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Autore: Josephine_    25/12/2015    6 recensioni
Rin adorava l’atmosfera natalizia. Le strade affollate, le vetrine scintillanti, le canzoni che riecheggiavano nelle piazze addobbate a festa, gli abeti decorati e quell’odore di cannella e zabaione che colorava l’aria fredda dell’inverno erano per lei fonte di gioia e meraviglia ogni anno. Sì, il Natale le era sempre piaciuto –fin da bambina- e le piaceva anche adesso che i suoi genitori l’avevano smollata lì a New York per passare dei festeggiamenti “alternativi” –come li aveva definiti sua madre- alle Bahamas. Certo, inizialmente era rimasta male all’idea di trascorrere da sola la sera della vigilia e il pranzo di natale, ma dopotutto un po’ di riposo poteva solo farle bene visto che nelle ultime due settimane non aveva mai avuto un giorno libero dal lavoro; sì, a ben pensarci pregustava l’idea di passare le feste spaparanzata sul divano con la sola compagnia dei suoi due spasimanti Netflix e Chardonnay.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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23 dicembre, Atto I : di come l'eroina viene messa alle strette dal Natale











Rin adorava l’atmosfera natalizia. Le strade affollate, le vetrine scintillanti, le canzoni che riecheggiavano nelle piazze addobbate a festa, gli abeti decorati e quell’odore di cannella e zabaione che colorava l’aria fredda dell’inverno erano per lei fonte di gioia e meraviglia ogni anno. Sì, il Natale le era sempre piaciuto –fin da bambina- e le piaceva anche adesso che i suoi genitori l’avevano smollata lì a New York per passare dei festeggiamenti “alternativi” –come li aveva definiti sua madre- alle Bahamas. Certo, inizialmente era rimasta male all’idea di trascorrere da sola la sera della vigilia e il pranzo di natale, ma dopotutto un po’ di riposo poteva solo farle bene visto che nelle ultime due settimane non aveva mai avuto un giorno libero dal lavoro; sì, a ben pensarci pregustava l’idea di passare le feste spaparanzata sul divano con la sola compagnia dei suoi due spasimanti Netflix e Chardonnay.  
Chi non amava le feste natalizie era invece il suo capo, il dirigente di un’immensa compagnia di investimenti per cui lavorava come segretaria personale da ormai due anni, a un ritmo frenetico che le sue amiche consideravano disumano –dopotutto chi poteva far lavorare una povera ragazza di appena venticinque anni per quasi tredici ore al giorno, tutti i giorni? Rin si alzava alle sei e per prima cosa controllava le mail che lui le aveva mandato durante la notte, in cui di solito l’avvertiva di spostarle qualche appuntamento o di inviare macchine dai clienti, e lei con solerzia si metteva all’opera e tra una tazza di caffè e una brioches contattava tutti i destinatari informandoli dei cambiamenti. Poi prendeva la metro, ma capitava anche che lui mandasse l’autista a prenderla quando doveva ritirargli dei capi in lavanderia o prendergli il caffè –lo prendeva solo in un posto in tutta la città, e tutte le volte Rin si barcamenava per riuscire ad arrivare in tempo in ufficio. Il resto della giornata filava via tra telefonate, e-mail, consultazioni e appuntamenti vari, che il suo capo non mancava mai di annullare o rimandare all’ultimo momento, mandandola letteralmente nei pazzi. Per di più la tacita regola dell’azienda imponeva alle segretarie come lei un abbigliamento consono alla loro posizione, per cui un tailleur grigio topo e un paio di scarpe col tacco di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
 
Quella mattina era il 23 dicembre e come tutte le mattine Rin stava litigando con la serratura di casa nel vano tentativo di chiuderla, quando il suo vicino di casa fece la sua comparsa sul pianerottolo. Kohaku era di qualche anno più grande di lei, viveva nell’appartamento di fronte al proprio e lavorava come giornalista freelance, il che lo aveva portato più volte ad aver bisogno di una mano per pagare l’affitto. Ovviamente le aveva sempre reso i soldi, accompagnandoli ogni volta con una galante proposta di cenare insieme che lei aveva sempre rifiutato; non che fosse un brutto ragazzo, tutt’altro, era alto e ben piazzato, con un sorriso luminoso e due magnetici occhi verdi, ma il fatto che ogni sera si portasse a casa una ragazza diversa era piuttosto sminuente… e poi, a dirla tutta, a lei piaceva un’altra persona.
