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Autore: Tigre Rossa    04/01/2016    4 recensioni
Quando tutto il tuo mondo ti crolla addosso, a te non resta altro che aggrapparti all’unica persona che non puoi lasciare andare.
Textfic Modern AU - Bagginshield – Multicapitolo breve
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Thorin Scudodiquercia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Comatose


Luce

 


 

A:Thorin – 01:18 Domenica 27 novembre

Ecco. Adesso è esattamente un anno. Un anno da quando Bofur mi ha detto che eri in ospedale. Un anno da quando il mio mondo è crollato. Un an-

 

No. Non ce la faccio. Pensò sconfortato Bilbo, distoglievo lo sguardo dallo schermo del suo cellulare.

Era seduto, come ogni giorno da ormai un anno, accanto ad un freddo letto d’ospedale, dove riposava, immobile ed incosciente, il suo Thorin.

Thorin, l’uomo di cui si era innamorato praticamente dalla prima volta che l’aveva visto, più di dieci anni prima. L’uomo a cui aveva donato il suo cuore, a cui aveva legato la sua felicità e che ora, per quanto fosse vicino, era irraggiungibile, il bilico su un filo sottilissimo che poteva spezzarsi da un momento all’altro.

Era lì, così lontano ed allo stesso tempo così vicino. Il suo volto pallido era lo stesso di sempre, anche se più scavato e i profondi occhi color ghiaccio erano eternamente coperti da quelle palpebre sottilissime che lo scrittore conosceva a memoria. I capelli, una volta lunghi fino al petto, erano tagliati cortissimi, così come la barba, ed era stato lui stesso, più di una volta, ad aiutare gli infermieri a tenerli così. Gli piaceva sapere che in qualche modo riusciva a prendersi cura di lui, nonostante tutto. La bocca, che tante volte nel breve tempo passato insieme aveva sfiorato la sua, era coperta da una mascherina che garantiva il giusto quantitativo di ossigeno a tutto il corpo.

Thorin era in coma da ormai un anno. Un tempo troppo lungo per chiunque, dannatamente troppo lungo. Ora le speranze che avevano li avevano sorretti durante quei lunghi mesi erano sparite quasi del tutto, lasciando solo paura e dolore. Bilbo continuava ancora ad aggrapparsi con le unghie e con i denti alla certezza che si sarebbe svegliato, ma ormai anche per lui era diventato troppo difficile.

Era stato forte, Bilbo. In tutti quei mesi non aveva mai ceduto completamente allo sconforto, aveva sempre creduto in Thorin, nel suo risveglio, anche nei momenti più difficili. Aveva resistito, era rimasto sempre presente e sempre pronto a risollevare la sua famiglia ed a donargli coraggio, anche quando il suo non bastava nemmeno per lui.

Aveva creduto, quel piccolo uomo innamorato. Aveva stretto la mano del suo compagno per tutti quei interminabili mesi, senza mai accettare l’idea che forse non avrebbe mai sentito restituirgli la stretta. Era andato avanti, ma non aveva mai lasciato indietro la persona a cui più tenesse. Aveva combattuto, per gli altri e per lui.

E, soprattutto, non aveva mai pianto. Mai, nemmeno nei momenti peggiori, quando aveva saputo della sua condizione, quando era stato il suo compleanno, quando aveva scoperto che Thorin voleva chiedergli di sposarlo la sera stessa del suo incidente. Aveva sempre ricacciato indietro le lacrime, sapendo che lui avrebbe voluto così, l’avrebbe voluto forte, e che doveva esserlo a qualunque costo.

Ma adesso. . .

 

Lo scrittore sospirò, mentre si allungava per stringere nella mano libera quella fredda del compagno.

Un anno.

Era passato un anno dall’ultima volta che aveva incontrato i suoi occhi, visto il suo sorriso, sentito la sua voce. Tutto gli era stato strappato via così all’improvviso e così velocemente che il suo cuore sanguinava al solo pensiero di ciò che aveva avuto e che avrebbe potuto avere e gli era stato negato. In quei mesi infiniti aveva lottato contro quel dolore e si era fatto forza con piccole cose, semplici ma potenti. Aveva fatto sorridere i nipoti di Thorin, Fili e Kili, che considerava ormai quasi come dei fratelli minori, era stato al fianco dei fratelli e dei cugini Durin, deciso a combattere quella battaglia senza fine con loro, si era aggrappato al passato, deciso a non dimenticare il bello che c’era stato, aveva continuato a lavorare nella speranza che le parole potessero sollevargli l’animo. E, soprattutto, era rimasto sempre accanto al letto di Thorin, silenziosa sentinella del suo sonno di morte, a tenergli la mano, ad accarezzargli i capelli, a sfiorargli il volto. Ed a scrivergli. Si, gli aveva scritto, durante quel lungo calvario. Tanto, forse troppo. Brevi messaggi, a volte leggeri, a volte così forti da far tremare anche il più intrepido dei cuori. Corti sms in cui aveva riversato paure, speranze, frammenti di vita, ricordi, preghiere, destinati sempre e solo a lui. Li aveva scritti e poi, seppur con un poco di difficoltà, li aveva letti ad alta voce, nella speranza che le sue parole potessero raggiungerlo ovunque egli fosse. Non era mai riuscito a parlargli direttamente, all’infuori delle parole digitate con cura sullo schermo del suo cellulare. Non sapeva perché. Era una cosa che, semplicemente, non riusciva a fare, come mettere via le sue cose, arrendersi al pensiero che non sarebbe più tornato indietro da lui, o smettere d’amarlo. Non poteva, e basta. Forse perché sapeva che parlargli veramente e poi non riceve risposta lo avrebbe spezzato in modo definitivo, gli avrebbe dato il colpo finale, la ferita dal quale non sarebbe più riuscito a guarire, e lui questo non poteva sopportarlo.

