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Autore: keinit    30/12/2015    2 recensioni
L'Arkengemma ancora dispersa, la guerra alle porte. Ma qualcosa scatterà tra Thorin e Bilbo
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La sala del tesoro è un buon posto in cui perdersi




« Cercatela! » gridò la voce fiera di Thorin figlio di Thrain figlio di Thror « chiunque provi a tenerla per sé, dovrà vedersela con me! » Il Re Sotto la Montagna pareva furibondo, i suoi ordini rimbombavano per le sale ora non più così vuote di Erebor, ma ancora non si trovava l'Arkengemma.

Le mani dell'unico Hobbit in quella compagnia prevalentemente nanica ( salvo la sporadica presenza dello stregone Gandalf ) si ritrovarono doloranti e piene di escoriazioni a furia di “scavare” nel Tesoro Reale che era stato per lungo tempo giaciglio del drago Smaug, ora sconfitto dal valoroso Bard.

Se solo sapesse! “ si disse Bilbo, fingendo di scambiare per il Cuore della Montagna un grosso zaffiro “ Se solo sapesse che la pietra è nel mio cuscino! “
 

*


Venne un giorno in cui: « Bard l'Arciere è alle porte! »

Difatti, il nuovo Re di Dale voleva parlare col nano da lui stesso aiutato, senza il quale aiuto i nani non sarebbero di certo sfuggiti alle grinfie degli Elfi Silvani. Parlava delle condizioni del suo popolo, di come fosse affamato ed avesse urgente bisogno che le promesse del Re Sotto la Montagna venissero mantenute ed in fretta. Ma Thorin si volse, intimandogli di andare via. E l'Uccisore del Drago andò via, cominciando a covare in cuor suo del risentimento.

« Finché l'Arkengemma non sarà trovata » sentirono dire al figlio di Thrain, i suoi compagni d'avventure « nessuno metterà piede ad Erebor, né vi uscirà! »

Una sensazione di crescente oscurità permeava quel luogo un tempo tanto sperato: la Malattia del Drago aveva colpito il giovane erede al trono come tempo addietro colpì il vecchio Thror e ne causò la disfatta. Com'era possibile che Thorin il valoroso, Thorin il mirabile guerriero, il nano che tanto a lungo aveva patito in attesa della riconquista del suo regno natio, si rimangiasse una promessa di tali proporzioni?

Osservando la testa incoronata andare via, nuovamente verso la camera del tesoro, Bilbo Baggins si pentì d'aver lasciato la Contea.

 
*


« Mastro scassinatore! » chiamò il Re Sotto la Montagna col suo tono cavernoso e profondo, ottenendo l'effetto di far raggelare il sangue al povero Hobbit indaffarato a contemplare la ghianda che aveva preso dal giardino di Beor. Era sera, ed i nani provavano e lavoravano alle corazze trovate nelle fucine per adattarle a se stessi. Quella di Thorin era di evidente fattura regale, e sul capo vi scintillava la corona dei suoi avi; Bilbo aveva scelto di restare in disparte da tutto quello, vedendo quel prepararsi alla battaglia come il tentare coscientemente un vero e proprio suicidio.

Nascondeva ancora la Gemma nel cuscino, rimuginando sul da farsi con quella pietra che brillava come nient'altro ad Arda faceva da tempi quasi dimenticati, di cui si udivano canzoni solo presso le corti degli elfi. Lo hobbit aveva trovato un posto comodo ed appartato su di una scala nelle vicinanze della Sala del Tesoro, in parte crollata a causa di un repentino colpo di coda del precedente occupante del castello.

La regale figura del nano gli fu davanti ed oscurò con la sua mole, ingigantita dall'armatura prominente, parte della luce che le torce riuscivano a creare.

« Thorin, mi cercavi? » disse Bilbo tenendosi il cuore palpitante dallo spavento, trattenendosi dall'inveire contro il già nervoso in quei giorni nano.

« Vorrei parlarti, ma non qui. Seguimi, hobbit. »

Il mezzouomo dovette mettere da parte l'istinto di replicare che un nome lo aveva, per tener dietro al Re Sotto la Montagna: seppur ricoperto da una pesante armatura, quest'ultimo stava raggiungendo a grandi falcate la porta che dava alla stanza del tesoro. La porta venne spalancata per abbagliare i due con lo scintillio dell'oro e dei preziosi presenti: armi, armature ed oggetti elfici accatastati da una parte mentre il manto di monete e coppe aure si estendeva a perdita d'occhio. Uno spettacolo che avrebbe avuto dell'incredibile, se il ricordo di Smaug non fosse ancora vivo in Bilbo Baggins, che rabbrividiva ogni volta che passava vicino a quella porta.

La porta venne chiusa dal re alle loro spalle, tenuta bloccata da un intricato sistema di chiavistelli azionato da un semplice gesto della mano. Thorin superò l'altro e si incamminò lungo un sentiero creato attraverso quella ricchezza fino a trovarsi al centro di quelle colline preziose che riflettevano come dei soli, quando una torcia vi passava vicino.

« Beh, direi che siamo abbastanza soli... Di cosa mi volevi parlare? » chiese lo hobbit ispezionando tutt'attorno alla ricerca di... qualcosa per difendersi in caso di necessità. Non erano rari gli scatti d'ira del re contro chiunque lo circondasse, accusato di aver rubato l'Arkengemma per motivi ignoti. Ma Bilbo ancora non era stato accusato, e ciò faceva temere al mezzuomo il peggio.

« La pietra non si trova qui. Lo sai tu come lo so io. Qualcuno l'ha presa, Mastro Baggins »

Quello scudo d'oro, improvvisamente, parve molto invitante.

