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Autore: keepsakeEFP    24/12/2015    5 recensioni
Emma è una ragazza di povere origini presa a servizio nella tenuta della nobile famiglia Jones. Killian è un nobile arruolato nella marina militare di sua maestà, ma quando farà ritorno troverà ad attenderlo molto più di quello che aveva lasciato. L'amore proibito tra la serva e il suo padrone dovrà farsi strada tra intrighi, tradimenti, congiure e pregiudizi sociali.
Liberamente ispirato alla serie Tv Elisa di Rivombrosa.
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Dal testo:
« Voi siete… » cominciò titubante, terrorizzata all’idea di essersi solamente illusa, ma il ragazzo l’anticipò.
« Conte Killian Jones. » disse con orgoglio inchinandosi di fronte a lei e lasciandola alquanto esterrefatta.
« Ai vostri ordini. » aggiunse guardandola in un modo così intenso da farle venire i brividi.
Killian le sfiorò le dita, sicuramente intenzionato a farle il baciamano, ma prima che potesse riuscirci la ragazza le aveva già allontanate per tirar su gli angoli della gonna e fare una piccola riverenza.
« Onorata. » affermò raggiante e con gli occhi luccicanti.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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>> Capitolo 10 <<

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Per una migliore resa del capitolo vi suggerisco di far partire la musica indicata quando compaiono gli asterischi rossi.
Quando li vedrete nuovamente vorrà dire che la musica non sarà più necessaria.

Buona lettura ^-^
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Emma si staccò da lui posandogli una mano sul petto e arretrando di un passo. Aveva gli occhi chini a terra mentre quelli del conte continuavano a fissarle le lunghe ciglia scure. La bionda stava per recidere completamente il contatto, ma il giovane glielo impedì. Le afferrò nuovamente la mano e se la posò sul petto.
« Avete freddo. » le sussurrò il capitano con voce roca intensificando la stretta.
« N-No… sto bene. » rispose la bionda continuando ad evitare di alzare lo sguardo.
« Volete ballare con me? »
Emma finalmente tirò su il capo, di scatto. Lo guardò negli occhi leggendovi una gentilezza e una premura senza precedenti.
« Cosa? »
« Ballate con me. »
Non più una richiesta, ma un’affermazione.
Killian le lasciò delicatamente la mano e arretrò per poterla ammirare in tutto il suo splendore. Mise la mano destra dietro la schiena e l’altra la tenne sospesa a mezz’aria con il palmo rivolto verso l’alto, a pochi centimetri dal petto della ragazza. Un invito muto, silenzioso. Non aveva bisogno di parole dato che i suoi occhi cerulei stavano parlando per lui.
Ballate con me.
Il moro non aveva aperto bocca, ma la bionda continuava ad udire quella richiesta, impressa a fuoco nello sguardo del giovane, e prima di rendersene conto aveva già allungato la mano per afferrare quell’appoggio tanto rassicurante. Killian le sorrise, un sorriso che l’abbagliò.
« Permetti Henry? » domandò il moro rivolgendosi al nipote che li guardava estasiato.
« Certo zio. » rispose il ragazzino liberando loro il passo verso la portafinestra che dava sulla sala da ballo.



