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Autore: Shinji    08/03/2009    8 recensioni
Kanon dormiva. E sognava.
Sognava distese senza fine. Lontane e vicine.
Blu.
E profonde.
Kanon, quando sognava, sognava il mare.
(Come un'onda che impazzisce e schiuma su uno scoglio
Tu mi sommergerai.)
Genere: Malinconico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E dormiamo sonni

{O n d e}

 

 

 

E dormiamo sonni

Pieni di timorosi agguati
Fragili come la superficie del mare
Come un gigante nudo che

Usa il vento per farsi

Accarezzare

 

 

Kanon dormiva. E sognava.

Sognava distese senza fine. Lontane e vicine.

Blu.

E profonde.

 

Kanon, quando sognava, sognava il mare.

 

Erano mesi che sognava il mare; non riusciva a capire perché: era sempre stato lì, vicino a lui, eppure da qualche tempo iniziava a sussurrargli strane cose.

 

Parole grandi e paurose. Tremende.

Parole di un gigante che usa il vento per farsi accarezzare.

 

Kanon non le capiva, all’inizio; poi aveva sentito la voce dell’invidia, dentro di sé. L’aveva sentita guardando suo fratello, grande, bello e perfetto, e il suo migliore amico altrettanto bello, e grande, e perfetto.

Sole e cielo che si mescolavano, ecco cos’erano Saga e Aiolos.

Kanon era un’onda, che correva e passava sotto la superficie dell’esistenza.

Blu.

E profonda.

 

“Saint di Gemini” dicevano. “Uno di voi due sarà il Santo d’Oro dei Gemelli, di Castore e Polluce avrete la forza. Possiederete le vestigia di chi sa infrangere le galassie.

 

Uno di voi. L’altro, dimenticato.

Nel buio.

Profondo.

 

E quando il buio arriva e scioglie i nostri lacci
Tu diventi un'onda che le mie braccia non possono afferrare

E come d'incanto sei arrivata con i tuoi sonagli
Riprendi i tuoi vestiti
Ed esci

Dai miei sogni

 

 

Kanon, dentro di sé, sapeva già che sarebbe stato dimenticato nelle ombre. Lo sentiva.

Il mare glielo sussurrava, spaventoso e suadente. Come un gigante.

Non voleva rimanere nel buio di un singhiozzo soffocato. Voleva correre e vivere e trionfare: le sue braccia frantumavano le stelle quanto quelle di Saga, giusto? Perché avrebbe dovuto rinunciarvi?

 

“Non devi.” sussurrava il mare.

“Non devi rinunciare.”

 

E tesseva il suo incantesimo, il mare incantatore come una strega adorna di sonagli.

Tesseva e cantava e sussurrava, e Kanon gli apparteneva. Era già suo.

 

Kanon amava suo fratello; lo amava solo come un egocentrico può amare una parte di sé. Lo amava come la sua metà –due, opposti e uguali, simmetrici e complementari. Questo erano, e questo dovevano restare.

Forse provava più odio per le stelle che li volevano separare, che invidia verso il fratello prescelto.

Odio e invidia gli minavano l’animo, gli oscuravano gli occhi chiari.

Scuri erano i suoi pensieri, nell’oscurità di un manto tessuto dalla strega del mare.

 

“Non devi rinunciare.”

 

 

Erano passati mesi, e Kanon continuava a sognare il mare. Non ne aveva mai parlato con nessuno, ché quei sogni sono da tenere nelle pieghe dell’animo, non sono da rivelare.

Saga, qualche tempo prima, se ne sarebbe accorto, di un segreto del genere.

Ora non più.

Era troppo preso dal sorriso di sole di un suo compagno d’addestramento.

(Occhi troppo verdi, per le onde di Kanon.

Occhi mai abbastanza verdi, per il cielo di Saga.)

 

Il giovane soffriva, messo da parte.

Ignorato da tutti, tranne che dal mare.

Blu.

E profondo.

 

È già sera
E non posso più nascondermi
Come un'onda che impazzisce e schiuma su uno scoglio
Tu mi sommergerai.
E noi qui ad illuderci di sedurre il tempo ma
come un'onda che impazzisce e schiuma su uno scoglio
Tu ti dileguerai.

