa la fronte contro la sua tempia, chiudendo gli occhi.













* Hatchards, dal 1797

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: MelaChan