 
***
 
 
Emma continuò a fissarlo mentre le note di una dolce melodia si disperdevano nell’aria. La coppia fece il suo ingresso tra gli sguardi sorpresi e confusi della gente. Killian guidò la sua dama verso il centro della sala da ballo in mezzo a tutte le altre coppie che avevano rallentato per poter osservare quell’insolita scena. Il volto di Milah impallidì, il suo sguardo si soffermò sulla mano di lui che teneva quella della ragazza in un modo talmente delicato da credere che fosse fatta di porcellana. Il capitano fece fare un mezzo giro alla sua dama attirandola poi verso di sé, le circondò la vita con l’altro braccio e le posò la mano sul fianco. Emma si fece trasportare da lui, completamente rapita dai suoi occhi che non l’avevano ancora abbandonata da quando gli aveva preso la mano.
Killian cominciò a muoversi insieme ad Emma compiendo un mezzo giro verso sinistra, un passo in avanti e poi ancora verso destra. La gonna rossa della ragazza cominciò a volteggiare aprendosi in tutto il suo splendore, sfiorando le mattonelle del pavimento. Killian la guidò in quella danza delicata, un lento fatto di note alte, corde vibranti e tremolii. Il moro continuava a guardare gli occhi verdi della ragazza che a sua volta erano persi nei suoi, un mare calmo e cristallino. Nessuna tempesta all’orizzonte.
Fecero un giro completo sorridendosi. Emma si aggrappò intensificando la stretta sulla spalla del suo cavaliere, le loro teste si avvicinarono e la ragazza poté udire il dolce profumo del conte che le inebriò le narici. Ora che era così vicina notò la cicatrice sulla sua guancia destra, il ciondolo che teneva legato al collo e l’anello che portava al dito, dettagli su cui non si era mai soffermata.
Continuarono a danzare sulle note di quella dolce melodia con tutti gli sguardi puntati addosso. Le coppie ricominciarono a muoversi in circolo tenendo sempre gli occhi fissi sulla dama cremisi e il suo cavaliere. Ad Emma parve di vivere un sogno. Si sentiva una principessa delle favole, trasportata nel mondo che aveva sempre sognato fin da bambina.
Colui che la stringeva a sé le regalò un sorriso, e lei contraccambiò. In quel momento non le importava di cosa avrebbe pensato la gente, di cosa sarebbe successo in futuro. Ci avrebbe pensato quando la musica sarebbe finita, ora voleva soltanto godersi quel momento, fluttuare tra le braccia di Killian e non pensare a quelle fatidiche parole.
Non lasciare che succeda.
E lei stava lasciando che accadesse. Era completamente rapita, distante dallo sguardo angosciato di Cora, da quelli sconcertati e assassini di Milah e Regina, perfino da quello gioioso di Henry. L’unica cosa davvero importante era il suo sguardo, quello dell’uomo che aveva di fronte. Di Killian. Non più Conte, o Signore. In quel momento era semplicemente Killian, l’uomo che le stava rubando il cuore.
Il suo cavaliere sollevò il braccio facendole fare un giro su sé stessa. Il vestito rosso seguì il movimento del suo corpo e volteggiò insieme a lei. Sembrava una rosa appena sbocciata, e il suo sorriso la rese ancora più bella. Il capitano le si avvicinò nuovamente afferrandola per la vita. La strinse a sé e abbassò il capo per sfiorarle la fronte con la propria.
Pochi metri più in là Ashley stava servendo da bere. Si bloccò come tutti gli altri nel vedere la sua amica danzare con il padrone di casa. Li osservò entrambi con gli occhi sgranati, chiedendosi se Emma fosse del tutto impazzita, o se lo fossero entrambi. Dietro di lei Tamara per la sorpresa si lasciò sfuggire un bicchiere di cristallo che finì in frantumi sul pavimento. Si beccò la ramanzina di un nobile al suo fianco, ma tutto ciò a cui riusciva a prestare attenzione era quella sgualdrina che ballava con il conte. Voltò la testa verso un angolo della sala e lì, nell’ombra, lo vide. Neal stava osservando la scena da dietro il drappo rosso di una tenda, il suo sguardo era indecifrabile a causa del buio che gli oscurava il volto, ma Tamara poté giurare di aver visto la bocca del ragazzo spalancarsi.
La musica stava volgendo al termine. Le ultime note risuonarono nella sala rincorrendosi l’una con l’altra, svanendo poi nell’aria. Un ultimo rintocco del pianoforte e la magia finì, Emma si risvegliò da quel sogno e la realtà le piombò subito addosso. Il suo sorriso si spense, ma non quello di Killian. Il giovane non aveva smesso un attimo di sorridere, e questo pensiero le fece ancora più paura.
Lo stava ingannando, si stava prendendo gioco di lui. Voltò la testa per non essere costretta a guardare ancora i suoi occhi, ma grazie a ciò si rese finalmente conto di quello che la circondava.
Cora, Regina, Ashley, Tamara. Tutti la stavano fissando con uno sguardo che le fece venire i brividi. Lasciò subito andare la mano di Killian, come se si fosse scottata.
« Emma, qualcosa non va? » le domandò il ragazzo sorpreso cercando di sfiorarle nuovamente la mano, ma la bionda evitò ancora una volta il contatto.
« No, io… con il vostro permesso vorrei ritirarmi. »
La ragazza scappò via attraversando la sala sotto gli sguardi attenti dei presenti. Prese per mano Henry ed insieme a lui sparì oltre il corridoio. Killian cercò di andarle dietro, ma una stretta delicata gli artigliò il braccio. Quando si voltò rimase completamente senza fiato.
« Oh, Killian. Una volta quello sguardo era solo per me. » affermò Milah accennando un sorriso. Il moro si allontanò affinché la mano della donna scivolasse via dal suo braccio, poi le si avvicinò nuovamente per sussurrarle qualcosa all’orecchio.
« Hai detto bene, Milah. Una volta. »