- Hey, buongiorno Rin. Ultimo giorno di lavoro, sei contenta? – la salutò passandole un braccio dietro la schiena e aiutandola con l’altra mano a sfilare la chiave.
- Contenta di passare tre giorni di vacanza? Sì, beh, non mi lamento. –
- Solo tre giorni? Ma andiamo, è Natale! Quella carogna potrebbe lasciarti un po’ più di respiro. –
- Guarda che mi paga, non faccio mica volontariato. – sbuffò l’altra, rimettendo le chiavi nella borsa e avviandosi per le scale insieme a lui.
- A proposito di questo, ecco i cento dollari che ti dovevo. – Kohaku si sfilò dalla tasca un rotolo di banconote e lei lo infilò in borsa senza neanche guardarlo.
- Grazie… vai da tua sorella per le vacanze? – gli chiese distrattamente.
Lui annuì – Ha organizzato un cenone insieme alla nostra famiglia e a quella di Miroku, prego di ammalarmi e di poterle dare buca, ma credo che neanche a quel punto mi risparmierebbe. –
- Beh, i miei quest’anno se ne sono andati alle Bahamas e quindi per me il problema non sussiste. Dovrò solo decidere quale cibo preconfezionato riscaldarmi… -
- Ma dai, ti hanno lasciata da sola? –
- Sapevano che con tutta probabilità avrei lavorato e io per prima ho proposto che facessero un viaggio. – scrollò le spalle.
- Io sarò di ritorno il 25 sera, se ti va di passare sappi che con i tuoi cento dollari ho comprato dell’erba meravigliosa. –
- Mmm… proposta allettante, devo ammetterlo, ma tutto a patto che mi sia ripresa dalla mia sessione intensiva di Netflix. Ora devo proprio andare, sono già… - diede uno sguardo all’orologio e impallidì – In tremendo ritardo!! –
Si fiondò fuori dal portone lanciandogli un “tantiauguridibuonnatale!” che si perse nel fragore della strada affollata e partì a corsa verso la metropolitana giusto in tempo per vedere le porte chiudersi di fronte ai propri occhi; fantastico, adesso sì che sarebbe arrivata in ritardo. Salì sul vagone successivo controllando spasmodicamente il telefono in attesa di un qualsiasi messaggio di richiamo che fortunatamente non arrivò; al suo posto le giunse invece una breve mail:
Buongiorno. Sposta l’appuntamento delle 9 alle 9 e mezza, ricorda che alle 7.40 devi firmare la ricevuta del corriere. S.
Rin controllò l’ora: le 7 e 24, e non ci avrebbe messo che altri dieci minuti per arrivare alla sua fermata. Okay, poteva farcela; questo e altro per il suo capo, che per giunta le augurava anche un ironico buongiorno! Fece una chiamata veloce al cliente di cui doveva rimandare il colloquio e non appena le porte della metro si aprirono sgusciò fuori iniziando a correre per le scale, i tacchi che risuonavano sordi sul pavimento chiaro e l’immensa folla che a tratti la guidava e a tratti la sommergeva –ma quella, lei lo sapeva, era ordinaria amministrazione.
Camminò a passo spedito lungo tutta la strada e si bloccò quando vide il camion delle consegne fermo davanti al portone; individuò il fattorino che guardava spazientito l’orologio e lo vide scuotere la testa per poi risalire sul proprio mezzo.
- No… no, no, no, no! – gridò in preda al panico, e senza curarsi delle apparenze affrettò il passo e attraversò la strada correndo, rischiando di essere investita da un’auto mentre si sbracciava per farsi notare dall’ignaro corriere.
Un passo troppo lungo rischiò di farle perdere l’equilibrio, e quando appoggiò il peso sull’altro piede Rin sentì distintamente il tacco della decolleté cedere e spezzarsi sotto il suo peso. Doppiamente fantastico! Ma non era il momento di mollare, lo sapeva: si tolse entrambe le scarpe e riprese a correre verso l’uomo seduto nel camion, che appena si rese conto della –comica- scena aprì lo sportello e le rivolse uno sguardo preoccupato.
- Tutto bene signorina? –
- Oh… - ansimò, piegata in due dalla fatica – Io… lavoro qui… devo… firmare… per il pacco che è arrivato. –
- Ah, mi dispiace di averla fatta correre tanto. Ho una consegna sulla decima, sa… - si scusò l’altro, passandosi una mano tra i capelli bianchi.
- Nessun problema… si figuri. –
 - Ma le sue scarpe… -
- Non si preoccupi, per quelle rimedierò. – anche se non ne era del tutto sicura.