Ma adesso, non ce la faceva più. Non riusciva più a scrivergli, a scrivere quelle parole che gli si erano impigliate nel cuore e che lo stavano soffocando ad ogni battito. Non poteva più aggrapparsi a quello schermo luminoso per sopravvivere.

Però, doveva dirglielo. Doveva dire quello che gli stava straziando l’anima. Glielo doveva, e lo sapeva.

 

Bilbo rimase per qualche minuto a guardare il viso del corvino, gli occhi azzurri stanchi ma ancora tremendamente innamorati. Si mordicchiò l’interno della guancia, e si costrinse a far scivolare il cellulare in tasca ed a prendere con entrambe le mani quella di lui.

Fece un grande respiro, e poi iniziò a parlargli davvero, per la prima e, molto probabilmente, l’ultima volta.

 

“Ciao, Thorin.” sussurrò piano, la voce roca e tesa, accarezzando appena con i polpastrelli le nocche ruvide dell’altro “Sai, in questo momento non sto leggendo niente. Nessuno dei mie chilometrici messaggi, nessuno dei mie bei pensierini preconfezionati, come li chiamavi sempre da ragazzo. Ti sto parlando, beh, direttamente. Nessun sms, nessuno schermo, questa volta. Solo io e le mie parole. Non so quanto tu possa sentire di ciò che dirò, anzi, non so nemmeno se puoi davvero sentirmi. Ma voglio provare a parlarti, ancora una volta. O forse è meglio dire almeno una volta.”.

Si fermò, cercando di calmarsi e di chiarire, almeno dentro di sé, quell’uragano di frasi, sussurri ed emozioni che gli stavano sconvolgendo la testa, e che doveva buttare fuori nel modo più delicato e corretto possibile.

“Oggi . . . oggi è esattamente un anno. Un anno da quando Smaug ti ha accoltellato, un anno da quando Bofur mi ha cercato nel mezzo della notte per dirmi che eri in ospedale, un anno da quando sei finito in coma. “ la sua voce si spezzò, e Bilbo dovette costringersi a controllala ed andare avanti, stringendo più forte quella mano fredda come se fosse l’unica cosa che poteva aiutarlo a restare intero.

“È passato un anno da quando tutto è bruciato davanti ai miei occhi, senza che potessi fare niente per impedirlo. Sono successe tante cose, ed allo stesso tempo tutto si è fermato, come se senza di te la vita non esistesse.

Io sono rimasto qui, ad aspettarti, anche se tutti avevano detto che difficilmente ti saresti risvegliato, anche se sapevo che le probabilità erano tutte a nostro sfavore. Sono rimasto qui, al tuo fianco. In fondo, cos’altro avrei potuto fare? Tu sei l’altra faccia della medaglia, Thorin, l’altra parte di me, il mio cuore e la mia forza. Sei tutto ciò che ho di più caro, e per cui sarei disposto a sacrificare tutto. E credo che tu lo sappia, per quanto non te l’abbia mai detto così esplicitamente. Tu hai sempre capito tutto di me, in fondo.” Per un attimo, gli sembrò quasi di sentire le dita immobili di Thorin sfiorare le sue. Bilbo deglutì, cercando di ricacciare indietro questa dolorosa illusione, e continuò, simulando una voce sicura e decisa.

“Come avrei potuto lasciarti da solo ad affrontare tutto questo? Ma nemmeno per sogno. Mi sono detto che, anche se c’era una sola, effimera speranza di riaverti indietro, io avrei combattuto per essa e non avrei smesso di sperare. Dopotutto, sapevo che tu avresti fatto la stessa cosa, al mio posto. Così, sono rimasto qui, per mesi e mesi, continuando a sperare, infischiandomene del tempo, dei medici e di tutto il resto. Pensando solo a te.