 
***



« E’ inconcepibile madre. Come ha potuto fare una cosa del genere? » tuonò Regina cercando di non farsi udire dagli ospiti mentre tirava una gomitata nel fianco del marito per farlo smettere di sogghignare.
« Certo non si può dire che non abbia occhio. Fra le tante si è accalappiato la più bella. » sussurrò l’uomo a sua moglie guadagnandosi l’ennesima occhiata inceneritrice.
« Sta calma figliola. Per il momento fa finta di niente, a questo problema penseremo poi. » disse Cora continuando a sorridere agli ospiti che le passavano davanti.
« Sapevo che quella ragazza avrebbe portato solo guai. »
Mentre Regina dava sfogo ai suoi pensieri David raggiunse Killian subito dopo che quest’ultimo si fu allontanato da Milah.
« Hey, non sapevo ti piacessero le bionde. » ridacchiò il ragazzo scontrandosi con un capitano alquanto angosciato.
« Che succede? Problemi con Milah? » gli domandò ritornando nuovamente serio.
« No, è tutto ok. Non pensavo, ma ho come l’impressione di poterla gestire. »
« Te la sei finalmente lasciata alle spalle? »
Killian sorrise e il suo sguardo si spostò sul corridoio imboccato dalla sua dama bionda.
« Sì, grazie ad una persona. »
« Mi fa piacere amico. Comunque ho notato che manca qualcuno. Dov’è il Governatore Pendragon? » domandò guardandosi ancora una volta intorno per assicurarsene.
« Ha fatto recapitare un avviso. Non potrà partecipare a causa di un impegno imprevisto. »
David stava per rispondere ma la quiete di quel momento venne interrotta da qualcuno che stava letteralmente facendo a botte con la servitù per aprirsi un passaggio nella sala da ballo.
« Vi ho già detto che non potete entrare! » urlò Neal cercando di fermare l’uomo che con un destro eccellente lo scaraventò al suolo. Regina si voltò verso quel trambusto così come Cora e il resto degli ospiti. L’espressione sul suo volto non poté spiegare ciò che provò quando posò gli occhi su quella figura tanto familiare. Fece un passo indietro lasciando che suo marito le coprisse la visuale. I suoi pensieri scorrevano veloci, ed erano talmente tanti da non riuscire a formularne uno di senso compiuto. Era furibonda, ma allo stesso tempo scossa.
« Vi prego, dovete aiutarmi. Mia moglie è scomparsa! » urlò l’intruso ricevendo molti sguardi sorpresi e di sufficienza. Gli ospiti si allontanarono da lui creandogli un vero e proprio vuoto intorno.
« Robin! »
Killian si avvicinò al suo amico non appena lo ebbe riconosciuto.
« Killian, grazie al cielo! Sono tornato a casa e Marian non c’era. L’ho cercata insieme alla Brigata ma ci servono più persone per controllare nei dintorni della foresta e al porto. Ti prego! »
Le suppliche dell’uomo non rimasero inascoltate. Il capitano gli posò una mano sulla spalla e chiamò subito a sé Neal che intanto si era rialzato dolorante dal pavimento.
« Neal prepara i cavalli e raduna il resto della servitù. Presto! »
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Con un cenno del capo si diresse verso il corridoio che portava al piano inferiore, verso l’uscita secondaria che lo avrebbe condotto prima nelle cucine, e poi alle stalle.
« Ora cerca di calmarti, vedrai che la ritroveremo. »
« Non so come ringraziarti Killian. Non sapevo davvero a chi altro rivolgermi. » affermò l’uomo in divisa visibilmente scosso ed affranto.
« Hai idea di dove potrebbe essere andata? »
La voce di David raggiunse i due uomini che si stavano dirigendo verso l’uscita. Robin si voltò di scatto rimanendo visibilmente sorpreso dal fatto che un altro nobile si fosse unito alla sua causa. Lo ringraziò con gli occhi, così come Killian che gli diede una calorosa pacca sulla spalla.
« Non saprei, ho solo un brutto presentimento. Quando sono tornato a casa abbiamo avuto una strana discussione, poi sono uscito per una commissione e quando sono tornato era scomparsa. Neanche i vicini l’hanno vista. » rispose l’uomo mentre insieme al conte e a David si dirigevano verso il cortile seguiti a ruota da alcuni membri della servitù che sbucavano da ogni dove affiancandoli.
« Scusa se te lo chiedo, ma su cosa stavate discutendo? » gli domandò Killian mentre percorreva a passo veloce il vialetto sterrato. Robin non rispose immediatamente e i due giovani lo guardarono scambiandosi una rapida occhiata.
« Come ben sapete non sono ben visto dal resto della corte da quando io e Marian ci siamo sposati. Per lei è sempre stato un peso, si è sempre data la colpa di tutto. Quando ha saputo che questa sera non ero stato invitato al Ricevimento il suo umore è peggiorato. Non l’avevo mai vista in quello stato. Abbiamo parlato un po’ e sembrava tutto risolto, ma ora è sparita e ho paura che possa aver fatto qualcosa di azzardato. »
L’uomo si passò le mani tra i capelli al limite delle lacrime. Il solo pensiero di perderla per lui era insopportabile, ma quel macigno gli gravava sul petto impedendogli di respirare, di ragionare.
« La troveremo, ora monta a cavallo e dividiamoci. Tu vieni con me al limitare del bosco mentre Killian cercherà al porto. » affermò David montando frettolosamente sul cavallo bianco posteggiato di fronte al cancello principale insieme ad altri cavalli. Neal si avvicinò al suo padrone tenendo le redini di Roger, dietro di lui William era in sella ad un altro cavallo, pronto a partire e a seguire il suo capitano.
« Va bene, dividiamoci. William, Neal, voi venite con me. Tutti gli altri con David. Non c’è tempo da perdere. »
Il ragazzo salì in groppa al suo destriero nero tirando le redini per farlo voltare verso il cancello che stava per essere spalancato. La mandria di cavalli venne spronata al galoppo lasciandosi alle spalle il palazzo illuminato e il Ricevimento da cui l’ospite d’onore era appena fuggito sotto gli sguardi increduli dei presenti e di quello divertito del Governatore Gold.



