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Autore: Ilebar98    30/12/2015    5 recensioni
Anno 845. Città di Shiganshina. Ciel Phantomhive. Sebastian Michaelis.
Cooooosaaa??? Qua c'è qualquadra che non cosa.
Ebbene, sì: cosa succederebbe se ad un tratto Ciel e Sebby si svegliassero a Shiganshina, precisamente il giorno dell'attacco del gigante colossale? Come affronterà la coppia yaoi più shippata di sempre la nuova minaccia dei titani? L'impeccabilità di Sebastian avrà la meglio anche stavolta? Capitolo dopo capitolo i nostri paladini si avvicineranno sempre di più a scoprire il motivo che li ha condotti in quel luogo, conosceranno Eren, Mikasa, Armin e gli altri, e si uniranno con loro alla legione esplorativa.
Sono particolarmente motivata per questa cross-over, ho un sacco di idee che rimbalzano in testa, e se riceverò commenti positivi contribuirete a motivarmi ancora di più! *^* Che l'esoerimento abbia inizio, e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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1.    RISVEGLIO
Anno 845
Città di Shiganshina, Wall Maria

“Sebastian…”
Il piccolo conte Ciel Phantomhive si svegliò di soprassalto. Aveva un forte mal di testa, forse dovuto ai festeggiamenti della sera precedente per il suo 12esimo compleanno.
Non era abituato a ricevere così tanti ospiti alla magione, ma Lizzy lo aveva costretto.

***
 
“E dai Ciel, stasera non dovrai pensare a nient’altro che divertirti con tutti quanti! Dopo quel mese in cui sei sparito, per me è diventata una rarità vederti sorridere e rilassarti un po’…  Allora siamo d’accordo?”
Ciel non avrebbe potuto rifiutare una richiesta così insistente della sua fidanzata. Non voleva deludere le sue aspettative.
“Va bene Lizzy, ma una cosa.”
“Si?”
“Per quanto riguarda i preparativi, lascia tutto a Sebastian…”
“Oh no! E io che avevo già pensato alle decorazioni, all’allestimento della tavola e a…”
“Non ammetto repliche su questo. Altrimenti sarò costretto a non dare la festa”
“Uffi, alla fine l’hai sempre vinta… Ma va bene Ciel!”
E in quel momento Lizzy, chinandosi un pochino, gli aveva schioccato un timido bacio sulla guancia, cosa che fece arrossire non poco il conte. Proprio in quel frangente, il maggiordomo corvino entrò nello studio, e, al vedere il volto paonazzo del suo padrone, non poté fare a meno di ridacchiare allegramente tra se e se.
“Ho forse interrotto qualcosa di importante, bocchan?”
“Impara a tenere la lingua al tuo posto, e sbrigati con quel te’”
“Yes, my Lord” fu la secca risposta di Sebastian. Dopodiché appoggiò il corredo sulla scrivania del padroncino, e presentò ai due ragazzi il dessert del pomeriggio: un millefoglie con crema ai frutti di bosco dall’aspetto assai invitante. E sparì silenziosamente com’era entrato.

La serata era proceduta in maniera liscia, a parte il fatto che quel mentecatto di Lau non si era fatto alcun problema a trascinare con se l’intera schiera delle sue amanti, dove spiccava Ran Mao, sempre appiccicatagli addosso. Di sicuro non erano stati gli ospiti più difficili da intrattenere, semmai da trattenere.
E come avrebbero potuto perdersi la festa Soma e il suo maggiordomo Agni? I due erano letteralmente elettrizzati, anche perché non avevano ancora avuto l’opportunità di partecipare a qualche tipo di evento mondano in Inghilterra.
“Cieeeeeeeeel!!! Cosa devo fare quando una signora mi saluta? Come devo tenere il piattino? Va bene come sono vestito? Mi si nota abbastanza??? Ciel! Ciel! Non mi stai ad ascoltare!!!”
Il conte era spazientito, e soprattutto, stupefatto di quanto chiasso solo Soma potesse fare, sovrastando tutti quelli che erano loro attorno. Ma ormai aveva capito che l’unico metodo con quel bambino troppo cresciuto era ignorarlo: e infatti così fece per tutta la serata, ottenendo i risultati sperati.
Nonostante questi piccoli “inconvenienti”, non poteva dire di non essersi lasciato andare un po’. Per una sera aveva tolto la maschera da duro e aveva cercato, anche se con molto sforzo, di dimostrarsi gentile e disponibile con tutti. Forse una festa così ogni tanto gli avrebbe giovato, dopotutto.

***

Ciel si rigirò nel letto, trovandolo insolitamente scomodo. Non riusciva a capacitarsi dei pensieri che aveva appena fatto. Lui, che aveva stretto un contratto con un demone, non aveva tempo per dedicarsi a simili frivolezze. Per quelle c’era già Lizzy. Gli importava di una cosa soltanto: vendicare il nome del suo casato e scovare chi aveva osato infangarlo quel giorno di due anni fa. Solo allora si sarebbe dato pace.