È passato il tempo, ed ho dovuto fare i conti con quello che ti sei lasciato alle spalle. Ovunque guardavo, vedevo te, i tuoi occhi, il tuo sorriso, il futuro che avremmo potuto avere insieme. Ho saputo dei tuoi progetti spezzati, e di quell’anello che non hai mai avuto modo di darmi. Ho dovuto confrontarmi con i limiti dell’uomo, con la crudeltà del caso, con l’impossibilità di cambiare il destino di coloro che si amano.”

Si morse il labbro, cercando di mantenere la voce ferma “Molti non capiscono come faccia a tenere duro, dopo tutto questo tempo. Anche la tua famiglia mi osserva con  qualcosa misto tra stupore e compassione. Ma ho resistito, perché noi ne valiamo la pena, tu ne vali la pensa. Tu vali qualsiasi attesa, qualsiasi sacrificio, qualsiasi sofferenza. E mi dispiace di avertelo detto solo ora, quando probabilmente non puoi nemmeno sentirmi, e tutto è crollato, e niente tornerà più come prima. Avrei voluto farlo prima. Avrei voluto poterti dire di persona che ti amavo, quella maledetta sera di tanti mesi fa. Avrei voluto abbracciarti, e baciarti, ed accettare con tutto il mio cuore quella proposta che mai mi sarei aspettato, e restare con te per sempre. Ma non ne ho avuto l’occasione. Mi sei stato portato via, Thorin, troppo presto, ed adesso sei lontano, in un limbo da cui non posso venirti a prendere, in un luogo dove non posso raggiungerti.”

Dovette fermarsi, ora, perché le prime lacrime da molto tempo iniziavano a premere per uscire, e lui non voleva permettergli di farlo, perché sapeva che non sarebbe riuscito a continuare, dopo. Chiuse gli occhi, con forza, e la sua voce vacillò quando riprese a parlare.

S-sai che ho difficoltà in queste cose. Cielo, tu sai tutto di me. Sai che mentre dormo mi tiro la coperta tutta dalla mia parte, sai che odio essere preso in giro per la mia altezza, sa che amo leggere seduto davanti al fuoco ed avvolto nelle tue braccia, sai che quando scrivo canticchio sempre tra me e me la ninna nanna di mai madre, l’unica cosa che mi è rimasta di lei e che ti ho insegnato senza nemmeno pensarci, poco tempo dopo il nostro primo incontro. E soprattutto, sai che io, senza di te, non sono niente. Che ho bisogno di te per andare avanti. Che non posso farcela da solo. I-io. . .”

Un singhiozzo gli sfuggì dalla gola, e lo scrittore si coprì la bocca con una mano, forzando di nuovo gli occhi chiusi. No, non doveva piangere. Non doveva.

Si lascò scivolare lentamente e con delicatezza contro il corpo freddo del compagno e poggiò la propria testa sul suo petto, come se quel pallido contatto potesse in qualche modo donargli la forza di cui aveva bisogno.

“Solo, torna indietro. Torna da me, Thorin. Ti prego.”.

Una lacrima, una sola, gli scivolò lungo la guancia, silenziosa e gelida perla di dolore, ma Bilbo la lasciò fare, gli occhi chiusi ed il cuore stretto in una morsa. Restò lì, immobile, una mano poggiata sul petto del suo amore perduto e l’altra ancora stretta attorno alla sua, per quelle che furono ore, o forse qualche decina di minuti, ma che a lui parvero secoli interminabili.

E poi, la sentì.

 

“B-Bilbo . . .”

 

Una voce.

Una voce roca, impiastrata ed affaticata, che pronunciava il suo nome.

Una voce stanca ed in difficoltà, ma familiare, spaventosamente familiare.

Una voce che dubitava avrebbe mai più udito.

 

Non può essere.

 

L’uomo spalancò gli occhi e, dopo un momento di esitazione, sollevò la testa, il cuore che gli martellava come un tamburo impazzito nel petto.

Gli occhi color del ghiaccio di Thorin, stanchi, confusi ma aperti, finalmente aperti, incontrarono per la prima volta dopo mesi i suoi.

Bilbo si alzò di scatto, portandosi una mano alla bocca, stupefatto ed incredulo.

“Thorin...” sussurrò, come se avesse paura che non fosse reale, che fosse tutto solo una crudele illusione della sua anima stanca e sofferente.

Quando l’uomo steso nel letto lo sentì pronunciare il suo nome i suoi occhi si illuminarono, ma dopo qualche secondo iniziò ad agitarsi e tentò di muoversi, per poi essere fermato con dolcezza dalla mano del compagno sulla sua guancia.