 
***



Alla sera il luogo più tranquillo della tenuta era la cucina al piano terra. Il buio e la calma che contraddistinguevano quel posto non li si trovava in nessun altro angolo della casa. Quando tutti andavano a dormire le luci si spegnevano e il silenzio piombava in quel luogo illuminato solo dalla luce fioca di una candela. Il viso delicato di Emma venne rischiarato da quel flebile torpore che le illuminava gli occhi. In loro vi era ancora impressa l’eccitazione provata al piano superiore, ma anche una tremenda angoscia. Era scappata in camera sua portando con sé Henry, e dopo averlo affidato alle amorevoli cure di Granny si era tolta di dosso il vestito e lo aveva lanciato sul letto. Aveva indossato poi qualcosa di più comodo e si era slegata i lunghi capelli. Osservando il suo riflesso nello specchio era però rimasta sconvolta. Aveva visto un’altra Emma, diversa da quella che osservava la mattina appena alzata e la sera prima di addormentarsi. C’era qualcosa di diverso in lei, qualcosa che le illuminava il viso e le riempiva le gote. Un sorriso.
E non riusciva a smettere, non riusciva a non pensare a quel tocco delicato, a quegli occhi blu profondi come il mare. Prese un profondo respiro ascoltando in sottofondo il lieve sibilo del vento. Si riscosse quando udì dei passi affrettati discendere le scale. Si voltò per trovarsi di fronte a un Neal alquanto sorpreso di vederla lì.
« Emma. Che ci fai qui? » le domandò arrestando la sua corsa prima di arrivare all’ultimo gradino.
« Io… avevo bisogno di allontanarmi da tutta quella confusione. Tu dove stai andando? » gli domandò a sua volta notando la fretta che trapelava dai suoi occhi.
« Nelle stalle, il conte ha richiesto di preparare i cavalli. Robin ha fatto irruzione nella sala dicendo che sua moglie è scomparsa. Stiamo andando tutti a cercarla. »
Emma si tirò su con uno slancio che fece ribaltare la sedia.
« Marian!? Io vengo con te. » affermò la bionda afferrando lo scialle blu che aveva posato sul tavolo.
« Neanche per idea. Ci rallenteresti e basta. » obiettò il ragazzo superandola, ma Emma gli afferrò il braccio con una tale forza da inchiodarlo sul posto.
« Mi stai dicendo di rimanere qui senza far nulla? Marian è una delle mie migliori amiche! Che tu lo voglia o no, io verrò con te. »
La risoluzione della bionda fece vacillare i buoni propositi di Neal. Si voltò completamente verso di lei e le afferrò le spalle scuotendola leggermente.
« Va bene, d’accordo. Aspettami qui, verrò a prenderti non appena avrò portato i cavalli all’entrata principale. »
Il ragazzo stava per andarsene, ma Emma lo tirò ancora una volta verso di sé.
« Promettimelo Neal. Promettimi che tornerai a prendermi. »
« Te lo prometto Emma. » le disse il ragazzo intensificando lo sguardo. Le si avvicinò per mostrarle che le sue parole erano vere, che avrebbe potuto fidarsi di lui.
« Eri bellissima questa sera. »
Le sussurrò quelle parole a voce bassa. La ragazza sgranò gli occhi e allentò la presa sul suo braccio fino a lasciarlo andare. Neal le voltò le spalle e sparì dopo averle riservato un tenero sorriso e aver lasciato la ragazza senza parole dopo aver udito quel complimento tanto inaspettato.



 