In mezzo a queste riflessioni, si rese conto che era sveglio da un po’, ma Sebastian non era ancora arrivato. Strano. Il suo maggiordomo era sempre impeccabile e puntuale, era impossibile si fosse dimenticato di venirlo a svegliare. Il conte si alzò perplesso, e rimase sorpreso non poco notando che, nell’atto di scendere dal letto, non aveva avuto bisogno di aiuti, in quanto arrivava benissimo a toccare terra. Che fosse finalmente cresciuto di qualche centimetro? Da un giorno all’altro non poteva essere.
Ciel si mosse nell’oscurità della stanza, dirigendosi verso la grande finestra che dava sul giardino del maniero, in modo da far entrare un po’ di luce. Quale fu il suo stupore quando, al posto della finestra, vi trovò la parete!
Era piuttosto sicuro di non aver assunto alcolici la sera prima, non era ancora in età. E se lo aveva fatto, inconsciamente. Come poteva confondersi così, se in quella casa ci aveva vissuto fin da quando era nato? La conosceva a pennello.
Avanzò tentoni lungo la parete, quando finalmente trovò qualcosa che somigliava a una finestra. E improvvisamente si rese conto di non essere a casa sua. Il letto troppo basso e duro, la finestra che di colpo si trovava dall’altra parte della stanza e per giunta si era rimpicciolita…
Dopo qualche tentativo, riuscì ad aprirla.
Il panorama che si trovò davanti quasi lo fece svenire.
Ciò che si stagliava fuori da quella che ora appariva essere la sua abitazione, non era il giardino di villa Phantomhive, e neppure le strade ordinate e buie di Londra che poteva scrutare dalla sua residenza in città.

Sembrava essere tornato secoli indietro, nel Medioevo. Davanti ai suoi occhi si stendeva per chilometri una città a lui sconosciuta, dalla conformazione caotica. Le case che riusciva a scorgere dal secondo piano dove si trovava erano rozze, mal costruite, e ammassate le une alle altre. Lo facevano sentire un topo in trappola.
Le strade claustrofobicamente strette emanavano un fetore che avrebbe sentito anche con il raffreddore. Per lo meno, era una bella giornata soleggiata, con una lieve brezza che spirava da est. Ci sarebbe mancato solo che piovesse, per coronare quel risveglio da incubo.
Le sue teorie furono ulteriormente rafforzate quando si girò e osservò attentamente la stanza in cui era finito chissà come: era almeno dieci volte più piccola della sua, spoglia. All’interno, solo qualche cosa essenziale: un letto mal ridotto, un misero comodino di legno grezzo e un catino con dell’acqua per risciacquarsi. Ciel vi si avvicinò, lo prese e se lo buttò letteralmente in testa, sperando che questo avesse cambiato qualcosa, che fosse tutto solo un sogno, che stesse smaltendo una sbornia indesiderata…
Purtroppo rimase tutto com’era prima. La stanza, il letto, la piccola finestra, e quella città orribile, dalla quale voleva scappare, perché sapeva che se avesse messo piede fuori da lì lo avrebbe inghiottito.
Stava per ricorrere a misure drastiche, quando notò, appoggiato al comodino, un biglietto di carta.
Lentamente lo prese in mano, lo aprì e lesse ciò che vi era scritto.

“Buongiorno signorino. Spero abbiate dormito bene. Se state leggendo questo biglietto vorrà dire che sarò ancora fuori.”
“Sebastian! Allora non sono solo in questo luogo!” esclamò con sollievo Ciel, tremando per l’acqua che scorreva lungo la sua schiena.
“Mi dispiace per tutto ciò che sta accadendo, ma nemmeno io sono padrone della situazione questa volta. Mi sono risvegliato come voi in questa casa che non conosco, non sapendo ne perché, ne come ci siamo finiti. Al momento mi trovo in città. Sto raccogliendo informazioni riguardo il posto dove ci troviamo dagli abitanti.
Nel frattempo, vi ho preparato un catino con dell’acqua e al piano inferiore troverete la colazione e degli abiti puliti. Mi scuso in anticipo se ciò non sarà di vostro gradimento, ma ho dovuto adeguarmi alla moda cittadina.
Spero riusciremo a risolvere la questione in poco tempo e a tornare sani e salvi alla magione. A dopo, bocchan
Sebastian”


L’umore di Ciel era migliorato un po’. Almeno il suo maggiordomo non l’aveva abbandonato. Forse era per via del contratto. Lui non l’avrebbe mai abbandonato, ne era sicuro. D’altronde, di cosa avrebbe dovuto aver paura, con Sebastian al suo fianco? Lui era Ciel Phantomhive, il cane da guardia della Regina Vittoria, non aveva mai perso una partita.
Dovunque si trovassero, erano uniti da un legame indissolubile. Ogni volta che Ciel l’avrebbe chiamato, Sebastian sarebbe accorso.
Era un demone troppo ingordo per lasciar fuggire così la sua preda.
Con questi pensieri, il conte si apprestò a scendere per la colazione, chiudendo con discrezione la porta della camera dietro di sé.
   
 
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