“No, non muoverti. Resta fermo. H-hai . . . dormito per molto tempo, ma ora stai bene. Andrà tutto bene, vedrai.” mormorò Bilbo, accarezzandogliela delicatamente per calmarlo e reprimendo l’istinto di stringerlo forte a sé e di non lasciarlo più andare. Mai più.

Thorin gli restituì lo sguardo, e dentro quelle pallide pupille lo scrittore vide riflesso il suo stesso sollievo e la stessa tempesta che gli stava sconvolgendo l’anima, più qualcosa che da tanto, troppo tempo aveva perso.

 

Si, ora tutto sarebbe andato bene.

 


 

A:Frerin 02:00 Domenica 27 novembre

Si è svegliato! Thorin si è svegliato!

 

A:Bilbo 02:05 Domenica 27 novembre

Che cosa?!

 

A:Frerin 02:07 Domenica 27 novembre

Thorin . . . gli stavo parlando ed all’improvviso ha aperto gli occhi ed ha detto il mio nome! I medici lo stanno controllando in questo stesso momento, ma sembra che non ci siano gravi complicazioni a livello celebrale e fisico.

 

A:Bilbo 02:09 Domenica 27 novembre

Oddio, non posso crederci! Avviso gli altri e ti raggiungiamo entro mezz’ora all’ospedale.

 

A:Frerin 02:10 Domenica 27 novembre

D’accordo, vi aspetto.

 

A:Bilbo 02:12 Domenica 27 novembre

Cielo, questo è un miracolo.

 

A:Frerin 02:15 Domenica 27 novembre

Si, lo è.

 


 

Il dottor Grey si passò una mano sul volto, trattenendo a stento un sorriso.

“Non ci avrei mai creduto, se non l’avessi visto con i miei occhi.” disse, la voce profonda e stanca piena di calore “Un anno di coma e nessuna speranza di risvegliarsi ed ecco che, contro qualsiasi stima medica, il più grave comatoso del nostro ospedale riapre gli occhi senza nessun grave danno al sistema nervoso o alle funzioni vitali. È incredibile. Semplicemente incredibile.”.

Bofur, che era corso quando aveva ricevuto la chiamata di Bilbo, avvisando il resto del personale sanitario, ed aveva aiutato il medico a fare gli ultimi controlli, scosse la testa.

“Forse, o forse no.” rispose, gli occhi che gli brillavano di gioia “Lei non conosce Thorin Scudodiquercia come lo conosciamo Bilbo, la sua famiglia od anche io stesso. È il più ostinato e testardo degli uomini, e non sa rinunciare od arrendersi. Se decide di fare qualcosa, può compiere degli autentici miracoli per poterci riuscire. E se vuole qualcosa, è capace di tornare dal mondo dei morti per ottenerla. E qui c’era qualcosa che non avrebbe mai abbandonato, comatoso o meno che fosse.”.

I suoi occhi grandi e pieni di affetto corsero alla porta della stanza, da cui poteva scorgere Thorin, adesso vigile e lucido, circondato da tutta la sua famiglia, ma la mano ben stretta attorno a quella di Bilbo e gli occhi che non si staccavano dai suoi nemmeno per un secondo.

Il dottor Grey seguì il suo sguardo e, capendo cosa l’infermiere volesse dire, sorrise.

 


A: Bilbo – 09:00 Domenica 27 novembre

Bilbo, sono Bard. Ho saputo da Tauriel che Thorin si è risvegliato.

 

A: Bard – 09:05 Domenica 27 novembre

Si, ha aperto gli occhi stanotte.

 

A: Bilbo – 09:10 Domenica 27 novembre

Come sta? Cosa hanno detto i medici?

 

A: Bard – 09:20 Domenica 27 novembre

Incredibilmente, sta bene. Nessun danno alle funzioni celebrali, nonostante tutto il tempo che è rimasto in coma, e i muscoli sono ovviamente addormentati e lo saranno ancora per un bel po’, ma non è niente a cui la fisioterapia non può porre rimedio. Può già parlare, anche se poco, e muovere un po’ le mani. Ha chiesto che cosa gli è successo, e quando gli abbiamo spiegato tutto è rimasto per un secondo senza parole, per poi iniziare ad aggredire Smaug con le più fantasiose maledizioni che mente umana possa inventare, per cui direi che è già ampiamente in via di guarigione.

 

A: Bilbo – 09:22 Domenica 27 novembre

Wow, è fantastico.

 

A: Bard – 09:25 Domenica 27 novembre

Già, è vero. Puoi venirci a trovare quando vuoi, ci farebbe davvero piacere.

 

A: Bilbo – 09:27 Domenica 27 novembre

Verrò senz’altro, promesso. Adesso cosa farai, resterai in ospedale o...?

 

A: Bard – 09:29 Domenica 27 novembre

Si, resterò in ospedale fino a quando non sarò sicuro che la situazione sia sotto controllo. O fino a quando Bofur non mi rimanderà a casa a suon di calci.