***



« Marian! »
Robin continuava a urlare il nome di sua moglie galoppando nella foresta insieme ai membri della servitù. David era dietro di lui, aveva chiamato a raccolta anche i suoi uomini per intensificare le ricerche, ma della donna non vi era alcuna traccia.
I cavalli si muovevano attraverso il folto bosco che delimitava la casa dei Locksley anche se il buio non aiutava di certo con le ricerche. Robin smontò da cavallo e si inginocchiò tra le fronde sfiorando con la mano una traccia lasciata qualche ora prima.
« Trovato qualcosa? » domandò David avvicinandosi all’uomo in groppa al suo cavallo bianco.
« Un’impronta. E’ molto recente, potrebbe appartenere a Marian. » rispose Robin cominciando a gattonare in avanti. Ne trovò un’altra a qualche centimetro di distanza, e poi ancora una un po’ più avanti. Il capo-brigata si alzò in piedi afferrando le redini del suo cavallo, ma non rimontò in sella. Con lo sguardo osservò quella pista che gli stava donando un po’ di speranza e cominciò a mettere un piede davanti all’altro per seguirla.
« Il piede è molto piccolo, non tanto da poter appartenere ad un bambino, ma ad una donna sì. Il suo passo era lento, poi in questo punto ha cominciato a correre… e qui di nuovo a camminare. A volte sembrava avere fretta, poi rallentava, come se avesse un ripensamento. »
David lo ascoltò rapito. Era impressionato dalle abilità di quell’uomo, un perfetto cacciatore che stana la sua preda.
« Notevole. » si congratulò continuando a seguirlo in sella al cavallo. Dietro di lui altri cinque o sei uomini coprivano un raggio più ampio cercando di scovare altre tracce.
« Una volta ero nell’esercito reale, sottosezione ricerca. Mi occupavo di stanare i fuggitivi e consegnare i criminali nelle mani della giustizia. »
« Vedo che non hai perso le tue abilità. »
Robin sorrise amaramente a quelle parole.
« Ho perso solo la fiducia della corte. A quanto pare le relazioni personali influiscono sulla buona condotta di un uomo. »
Il nobile rimase in silenzio. Era a conoscenza di quello che era accaduto a Robin, la corte ne aveva parlato per mesi. La sua storia d’amore con la sua serva era stata sulla bocca di tutti, uno scandalo che aveva trovato pace solo quando l’uomo era stato privato di tutti i suoi titoli e delle sue terre.
« Ho trovato qualcosa! » urlò improvvisamente l’uomo correndo verso il limitare della foresta. Si inginocchiò nuovamente al suolo e sfiorò con le mani il paio di stivali di pelle che giacevano impolverati tra l’erba fitta.
« Sono gli stivali di Marian. » affermò Robin con voce tremante. Strinse forte una delle calzature mentre avvertiva sulle mani uno strano formicolio.
« Robin. »
L’uomo si voltò non appena David pronunciò il suo nome. Il cavaliere allungò un braccio e indicò un punto preciso dinanzi a sé. Robin guardò nel punto segnalato e notò che si trovavano dall’altra parte del bosco, al suo limite. Altre tracce portavano fuori dalla boscaglia, ma gli si gelò il sangue nelle vene non appena ebbe compreso dove conduceva quella strada.
« Si è diretta verso la scogliera. »



