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Autore: Fannie Fiffi    06/01/2016    1 recensioni
[Bellamy e Octavia Blake; post 2x16]
« Sono seria, Bell. Dovremmo andarcene. Io e te. Adesso. »
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellamy Blake, Octavia Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Hero of the Story'
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"Held on as tightly as you held on me..."

The Cinematic Orchestra, To Build a Home.


 





Bellamy Blake sopravvive.

È così semplice. È la cosa più facile che sia successa sulla Terra. Bellamy respira e cammina e mangia e si addormenta ed è ancora lì.

Il sole e la luna si alternano sopra il suo capo in un gioco infantile e le ore trascorrono, i giorni passano, si accavalcano l’uno sopra l’altro, masticano via i precedenti e attendono ansiosamente i successivi.

La pioggia a volte gli bagna i capelli come la prima volta che l’ha sentita sulla pelle, come la prima volta che si è sentito davvero, ha sentito se stesso, il proprio cuore battere, i vestiti fradici, le labbra zuppe, le urla selvagge e finalmente libere di cento ragazzini attorno a sé.

La potenza e l’invincibilità e l’insostenibile leggerezza di essere nient’altro che libero.

E la pistola che gli premeva sul fondo della schiena e gli dava la sensazione di essere padrone, capo, unico responsabile di qualsiasi cosa.

E la pistola che ora lo ripugna, gli fa venir voglia di vomitare, lo riporta in un luogo che non ha mura, né limiti, né confini. Un luogo di orrore nella sua mente che lo accompagnerà e lo terrorizzerà fino al momento del suo ultimo respiro.

Altre volte, invece, il sole sembra scaldarlo un po’, e quelli sono i momenti in cui si permette di allontanarsi dal Campo e vagare nella foresta.

Lui non lo ammette nemmeno a se stesso, ma non è che stia proprio vagando. Lui lo sa cosa sta cercando. Lui lo sente questo filo invisibile dentro di sé, al centro esatto del petto, poco vicino al cuore – quel cuore che aveva solo voluto strapparsi a mani nude – che lo tira e lo attrae e al tempo stesso lo respinge, lo getta lontano, gli intima di non avvicinarsi.

Immagina che se non lo dice ad alta voce, allora potrebbe realizzarsi.

Se si convince che non sta andando a cercarla, allora la troverà. Il destino li riporterà al centro esatto di tutto, né all’inizio né al punto in cui si sono fermati, e lei sarà guarita abbastanza per ritornare. Per permettergli finalmente di respirare meglio.

Bellamy Blake sopravvive, ma c’è qualcosa che se ne è andato. E no, non è solo Clarke Griffin.

Qualcosa si è perduto dentro di lui, qualcosa si è spento, forse si è solamente nascosto, ma non c’è più.

E lui non avrebbe mai voluto che fosse la morte a insegnargli così tante cose.

Ma tutto questo succede lo stesso. E, nonostante lui sembri ancora lo stesso – “Mangia quella razione, Monty!”, o: “Appoggiati al mio braccio, Raven. Non sforzarti.” – c’è qualcuno a cui non potrà mai mentire.

Forse è per quel motivo che Octavia entra nella sua tenda senza annunciarsi e lo interrompe mentre sta cucendo una nuova pelliccia per Harper.

« Dovremmo andarcene. » È tutto quello che gli dice. Il suo tono è ovvio, pratico, sicuro.

Suo fratello alza lo sguardo stralunato verso di lei, un’espressione interrogativa dipinta sul volto stanco.

Non c’è più stato giorno in cui il volto di Bellamy non sembrasse stanco. I suoi occhi sono spenti, placidi, bagnati dalla rassegnazione e domati dall’inerzia.

La sua bocca è immobile, incastonata in un mosaico di malinconia silenziosa, incastrata nella gloriosa bellezza del suo volto.

Ha l’aria di un leone tenuto in gabbia per anni e anni, ormai dimentico di essere un tempo stato il re di tutte le altre creature.

Non dice niente.

« Sono seria, Bell. Dovremmo andarcene. Io e te. Adesso. »

La figura di Octavia è dinamica, accesa, vibrante. È energia pura, una sensazione così simile all’adrenalina che sembra ricordare a Bellamy lo stato di euforia che aveva provato per le noccioline allucinogene, in quel vecchio bunker sotterraneo.

Che sembra ricordargli Clarke.

Clarke, Clarke, Clarke, parte di ogni pensiero, ricordo, immagine, speranza, rimpianto che lui riesca a provare.

« Quello che dici non ha senso, O. Andarcene? Non possiamo lasciare gli altri così. »

« Voglio bene agli altri », e compie un passo avanti, e un altro ancora, finché non gli è abbastanza vicina da prenderlo per mano, « ma voglio più bene a te. Ho visto quello che ti sta succedendo. Lo vedo tutti i giorni, Bell. Ho cercato di darti il tuo tempo, di lasciarti lo spazio necessario, ma ora basta. Non posso sopportare di vederti in questo stato. E sappiamo tutti perché- »

« O. » La ammonisce lui, abbassando lo sguardo.