 

 

 

 

Kanon dei Gemelli sapeva che prima o poi la consapevolezza l’avrebbe travolto. Tirava le redini del tempo, cercando di trattenerlo; ma scivolava via tra le dita, come acqua di mare, rendendo più brucianti le ferite, più assetate le gole.

 

 

“Il tempo è quasi giunto, fratello. Presto verrà scelto il possessore dell’armatura d’oro. Sei pronto?”

 

 

Sì, sì, sono pronto fratello mio, mio tutto, fratello mio che possiedi ogni libbra di me tranne quel sogno di mare che ho tenuto nascosto al mondo. Sì, sono pronto fratello mio. Sono pronto a perdere.

E ad essere del tutto dimenticato.

E svanirai, fratello mio, nella luce delle galassie che si infrangono; sei troppo cielo per le mie onde.

 

 

Poi un pensiero lo colpì. Un giorno qualunque, ad una qualunque ora del giorno.
Il frinire delle cicale, il soffio del vento -il rumore del mare. In lontananza.

Tutto questo sentì, insieme alla voce di un pensiero.

 

E se potessi avere entrambe le cose?

E se potessi avere di più?

 

 

Il mare gridò di gioia, perché l’aveva piegato, l’aveva piegato finalmente, ancora un poco e sarebbe arrivato da lui, bastava attendere. Era suo. Era suo. Era suo.

 

 

....e m'incanto a guardare la mia carne che tu sai tessere,

sai disfare.

 

E così glielo chiese, al fratello. Con occhi troppo velati di buio per essere veri.

Scuri.

E profondi.

 

Occhi contaminati da un amore corrotto. Ma, gloriosa Athena, se era amore.

Solo che nessuno lo vide.

 

Saga del cielo si indignò. Saga del cielo lo accusò di infamia, di eresia, di malvagità.

Malvagio, lui?

 

Solo perché voleva la felicità? È quello che tutti cercano.

Era ambizioso, e quindi?

Voleva il cielo di Saga e le stelle dell’armatura.

Voleva oro e gemme, voleva il potere.

Gliel’aveva fatto capire il mare, che cosa desiderava: cosa c’era di male nel condividerlo con l’altra metà di sé?


Era considerato sbagliato dai più? Poco importava. C’era lui, c’era il fratello, chi erano gli altri in confronto?

(Gocce.

Nel mare.)

 

Ma il gemello predestinato non capiva: i suoi occhi erano troppo chiari per vedere la tela di acqua salmastra che il fratello aveva tessuto con il suo cuore.

Trama dura da lavorare, tessuto bagnato dalle onde.

Tessuto dal colore scuro.

E profondo.

 

Perché non capiva? Perché? Era sicuro di aver visto la sua stessa luce opaca, nel viso di Saga. Lo sapeva, ché lui non aveva mai smesso di guardarlo, il fratello, mai, e sapeva riconoscerlo ancora.

Perché allora Saga non ascoltava la voce del mare?

Kanon non riusciva a capacitarsene.

 

Allora, fu proprio il mare a suggerirgli nuovamente cosa fare, sussurrando come una strega piena di sonagli. Come un gigante, che si fa accarezzare dal vento.

 

“Allora, prenditi tutto. Non vuole condividere il cielo e la terra con te? Meglio, ne avrai di più. Sarà tutto tuo. Tutto per te.”

 

E Kanon pensò che il mare avesse ragione; provò a prenderselo, il potere.

 

E fu lotta tra i due che dovevano essere uniti. Fu scontro e perdita.

 

Fu essere trascinati
(luci di Cosmo e armatura perduta)
lungo una scarpata, buttato tra acqua amara e scogli.
Fu essere chiuso in una prigione e ora il mare era lì, ce l’aveva tutto intorno e non sussurrava più, ora urlava, e urlava di trionfo
(perché finalmente sei qui, sei mio, ora sarai mio per sempre)
e Saga se ne andava dandogli le spalle e Kanon non capiva i suoi occhi di cielo, e pieno di rabbia lo malediceva, maledetto, mille volte maledetto sarai, mille volte quello che mi stai facendo passare proverai, tu, maledetto uomo delle stelle, tu sentirai la voce di colui che è più profondo anche del mare!