 
***



Appena arrivato nei pressi del porto Killian aveva ispezionato per bene la sponda e i dintorni dell’area mercantile. Si era avvicinato all’acqua, profonda e fredda come il ghiaccio, e osservando le navi arenate gli era tornata quella sensazione che avrebbe tanto voluto non provare più. Un senso di malinconia, il vuoto che provava quando osava anche solo pensare di avvicinarsi al mare, o ad una nave. Tutto in quel posto gli ricordava Liam. Il vento sembrava portare con sé la voce del fratello perduto, i suoi ordini gridati all’aria riecheggiavano nella sua mente, scolpiti nella memoria.
Provò un profondo senso di disagio, eppure avrebbe dovuto sentirsi a casa. Una volta la vista della luna riflessa sul mare era capace di tranquillizzarlo, gli bastava fissare quelle onde biancastre per riacquistare tutta la serenità e l’ottimismo di una vita passata a solcare le onde. Ora tutto era diverso, e quel riflesso era diventato un promemoria. La sua sofferenza non era ancora svanita, e non se ne sarebbe mai andata definitivamente. Aveva perso ciò che gli stava più a cuore, ma anche ciò che gli donava serenità. Stare lì, in piedi sulla banchina del porto a fissare le onde, gli fece ricordare perché quel giorno aveva preso la lista e l’aveva riposta nella sua sacca, al sicuro. Avrebbe potuto bruciarla, distruggerla e non pensarci più, ma un pensiero l’aveva bloccato dal farlo, lo stesso pensiero che ora lo spingeva a non abbandonare quel proposito di vendetta a cui si era affidato il giorno della morte di suo fratello.
« Capitano! »
William gli arrivò alle spalle chiamandolo con il titolo che aveva ormai abbandonato da tempo. Udirlo nuovamente associato alla sua persona gli fece provare un brivido che non fu dovuto al freddo invernale che gli stava gelando le ossa.
« Qui non c’è nessun Capitano, Spugna. Solo Killian Jones. »
« Mi scusi Signore, è l’abitudine. » si giustificò l’ometto abbassando il capo. Il suo padrone era rimasto immobile sul ciglio della banchina ad osservare le onde, perso nei suoi pensieri.
« Dov’è Neal? Qui non sembra esserci alcuna traccia di Marian. Dobbiamo spostarci verso il bosco per vedere se gli altri hanno avuto maggior fortuna. Digli di preparare i cavalli. »
« Mi dispiace Signore, sembra che Neal sia rimasto indietro. »
Mentre il servitore pronunciava quelle parole il nitrito di un cavallo unito al passo rumoroso dei suoi zoccoli li fece voltare entrambi. L’animale pezzato affiancò il nobile e Neal tirò le redini per fermare la sua avanzata. Alle sue spalle una ragazza dai lunghi capelli biondi si teneva stretta a lui per non scivolare.
« Emma! » la chiamò Killian mostrando la sua sorpresa. Si avvicinò immediatamente al cavallo porgendo la mano alla ragazza che un po’ titubante accettò l’aiuto. Il giovane le semplificò la discesa cingendole la vita con una mano e posandola delicatamente a terra.
« Cosa fate qui? » le domandò visibilmente scosso dalla sua presenza.
« Marian è una mia amica. Sono preoccupata per lei. » rispose la bionda stringendosi nello scialle che le circondava il collo.
« Capisco. Non preoccupatevi, vedrete che riusciremo a trovarla. Qui le ricerche non hanno avuto un esito positivo, non c’è traccia di lei da queste parti. » la informò guardandosi ancora una volta intorno.
« Avevo intenzione di muovermi verso la boscaglia per controllare se David e Robin avessero avuto maggior fortuna. Vi unite a me? »
Quella domanda restò in attesa di una risposta che sembrava non arrivare mai. Killian guardò la bionda che si era voltata in direzione del bosco in cima alla collina, poi il suo sguardo si era rivolto ancora più in alto, verso le rocce che sovrastavano la vallata e si affacciavano sul mare aperto. Emma si portò subito le mani davanti alla bocca per soffocare un sussulto.
« Che succede? » le domandò Neal preoccupato. Voltò il cavallo dalla parte opposta rimirando lo stesso promontorio che stava osservando la bionda.
« Emma? »
Il richiamo di Killian fu in grado di riportarla alla realtà. Il suo nome pronunciato dal ragazzo le aveva dato la forza di riprendersi e tornare a ragionare lucidamente. Si voltò stringendosi ancora di più nello scialle bluastro che le garantiva una protezione dal freddo pungente.
« Credo di sapere dove si trova Marian. »




