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Autore: mamihonda    05/01/2016    0 recensioni
| LARRY STYLINSON OS
And it’s alright
Calling out for somebody to hold tonight
When you’re lost, you’ll find a way
I’ll be your light
You’ll never feel like you’re alone
I’ll make this feel like home.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I was stumbling, looking in the dark
With an empty heart
But you say you feel the same
Could we ever be enough?

 


“E se raccontassimo di quella volta in cui lo abbiamo fatto in ascensore?”

Nella stanza si raccolse un attimo infinito di silenzio, dopodiché Louis sbuffò leggermente. “Andiamo, Harold, non sai fare di meglio?”

Harry, da steso a quattro di bastoni e con la testa poggiata sul suo cuscino, direzionò lo sguardo verso l'altro. Le sue labbra s'incurvarono in un broncio quasi adorabile. “Ma quello è il meglio!” esclamò quasi a se stesso, battendo le palpebre come un ritardato. Okay, un ritardato dolce.

Louis si mise affianco a lui, puntellandosi su di un lato e con il gomito sul cuscino adiacente alla testa di Harry. “Non è il nostro meglio, Hazza, suvvia. Metti in moto quella testolina.”

“Sono già bello, non posso essere anche intelligente.”

“Questo è vero.” sospirò Lou, stendendosi a pancia in su e mimando l'esatta posizione dell'altro. Fino a che non gli arrivò una cuscinata in faccia. “Hey! Cos-”

E un'altra.

E un'altra ancora.

Harry si mise a sedere, guardandolo con aria corrugata, pronto a fargli la ramanzina.

Louis lo guardò appena dal basso, sistemandosi la frangia e sbuffando in maniera seccata. “Okay, mamma, scusa.” fece, mettendosi a sedere e tornando a rivolgere lo sguardo derelitto verso un blocco note perso ai piedi del letto, fra le coperte in plaid e la carta delle patatine che aveva mangiato fino a poco tempo prima.

“Non chiamarmi mamma, mi fai sentire sporco.” fece Harry a bassa voce, dandogli una spintarella gentile con la propria spalla e sbilanciandolo appena. Louis roteò gli occhi, portandosi le mani in grembo e rivolgendogli uno sguardo di sottecchi. “Secondo te ce la faremo mai?” domandò rassegnato.

Harry portò una mano a sorreggersi il mento, il gomito sulla propria coscia, mentre lo sguardo si perdeva oltre le immense vetrate dell'Intercontinental di New York. La loro era una delle suite migliori che avessero. “Di cosa parli?” chiese piano.

“La canzone, sai, tutto quanto.” gesticolò il ragazzo dagli occhi blu, sporgendosi appena per riacciuffare quelle note scritte alla rinfusa, somiglianti più ad una scaletta di cose da esprimere, più che parole vere e proprie.

Sentì Harry inspirare dal naso in maniera calma, per poi trattenere l'aria quasi in un fremito impercettibile. “Perché me lo chiedi?”

“Perché sono bravo a scrivere canzoni per te, non con te. Cosa possiamo raccontare insieme?”

Quella frase ridestò la totale attenzione del riccio, che rizzò la schiena e si voltò totalmente verso l'altro. Pausa. “Lou? Lou, guardami-” i suoi occhi verdi incespicarono nel cielo limpido degli occhi del ragazzo dai capelli lisci, quasi come a voler trovare le parole, quasi come a volersi ricordare come si respira. “Abbiamo il mondo da poter raccontare insieme. Il mondo. Solo che questo ancora non può succedere. Però possiamo sempre farlo. Possiamo sempre raccontarci in altri modi senza che venga tutto fuori.” Il più minuto si ritrovò a guardarlo come se ne dipendesse la vita, con le labbra sottili schiuse e il petto che si alzava e abbassava ritmicamente, mentre gli ingranaggi nella sua testa continuavano a lavorare per produrre pensieri.

“Sai”, gracchiò, schiarendosi poi la voce, “quando scrivo con Liam, o da solo – in generale – mi basta buttare un 'girl' da qualche parte e camuffare ogni verso scritto grazie a quell'unica parola. Ma ultimamente l'ho fatto sempre di meno. C'è questa canzone – ti piacerà così tanto...” socchiuse gli occhi, come se dentro la sua mente avesse già un Harry in sala registrazione, intento a leggere le parole di una canzone mai letta prima, e ritrovarvisi in pieno. Eppure Harry è comunque davanti a lui, ora, proprio al suo fianco.

Harry lo osservò come se non esistesse al mondo niente di più bello – e magari era proprio così. Nemmeno New York sapeva essere bella quanto Louis in quel preciso istante. Con quella parvenza di un sorriso dipinto sulle labbra, le ciglia a creare giochi di ombre su quegli zigomi disegnati dagli angeli. “Sono certo che mi piacerà.” confessò, senza battere mai le palpebre. Ed era così ovvio che ogni scintilla scaturita dalla mente e dalle labbra di quel ragazzo era un sogno divenuto realtà; era ovvio, perché lui stesso lo era. Lui stesso era un sogno. Il suo angelo.

Louis riaprì gli occhi e si sporse verso il riccio. “Si chiama 'Home'.” mormorò, poggiando il palmo della propria mano sul petto caldo e solido dell'altro. Attraverso la maglia nera che indossava riusciva a percepire il ritmo costante dei respiri, dei battiti del cuore e delle capriole che quest'ultimo compiva. Gli occhi azzurri del più grande solcarono tutti i tratti del viso del più piccolo, beandosi di ogni sua reazione. All'inizio vi fu confusione, poi la realizzazione, ed infine la felicità. Quella era casa sua. Le labbra di Harry si stendettero in un sorriso morbido, gentile, amorevole. Harry sapeva amore. Harry era casa. “Non c'è nessuna girl, lì dentro?”

Louis si lasciò andare ad un ghigno divertito. “Nessuna girl, non più.”

 

Non più.

  
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