 

A: Bilbo – 09:30 Domenica 27 novembre

Ci avrei scommesso. Non stancarti troppo però, ormai il peggio è passato. Thorin è di nuovo lì con te, ora.

 

A: Bard – 09:35 Domenica 27 novembre

Ed io non smetterò mai di ringraziare il cielo per questo.

 


 

Thorin sbatté un paio di volte le palpebre e sbadigliò, troppo stanco anche solo per coprirsi la bocca con la mano libera.

Erano ormai le cinque di pomeriggio e la stanza si era svuotata pian piano col passare delle ore, fino a quando non erano rimasti solamente lui e, ovviamente, il suo compagno, che non sembrava minimamente intenzionato ad alzarsi dal bordo del suo letto.

Bilbo gli lanciò un’occhiata attenta, stuzzicandosi appena il labbro con i denti. “Hai sonno?” domandò, accarezzando delicatamente con la punta del pollice la pelle della mano, finalmente di nuovo calda, dell’altro.

Lui scosse piano la testa, prima di ricordassi quando quel movimento facesse male ai suoi muscoli ormai disabituati al movimento. “No, sono solo un po’ stanco.” si affrettò a rispondere, la voce, seppur roca, ormai più vicina al suo timbro naturale “E poi, ho dormito anche troppo ultimamente.”.

La sua voleva essere una battuta scherzosa, ma a quelle parole un’ombra scese sugli occhi dell’uomo, anche se cercò di nasconderlo.

Thorin lo osservò attentamente. Da quando si era risvegliato, Bilbo era rimasto sempre al suo fianco, anche quando i medici lo avevano sottoposto ai dovuti esami. Non aveva voluto saperne di allontanarsi da lui nemmeno per un secondo, e l’uomo dubitava che avesse intenzione di farlo in un qualunque momento dell’immediato futuro. Era luminoso, pieno di gioia, entusiasmo ed attenzione, e mai, nemmeno una volta, gli aveva lasciato la mano. Eppure . ..

Sollevò con fatica la mano libera e sfiorò il viso dell’altro, accarezzandogli con delicatezza una guancia. Sentì lo scrittore tremare appena sotto il suo tocco leggero.

“A differenza tua, a quanto pare. Hai delle occhiaie profondissime, e sei pallido come un morto.” mormorò piano, cercando gli occhi dell’altro con i suoi “Cos’è, ti hanno sostituito con un panda?”.

Bilbo accennò ad un sorriso e voltò il viso dentro quella carezza, per baciare il palmo della sua mano mentre la copriva con la sua. “Può darsi.” rispose leggero, ma attento a non incontrare il suo sguardo “E ti conviene riposare, se non vuoi subire lo stesso trattamento.”.

 “Tu dovresti riposare. Mi sono appena risvegliato da un coma, ma questo non significa che sia diventato stupido. “ lo rimproverò l’uomo, non senza una punta di dolcezza nella voce “Pensi che non veda che sono secoli che non dormi?”.

Lo scrittore sobbalzò appena, per poi abbassare le loro mani intrecciate e portarsele in grembo “Sto bene, Thorin. Smettila di preoccuparti per me, quando dovrei essere io a farlo per te.”.

Thorin sbruffò “Ma lo stai facendo. E sono sicuro che l’hai fatto in tutti questi mesi. Ti conosco, dopotutto. E poi . . .” lasciò la frase in sospeso e non continuò, per poi assottigliare gli occhi “ Quello laggiù è il mio cellulare?”.

Bilbo si voltò, confuso, per poi aggrottare le sopracciglia“Oh si, me ne ero scordato. Dopo, beh, che ti hanno ricoverato, l’ho messo a caricare qui visto che la batteria era a terra, e con il tempo me lo so, diciamo, scordato.”.

Negli occhi chiari del corvino passò un lampo che l’altro non poté cogliere, e subito si schiarì la voce e esclamò, cercando di cambiare discorso “Allora, spiegami ancora una volta come diavolo ha fatto mio nipote a mettersi con la figliastra di Thranduil e perché mai non dovrei ucciderlo per questo.”

Il biondo ridacchiò, voltandosi verso di lui e scuotendo al testa divertito.

 


 

“Smeagol, di nuovo?!” sbruffò Bilbo, mentre si tamponava i capelli con un asciugamano e lanciava uno sguardo a metà tra l’arrabbiato e l’affettuoso al suo cane, che come al solito si era fatto trovare fuori dalla porta del bagno con l’ennesimo oggetto indefinito in bocca.