 
Firmò la ricevuta del fattorino e fece scaricare i pacchi dal portiere, poi si affrettò verso l’entrata perché erano le otto e lei a quell’ora avrebbe già dovuto essere seduta alla propria scrivania. Ebbe appena il tempo di togliersi il cappotto e accendere il computer che lui fece in suo ingresso dal proprio ascensore privato.
Qualsiasi brusio nel corridoio si spense, e il dirigente percorse con passo silenzioso i pochi metri che lo separavano dall’ufficio; Rin aveva la scrivania proprio fuori dalla sua porta, e sapeva che prima di entrare l’avrebbe guardata e le avrebbe rivolto il solito cenno di saluto –uno sguardo accompagnato dal lento inclinarsi della testa- e pregustava con ansia quel rito mattutino. Lo vide ignorare bellamente gli sguardi sognanti delle altre impiegate, scuotere il pesante orologio al polso per controllare l’ora e sistemarsi una ciocca di capelli lunghi e argentei dietro l’orecchio. Okay, c’era una cosa che molti avrebbero definito strana, forse un po’ inquietante: il suo capo era un demone. No, non nel senso che era una carogna insopportabile –per certi versi era anche quello-, ma nella più classica accezione di “spirito ultraterreno con poteri soprannaturali”; un’altra razza, ecco, una razza più potente di quella umana. La situazione all’inizio era stata strana, Rin doveva ammetterlo: le creature come lui erano appena state riconosciute dalla comunità mondiale, ed erano ancora in corso processi di integrazione e assimilazione all’interno della società quando lei aveva letto sul giornale un annuncio per un posto da segretaria nell’immensa azienda di investimenti di questo nuovo demone, che già in fotografia pareva algido e impassibile, sempre serioso e poco incline alla conversazione. Si era presentata al colloquio nonostante avesse visto le precedenti candidate scappare in lacrime, e questo perché la paga era piuttosto alta e adesso che era andata a vivere da sola necessitava disperatamente di un lavoro; lui era stato diretto, spietato, impassibile: le chiedeva immediata disponibilità, sette giorni su sette, le imponeva contatti con altri demoni e più di una volta aveva aperto le finestre per “scacciare l’odore umano” che emanava. L’aveva interrogata sui suoi studi, sulle ambizioni, un paio di volte su argomenti di attualità; lei non si era lasciata intimidire –aveva dalla sua la forza della disperazione e la speranza che la sua ultima spiaggia si rivelasse un porto sicuro- e lui l’aveva congedata con un cenno freddo della testa, salvo poi farla ricontattare qualche giorno dopo per farle sapere che aveva ottenuto il posto. Inutile dire che da quel momento per Rin era iniziato un vero e proprio calvario –ma non si lamentava, proprio non ci riusciva; perché se c’era un’altra cosa, una che teneva solo per sé, era che alla fine dei giochi si era ritrovata ad essere follemente, inconcepibilmente, stupidamente e profondamente attratta da lui.
- Rin, nel mio ufficio. – la voce bassa del suo capo la distrasse da quei pensieri, facendola rizzare prontamente sul posto.
- Ah! Sì, subito signor Sesshomaru. –
 
Lo seguì zoppicando nel grande ufficio arredato in stile minimale, che ospitava un divanetto nero in pelle e un tavolino su cui erano posate numerose riviste di finanza e economia. Sesshomaru si sistemò alla propria scrivania, un tavolo grigio antracite lungo almeno tre metri che si affacciava sull’immensa vetrata che occupava tutta la parete, e la squadrò da capo a piedi per poi inarcare pericolosamente un sopracciglio –pessimo, pessimo segno. Solo in quel momento Rin si rese conto delle sue reali condizioni: con un tacco rotto, una calza smagliata e il completo già sudato e sgualcito, più che alla segretaria personale del direttore somigliava a una pazza psicopatica che aveva saltato l’appuntamento con lo psichiatra.
- Ecco… - sentì il bisogno di giustificarsi – M-mi si è rotta una scarpa… ero in ritardo e dovevo ricevere il suo pacco… e ho perso la metro… -
- Per carità, Rin, non siamo a scuola e io non sono il tuo preside. –
Subito lei si riscosse – Ehm… giusto. Va bene se per la mattina rimango dietro la scrivania e durante la pausa vado a comprarne un paio nuove? –
Sesshomaru neanche le rispose, preferendo di gran lunga concentrarsi sui plichi di fogli zeppi di cifre che aveva davanti.