 

 

Vai giù! Nell'abisso!
Poi su! E capisco che tra un respiro e l'altro esiste il luogo dell'assenza

tra un respiro e l'altro esiste il luogo dell'assenza
Vai giù! Nell'abisso!
Poi su! E capisco che tra un respiro e l'altro esiste il luogo dell'assenza

tra un respiro e l'altro esiste il luogo dell'assenza!

 

 

 

E così Kanon si perse.

Si perse nella voce del mare, che rimbombava nel suo cuore, come un insetto si agita all’interno di un barattolo.

 

Kanon dei Gemelli si perse, attendendo con rabbia amara, come l’acqua salmastra, la rivincita che avrebbe portato pace ai suoi sogni.

Blu.

E profondi.

 

“Chi sei tu?”

 

Chiese una voce profonda come il mare.

 

Il ragazzo rispose:

 

“Sono Sea Dragon.”

 

 

È già sera
E non posso più nascondermi
Come un'onda che impazzisce e schiuma su uno scoglio
Tu mi sommergerai.
E noi qui ad illuderci di sedurre il tempo ma
come un'onda che impazzisce e schiuma su uno scoglio
Tu ti dileguerai.

Tu ti dileguerai.

 

 

 

Linea 77 – Penelope


 

 

…Diamine, che botta.

Davvero gente, questa mi ha preso a schiaffi sul viso, mentre la scrivevo. Alle ore piccole, tra l’altro, quindi con tutte le difese abbassate.

Spero che abbia schiaffeggiato un po’ anche voi. *luv*

 

 

 

Ringrazio i commentatori dell’ultimo capitolo di Elementalia

 

whitesary: E siamo finalmente arrivati in fondo ^^ Beh, sì, i fan hanno un rapporto curioso con Aiolos, di solito. C’è chi lo ama visceralmente e chi lo odia. Io appartengo alla prima categoria: insomma, guarda quanto BRILLA! ;O; sono felicissimo che tu abbia apprezzato il frutto delle mie fatiche! Ti aspetto con ansia anche qua, eh? *O* come fai a resistere a questo sguardo? *O*
Un bacione!

Eden89: Grazie mille, carissimo! *un altro maschietto yay!* certo che ne hai avuto di coraggio! *C* onore al tuo Cosmo. Alla prossima fic!

avalanche: No, dai, Marziale è un tipo tollerante. *O*; ti ringrazio immensamente, se sono riuscito a rendere l’idea da te descritta sono felicissimo çOç Chiedo scusa, ma non ho ben capito cosa intendevi riguardo la drabble di Dohko *_*;;; me la sono riletta ottocentoquaranta volte, ma non colgo, sono troppo stupidoh. Se vuoi, nel caso, ne possiamo discutere *_*

 

 


e anche quelli di Continuum:

 

LeFleurDuMal: Silenzio, Scorpio. Tu non hai il diritto di lamentarti. *dark glow* …no, davvero, grazie. çOOOç mi onori tantissimo con la tua recensione. Sai quante remore avevo, non volevo pubblicare quella raccolta, ma mi hai dato grandi soddisfazioni. çOç Chu!

 
puciu: Emicrania è data da una *vera* emicrania, tra l’altro. Di quelle brutte, in cui sembra che il cranio ti stia per aprirsi in due. Sono contento che ti siano piaciute le mie poesie *luv* a presto!

shiinait: Dolce shii! çOç ho capito a che poesie ti riferisci. La mia risposta sarebbe . Nel senso che sì, richiamano ad una forma –d’altronde credo che le mie poesie siano più che altro “visive”- però nello stesso tempo più che voler descrivere una precisa immagine gli “stacchi” siano più una messa in luce della caduta -del ritmo- di un concetto. Non so se mi sono spiegato, anche perché sinceramente spiegare le mie poesie è la cosa più difficile del mondo, per me. Comunque sia, ti ringrazio immensamente per il tuo commento. :* un bacione!

 

 

   
 
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