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Autore: sfiorarsi    24/12/2015    3 recensioni
[Post Mockingjay - Spoiler! - 1269 parole]
«Buon Natale, soldato Hawthorne» mormorai. Capii in quell’istante che avevo bisogno anche del fuoco di Gale, per alimentare il mio, che necessitavo della sua presenza nella mia vita, per essere felice. Gale era parte di me, ed io ero parte di lui. E così doveva essere.
«Buon Natale, soldato Everdeen».
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa storia è stata scritta e ideata senza alcuno scopo di lucro. I personaggi non sono di mia invenzione, ma appartengono a Suzanne Collins, autrice della trilogia di Hunger Games, e a tutto ciò che ne consegue.


Merry Christmas, soldier Everdeen.
 
Appesi l’ennesima pallina su un ramo dell’albero di Natale, mentre mia figlia scalpitava sulla poltrona.
«Mamma, hai quasi finito?» domandò con una vocina stridula e impaziente.
«Forza, piccola, passamene un’altra» le dissi, indicando lo scatolone ai suoi piedi. Le sue manine cercarono fra quegli oggetti alla rinfusa, pescando una pallina dorata.
«Vuoi appenderla tu?» le chiese Peeta, afferrandola per i fianchi e prendendola in braccio, avvicinandosi all’albero per permetterle di arrivare ai rami.
Sorrisi a quella scena. Primrose, così avevamo deciso di chiamarla, in memoria della mia paperella.
«Zio Gale quando arriva?» s’informò lei, sfiorandomi una spalla. Mi voltai verso Prim, mentre il fuoco nel camino illuminava il suo piccolo viso, nonché quello di Peeta. Già da neonata si poteva notare la somiglianza impeccabile.
“Possa la genetica essere sempre a vostro favore” avevo ribattuto ironicamente, non appena il mio ragazzo del pane l’aveva presa in braccio per la prima volta, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
«Sarà qui fra poco, Prim» mormorai, sfiorandole la guancia morbida e vellutata. Peeta la rimise a terra, e lei si fiondò alla finestra, per osservare la neve che cadeva.
Nonostante fosse una mattinata non troppo rigida, i fiocchi bianchi non accennavano a diminuire.
«Si direbbe che abbia perso ogni interesse per l’albero. Succede così ogni volta che Gale viene a trovarci» sussurrò Peeta nel mio orecchio, circondandomi i fianchi con le braccia e depositandomi un lieve bacio sul collo.
«Mamma, papà, è arrivato zio Gale!» urlò, prima di fiondarsi alla porta e correndo incontro a quella figura massiccia.
«Ciao piccola peste!» la salutò lui, entrando in casa dopo aver tentato di togliersi la neve di dosso, invano. Prim gli depositò un bacio sulla guancia, e senza perdere tempo lo prese per mano e lo tirò verso l’albero, incitandolo ad aiutarla.
Prima di dedicarsi completamente alla piccola, Gale strinse la mano a Peeta, dandogli una pacca sulla spalla, e abbracciandomi forte.
«Ciao, Catnip» mi sussurrò, e sentii il suo sorriso espandersi da sopra il mio maglione.
Dopo essersi tolto gli scarponi e aver indossato degli infantili e ridicoli calzini a muso di renna, si concentrò sul completamento del nostro albero di Natale, che di lì a poco avrebbe assunto un’aria più allegra e colorata.
Mi diressi in cucina, controllando lo stufato e recuperando la tovaglia dal cassetto, con l’intenzione di preparare la tavola.  Bussarono alla porta, ma Peeta si fiondò verso di essa con un flebile «vado io».
La voce di Haymitch mi giunse familiare, ma non riuscii a cogliere a pieno le sue parole. Riempiendo la caraffa sentii la voce squillante di Effie provenire dalla sala.
«Oh, Gale» chiamò l’ex capitolina, abbracciando il mio migliore amico. Ripeté la scena con me e Peeta, e scompigliò i capelli a Prim, che la guardò fingendosi offesa.
«Ti ho portato una sorpresa, dolcezza» disse il mio mentore, stringendomi senza incontrare alcuna resistenza. Nonostante gli anni, non aveva perso l’abitudine di affibbiarmi quei nomignoli idioti e privi di senso.
Nell’ora che seguì, Effie mi aiutò a ultimare i preparativi, mentre Prim e Gale parlottavano fra di loro davanti al camino, ridacchiando di tanto in tanto.
Ci raggiunsero anche mia madre, Johanna ed Annie, insieme a “Odair junior”, che assomigliava sempre di più al padre. Stessi occhi blu, stessi capelli dorati, stesso sorriso splendente. Ma, alla fine, non era Finnick.
«Direi che lo stufato è pronto» esordii, portando la grossa pentola in sala. Tutti si sedettero a tavola, mentre Prim rimproverava Effie affermando che “Gale è il mio fidanzato, tu siediti vicino a Haymitch” e scatenando l’ilarità dei presenti. Effie si finse indignata, e al contempo la piccola si sedette fiera in braccio a Gale, nonostante ci fosse una sedia libera al suo fianco.
Peeta recuperò dal forno alcuni filoni di pane, fra cui uno preparato come i piccoli panini del Distretto 4, che posizionò fra Annie e Odair junior.
Colmai il piatto di ognuno dei presenti, che attesero me prima di iniziare. Dissi mentalmente grazie a Finnick, a mia sorella, a Tresh, a Rue e a tutte le persone che se ne erano andate. “Non è stata una morte vana”, mi consolai.
«Intendi rimanere qui al 12, Effie?» domandò Peeta, mentre addentava un pezzo di carne, facendosi colare una goccia di brodo sul mento, che si pulì in fretta.
«La mia intenzione era quella» rispose, lanciando uno sguardo colmo d’amore in direzione di Haymitch, che le afferrò la mano. Udii Gale e Prim ridacchiare, sentendo la parola “sdolcinati” pronunciata dalla mia piccola. Alzai gli occhi al cielo, ormai senza speranza.
«E tu, Johanna?» chiesi io, tentando di iniziare una conversazione di cui i due non avrebbero potuto ridere.
«Direi che fare la vagabonda è il mio hobby preferito, Everdeen» rispose con un sorrisetto.
«E’ un ottimo stufato, Katniss, davvero. Perfetto, per la cena della vigilia di Natale» si complimentò Annie, masticando silenziosamente, accennando un sorriso.
 