- Ho bisogno che tu esca subito, in realtà. Domani devo essere a casa di mio fratello e non ho ancora comprato dei regali per lui e la moglie. –
Questo ovviamente lei già lo sapeva, visto che era stato compito suo fissare l’intera trasferta natalizia.
- Mi sono permessa di stilare una lista, ieri sera, dei regali per Inuyasha, Kagome e il piccolo Inushiro. – la estrasse velocemente dalla tasca interna della giacca e gliel’appoggiò sul tavolo – Vado a prenderle la colazione e poi mi dice quali ha scelto? –
- Ottimo. – convenne lui, piacevolmente sorpreso dalla lungimiranza della ragazza – Aspetta. –
- Dite pure. –
Sesshomaru si alzò dalla sedia e si diresse verso il mobiletto in legno nell’angolo, quello che conteneva gli alcolici; Rin per un secondo pensò che volesse offrirle del bourbon, e già si stava dannando se pensava a come avrebbe potuto declinare gentilmente l’invito, ma lui aprì lo sportello in basso e ne estrasse un paio di scarpe nere lucide dai tacchi vertiginosi.
- Puoi indossare queste per oggi. –
Gliele porse tenendole per due dita e lei rimase un attimo imbambolata a guardarlo –dio, com’era bello con quei capelli lunghi e bianchi, quel profilo greco dagli zigomi alti e leggermente incavati, dove le strisce magenta simbolo della sua natura demoniaca spiccavano sulla pelle candida e liscia, già, doveva proprio essere liscia al tatto…
- Rin, ci sei? –
- Sì! – si riscosse improvvisamente e tornò a guardare le scarpe – Non saranno un po’ troppo alte? M-ma grazie lo stesso, grazie. –
Si sedette sul divanetto in pelle e le indossò sotto lo sguardo annoiato di lui, e quando si tirò su in piedi si rese conto di aver guadagnato almeno quindici centimetri di altezza –davvero troppi, per una che soffriva di vertigini come lei. Inoltre aveva un sospetto ben preciso sulla padrona di quei trampoli: Kagura, la fidanzata del suo boss, una demone bellissima ma sempre tremendamente altera e scontrosa. Quando doveva fissare un appuntamento con lei Rin faceva in modo che durasse il meno possibile, e un po’ si sentiva una carogna quando agiva così, un po’ pensava che fosse la sua meritata vendetta per tutte le occhiatacce malevole che la demone le lanciava.
- Ho già scelto i regali… per Inuyasha l’orologio, per Kagome il servizio da tè, per Inushiro la mazza e il guanto da baseball. –
- Non il sacco da boxe? –
- Penso che lo romperebbe nel giro di pochi giorni. –
- Giusto. – Rin si appuntò mentalmente che i bambini mezzodemoni alla sola età di cinque anni erano in grado di distruggere una sacca da boxe. – Allora vado, è tutto signor Sesshomaru? –
- Passa all’ufficio stampa, devono darti delle dritte per il 27. Ah, ho prenotato un tavolo per due al Trudy’s, per stasera alle sette. Puoi portarmi lì i regali. –
- Certo. Vuole… che prenda qualcosa anche per Kagura? –
Il demone inarcò le sopracciglia e lei si sentì istantaneamente avvampare.
- No, ci ho già pensato da solo. –
- Ah! Giusto, avrei dovuto immaginarlo, dopotutto il regalo per una fidanzata è qualcosa di molto personale, era ovvio che ci avrebbe pensato da solo. – okay, adesso aveva iniziato a straparlare e lui la fissava come se avesse avuto a che fare con un alieno, quindi era giunto il momento di alzare i tacchi –letteralmente- e filare dritta dritta fuori da quella porta.
Peccato che il suo già precario equilibrio non potesse consentirle niente di tutto ciò; appena mosse un passo in avanti si sbilanciò di lato e sentì la propria caviglia piegarsi pericolosamente sotto il suo peso. Fu questione di un attimo, neanche se ne accorse: Sesshomaru la riprese per un braccio e la rimise in piedi, e gli occhi di Rin saettarono immediatamente alla mano che lui teneva serrata in una stretta morbida e sicura al tempo stesso.