« Ah, sì..? E chi potrebbe averla presa? » Sudore freddo cominciò ad imperlargli la fronte, per fortuna nascosto dai riccioli ribelli che gli coronavano il capo.

Thorin fece un passo avanti repentino, che portò l'altro a schiacciarsi contro la parete d'oro: decisamente quella non era una via d'uscita, aveva calcolato male le distanze tra sé ed il sentiero.

« È quello che voglio scoprire, ma non posso farlo da solo... » il braccio guantato dall'armatura si tese, la mano che portava l'anello col simbolo della casata si posò sulla guancia, ora meno paffuta rispetto a com'era prima di quel viaggio, di quello hobbit in trappola. « Ho bisogno di un alleato, Mastro Scassinatore; uno come te. »

Una risposta sarcastica stava per giungere dalle labbra di Mastro Baggins per ricordare all'altro che il proprio nome non era “scassinatore” ma Bilbo; queste, però, vennero bloccate.

Altre labbra premettero sulle prime cui ancora aleggiava una smorfia annoiata; una lingua tentò di forzare l'accesso alla bocca dell'hobbit che, sconvolto da quel gesto inaspettato, non oppose resistenza.

Quando si rese conto di quel che stava succedendo, oramai era troppo tardi: il proprio corpo reagì prima della propria mente, abbandonandosi e facendosi trasportare da quel contatto che inconsciamente aveva desiderato.

Erano scampati ai troll, che pianificavano di mangiarli; ai Goblin che volevano consegnarli ad Azog; ai ragni di Bosco Atro, alle fauci di Smaug il Dorato e a pericoli innumerevoli che ancora tornavano alle loro menti di tanto in tanto. Molte volte si erano detti perduti, uscendone per il rotto della cuffia grazie allo hobbit ed al suo anello magico o grazie alla forza ed all'astuzia del nano ora coronato d'oro, com'era suo sogno da tempo immemore.

Delle monete caddero loro attorno; Bilbo poteva giurare che una di quelle gli era finita sulla testa, cadendo sui lastroni di pietra ai suoi piedi quanto il suo viso s'inclinò in favore dell'assalto del Re, che con bramosia reclamava quel corpo caldo e minuto che si trovava di fronte. Coppe seguirono la pioggia aurea quando, con forza, il nano afferrò le gambe dell'altro e lo alzò; quelle stesse si agganciarono ai suo fianchi coperti dall'armatura, tentando di far pressione così da non precipitare contro gli oggetti preziosi che di tanto in tanto perdevano il loro posto dalla parete dorata.

Chissà che rumore, se dovesse cadere tutta! Di certo se ne sarebbero resi conto gli altri nani, ancora intenti a pianificare una battaglia che non avevano speranza di vincere, e lo sapevano...

Il tempo scorreva inesorabile mentre i due corpi sudati si cercavano, svestivano, sfioravano e finalmente si raggiungevano. Una languida scia di baci marchiava le loro pelli in modo invisibile, mentre le unghie dello hobbit rigavano la schiena del nano nel vano tentativo di trovare un appiglio, per non lasciarsi sopraffare e annegare in quegli occhi socchiusi a lui dedicati. Gemiti, ansiti, sussurri riempirono la sala delle coppe dorate, dei troni aurei, delle armi elfiche e dei mille tesori a lungo conservati da quelle mura di pietra. Qua e là potevano notarsi degli oggetti schiacciati dalla mole del drago che vi dormiva nel mezzo, ma quei due amanti non se ne avvidero mai.

Invece che contro la fredda parete scintillante, i due corpi che si erano svestiti l'un l'altro con una foga mirabile si erano accasciati su di una pila di tappeti pregiati: di certo un luogo molto più comodo rispetto al cumulo d'oro per esserne premuti contro dalla stazza di un nano.

La barba dell'altro solleticava le guance ed il collo dello hobbit, quando questi si chinava a baciare la candida pelle ora privata dalla protezione degli abiti che giacevano su di un candeliere fortunatamente spento. Non era stato imbarazzante privarsene, come aveva temuto mentre fantasticava sugli scenari più fantasiosi e talvolta assurdi che avrebbero portato quei due compagni d'avventura, tanto diversi, a ritrovarsi uniti; ci sarebbe da dire che, nelle fantasticherie di Bilbo, vi erano sempre un letto caldo e mille preoccupazioni in meno.

« Bilbo » chiamò la voce roca di Thorin, mentre la sua mano si portava sulla guancia glabra dello hobbit e prendeva a carezzarla. « Guardami »

Due vitrei occhi blu come lapislazzuli si aprirono e guardarono in direzione del Re Sotto la Montagna, perdendosi in quelli grigi come l'acciaio della cotta di maglia che fino a poco prima indossava. Questi ultimi si richiusero quando, mentre la fronte coperta di capelli corvini del nano si posava nell'incavo tra collo e spalla del moro sotto di lui, Thorin si spinse all'interno del corpo minuto dello hobbit.

Calore.

Un intenso calore si irradiò dal punto di congiunzione trai due corpi sino a divampare come un fragoroso incendio in tutto il loro essere, divorando col loro fuoco i confini che si erano imposti in quella loro travagliata amicizia e lasciando posto ad una dirompente passione che oscurò le loro menti.

Si trovarono stretti, avvinghiati ad un disperato bisogno di sentirsi completare l'uno dall'altro: unica luce in quei tempi oscuri che gravavano sulle loro teste come spade tenute da un esile crine di cavallo.

Il presente era certo, il futuro ancora indefinito; nella sala del tesoro due uomini consumavano quella vorace unione quasi che quello fosse il loro ultimo giorno su quella terra...e forse non erano troppo lontani dalla realtà.



 
   
 
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