Era ormai sera, e lo scrittore dai capelli dorati era di nuovo nel suo appartamento, per quanto volesse essere altrove. Secondo il regolamento dell’ospedale, secondo lui del tutto insensato, una persona non poteva restare più di ventiquattrore assieme ad un paziente, comatoso o meno che fosse. E poiché aveva passato gli ultimi tre giorni senza mai allontanarsi dalla stanza d’ospedale del suo ragazzo, alla fine i medici avevano perso la pazienza e l’avevano praticamente cacciato fuori, giurando che avrebbero trasferito Thorin dall’altra parte dell’Inghilterra se si fosse presentato prima delle dodici della mattina seguente. Non che le loro minacce l’avessero scalfito, ma alla fine aveva ceduto, anche per l’insistenza di Bofur e, stranamente, lo stesso Thorin. Gli avevano detto di andare a riposare e farsi una nottata decente di sonno perché ‘ne aveva decisamente bisogno’. Come se potesse dormire, dopo tutto quello che era successo.

“Quante volte ti ho detto che non devi prendere in bocca le mie cose o quelle di Thorin? Cielo, sei proprio incorreggibile.” borbottò, mentre si faceva scivolare l’asciugamano sulle spalle e si accovacciava davanti Smeagol per prendere l’oggetto che aveva in bocca.

Litigò un po’ con il cane per riuscire a sfilarglielo, e quando ci riuscì fu sorpreso nel rendersi conto che si trattava del suo cellulare.

“E questo come l’hai preso? Era nella tasca del mio giaccone.” fece sorpreso, mentre con un lembo dell’asciugamano lo ripuliva dalla bava dell’animale.

Il cagnolino scodinzolò, come se avesse compiuto una qualche impresa eroica, gli lecco una mano e se ne andò tutto contento, sotto lo sguardo confuso dello scrittore.

Scosse la testa e, notando che l’apparecchio era spento, l’accese.

Quando sbloccò lo schermo, notò che c’erano in memoria alcuni massaggi non letti. Incuriosito, li aprì, e rimase senza fiato.

 

A: Bilbo – 22:05 martedì 29 novembre

Ciao, Bilbo. Sono io, Thorin. So che non pensavi di ricevere un mio messaggio, non ora almeno. So che hai aspettato una risposta da parte mia per tanto, troppo tempo. Si, ho letto i messaggi che mi hai inviato durante questo anno. Mi sono fatto dare  il cellulare da Bofur appena te ne sei andato, e quando ho visto quel numero enorme di messaggi non letti sono rimasto senza parole. Li ho aperti, ed ho iniziato a leggerli. Li ho letti tutti, da quel ‘Ti amo, uomo ridicolo’, all’ultimo che mi hai inviato, la sera prima che riaprissi gli occhi. E mi sono sentito morire dentro ad ogni singola parola.

Avrei voluto chiamarti e dirti di tornare indietro all’ospedale, per poterti abbracciare e cacciare via dal tuo cuore tutto il dolore e la paura che hai dovuto passare a causa mia in quest’ultimo anno. Ma poi, ho cambiato idea. Ho deciso di raggiungerti così, nel modo in cui tu hai continuato a tenerti aggrappato a me per tutti questi mesi, come per continuare quella conversazione lascia a metà, come se non fosse successo niente. Ma sappiamo entrambi che non è così.

 

A: Bilbo – 22:10 martedì 29 novembre

Il mio Bilbo . . . sei stato tanto triste, in questo anno di interminabile attesa. Lo so. L’ho visto sul tuo viso, ferito a morte e quasi irriconoscibile, quando mi sono risvegliato. L’ho visto nelle tue labbra torturate a sangue, tormentate per impedirti di urlare. L’ho visto nelle macchie scure sotto i tuoi occhi, silenziosi testimoni di un tormento che non ti ha dato pace nemmeno nel sonno. L’ho visto nella tua mano stretta attorno alla mia come se fosse una roccia in mezzo al mare in tempesta. L’ho visto nei tuoi occhi attenti e tesi, così diversi dagli occhi che con gli anni ho imparato ad amare, ma al contempo ancora loro, con quella forza e decisione che ti hanno sempre distinto.

E, ora, l’ho letto. Ho letto le tue parole, i tuoi sfoghi, le tue paure, le tue lacrime d’inchiostro, le tue urla silenziose, le sue preghiere mascherate.

E l’ho sentito. Non so come spiegartelo, ma è così.

 

A: Bilbo – 22:15 martedì 29 novembre

Ti ricordi di quel programma sui misteri che si siamo visti una volta, quello che parlava della luce alla fine del tunnel che vedono sempre le persone in fin di vita o i comatosi?