- Grazie. – sussurrò – Io… lo avevo detto che erano troppo alti. –
L’altro sospirò rumorosamente, e quello non era mai un buon segno – Stai attenta, non voglio pagarti un mese di malattia nel caso in cui ti rompessi una gamba. –
- Certo, farò del mio meglio! – era ciò che faceva sempre – Alle sette davanti al Trudy’s: una mazza da baseball, un orologio e un set da tè, con i responsi dell’ufficio stampa. A più tardi, signor Sesshomaru! –
Questa volta riuscì a imboccare la porta senza ulteriori intoppi, ma solo quando si fu chiusa i battenti dietro la schiena rilasciò il fiato e smise il sorriso finto a favore di un broncio atterrito e sconsolato che fece ridere Kikyo, l’addetta alle riunioni.
- Brutta giornata? –
- Non più del solito… -
- Dai, pensa che da stasera siamo ufficialmente in vacanza! –
Ma Rin sospettava che per riprendersi da un boss del genere le sarebbero serviti minimo due mesi di ritiro spirituale.
 
 
 
Aveva girato le vetrine di Manhattan dalla prima all’ultima, riuscendo a scovare un perfetto servizio da tè in finissima porcellana decorata, un orologio sportivo metallizzato di nuova generazione e, alla fine, nel più grande negozio di giocattoli della città, una mazza da baseball completa di palla e guantone –un set che in molti avrebbero definito semi professionale. Per averla aveva dovuto litigare con un padre furioso che pretendeva di essere il legittimo proprietario della mazza solo perché l’aveva vista un secondo prima che lei la prendesse. Inizialmente Rin aveva optato per un approccio tranquillo e diplomatico -dopotutto a chi andava di litigare il giorno prima della vigilia?- ma si era dovuta ricredere quando l’uomo aveva tentato di strapparle di mano il regalo chiamandola “maledetta tardona”, e a quel punto non aveva trovato di meglio da fare che piantargli il tacco quindici sul piede e scappare verso le casse, dove era riuscita a disperdersi nella folla rumorosa.
Due ore più tardi, con i regali impacchettati al sicuro nella borsa, si era diretta all’ufficio stampa per definire i dettagli attorno alle conferenze del 27, 29 e 30 dicembre. Aveva mostrato ai vari impiegati gli appunti di Sesshomaru, dato le direttive principali, annotato minuziosamente ogni particolare sul proprio taccuino e risposto alle domande degli organizzatori. Si trattava di tre conferenze organizzate dalle maggiori testate giornalistiche della città: nella prima si sarebbe parlato dell’impatto economico del natale di quell’anno, nella seconda sarebbero state illustrate le manovre principali pensate per la nuova stagione, e la terza sarebbe stata una veloce comparsata per illustrare i nuovi fondi di beneficenza stanziati dall’azienda. Discutere il tutto le aveva impiegato all’incirca quattro ore, e quando aveva finito mancavano appena quaranta minuti alle sette –quaranta minuti per prendere la metro e arrivare al Trudy’s, dall’altra parte della città, il giorno prima della vigilia di Natale. 
Sopravvivere all’ingorgo di persone che rifluivano per strada era stato piuttosto impegnativo considerata la pesantezza della sua borsa e l’impiccio dei quei trampoli dall’altezza spropositata, ma alla fine era arrivata a destinazione in condizioni più o meno accettabili, alle 18:59 spaccate.
Rin si sistemò meglio la giacca del tailleur e si diede un’occhiata veloce attraverso il finestrino di una macchina; aveva i capelli crespi, una sua specialità invernale, ma il trucco tutto sommato aveva retto. Si avvicinò al locale e lo individuò subito, seduto a un tavolo quadrato proprio davanti alla vetrina. Indossava un completo color antracite dalla fattura ricercata, e come al solito teneva i capelli sciolti sulle spalle incurante degli sguardi curiosi delle persone attorno; e, ovviamente, non era solo. Kagura era seduta proprio di fronte a lui, con un vestito blu scuro lungo fino alle caviglie, tacchi argentati e i capelli castani raccolti in uno chignon elegante.
Dovette ammetterlo: quei due insieme sembravano proprio il re e la regina dei demoni, due creature divine e inafferrabili la cui sola presenza incuteva rispetto e devozione in chi stava loro attorno. Erano una bella coppia, c’era poco da fare; entrambi bellissimi, algidi e sprezzanti verso il genere umano, entrambi immortali e ricchi come… come petrolieri texani! Con una donna del genere a fianco Sesshomaru faceva bella figura alle cene più importanti, ai vernissage artistici e alle manifestazioni cittadine, e più di una volta i due erano finiti sulle copertine di giornali scandalistici; si frequentavano da quasi un anno ormai, e questo per molti versi aveva fatto in modo che Rin accantonasse la sua stupida, insensata cotta –dopotutto come avrebbe potuto lui notarla da dietro l’aura di perfezione che emanava Kagura? Così bella, così potente, così adatta ad uno come Sesshomaru… lei in confronto era la piccola pastorella che si innamorava del re –e tutti sapevano come finiva quella favola: la regina, arrabbiata nera, faceva giustiziare la pastorella.