« Perché ogni cosa qui ti ricorda lei. » Sospira. « Lo vedo nei tuoi occhi. Lo vedo ogni volta che fai un passo, che ti guardi intorno, che pensi che nessuno ti veda. Tu sei mio fratello, io ti vedo. »

Bellamy a quel punto cerca di negare, di contraddire con tutto se stesso questa folle idea, quest’incredibile menzogna, ma non può farlo.

Mentirebbe.

« Quindi… Andiamocene. Riempiamo due zaini e andiamocene. Possiamo tornare alla Navicella. Possiamo costruirci una casa da qualche altra parte. »

« È questa la nostra casa, O! »

A quel punto la minore dei Blake accenna una risata amara, il trucco pesante attorno agli occhi che sembra illuminarli un po’ di più, e suo fratello sa di non avere speranze.

« Io non ho una casa. » Gli dice, e la sincerità nella sua voce gli stringe il petto. « La mia casa sei tu. »

Lui le dà le spalle.

Non vuole pensare, provare, sentire o vivere niente di tutto quello che sta accadendo dentro di sé.

Ma è pur sempre sua sorella, lì, con lui, perciò lei lo aggira con facilità e torna ad affrontarlo.

« So che non parlerai di niente di quello che è successo. Lo so. Non parlerai di quello che hai dovuto affrontare lì dentro, di quello che ti hanno fatto », e la sua voce trema, si spezza, e Octavia non fa più paura come prima. Octavia ora gli sembra di nuovo la sua piccola sorellina, « o di quello che tu e Clarke siete stati costretti a fare. »

Il suo nome è acre e stretto fra i suoi denti, qualcosa di incredibilmente simile ad un’imprecazione, ma lei riesce a mantenere un’espressione neutrale e Bellamy glie ne è grato.

« Ma conosco anche il tuo dolore. Lo vedo e mi sta uccidendo. »

Il maggiore dei Blake chiude gli occhi. Sta uccidendo anche me, vorrebbe dire.

Non so come affrontare tutto questo, vorrebbe dire.

Ho paura, vorrebbe dire.

Le parole però non escono. Gli bruciano sulla punta della lingua, gli sguazzano insieme alla saliva, gli prudono sulle labbra e sembrano volersi tuffare, ma restano lì.

Incastrate. Indimenticabili.

Octavia si alza sulle punte dei piedi e gli circonda il volto con le mani piene di tagli. I suoi occhi tremano e luccicano e sono gli stessi di quand’era solo una neonata. Il ricordo più meraviglioso che lui abbia conservato della sua vecchia vita.

« Non voglio andare da nessuna parte senza di te. » Gli dice. « Ho bisogno che tu torni da me. Farò qualsiasi cosa, dimenticherò tutti. Lasciami solo portarti via da qui. »

« Io- »

« Non sappiamo se tornerà. Non sappiamo quando succederà e io non posso permetterti di sprecare la tua vita in quest’attesa. Hai dato così tanto a queste persone, Bell. »

E in un attimo sta piangendo, e il trucco le sta colando velocemente agli angoli della bocca, e Octavia impiega meno di un secondo ad alzare un braccio sul proprio volto e pulirsi da quel nero, togliere qualsiasi traccia di quello che dovrebbe essere.

Non è una Trigedakru, non è una Gona, è solo sua sorella.

« È tempo che tu salvi anche te stesso. Aiutami a farlo. Aiutami a salvarti la vita. » Lo supplica, e poi tira su con il naso.

« Non so chi altro essere. » Confessa lui, la voce ridotta ad un sussurro, tremante, sperduta. « Non so più chi essere senza di lei. »

« Sii Bellamy. » Gli suggerisce, e sorride. Gli sorride con la speranza che le infesta gli angoli degli occhi, che le scivola lungo la linea dritta del naso e giù sul mento.

« Sii mio fratello. »

Succede tutto troppo in fretta. Bellamy si china e le avvolge le braccia attorno alla schiena e la solleva e la tiene stretta a sé, si aggrappa con ogni energia, le cade in pezzi tutto intorno.

« Non puoi proteggermi da tutto questo, O, è troppo grande e lo sento come un peso incontrollabile nel mio petto. Non posso fuggire. »

Le sussurra fra i capelli e non ha il coraggio di guardarla negli occhi, perché sanno entrambi che non sarà mai più sincero di adesso, non parlerà mai più in questo modo – si nasconderà dietro a un va tutto bene, o ad un abbiamo fatto quello che dovevamo – e si perde nella catarsi dell’ammettere di aver perso, nella completa e più insignificante incapacità di arrendersi.

« Ma ci proverò. »

E quello basta. Una promessa, una carezza sui capelli lunghi e intrecciati dell’unica scelta di cui sarebbe rimasto sicuro per il resto della sua esistenza, e il calore di un corpo così simile al suo da portarlo alle lacrime.

« Non permetterò che ti capiti niente di male, fratellone. » Gli giura Octavia, premendo un lieve bacio contro la sua spalla.

Bellamy Blake sopravvive, ma è Octavia Blake a insegnargli a vivere.



 
  
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