Beh, io non ho visto nessun tunnel in questi mesi, nessuna luce, niente di niente. E’ stato . . . come se stessi semplicemente dormendo. Un attimo prima ero lì, in piedi, che fronteggiavo un delinquente da quattro soldi, ed un secondo dopo tutto non riuscivo più a tenere gli occhi aperti e sono scivolato nel buoi. Hai presente quei sogni dove tu hai la consapevolezza di dormire, ma allo stesso tempo non lo sai, ed è tutto buoi e lontano e sei solo in un’oscurità eterna? Ecco, io ero così. Addormentato in un eterno limbo buio.

Però succedeva che, delle volte, qualcosa illuminava quell’oscurità. Non una luce, no. Era una voce. La tua voce.

 

A: Bilbo – 22:20 martedì 29 novembre

Sentivo la tua voce, Bilbo. A volte ne avvertivo solo il suono, come una musica lontana di cui però non riesci a riconoscere le note, altre volte riuscivo a cogliere qualche parola confusa ed indistinta. La prima cosa che sono riuscito a comprendere con chiarezza è stato il mio nome, pronunciato come solo tu fai. Poi, ho iniziato a distinguere delle parole compiute e, man mano che passava il tempo, delle frasi. A volte le sentivo e le comprendevo, a volte no, ma lentamente riuscivo a sentirti sempre di più, ogni volta un po’ di più. E la tua voce mi rassicurava, in mezzo a quel limbo senza fine. Mi dava luce, in quell’oscurità senza senso. Mi dava la forza di non lasciarmi annullare da quell’oblio infinito.

Ti sentivo. Sentivo i messaggi che mi leggevi, quando credevi che non avrei mai potuto udirti, ma io lo facevo. Ti sentivo, e la tua voce illuminava un po’ di più il mio limbo.

Ho sentito quando mi hai raccontato di Smaug e del vostro scontro, della mai famiglia che teneva duro assieme a te, del dottor Grey che continuava a darvi coraggio, del tuo agente e delle sue pressioni per un nuovo libro. Ho sentito di quando i medici non mi davano più speranze, e tu hai continuato a sperare, imperterrito. Ho sentito di quando Dain ti ha rivelato dell’anello, e dei preparativi per quella che doveva essere la nostra notte, in cui ti avrei chiesto di essere mio per sempre e di accettarmi come tuo per l’eternità. Ho sentito quando, lentamente, dentro di te stavi crollando ed io non potevo fare nulla per impedirlo.

 

A: Bilbo – 22:25 martedì 29 novembre

Poi, l’altra sera, ti ho sentito di nuovo. Ma questa volta non stavi leggendo. Mi stavi parlando direttamente, per la prima volta dopo un anno. Ho sentito ogni parola. E, attraverso di esse, ho sentito il tuo dolore, la tua sofferenza, e il tuo dolore. Li sentivo come se fossero miei, ed in parte lo erano. Ti ho sentito farti forte per non crollare, tenere duro per arrivare alla fine di una frase, e poi di un’altra, e poi di un’altra ancora. Ti ho sentito trattenere le lacrime, e dirmi quelle cose che mai ti aveva sentito dire prima di quel momento, eppure le sapevo, e ti ho sentito crollare e, nonostante tutto, continuare a sperare. E poi, ho sentito la tua preghiera.

Torna da me.

E io l’ho fatto. Ho lottato contro quelle catene di tenebre che mi tenevano lontano da te, ho urlato dentro ancora e ancora, come avevo fatto per mesi quando la tua voce mi raggiungeva, e ho combattuto per tornare a casa. Per tornare da te.

Non so come ho fatto, come ci sono riuscito. Tutto quello che so è che dovevo tornare da te ad ogni costo. E l’ho fatto.

Quando sono finalmente riuscito ad aprire gli occhi, la prima cosa che ho visto, per quanto confusa ed evanescente, è stato il tuo viso poggiato sul mio petto, pallido e spezzato, la scia di una lacrima solitaria che ti rigava una guancia e gli occhi serrati come se fosse tutto solo un brutto sogno e tu non volessi svegliarti più. Ti ho visto lì, di fronte a me, e mi sono sentito finalmente bene. Facendo violenza contro il mio stesso corpo, ho mosso le labbra per chiamarti. E posso giurarti che i tuoi occhi illuminati per aver finalmente incontrato i miei sono stati le cose più belle che io abbia mia visto in vita mia.