Senza neanche accorgersene si era accesa una sigaretta, la prima dopo molte ore; ne inalò il fumo chiaro ed espirò tutto insieme, buttando fuori insieme a quello anche una buona parte dello stress quotidiano. Si avvicinò cauta alla vetrina del locale, alle spalle di Kagura, e lui la notò immediatamente; lo vide alzarsi e salutare velocemente la donna per poi uscire in strada, dove Rin lo aspettava fasciata nel suo cappottino blu.
- Hai una sigaretta? –
Rin estrasse prontamente il pacchetto e gliene offrì una, che lui posizionò in bilico tra le labbra per accendersela –oddio, non poteva fare caso anche a quegli insulsi particolari, eppure per lei era impossibile non guardarlo.
- E’ nervoso? –
- No. – il demone inarcò un sopracciglio – Perché dovrei? –
- Di solito fuma sempre quando è nervoso… prima di una conferenza o un appuntamento importante. –
Lui le rivolse uno sguardo di sufficienza – Fumo quando mi va. –
- Certo, certo. – Rin distolse lo sguardo, mortificata, e lui un po’ si pentì per essere stato così duro.
- Hai trovato i regali? –
- Tutti quanti! – gli porse le buste che aveva messo nella borsa e da cui emergeva la forma allungata della mazza da baseball incartata.
- Perfetto. – Sesshomaru aspirò a fondo e rilasciò una nube di fumo grigiastro che si disperse attorno a loro in mille spirali.
- Ho finito per oggi? –
- Sì, sei libera. – un’altra boccata, guardando un punto indefinito oltre la strada – Hai programmi per stasera? –
- No… nessun programma. Penso che mi metterò in pigiama e mi scolerò una bottiglia di vino. – si pentì di tanta sincerità subito dopo aver parlato, ma con sua sorpresa constatò che l’uomo davanti a lei non sembrava disgustato… quanto divertito dalla situazione. 
- Meglio per te, no? –
- Farei volentieri a cambio con la sua spigola affumicata, sa? –
Sesshomaru gettò uno sguardo alle proprie spalle e vide che le loro portate erano già sul tavolo; intercettò l’occhiata di disappunto di Kagura e la ignorò, per poi voltarsi e spegnere il mozzicone nel portacenere lì accanto.
- Adesso vado, buonanotte Rin. –
- Buonanotte, signor Sesshomaru. E buon Natale. –
Lui rimase un attimo interdetto prima di ricambiare – Anche a te. –
Rin lo vide sparire all’interno del locale per poi ricomparire davanti alla vetrina, serio e dritto nel suo completo super costoso, e a quel punto si convinse a lasciare il marciapiede e a dirigersi verso la fermata della metro più vicina: aveva finito di lavorare a un’ora decente e per di più aveva anche ricevuto gli auguri del suo capo, cosa piuttosto peculiare considerando che l’anno prima si era completamente scordato del Natale –dimenticandosi pure di mandarla in ferie.
 
 

Il rientro a casa fu per lei una pacifica passeggiata per le strade illuminate di Manhattan. Ad ogni angolo spuntavano alberi, luminare, uomini vestiti in rosso che auguravano buone feste, gente vestita elegante e carrozze trainate da cavalli: se New York durante l’anno era paragonabile all’inferno, in quel periodo Rin l’avrebbe definita un piacevole calvario.
Entrò nel proprio appartamento beandosi istantaneamente dell’aria tiepida al suo interno, e per prima cosa si tolse guanti e cappotto senza neanche degnarsi di appenderli all’attaccapanni; togliersi quegli odiosi trampoli fu una soddisfazione immensa, equiparabile soltanto al piacere di tuffarsi nella comoda tuta di pile e prendere dal frigo la bottiglia di vino che le era avanzata dalla sera prima.
Indossò persino le sue pantofole pelose, quelle che le aveva regalato sua madre lo scorso anno –ah, lei sì che la conosceva bene-, poi si spaparanzò sul divano con il calice ricolmo in una mano e il telecomando nell’altra, e con il primo sorso diede finalmente inizio alla tanto agognata sessione intensiva di zapping.