 
***
 
 
Il gelido tocco del vento le sfiorò i capelli. Le prime gocce di pioggia cominciarono a scendere dal cielo bagnando le guance della donna, mischiandosi alle lacrime salate che le rigavano il volto. La vista era bellissima da lassù. Il mare sembrava uno specchio argentato illuminato dai tenui raggi lunari che si increspavano sulla superficie dell’acqua. Poteva sentire il vento carezzarle i capelli, gli abiti che le sfioravano la pelle quasi a rassicurarla. Strinse i pugni, chiuse gli occhi e dischiuse le labbra. Sollevò il mento udendo le onde infrangersi sotto di lei. Una melodia rassicurante, un suono dolce e soave. La brezza marina le riempì i polmoni. Inspirò a fondo quell’aria gelida mista a sale, una dolce tortura a cui non si sottrasse. La pietra fredda sotto i suoi piedi era ruvida, dolorosa al contatto diretto con la pelle olivastra. Aprì gli occhi e accanto a lei apparve la figura di una bambina dai bellissimi boccoli biondi e le iridi dello stesso colore dell’acqua illuminata dal sole. Le parlò, frasi già riascoltate e parole già udite.
Marian. Prometti. Il nostro posto segreto. Saremo amiche per sempre.
« Sì, per sempre. »
Un sussurro quasi accennato tra le lacrime. Spalancò le braccia sfiorando il vento, alzandosi sulle punte per avvicinarsi al cielo.
Quando sarai triste. Sarò qui con te.
Ancora parole già sentite, promesse suggellate in un passato ormai lontano. Una vita che aveva vissuto a metà con l’ombra del risentimento che le pesava sul cuore, un peso troppo difficile da sopportare, da continuare a sostenere.
Marian. Il suo nome. L’eco di quell’appellativo che risorge dal passato, dalla voce carezzevole di una fanciulla. Marian. Ancora una volta, stavolta la voce di un uomo. Del suo uomo.
« Marian! »
Un urlo disperato, così intenso che le diede un brivido. Il tocco gentile sul suo braccio, una forza che la allontanava dal precipizio.
No. Non poteva allontanarsi. Si voltò negando a sé stessa quell’aiuto, respingendo l’uomo che era venuto a salvarla. Lo guardò negli occhi e vi lesse una gran paura, un’angoscia senza fine. Presto tutto sarebbe finito, lei avrebbe spazzato via quella dannata sofferenza che aveva creato. Lo avrebbe salvato.
« Marian, ti prego. »
Un altro richiamo, un’altra voce, stavolta delicata come la brezza primaverile. Era lei, la sua amica, la sua Emma. Le stava venendo incontro, stava affiancando Robin seguita a ruota dal ragazzo dagli occhi blu.
« Non farlo Emma. » affermò con gli occhi persi nel vuoto. La bionda si fermò a guardarla con gli occhi sgranati e il fiato sospeso.
« Non lasciare che succeda. »
Altre lacrime le rigarono gli occhi. Altre lacrime cominciarono a cadere dal volto della bionda che si inginocchiò a terra tremante.
« Me lo hai promesso Marian. Ricordi? Proprio qui. Amiche per sempre. »
« Sì Emma, per sempre. »