 

A: Bilbo – 22:30 martedì 29 novembre

Avrei voluto dirtelo prima, quando ho iniziato a notare che, nonostante il tuo sollievo, l’ombra che ho visto sul tuo viso quando mi sono risvegliato non era ancora scomparsa del tutto. Ma sai che non sono bravo in queste cose. Sei sempre stato tu quello coraggioso, tra noi due. E non dire il contrario, perché è così, e l’hai dimostrato ancora una volta. Sei rimasto qui, al mio fianco, sapendo che probabilmente non sarei più tornato da te, e non hai mai smesso di sperare, anche quando tutto il tuo mondo stava crollando attorno a te. Hai aspettato ed aspettato, continuando a credere che mi sarei risvegliato, fregandotene di quello che pensavano o dicevano gli altri. Sei andato avanti ed allo stesso tempo sei rimasto con me, senza mai abbandonarmi quando chiunque altro, al tuo posto, l’avrebbe fatto. Hai addirittura preso a pugni Smaug per quello che ci ha fatto! Sei rimasto forte, quando chiunque altro sarebbe crollato. Hai continuato a sperare, ed ad aspettarmi. Ed ad amarmi. Ed io non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo. Se già prima pensavo di doverti molto, ora so di doverti semplicemente tutto, perché mi hai tenuto in vita quando stavo scomparendo per sempre. Non mi hai lasciato andare, ed hai fatto in modo che avessi la forza di risvegliarmi per te.

Hai continuato ad amarmi con tutto il tuo cuore, quando io non lo meritavo, né lo meriterò mai.

 

A: Bilbo – 22:35 martedì 29 novembre

Mi dispiace, Bilbo.

Mi dispiace di essere stato così sciocco da non riconoscere il vero pericolo quando l’avevo davanti, e di precipitare in quel barato trascinandoti dietro con me. Mi dispiace di averti costretto a questo, ad un anno di attesa, oblio, paura e dolore. Mi dispiace di averti fatto così male da spezzarti dentro, e di non essere stato lì per darti forza come avrei sempre voluto fare. Mi dispiace di averti lasciato ad affrontare tutto questo da solo, e di essere stato troppo, lontano per poterti raggiungere. Mi dispiace di non aver avuto il coraggio di darti quel anello prima, e di aver rovinato tutto prima ancora che potesse iniziare. Mi dispiace di aver buttato un anno della tua vita, e di averti abbandonato. Mi dispiace di averti fatto soffrire tanto, e di non aver mai risposto a tutti questi messaggi. Mi dispiace di averci messo tanto a tornare da te. Mi dispiace per tutto.

 

A: Bilbo – 22:40 martedì 29 novembre

Tu . . . tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, lo sei sempre stata. Sei l’unico per cui sarei disposto a rinunciare ad ogni cosa, e l’unica per cui affronterei ancora tutto questo. Sei la mia casa, ed il mio tesoro più grande. Sei il mio passato, il mio presente, e vorrei che fossi anche il mio futuro. Sei il mio Bilbo, e voglio che sia così per sempre.

Voglio che tutto ricominci da dove l’avevamo interrotto, da quella proposta che non ho mai avuto modo di farti, da quell’anello che non ho mai avuto modo di darti, da quel bacio che non ho mai avuto modo di donarti, da quel messaggio a cui non ho mai avuto modo di rispondere. So che ci vorrà del tempo prima che tutto torni alla normalità, prima che possa uscire da questo maledetto ospedale e tornare a casa nostra, e poterti offrire quell’anello e con esso la mia vita come avevo tanto a lungo immaginato. Lo so, ma non voglio aspettare, non più. Voglio riprendere da dove ci siamo interrotti, per quanto questo sia possibile.

Per cui . . .

 

A: Bilbo – 22:45 martedì 29 novembre

Ti amo anche io, sciocco di uno scrittore.

 

 

 

 

La tana dell’autrice

 

Ohohoh, buone feste! –un po’ in ritardo, ma meglio di niente, no?-

 

E rieccoci qui, con la parte finale di questa piccola avventura. Sono quasi commossa, è la prima volta che termino sul serio una fic a capitoli. Questo 2016 inizia nel migliore dei modi, devo proprio dire.  . .

E si, questa volta la vostra Tigre è stata buona. Un lieto fine, ogni tanto, ci sta. Si, so che probabilmente le basi mediche e scientifiche di questa storia sono completamente riviste e insensate, ma beh, la medicina non sarà mai la mia vita, per quanto mai madre lo desideri, quindi non vedo dove sia il problema, eh eh.

Vi ringrazio di cuore per essermi stati accanto in questo breve viaggio, lettori silenziosi o meno, e spero di avervi donato un sorriso che illumini questo anno nuovo.

 

Un abbraccio

 

T.r.

 

P.S. Si, la frase ‘Il mio Bilbo . . . sei stato tanto triste’ è un tributo a Magnus, che dice proprio una frase simile al suo dolce Alec nell’ultimo libro della saga di Shadowhunters, la mia nuova droga. . . devo dire che quei ragazzi mi stanno dando tante belle soddisfazioni, nonostante tutto. Bilbo, Thorin, imparate un po’ da loro e sbrigatevi ad ottenere il vostro lieto fine anche voi!

P.P.S: Si, credo che il mio buon umore sia dovuto anche allo speciale di Sherlock che tra l’altro urla Johnlock da tutte le parti, ma sono dettagli.

  
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