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Autore: Kary91    04/01/2016    5 recensioni
[One-Shot (700 parole) | Post-Rivolta | Gale!centric]
Gli piace la pioggia.
Se lo ripete ancora una volta, mentre si allontana dal Palazzo di Giustizia con i pugni serrati e le gocce gli inumidiscono i capelli.
Gli piace perché ne ha bisogno, perché sono mesi che si sente sporco – sporco dentro – anche se le sue mani non sono più macchiate del nero del suo Distretto.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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Premessa: questa storia è stata scritta per il Drabble Event “We are out for Prompts”. Il prompt mi è stato assegnato da Chara ed è “Gale Hawthorne – Voleva solo tornare a quando le sue mani erano sporche di carbone.”

 

«Il cielo non fa tante storie. Sta sopra la testa di tutti, buoni e cattivi.»

Devil May Cry

 

La Pioggia non fa Distinzioni.

 

Gli piace la pioggia.

Gale lo pensa mentre attraversa con passo deciso il viale che porta al Palazzo di Giustizia del Distretto 2, solo all’incontrario: lì ci è appena stato e in cambio ha ottenuto una medaglia; il pezzo di metallo che gli brucia nella tasca sinistra dei pantaloni, nonostante sia gelido. Un premio per i servigi resi alla Repubblica di Panem con l’aiuto fornito all’esercito di Ribelli. Una medaglia come quella che aveva ricevuto anche quando la stessa Panem aveva condannato al macello suo padre, mandandolo a lavorare nell’inferno delle miniere. Una medaglia per lui, che ha ucciso persone innocenti come suo padre proprio nel Distretto 2. Persone con le mani perennemente sporche di carbone, proprio come lui. Buffo come certe volte i dettagli più importanti finiscano nel dimenticatoio…

Gli piace la pioggia.

Se lo ripete ancora una volta, mentre si allontana dal Palazzo di Giustizia con i pugni serrati e le gocce gli inumidiscono i capelli.

Gli piace perché ne ha bisogno, perché sono mesi che si sente sporco – sporco dentro – anche se le sue mani non sono più macchiate del nero del suo Distretto.

Anche se le strade in cui ormai passeggia quotidianamente sono pulite e le miniere sono solo un ricordo tagliente, conficcato nella sua mente.

Ha i vestiti in ordine, Gale, il viso sbarbato e la camicia immacolata, eppure specchiandosi nei riflessi delle vetrine non vede altro che chiazze rosse. Sulle sue dita, sui suoi vestiti.

Macchie che non vengono via – errori che ha commesso e che adesso è costretto a caricarsi sulle spalle ogni giorno, di fianco al fardello occupato dal bisogno di vendicare la povertà della sua gente e la morte di tutti gli innocenti del suo Distretto. Di tutti i ragazzini mandati al macello come bestie, anno dopo anno. Il frequente ammalarsi di suo fratello di mezzo, l’innocenza perduta troppo presto di Rory, lo sguardo spento di sua madre dopo la perdita dell’unico vero amore della sua vita.

Quei pesi dovrebbero essere andati via, ormai, eppure lui li avverte ancora assieme a quello delle macchie che porta addosso.

Una mano gli scivola nella tasca sinistra e rabbrividisce al contatto con il metallo freddo – ma che brucia, violento come un’ esplosione. Tira fuori la medaglia e insegue con lo sguardo il lieve riflesso del suo volto rassegnato attraverso il bagliore dorato. E pensa: pensa che vorrebbe solo tornare a quando le sue mani erano sporche di carbone e il nero non veniva mai via, ma non aveva importanza. Il nero era il marchio della gente del Giacimento, significava dedizione e lavoro.

Il rosso che si sente addosso, invece, significa morte. Significa ‘hai sbagliato tutto e adesso paghi’. È tradimento, rimorso e perdita.

Quando era piccolo suo padre gli aveva raccontato che la polvere di carbone non era altro che il pianto del buio; le sue lacrime scivolavano giù dal cielo per tenere compagnia alle altre persone che soffrivano. Alle persone del Giacimento, che pur essendo tante si sentivano spesso sole e avevano bisogno dell’abbraccio della notte più di tutti[1].

Gale era una persona del Giacimento, ma ha smesso di esserlo quando un nugolo di paracaduti argentati ha seminato la morte in mezzo a centinaia di bambini. Ha smesso di esserlo quando la persona che aveva giurato di proteggere e liberare è morta sotto gli occhi della ragazza a cui aveva giurato che se ne sarebbe preso cura.

Così adesso ha le mani pulite e l’anima sudicia e piange da solo: nemmeno il buio vuole più mescolare le sue lacrime con lui.

Soffre da solo e tiene ancora fra le mani quella medaglia, che non fa altro che ricordargli quanto abbia perso nel corso degli ultimi mesi.

Non vuole meriti, lui. Non vuole menzioni. Per questo, quando scova il primo ammasso di sacchi della spazzatura, getta con violenza il pezzo di metallo dentro uno di questi.

Si sente meglio, così. Ancora sporco, ma un po’ meno pesante.

E riprende a camminare, il passo deciso e le mani pulite, ma macchiate sottopelle.

Cammina da solo, il volto e i capelli inumiditi dalle gocce che ancora scendono.

Forse è per questo che gli piace così tanto la pioggia: a lei non importa di mescolare le proprie lacrime con quelle di un assassino.

 

Note Finali.

Ovviamente – e qui va specificato, perché non si sa mai – io non credo affatto che la colpa di ciò che è successo a Capitol City vada attribuita a Gale: è lui che si sente in colpa e si dà dell’assassino per via di tutto ciò che è accaduto durante la Rivolta. *coccola il bel soldatino* Grazie infinite a Chara per il bellissimo prompt!



[1] Riferimento alla flash-fiction “Le Lacrime del Buio”.

   
 
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