 
Aveva appena finito di guardare l’ultimo episodio di New Girl quando un bussare leggero alla porta le fece tendere le orecchie e abbassare il volume della tv. Probabilmente era Kohaku che da ubriaco non riusciva a trovare le chiavi di casa o che magari si era ricordato di portarle quell’erba fotonica di cui le aveva parlato… sperava vivamente che si trattasse della seconda opzione, e a quel punto sì che le sue meritate vacanze sarebbero iniziate.
- Se non trovi le chiavi è perché le metti sempre nella tasca interna! – gli gridò da dietro la porta, ma quando l’aprì per poco non le venne un coccolone.
Al posto del suo ubriaco vicino di casa se ne stava il suo sanissimo capo, ancora fasciato nell’abito elegante che gli aveva visto a cena, l’espressione seria ma leggermente a disagio e un braccio mollemente appoggiato allo stipite. Quando la vide la squadrò un paio di volte prima di esibirsi in un ghigno divertito.
- Ciao Rin, ti disturbo? –
Okay, a ben pensarci era tutta colpa sua e della sua stupida abitudine a non controllare mai dallo spioncino. Niente panico, niente panico: indossava un’orribile tuta grigia di pile, ciabatte pelose, non si era struccata e aveva i capelli legati in… due codine. Oddio, quella era la fine del mondo –altro che natale e alberi e lucine colorate, quello era un immenso disastro
- S-salve. – si sforzò di guardarlo in faccia, ma più lo faceva più lui allargava il ghigno più lei arrossiva come un’idiota, tanto che adesso era sicura di avere lo stesso colorito dello zerbino bordeaux ai suoi piedi.
- Disturbo, forse? – ripeté lui, ben cosciente di non disturbare affatto.
- No, no. Entri pure. – Rin si fece da parte, e menomale che almeno il salotto era in ordine.
Sesshomaru esaminò con cura l’ambiente soffermandosi soprattutto sul divano sgualcito e sulla bottiglia di vino ormai vuota.
- Vedo che il tuo proposito di scolarti una bottiglia è andato a buon fine. –
Lei avvampò ancora di più – La avevo già aperta ieri… quindi… era a metà. –
E il brutto era che aveva detto la verità, nient’altro che la pura verità, eppure lui si ostinava a guardarla con quella luce di scherno e quella faccia da schiaffi che se ci pensava… le veniva un’immensa voglia di picchiarlo e poi baciarlo, perché una soddisfazione doveva pur togliersela. Purtroppo dovette ricacciare questi e simili pensieri in un angolino del cervello: se il suo capo era lì voleva dire che la sua pausa di appena due ore era finita, e che era giunto il momento di indossare il suo migliore sorriso da segretaria e accogliere il lavoro a braccia aperte –certo, come no.
- Ha bisogno di qualcosa? Mi ha per caso mandato una mail? Perché non l’ho vista, il telefono non ha nemmeno vibrato… -
- No, non ti ho scritto. Avevo bisogno di chiederti una cosa di persona. Hai una sigaretta? –
- Certo… - Rin ne prese due, e già la sensazione del tabacco sulle labbra riuscì a restituirle un po’ di calma – Si sieda pure, e mi scusi per il disordine. Ovvio che con il lavoro che faccio non ho molto tempo per mettere a posto! –
La sua tagliente ironia non andò per niente a segno; Sesshomaru si sistemò sulla poltrona davanti a lei e appoggiò i gomiti sulle ginocchia mentre aspirava il fumo in boccate profonde. 
- Domattina devo andare a casa di mio fratello, a Pittsburgh, ricordi? –
- Certo, ho avvertito personalmente Inuyasha del suo arrivo e di quello di Kagura. –
- Kagura non viene più. – disse lui aspirando un’altra boccata – Tranquilla, ho già chiamato Inuyasha per avvertirlo. Ma quella stupida della moglie ha dovuto mettersi in mezzo, e ha detto che siccome aveva già preparato un sacco di cose non posso più presentarmi da solo. –
Rin sussultò, e non era normale che in quel momento invece di fare il suo lavoro si stesse chiedendo se l’assenza di Kagura dal Natale non volesse dire che, finalmente, quei due si erano lasciati –davvero, il pensiero la opprimeva: poche ore prima si era ritrovata a invidiarli, fuori da quel ristorante, così belli e perfetti, e adesso veniva fuori che il loro viaggio di coppia era saltato. Ma, soprattutto, chi avrebbe dovuto trovare per rimpiazzare la bellissima demone? Probabilmente Sesshomaru le avrebbe chiesto di contattare qualche fotomodella russa o una delle sue vecchie fiamme, magari le avrebbe pure fatto organizzare dei colloqui selettivi durante la notte! Oddio, tremava all’idea.