Un passo indietro, un passo verso il fondo del burrone. Un ultimo tentativo di afferrarla mentre lei donava al suo uomo l’ultimo sospiro della sua voce.
« Ti amo. »
Scivolò all’indietro e venne risucchiata nel vuoto. Robin cercò di afferrarla, ma Neal lo bloccò per evitare che finisse anche lui sul fondo del mare.
« MARIAN! »
Un ultimo grido disperato, un debole tentativo di liberarsi da quella stretta.
Emma si alzò e corse verso il burrone, ma delle mani energiche le circondarono la vita, la strinsero così forte da toglierle il fiato.
« Marian… MARIAN! » urlò la ragazza dimenandosi al massimo delle sue forze. Killian la teneva stretta a sé, le artigliò la testa tenendola premuta contro il suo torace. Le lacrime della giovane gli bagnarono il panciotto, i suoi singhiozzi gli tormentarono l’anima. La bionda scivolò a terra tra lamenti disperati e urla soffocate. Killian la seguì continuando a sorreggerla, la strinse forte a sé baciandole i capelli bagnati dalla pioggia.
« Mi dispiace Emma. Mi dispiace. » continuava a ripeterle tenendola stretta a sé. La ragazza gli avvinghiò le braccia al collo rifugiandosi tra quelle di lui, l’unica cosa che in quel momento sembrava darle un po’ di calore.
« Perché lo ha fatto… perché? » domandò la bionda lasciandosi cullare dalle braccia dell’uomo. Non ricevette alcuna risposta, solo una carezza gentile che le sfiorò la schiena.
David si fece avanti. Aiutò Neal a trasportare Robin, un uomo distrutto che continuava a guardare in fondo al burrone, desideroso di porre fine alla sua vita per poter seguire la donna che amava. Lo trascinarono lontano da lì, caricandolo sul suo cavallo.
La pioggia continuava a cadere dal cielo, sempre più fitta, sempre più forte. I due giovani rimasti sulla scogliera non si mossero di un millimetro. Lui continuava ad abbracciare lei, lei continuava a stringersi a lui. E rimasero così, immobili, in attesa del momento in cui entrambi sarebbero stati pronti a lasciarsi andare.






Angolo dell'Autrice
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Bentrovati in questo nuovo capitolo! Mi sono divertita un sacco a descrivere la scena del ballo e non avete idea di quanto ci abbia messo per scegliere la musica adatta! Dovete sapere che io sono un'eterna indecisa, finché una cosa non risulta perfetta continuo a cambiarla in continuazione xD ne è una prova il fatto che continuo a modificare lo stile di scrittura della storia ahaha!
Adoro far interagire Emma e Killian, e ora che stiamo andando avanti con la trama avrò modo di farli incontrare e parlare molto più spesso. Questo capitolo finisce con una nota tragica, ma non disperate, arriveranno tempi migliori (si spera!).
Ne approfitto per augurare a tutti voi una buona vigilia da passare con i vostri cari :)
Al prossimo aggiornamento!

Keepsake
   
 
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