***
 
La mezzanotte era ormai vicina, non mancava molto all’apertura dei regali. Annie e Odair junior se ne erano andati subito dopo aver terminato la cena, ma non prima di aver consegnato un regalo ad ognuno di noi.
Haymitch ed Effie si erano congedati senza tante cerimonie un paio d’ore dopo la cena perché, a detta di Haymitch, “avrebbero dovuto terminare prima dell’arrivo di Babbo Natale, altrimenti niente regali”.
Non fu difficile capire a cosa alludesse. Johanna stava insegnando a Prim come sapere quanti anni un albero poteva avere.
«Anche gli alberi hanno gli anni, zia Jo? Anche l’albero di Natale che papà ha comprato?» domandò lei, incuriosita.
«Sì, anche gli alberi hanno gli anni, ma quell’albero è finto, piccola» le rispose Johanna, ridacchiando.
«Allora mi ha detto una bugia» constatò mia figlia, incrociando le braccia.
Peeta riordinava i regali, ammucchiandoli per destinatario, mentre Gale aggiungeva nuova legna nel camino, facendo ravvivare la fiamma.
«Manca solamente un quarto d’ora, principessa» sussurrò Peeta nell’orecchio di Prim. Un minuto dopo era addormentata.
Allo scoccare di mezzanotte, ci facemmo gli auguri silenziosamente, sorridendo, mentre mi diressi in cucina, recuperando il regalo per Gale.
«Catnip» sentii alle mie spalle, mentre una mano delicata mi accarezzava i capelli, che ondeggiarono quando mi voltai verso di lui.
«Stai bene, Katniss?» mi domandò, corrugando la fronte e guardandomi con gli occhi grigi in cui io stessa mi specchiavo. Occhi da  Giacimento.
Annuii, porgendogli la grossa scatola rivestita di carta rossa. Mi guardò con disappunto, mormorando un flebile “non dovevi” e scuotendolo per capirne il contenuto.
Al suo interno vi era la giacca di mio padre. La stessa giacca che mi aveva accompagnata durante tutti quei periodi bui, la stessa giacca che, ogni giorno, era con me durante la caccia.
«Catnip…» cominciò a dire, ma io gli misi un dito sulle labbra, tentando di farlo tacere.
«Ho un’altra notizia, Gale…» mormorai guardandomi la pancia, che aveva solamente una piccola ed impercettibile sporgenza.
I suoi occhi si colorarono di mille emozioni diverse, e una gioia così rara nel suo volto fece capolino. L’annuncio della prima gravidanza era stato comunicato di fretta, e non ho potuto godermi la sua felicità. Ma ora era lì, davanti a me, con gli occhi colmi di lacrime, mentre le sue braccia mi stringevano forte.
Quando si staccò da me, feci cenno verso la sala, facendogli intuire che era giunto il momento di aprire i regali. Prese la giacca e la strinse fra le mani.
«Buon Natale, soldato Hawthorne» mormorai. Capii in quell’istante che avevo bisogno anche del fuoco di Gale, per alimentare il mio, che necessitavo della sua presenza nella mia vita, per essere felice. Gale era parte di me, ed io ero parte di lui. E così doveva essere.
«Buon Natale, soldato Everdeen».
 
 
 
Note d’autrice: ciao piccoli tributih! Spero stiate passando delle buone vacanze, e che vi stiate abbuffandoh di cibo e felicità. Questa one-shot natalizia mi è venuta in mente qualche giorno fa, in un momento di noia, e mi rendo conto di quanto sia totalmente no sense, ma non mi è venuto in mente niente di meglio.
Mi piacerebbe sapere che ne pensateh, nonostante sia un periodo di festa e posso comprendere gli impegni.
Buon Natale cuoricinih!
  
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