- ... con me, domattina alle sette. – finì di dire lui, e in quel momento Rin si rese conto di essersi persa l’intero discorso del demone.
- Ehm… mi scusi, potrebbe ripetere? –
L’altro sbatté le palpebre – Non mi stavi ascoltando? Ho detto che mi accompagnerai tu a Pittsburgh. –
- Eh?! –
- Partiamo alle sette perché odio il traffico. –
- Eh?! – al momento proprio non le veniva di meglio da dire – V-venire con lei… da suo fratello… per le vacanze natalizie? No, questo non si può fare. Non le è passato per la testa che anche io potrei avere i miei programmi? –
- Li hai? – lui inarcò un sopracciglio, e quando la vide ammutolire continuò – Come pensavo… -
- Scusi?! –
- Niente. Vedi, se mi presento da solo mio fratello darà di matto e sua moglie vorrà presentarmi una delle sue stupide amiche, e proprio non ne ho voglia. Rin, non te lo chiederei se non avessi davvero bisogno di te; saremo solo in cinque, e solo per settantadue ore. Te le pagherò tutte, ovviamente, dalla prima all’ultima. A nero. –
Okay, lei non lo ammise neanche a sé stessa ma aveva già ceduto nel momento in cui le sue orecchie avevano sentito la locuzione bisogno di te detta da quelle labbra morbide e precise, accompagnate da uno sguardo serio che l’aveva trapassata da cima a fondo –ed erano ambrati gli occhi di Sesshomaru, due dolci pozze dorate in cui lei ogni volta faticava a rimanere a galla.
Fece comunque finta di pensarci un po’ su, giusto per darsi un po’ di credibilità, ma in realtà l’idea di rimanere per settantadue ore sola –o quasi- con lui era forse la cosa migliore che le fosse capitata nell’ultimo anno.
- Io… va bene. La accompagnerò. – poi un dubbio si insinuò in lei – Come devo presentarmi? –
- In che senso? Come la mia segretaria, ovvio. –
Già… ovvio – Certo… mi chiedo solo cosa penseranno della situazione Inuyasha e Kagome. –
- Che non sono un tipo amichevole, che non conosco molte persone e che sono una carogna di datore di lavoro, il che poi è la verità. – si alzò in piedi e si diresse verso la porta – Passo a prenderti domattina alle sette, puntuale. –
- Okay. Alle sette. – ripetè Rin, che ancora aveva difficoltà a pensare alla situazione in termini pratici.
- Buonanotte Rin. –
- Buonanotte anche a lei… -
 
Solo quando ebbe chiuso la porta l’immensità dell’evento le piombò addosso; i suoi programmi a base di Netflix e vino erano improvvisamente saltati, avrebbe guadagnato seicento dollari per essere ospitata in una baita alla periferia di Pittsburgh e avrebbe passato la sera di Natale con quello che nella sua piccola mente malata chiamava lasuacottasegreta. Certo, c’era solo da sperare che lui non la usasse da fattorino o da cameriera, ma se ci pensava bene non le sarebbe dispiaciuto neanche fargli le lavatrici –e questo bastava a farle capire fino a che punto fosse arrivata la sua patologia. Inutile aggiungere che quella notte Rin non dormì affatto, persa in fantasticherie che prontamente si alternavano a paranoie totalmente fondate e attimi di assoluto terrore.



 













 
Tahdahhhh eccomi tornata... BUON NATALE A TUTTIIIIIIII :))) spero che siate tutti con le persone che amate, ma soprattutto che abbiate trovato un sacco di bei regali sotto l'albero, non come me che ho ricevuto un pigiama!!! davvero, non sto scherzando!!
Lo so, cosa la inizio a fare un'altra storia se ne ho una in sospeso? Mmmmmm avete ragione, solo che avevo proprio voglia di qualcosa di natalizio e me ne sono uscita con questa cosetta che però sarà lunga massimo 3 o 4 capitoli e che cercherò di concludere prima della fine delle vacanze. Ecco, prendetelo come il mio regalo di Natale personale :*** recensioni come sempre molto ben accette, le leggerò dal letto in cui ho intenzione di sprofondare per le prossime otto ore....... ancora tanti auguri a tutti di buon Natale, un abbraccio virtualllll :)
  
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